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Dammi il tuo cuore
Le tende bianche della finestra della camera da letto oscillavano accompagnate dal vento fresco di una sera di aprile.
I due ragazzi se ne stavano nel letto abbracciati, quando lui si svegliò di soprassalto. Fissò nel buio la stanza, e si accorse della finestra aperta.
Spostò delicatamente la ragazza e scese per chiudere le ante. Si sfregò le mani tra loro a riscaldarle, e si voltò nel sentire qualcuno battere la lingua sul palato a dimostrare l'errore.
“CHI C'E'? ” gridò lui.
La ragazza si svegliò di colpo.
“Con chi urli? ” domandò assonnata.
“Samantha, non muoverti! C'è qualcuno nella stanza! ”
La luce della luna illuminava metà camera.
“E già... C'è proprio qualcuno nella stanza”, disse la voce.
I due ragazzi rimasero immobili, ma chi aveva appena parlato poteva udire il respiro affannato ed impaurito di entrambi.
“Chi sei? ” domandò lui cercando di celare la paura.
“La sento”, fece una breve pausa. “Sento la paura nella tua voce... ”
L'ombra fece qualche passo, ma sempre restando nel buio.
“Cosa vuoi? ” chiese lui nuovamente.
“Hai una cosa che mi appartiene Flavio, e io la rivoglio. ”
“Cosa? ”
Lei esitò. Poi come un sussurro, rispose: “Il tuo cuore. ”
In quel momento lui corse in velocità verso la porta, ma lei lo bloccò e gli inflisse un calcio che lo fece cadere a terra, e che gli fece perdere i sensi.
La ragazza che stava nel letto cominciò a gridare.
La voce nell'ombra la raggiunse e le tappò la bocca, svelando il suo aspetto.
Avevi occhi neri e capelli della stessa tinta, lisci come la seta. Labbra scarlatte e mascara nero.
“Vedi come te lo dico: devi stare zitta, altrimenti ammazzo anche te, e credimi, non mi fa alcuna differenza. Dipende solo da te. Puoi vivere, o puoi morire. A te la scelta”, chiarì fissandola intensamente.
La ragazza chiuse gli occhi facendo capire che sarebbe stata zitta.
Lentamente allontanò la mano dalla sua bocca e si fiondò sul ragazzo a terra. Piegò il capo come fanno i cani e lo guardò attentamente finché questo non riaprì gli occhi, sbarrandoli.
“Eccolo che lentamente si sveglia... il bello addormentato nel bosco. ”
“Rosa? ” domandò con tutto lo stupore possibile.
Lei sorrise e disse: “Non avresti mai dovuto lasciarmi in quel modo... che errore hai commesso. ”
Non finì la frase che venne colpita dietro la nuca; la ragazza corse fuori della stanza.
Rosa s'interruppe e si alzò in piedi, lentamente. Non aveva necessità di correre, sapeva cosa aveva in serbo per lei.
Prese un coltello, afferrò il palmo di Flavio e glielo conficcò al suo interno, in modo tale da inchiodarlo al pavimento. Il ragazzo gridò quasi fino a sgolarsi.
Mentre il sangue sgorgava, lei pacatamente disse: “Aspettami pure qui, torno subito... ”
Si fece scricchiolare il collo, ed uscì dalla stanza.
Estrasse dal lato dello stivale un secondo coltello, e si diresse al piano di sotto. Mentre scendeva le scale, scrutò ogni angolo dell'abitazione.
“Non sai quanto sia felice di questo tuo gesto... Ginevra, vero? È così che ti chiami. ”
Quando arrivò nel salottino, la vide impugnare uno dei pezzi del set degli attrezzi da camino.
Rosa s'impose dinanzi la porta e scosse il capo, ridendo.
“Ah... cosa vorresti fare? Colpirmi? ”
“Senti... io non so chi sei, se hai dei conti in sospeso con Flavio, parla con lui. Io lo conosco da poco. ”
Rosa annuì.
“Ma certo... in fondo vi siete solo divertiti un po' sotto le lenzuola quando lui era ancora il mio fidanzato. ”
Ginevra spalancò gli occhi, ma continuò a restare in silenzio, e Rosa riprese il suo discorso.
“Vedi... sono sempre stata estremamente chiusa, ma cazzo, se mi affeziono a qualcuno è proprio la fine. E vedi... è capitato proprio questo con Flavio. Ci siamo trovati, ci siamo frequentati e alla fine ci siamo fidanzati”, fece una pausa e indicò Ginevra. “Solo che poi, in qualche modo sei arrivata tu e lui mi ha tradita. Mi capisci anche tu che io non posso tralasciare la cosa, vero? ”
Ginevra balbettando rispose: “Non ne sapevo niente, te lo giuro. Non mi aveva detto di essere fidanzato. ”
“Ne sono sicura, vigliacco com'è... ed era per questo che ti avevo promesso che ti avrei lasciata viva”, continuò con uno strano sorriso. “Solo che non hai mantenuto la promessa: mi hai colpito e ora stai tentando di farmi fuori con quel fottuto accessorio in ottone! ”
Lasciò trascorrere qualche secondo. Infine divenne seria e disse: “E quindi ora tocca anche a te. ”
Mentre Ginevra si scagliò contro Rosa, questa le aveva già lanciato il coltello dritto nel petto.
Stralunò gli occhi, cadde sulle ginocchia e infine a terra.
Rosa si avvicinò e fissandole il viso senza più vita, si mise sulle ginocchia ed estrasse il pugnale.
Con la mano guantata, ripulì la lama dal sangue. Poi risalì.
Entrò nella stanza e vide Flavio come l'aveva lasciato; sul pavimento vi era una macchia di sangue, e la mano era ormai violacea.
“Allora, dove eravamo rimasti... ” esordì sistemandosi a cavalcioni su di lui.
Il dolore aveva impregnato la voce di Flavio quando chiese: “Se era solo questo che volevi, bastava dirmelo. ”
Lei rise per qualche secondo; poi fissò con ammirazione il pugnale che aveva ripulito poc'anzi dal sangue di Ginevra.
“È incredibile come tu riesca in ogni momento a fare dell'ironia, anche quando hai una lama di notevole dimensione conficcata in corpo”, continuò senza smettere di fissare l'oggetto.
Poi divenne seria e lo guardò dritto negli occhi. “Prima che qualcuno ci interrompesse ti avevo riferito del perché sono venuta a trovarti, te lo ricordi? ”
Flavio non rispose. Sudava freddo e respirava a fatica quando disse:“Non sento più la mano, ti prego... ”
Ma Rosa non se ne curò: si chinò sui pettorali e gli baciò prima il capezzolo destro e poi lentamente quello sinistro: proprio in quel momento sfoggiò la lama che aveva tenuto in mano e gli trafisse il petto.
Il ragazzo spalancò gli occhi, lo sguardo che puntava il soffitto, il respiro cessò all'istante.
Poi con una forza brutale ed inumana, estrasse la lama che teneva infilzato il cuore ancora caldo e pulsante, lasciando nel torace di Flavio, un buco enorme.
Rosa si alzò in piedi e fissò il corpo senza vita.
“Tu mi hai privato del cuore, adesso siamo pari. ”
Infine scese le scale ed uscì dalla porta principale.
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