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Il mio viaggio in Terra Santa
E il mio cuore canta, il mio cuore eleva il suo grazie al Signore perché per vie imprevedibili, mi ha ridato la comunità, luogo privilegiato dello Spirito impregnato dal comando eterno: "Amatevi l’un l ‘altro come io vi ho amato".
La comunità cercata, ricercata e ora ritrovata è, ancora una volta, uno spazio di vita e mi ridà la carica spirituale che si riflette anche nel campo del lavoro rendendo il mio insegnamento sempre più armonico e attento nel coniugare i valori e la prassi.
Arriva settembre dell’ 86 e la mia stanza ridiventa un campo di lavoro dove io mi districo tra ritagli di fotocopie, colla, colori, forbici che subito perdo e poi di botto ritrovo sepolti in un arcobaleno di carte; ecco ho finito, tiro giù dal tavolo il lungo cartellone colorato, e lo guardo compiaciuta e il mio pensiero va ai ragazzi che, arrivati in quinta classe, completeranno il ciclo elementare ma certo conserveranno nel cuore le nostre conquiste e la nostra amicizia.
Come ogni anno, in largo anticipo, oggi primo giorno di scuola, dopo aver parcheggiato la macchina, d’ incanto mi ritrovo circondata, protetta, avvolta dai caldi abbracci profumati dei ragazzi che mi chiamano, mi sorridono, mi fanno festa e sono felici di rivedermi e io con loro. Evviva! Sono ancora maestra unica e posso spaziare nel loro cuore per arricchirlo di valori, di sentimenti, di speranze insegnando "come l’uom s’eterna" perchè anche il nostro sommo poeta rientra nel loro bagaglio culturale e formativo.
La mia vita è ricca di impegni comunitari e la strada a volte è ancora in salita ma io ho la guida serena e liberante del mio nuovo padre spirituale : Egidio.
Oggi, nel caldo giugno dell’ 87 i ragazzi mi lasciano perché hanno finito la quinta classe e dovranno affrontare la scuola media, ma il mio pensiero li seguirà ancora e certo verranno a trovarmi come hanno già fatto le due generazioni precedenti.
Il mio lavoro mi gratifica e il mio cammino comunitario mi fa assaporare la mia prima chiamata: quella di Gambarie del ‘68 che ora riacquista nuovo vigore e si attualizza nel presente.
Ma il momento di grazia non è ancora finito perché sto già preparando il passaporto per andare in Terra Santa con la mia comunità ritrovata.
E questo viaggio fa nascere dentro di me una serena pace e una “lama di luce” attraversa tutto il mio essere.
Certo vedrò, con i miei occhi mortali la terra di Gesù, placherò la mia <<Arsura>> al pozzo di Sicar e affiderò alla carta emozioni che avranno il sapore dell’ eternità ma ecco che la gioia prende "carnosità" e la lode si sprigiona da tutto il mio essere e posso regalarla a chi incontro sul mio cammino.
Oggi, nel caldo Luglio dell’ 87, mi sento come avvolta in un lieve velo di luce e non soffro per la temperatura esterna anzi mi sento circondata da uno zefiro soave che tanto mi ricorda quello di Gambarie del ‘68 mentre tutti, accanto a me, si lamentano per la calura. Ma certo io sono una persona speciale e ho delle reazioni speciali.
Vivo come in un sogno il tempo che mi separa dal viaggio.
E per la seconda volta, dopo il viaggio a Lourdes, mi ritrovo all’ aeroporto di Catania, pronta per l’imbarco.
Al check in la mia gonfia valigia gira sul nastro scorrevole e la vedo sparire verso l’interno.
Indosso il mio completo da viaggio, ricco di tasche e di zip rilucenti.
Oggi, 23 luglio, mi accingo a salire sull’ aereo insieme a tutti i miei fratelli di ieri e quelli nuovi da poco conosciuti.
Arrivata dentro l’ abitacolo, cerco il mio posto numerato e lo trovo: eccolo è il 28A.. e ritrovo ancora il sorriso luminoso di padre Egidio che è seduto accanto a me!
Seguiamo insieme le istruzioni dell’ hostess e via stiamo per decollare alla volta di Roma, prima tappa verso la Terra Santa.
Rullando l’aereo si stacca da terra sale e io con lui!
