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Rinascita
Paul stava guardando la bara che conteneva sua madre con uno sguardo di ghiaccio, privo di qualsiasi emozione. Stava disperatamente cercando di sembrare addolorato ma qualcosa gli diceva che non poteva provare quel sentimento nei confronti della defunta.
Era semplicemente impossibile.
La sua mente faticava persino ad accettare il fatto che la chiamasse “madre” e del resto non si poteva dargli completamente torto.
L’infanzia di quel ragazzo che oramai adesso andava per i venticinque anni era stata semplicemente terribile; costretto a rimanere chiuso in camera sua per la maggior parte della giornata non aveva mai conosciuto nessuno all’infuori di sua madre e soprattutto era stato per anni all’oscuro di ciò che poteva offrire il mondo esterno. Non aveva frequentato nessun tipo di scuola (le poche cose le erano state insegnate da Margaret), non aveva nessun amico e soprattutto si sentiva terrorizzato al solo pensiero di mettere piede fuori di casa. I discorsi di sua madre infatti avevano colpito profondamente la sua giovane mente da bambino, influenzandola irrimediabilmente. Le poche volte che si era azzardato ad affrontare la realtà che circondava casa sua ne era rimasto semplicemente scioccato. Quando poi le persone si giravano a guardarlo, anche se lo facevano con un sorriso, gli incutevano una paura tremenda costringendolo a correre di nuovo in casa.
E la storia era andata avanti fino ad un anno prima, quando lei si era ammalata ed era stata costretta a letto. Paul oramai aveva ventiquattro anni in quel periodo e dovette badare a lei, curandola giorno e notte. Considerando il modo in cui lei lo aveva cresciuto Paul avrebbe dovuto abbandonarla in quel letto di dolore e invece no; le era stato sempre accanto, tutti i giorni, curandola con una tenacia ed un amore che lei non aveva mai dimostrato nei suoi confronti.
La notte prima che morisse però lui andò in camera sua deciso a dirle tutta la verità.
Margaret nonostante la malattia che la stava divorando era incredibilmente cosciente e poté ascoltare tutte le parole di suo figlio.
Parole di una durezza inimmaginabile che probabilmente accelerarono in maniera esponenziale il deterioramento del suo corpo.
“Non so cosa mi abbia portato a starti così vicino per un anno intero e oramai non mi interessa. Mi hai rovinato la vita e probabilmente sarò segnato fino alla fine dei miei giorni, grazie. ”
Aveva concluso così il suo discorso e se ne stava per andare dalla stanza quando lei lo aveva trattenuto per una mano.
“Come ti permetti di parlarmi così …” Anche negli ultimi istanti di vita era riuscita a tirare fuori la sua voglia di comandare, ma questa volta lui l’aveva interrotta.
“Lasciami andare, ” le aveva risposto liberandosi dalla sua stretta. “Nemmeno in punto di morte hai qualche parola buona, sempre e solo critiche. Ti odio con tutto me stesso. E ti odierò sempre. ”
Non versò una sola lacrima ne durante il funerale ne durante la sepoltura. Per tutta la loro durata non fece che guardarsi in giro con timore; aveva paura.
Paura dell’aria che gli accarezzava il viso.
Paura delle persone che gli stavano nelle vicinanze.
Paura di tutto.
E questo grazie a lei.
Abitava poco distante dal cimitero e finita la cerimonia s’incamminò senza perdere tempo. Voleva solo chiudersi in casa e rilassarsi; ora che lei non c’era più tutto sarebbe cambiato.
-Ne sei così sicuro? Tua madre non c’è più ma la tua vita rimarrà sempre quella; guardati, hai paura anche della tua stessa ombra.-
Fu costretto ad ascoltare quella voce anche perché diceva la nuda e cruda verità. Non sarebbe cambiato niente, ne in quel momento ne in futuro. Era cresciuto così e così sarebbe andato avanti per il resto dei suoi giorni.
Quel pensiero lo fece cadere nella più cupa disperazione e uno spettro nero si posò su di lui oscurando tutto ciò che aveva intorno.
Era a poche centinaia di metri da casa quando sentì un nodo alla gola che gli impediva di respirare. Vide un albero nelle vicinanze e si avvicinò ad esso.
-Non ce la faccio più. Basta, basta!-
Appoggiò la schiena contro il tronco e si lasciò cadere; subito dopo scoppiò a piangere.
Iniziò a formulare l’unica soluzione possibile per terminare quelle sofferenze. Una soluzione che avrebbe ancora una volta dato ragione a sua madre, la quale aveva sempre sostenuto fosse un debole.
Doveva farla finita una volta per tutte.
“Ehi, qualcosa non va? Tutto bene? ”
C’era qualcuno vicino a lui … e gli aveva parlato. Una voce dolce, soave, quasi angelica.
