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Alice e cristina
Alice si svegliò di soprassalto, madida di sudore e con il cuore che batteva a mille. Mai in vita sua aveva fatto un incubo così terrificante, ma soprattutto così reale. Il continuo ticchettio della pioggia che batteva sui vetri non servì a coprire il rumore del suo respiro, corto e concitato.
Si guardò intorno distinguendo a malapena i contorni della stanza dopodiché allungò un braccio verso la lampada poggiata sul comodino e l’accese. La luce le diede un po’ più di tranquillità o almeno la sicurezza che era sola.
Si strinse le braccia al petto mentre tremava come una foglia e ripensò all’incubo che l’aveva destata così all’improvviso. Sapeva per certo che in esso qualcuno aveva ucciso sua madre senza alcuna pietà, sparandole due colpi di pistola alla testa. Ciò che non era riuscita a scoprire era l’identità dell’assassino.
-Avanti Alice, non vorrai perdere tempo a pensarci. Era un incubo e l’assassino non ha nessuna identità perché è tutto frutto della tua immaginazione.-
Quella vocina dentro di lei la calmò anche se sentiva che qualcosa non andava. Molte altre volte era stata assalita da incubi del genere, ma nessuno di questi le aveva provocato una reazione così esagerata. La sensazione che sua madre fosse morta per davvero era troppo forte.
Poco dopo smise di piovere e la casa cadde in un silenzio tombale, dove l’unico rumore che la ragazza sentiva era il suo respiro e il battito del cuore.
-Basta, devo andare a controllare!-
Fu un ordine che diede a se stessa e che avrebbe messo a tacere ogni dubbio.
Non perse nemmeno tempo a mettersi le ciabatte e uscì dalla stanza così, con indosso solo un leggerissimo pigiama. Richiuse la porta dietro di se e senza accendere la luce del corridoio avanzò a tentoni fino alla stanza della madre. Ad ogni suo passo il pavimento in legno scricchiolava rompendo quel silenzio che si era venuto a creare e che la metteva a disagio.
-Alice, lo sai che stai impazzendo? È solo un dannato incubo, lo vuoi capire?-
Oramai aveva deciso di non dare più credito a quella voce; non sarebbe servita a toglierle il dubbio.
Appoggiò la mano sul pomolo della maniglia e il suo cuore si fermò.
“Mamma! ” chiamò con voce tremante. “Posso entrare? ”
La mancata risposta di sua madre le fece venire la nausea e finalmente si preparò ad aprire. L’altra mano andò all’interruttore pronta ad accendere la luce.
Fuori intanto il latrato del cane dei vicini la fece sussultare.
Aprì la porta di colpo accendendo la luce praticamente nello stesso istante; al diavolo se sua madre l’avrebbe presa per pazza.
Doveva sapere!
L’immagine della madre riversa sul letto in un lago di sangue la colpì come solo una mazzata potrebbe fare. Ben visibili i segni dei colpi di pistola sul suo volto. Il peggio era che i suoi occhi vitrei la fissavano, quasi a chiedere un aiuto impossibile. Mentre dalla gola di Alice uscì un urlo che probabilmente svegliò i vicini i suoi occhi videro qualcos’altro.
La sagoma scura di una persona accanto al letto ; sembrava disarmata.
La reazione di Alice fu istintiva e nonostante il dolore che provava e i conati di vomito che la stavano assalendo fece due passi indietro e chiuse a chiave la porta della stanza.
“Oh Dio, no, non è possibile! ”
Sapeva che invece era l’esatto contrario. L’aveva vista con i suoi occhi e l’assassino era lì dentro.
Passarono alcuni secondi e un colpo violentissimo contro la porta la fece sobbalzare.
A quel punto prese una decisione e corse via. Scese le scale a rotta di collo e aprì la porta che dava sull’esterno. Il vialetto era bagnato e scivoloso ma non le importava. Doveva solo avvisare qualcuno e sapeva già chi. Era tardi ma lui sarebbe stato l’unico a capirla. Mentre correva qualcosa le dava fastidio, qualcosa che le fregava contro il fianco. Lo spavento però non le permise di controllare.
“Aiuto! ” gridò dirigendosi verso la casa del vicino. Attraversò di corsa la strada che separava le due case (le uniche nel raggio di mezzo chilometro) ed entrò nel giardino di Sean. Aveva la sua stessa età, ventidue anni ed erano qualcosa più che semplici amici.
“Sean! ” urlò con quanto fiato aveva. “Aprimi ti prego, mia madre …” Non riuscì a proseguire; era troppo doloroso persino dirlo ad alta voce.