Dalla cabina di pilotaggio una voce metallica ci avverte che stiamo per arrivare a Messina e passeremo dalla Calabria, già la Calabria: la terra della mia adolescenza e della mia giovinezza e con un tuffo al cuore rivedo Canolo con "I due monti che si abbracciano il fiume che li bacia il mare in lontananza / è un tremulo sussurro!"
Mi rivedo sul vecchio autobus che da Canolo mi porta a Siderno marina dove si trova la mia scuola media "Alessandro Manzoni".
E attraverso l’oblò dell’ aereo vedo fra le nuvole la tenera ragazzetta di ieri che si destreggia a portare i suoi libri, legati con la cinghietta blu!
Ma la visione sparisce in un attimo e un'altra Rosarita prende forma e sostanza reale: ora indosso, con eleganza, il mio nero grembiule di studentessa e sono a Locri nel mio istituto magistrale "G. Mazzini".
Porto con disinvoltura un’ elegante cartella di cuoio che ha in sé il peso della cultura, che è aumentata di molto pare!
Ora che sono librata nel cielo di Dio posso meglio contemplare la terra calabra e superando i limiti dello spazio e del tempo, mi rivedo dietro la finestra della mia casa di Canolo. Sono splendente di giovinezza e di fede e attendo l’ arrivo della processione del Corpus Domini. La bandiera che mio padre ha innalzato sul portone della caserma, sventolando accanto a me dà una sensazione di orgoglio, rappresenta la Patria che mio padre onora nel suo lavoro di maresciallo dei carabinieri. Lassù nel balcone mia madre ha esposto le nostre più belle coperte di damasco fiorato.
E comincio a sentire un mormorio e già dalle lunghe scalinate di fronte cominciano a scendere saltellanti rubicondi bambini e ora dalla curva di via Roma appare la processione a cui partecipa tutto il paese di Canolo in uno slancio di fede popolare e genuina! E alle mie orecchie arriva un canto che ha la cadenza di un inno militare: "Cristus vincit, Cristus imperat, Cristus, Cristus vincerà".
L’arciprete tiene tra le mani l’Ostensorio e quattro catechisti sostengono il baldacchino di broccato.
I bambini che hanno fatto da poco la prima Comunione ora sono diventati angioletti e infatti indossano enormi ali di cartone foderate di carta velina bianca e celeste.
Mia sorella Rinuccia ha un’aria compunta e, messa proprio al posto d’onore, sfila tenendo in mano il cestino pieno di petali di rose e le sue lievi ali sono un incanto a vedersi. L‘arciprete, appena arrivato sotto la mia finestra, dà il segnale di fermata e poi alza al cielo l’Ostia Santa per la benedizione a me e alla caserma tutta.
E la “timpa” risplende di improvvisa luce e il mio cuore innamorato e felice Ti canta il suo grazie. In un tripudio di fede e di giovinezza raggiungo le vette della pura contemplazione e la bandiera sventola accanto a me, ma chi mi chiama con voce nota? Perché sento sempre più chiaro e sempre più insistente pronunciare il mio nome? "Rosarita che fai? Al tuo solito sogni ad occhi aperti? Guarda stiamo per atterrare a Fiumicino". La calda voce di padre Egidio mi riporta alla realtà mentre il sole romano ride nel suo tramonto d’oro! E così l’aereo rullando infine plana, si ferma, e tutti scendiamo in ordinata fila.
Laggiù in lontananza la fitta siepe di alberi illuminati dal sole del tramonto per un attimo mi riportano a Vizzini tra le pere, ma no! la visione scompare, sono tutti qua nei miei occhi e nel mio cuore i fratelli d’allora e i nuovi.
Mi beo della Tua tangibile presenza, o Signore, amato e amante, sono visibili e amorevoli i segni del Tuo amore e non li capisco pienamente, tuttavia riesco ad assaporarli! Enza si avvicina, mi stringe la mano e mi invita ad affrettare il passo, infatti ci stiamo preparando per il secondo imbarco alla volta di Amman.
Superato il check-in entro nell’abitacolo, stringendo tra le mani il mio biglietto numerato, 18/C e stavolta accanto a me ritrovo Enza. Padre Egidio, in fila davanti a me, si gira e mi rassicura con uno sguardo sorridente perché il viaggio stavolta sarà proprio lungo e io sono eccitata come una bambina! Piano mi siedo, allaccio la cintura e getto un rapido sguardo al sole romano che sembra un cerchio di fuoco, no, ora sembra invece un’ostia bianca che si allarga, si allarga e splende luminosa nel Tuo cielo! Ed io mi sento già immersa in questa realtà!