Paul lentamente alzò la testa sapendo già che non sarebbe stato in grado di dire nulla; vide un volto di una bellezza abbagliante e due occhi splendenti che lo fissavano.
“È …” era terribilmente combattuto e non sapeva che dire.
“Va tutto bene. ” Si alzò tenendosi a debita distanza dalla donna.
“Sei sicuro? Ho visto che piangevi e pensavo stessi male. ”
“No, no … tutto a posto. È solo una piccola crisi. ”
Paul scoprì di non essere in grado di staccare gli occhi da quella dolce creatura. Questo malgrado la paura.
“Io mi chiamo Natalie, ” si presentò lei con un sorriso che parve illuminare la zona circostante.
“Io Paul. ”
“Stavi andando a casa Paul? ”
“S … sì. ”
“Abiti qui in zona? ”
“Quella casa là in fondo, ” rispose indicando la villa. “E tu? ”
“Ti sembrerà incredibile ma siamo vicini di casa; io sto proprio di fronte. Strano che non ti abbia mai visto. ”
“Non esco mai di casa, ” rispose lui malinconicamente.
“Andiamo, ti faccio un po’ di compagnia. ”
Mentre tornavano alle loro rispettive case Paul fu travolto da un’ondata di pensieri. Quella donna lo aveva notato, gli aveva parlato ma soprattutto lo aveva fatto in una maniera così dolce ed innocente che lui per la prima volta non era corso via terrorizzato.
Arrivati a destinazione si salutarono e malvolentieri lui tornò in casa sua. Per tutto il resto della giornata non fece che pensare a lei, al suo viso, ai suoi occhi, alle sue parole.
La mattina seguente si guardò allo specchio (non lo faceva spesso) e vide qualcosa che non aveva mai visto prima. Dentro ad esso vide una persona, non una semplice immagine riflessa.
Una persona che forse non era poi tanto male.
Una persona che avrebbe potuto finalmente cambiare il destino della sua vita.
Il giorno precedente Natalie prima di salutarlo gli aveva proposto di fare colazione insieme quella mattina ma lui non era stato in grado di rispondere.
Ripensò a quella proposta mentre scelse accuratamente un vestito decente dopodiché si armò di coraggio e scese le scale uscendo di casa.
Attraversò la strada e andò a suonare al suo campanello.
-Cosa stai facendo? Non hai speranze con lei, tu sei un debole e non puoi stare con nessuno.-
La voce di sua madre si fece sentire prepotentemente e riuscì quasi a convincerlo. Si voltò deciso ad allontanarsi da li quando la porta si aprì.
“Paul, che sorpresa! ” esclamò Natalie raggiante. A lui bastò quella voce per scacciare lo spettro del genitore. “Allora hai pensato alla mia proposta? ”
“Sì, ” rispose lui. “Mi farebbe molto piacere. ”
“Fantastico! ” rispose lei. “Entra pure, un minuto e sono da te. ”
Quell’uscita fu un po’ problematica come del resto molte altre in futuro; Paul era ancora troppo inesperto e lo si notava chiaramente quando stava a contatto con tanta gente. Natalie lo notava e capì tutto soltanto quando lui le raccontò della sua infanzia e di sua madre.
La giovane con il passare del tempo, ma soprattutto con amore e tenacia riuscì a tirare fuori da quell’uomo tutti i sentimenti e le sfaccettature migliori. Lentamente lo aiutò a dimenticare tutti i suoi incubi e le sue paure standogli sempre accanto.
La vita di Paul era iniziata quel giorno vicino a quell’albero.
Due anni dopo i due si sposarono e Paul vendette la villa liberandosi di tutto ciò che riguardava sua madre. Si trasferirono addirittura in Australia, vicino ai parenti di lei.
Ebbero due splendide bambine, due gemelline che chiamarono Kirsten e Alicia.
Una mattina si svegliò e voltandosi le vide tutte e tre che dormivano accanto a lui. Natalie, Alicia e Kirsten, tre angeli che l’avevano riportato alla vita.
Sorrise osservandole con amore tutte quante e la mente andò per l’ultima volta a sua madre, alla quale non pensava da anni. Non c’era rabbia ne rancore.
Solo una gran pietà.
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0 recensioni:
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- credo sia questo il bello dello scrivere... ogni tanto ci possono stare delle storie che forse in realtà non accadrebbero.
Grazie del passaggio Laura!!
- bello perchè positivo... bello perchè trasgressivo...(troppo bello per esser vero) eppure..
un lieto fine che ogni tanto non guasta..
anche la nostra parte di dolcezza va riempita ogni tanto.
e quella del sogno possibile.
piaciuto!!
Laura
- Mi piace questo racconto e la voglia di vivere che ha lui. Anche se hai problemi e sei debole con accanto chi ti ama riuscirai a vivere e sarai felice. bravo!
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