“Sean, Sean! ” oramai pareva essere letteralmente fuori di se. Fortuna che non c’erano altri vicini altrimenti avrebbero immediatamente chiamato un’ambulanza per farla portare via.
Finalmente la porta della casa si aprì e uscì il giovane, seguito a ruota da sua madre. Sapeva già che la ragazza di fronte a lui era Alice, non c’erano dubbi su questo.
“Cosa succede Alice? ” le chiese precipitandosi verso di lei. “Calmati e dimmi cosa ci fai in pigiama in mezzo alla strada. ”
“Qualcuno… qualcuno è entrato in casa e ha ucciso mia madre. Io non… come può essere successo? ”
“Oh mio Dio! ” L’esclamazione arrivò da Jessica, la madre di Sean.
“Calmati mamma, ” le ordinò lui con un gesto repentino della mano. “Non ti ci mettere pure tu. ” Lo sguardo del ragazzo tornò alla sua amica. “Dov’è ora l’assassino? ”
“L’ho chiuso in camera, è l’unica cosa che mi è venuta in mente di fare. ” Alice era talmente terrorizzata che faticava persino a parlare.
“Sei sicura che tua madre è morta? ”
“Le hanno sparato due colpi alla testa? ” sbraitò lei. “Che cazzo di domande fai? ”
“Hai ragione, scusami. Vado a controllare. ”
“Sei impazzito? Ti ucciderà. ”
“Ho un fucile nella rimessa e non credo voglia mettersi contro quello. ”
Per una strana ragione Alice non insisté più di tanto nel fermarlo. Qualcosa dentro di lei voleva che andasse tutto così.
“Mamma, tu intanto chiama la polizia, io prendo il fucile e do un’occhiata. ”
La madre di Sean era piuttosto vecchia e non ebbe la forza di protestare; il figlio in quel momento era troppo determinato.
Impiegò meno di un minuto ad andare al garage e tornare indietro.
“Tu resta qui Alice, non voglio che corri altri rischi. ”
“È mia madre Sean, io vengo con te. ”
Tornare dentro casa sua le provocò uno strano effetto, quasi calmante per quanto incredibile fosse. Rimanendo sempre alle spalle di Sean avanzò fino a che arrivarono in cima alle scale. Malgrado non lo desse a vedere l’amico era molto teso ma si fece forza e si mise davanti alla porta della stanza di sua madre.
“Non lo fare, ” lo supplicò lei sottovoce. “È pericoloso. ”
“Non preoccuparti tesoro, andrà tutto bene. ”
Alzò lentamente il fucile e prendendo posizione si preparò a sferrare un calcio alla porta in modo da aprirla velocemente.
Lei fece un cenno affermativo con la testa mentre con una mano andò finalmente a controllare cosa le desse fastidio nei pantaloni del pigiama
“Tu accendi la luce Alice, al resto penserò io. ” Sean era determinato.
Tutto accadde velocemente. Il ragazzo sfondò la porta e si precipitò dentro mentre Alice accese la luce.
Il flash della lampadina, a differenza di poco prima, la stordì ma le chiarì anche molte cose. La sua mano riconobbe cosa le dava fastidio e tutto nella sua mente tornò al suo posto. Spalancò gli occhi nello stesso istante in cui Sean si accorse che nella stanza non c’era nessuno a parte il cadavere della madre di Alice.
“Qui non c’è nessuno tesoro, ” le fece notare lui. “E la finestra è chiusa. ”
“Ma non è possibile, l’ho visto con i miei occhi. ” A Sean non venne in mente di voltarsi a guardare l’amica, altrimenti si sarebbe spaventato a morte nel vedere il suo viso. Gli occhi lo fissavano spiritati, la bocca piegata in un ghigno terrificante; la ragazza impaurita di poco prima non c’era più.
“E invece è così, ” insisté lui. “La finestra è chiusa e …” Si accorse solo in quel momento del tono con cui Alice aveva parlato poco prima. Non sembrava nemmeno la sua voce.
Una volta girato verso di lei si ritrovò a guardare la canna della pistola stretta tra le mani di Alice.
“Ma cosa …” il proiettile lo centrò in pieno alla testa così com’era successo poco prima alla donna ora distesa sul letto.
“Alice non c’è più, ” disse la donna con una voce totalmente diversa dalla sua. “Se n’è andata, ora ci sono io, Cristina. ”
Cristina era l’altra persona che viveva in Alice, il lato oscuro della sua mente, la sua doppia personalità. Era stata lei l’artefice di tutto quanto; non esisteva nessun assassino vestito di nero, solo loro due nello stesso corpo.
Scese le scale diretta verso l’ultima persona che poteva mettere in pericolo la sua vera natura.
La madre di Sean.
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