E volo e d’altronde il mio posto è vicino alle ali dell’aereo e penso alla canzone “Tutti i figli di Dio hanno le ali”. Con più sicurezza ora posso volare verso di Te.
Un velluto di azzurro già trema sotto di me luccicando di giallo e intravedo in lontananza la vela di una barca e sembra quella dell’ anima mia che corre fiduciosa verso di Te! Così sospesa fra il tuo cielo e il tuo mare ti accolgo e ora riposa un poco nella mia anima e possa io “riposare” nel tuo cuore di padre e di fratello!
Un silenzio divino mi avvolge e "naufragar mi è dolce in questo mare".
Ma la pace è violata da un vocio che aumenta sempre più e mi raggiunge ormai.
A fatica scendo dal mio empireo e la fredda voce metallica proveniente dalla cabina, ci ordina di allacciare bene le cinture: stiamo per atterrare ad Amman, che buio intorno! Scendiamo dalla scaletta, ora il modernissimo aeroporto luccica di luci ma ritrovo una città occidentalizzata e subito ne ricevo conferma: l’autobus ci sta portando al nostro albergo e osservo che le strade sono larghissime, affiancate da grattacieli. L’albergo spendente di luci, con soffici tappeti, mi fa sentire solo una turista spaesata e non una pellegrina. Non riesco a gustare la ricca cena e neppure la moderna stanzetta che accoglie me e Margherita e l’ aria condizionata non rinfresca la mia arsura, anzi aumenta il mio disagio. D’istinto apro la valigia e consulto il programma del viaggio: la Samaria ci attende, anzi tu, Signore, mi attendi al pozzo di Sicar, aspettami, non prendere altri appuntamenti, devo parlarti io!
Tanta strada, tanta “arsura” e finalmente l’auto si ferma sotto il cocente sole della Palestina per il più atteso appuntamento del mio pellegrinare.
Scendiamo e insieme ci incamminiamo verso la chiesetta dove è incastonato il pozzo, già il pozzo, dove tu Gesù hai atteso la donna e alla quale tu ti presenti bisognoso, stanco assetato e le chiedi da bere, tu Creatore e tu Dio!
Stupenda metodologia è la tua, vedo che conosci bene la sensibilità dell’animo femminile e ti mostri attento e premuroso con la samaritana, solleciti la sua attenzione e il suo interesse e il vostro è un dialogo di alta teologia che termina con la sua conversione; io Gesù attendo ancora la mia!
Chinandomi, dietro Aurora, scendo le strette e piccole scale, eccolo il pozzo! Lo posso toccare! Appoggio lievemente la mano sulla levigata bordura di marmo e contemplo.
La lunga corda gira, gira e il secchio sale, si solleva, eccolo appare e guardo l’acqua, avida ne respiro la frescura! Le mie mani tremanti si uniscono pronte a ricevere l’acqua che Pina versa nel cavo delle mani. Con viva commozione “assaporo” questa ristoratrice acqua di vita eterna e in uno slancio di fede rinnovo gli impegni battesimali!
Una sensazione di letizia, di pace, di purificazione, arriva intatta in tutto il mio essere e intono il mio Magnificat e mi sembra di recitarlo per la prima volta!
La gioia che mi riempie dentro vuole esplodere in tutta la sua forza vitale.
Ma a chi posso comunicarla? E come posso fare? Quale linguaggio usare?
Ho trovato la via, gli occhi sono lo specchio dell’ anima e hanno un loro misterioso linguaggio che altri occhi, innamorati di Dio, possono captare.
Alzo i miei occhi brillanti e cerco e trovo padre Antonio e i nostri sguardi s’ incrociano. Per un attimo ho l’impressione di sentire me stessa gridare con tono implorante : “Dammi da bere” ma no, nessun suono esce dalle mie labbra, è solo il mio essere che grida, impazzito d’ amore, grida il suo piccolo grazie al mio Dio Uno e Trino! Ora ho acquistato la forza per risalire le scale, per proseguire il viaggio della vita, sicura che lungo il cammino avrò sempre una robusta corda, un profondo pozzo, una lucida brocca e così potrò saziare la mia rinnovata sete e grazie ancora per questa “meravigliosa certezza”!
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