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Lo specchio dell'anima
In una piccola casetta di legno, dispersa nel bosco incantevole, viveva una vecchia strega buona di nome Lulù che ogni tanto faceva qualche magia. Un giorno decise di prendere un semplice specchio e farlo diventare magico. Dopo varie formule magiche lo specchio ovale con cornice e manico azzurro divenne color oro. Questo cambiamento poteva essere la conferma che lo specchio aveva acquistato il potere magico che gli aveva donato, ma lei non era sicura voleva provarlo. Lo specchio doveva cambiare l’anima di chi si specchiava guardandosi intensamente negli occhi. Passò un po’ di tempo e Lulù era impegnata a fare tante magie, che dimenticò lo specchio sul davanzale di una finestra sempre aperta.
Ogni tanto passava di lì Cip, un passerotto azzurro e curioso che guardava ogni cosa nel bosco. Da uno splendido volo atterrò sul davanzale e appollaiandosi vicino allo specchio d’oro che brillava con la luce del sole, non riuscì a resistere alla tentazione di guardare. Si avvicinò con occhi stupiti appoggiò il becco e guardandosi intensamente negli occhi, non successe nulla di particolare ma lo specchio aveva attivato la sua magia. Un attimo dopo Cip decise di volare via disinteressato da ogni cosa.
Il giorno dopo Lulù si ricordò dello specchio, lo prese e decise di uscire per provarlo, se incontrava qualcuno. Il bosco non era mai affollato, ma qualcuno lo avrebbe di sicuro trovato. Dal nulla comparve all’improvviso un orso bruno, grande e grosso, di nome Ubaldo che cercò di aggredirla. Scontroso e scorbutico cominciò a bramire e non ne voleva sapere di guardare lo specchio, poi cambiò idea se ne impossesso e si allontanò. La strega un po’ sconvolta decise di non inseguirlo perché era impossibile recuperarlo. Ubaldo si guardò attentamente nello specchio, all’inizio s’irritò, ma quando si guardò intensamente negli occhi, lo specchio compì la sua magia. Un attimo dopo l’orso era diventato molto gentile e cortese con ogni creatura del bosco.
Si sdraiò tranquillamente accanto a un albero e si addormentò con lo specchio sulla pancia. Intanto passava da quelle parti il piccolo gnomo Skizzo, salterellando felice. Era uno gnomo assai presuntuoso e superbo, quando vide l’orso, cercò di non svegliarlo, ma con arroganza si avvicinò e s’impossessò dello specchio. Quando vide l’orso girarsi sul fianco, si allontanò, ma con calma perché tanto dormiva ancora e si guardò vanitosamente allo specchio. Controllò che il cappellino a punta che portava fosse apposto e si sistemò la barba lunga. Poi guardandosi intensamente negli occhi lo specchio effettuò la magia anche su di lui. Dal suo cuore nacque tanta umiltà e modestia che decise di abbandonare lo specchio accanto a delle violette e dei cespugli all’inizio del bosco.
Un attimo dopo passava di lì per caso l’elfo Oilè, assai imbranato. Mentre camminava, infatti, inciampava spesso ed era molto maldestro nelle sue azioni. Mentre pensava a Charlotte, la sua amata, alla quale non riusciva a dichiarare il suo amore per la sua insicurezza, si accorse dello specchio abbandonato e si avvicinò per raccoglierlo incuriosito. Quando vide la sua immagine riflessa, cambiò completamente, divenne molto sveglio e spigliato. Così abbandonò anche lui lo specchio nello stesso posto di prima e andò a cercare Charlotte per farle capire quanto la amava, ma senza problemi di sbadataggine e insicurezza.
Lo specchio d’oro fu visto ancora una volta da una splendida fatina di nome Yuka che volava con piccole ali e un grazioso vestitino viola. Infatti, era la fatina delle viole, fiori che rendeva splendenti. Lei era molto timida e riservata, ma quando si avvicinò allo specchio e senza sollevarlo guardò intensamente nei suoi occhi, come gli altri, divenne audace e molto esuberante. Coraggiosamente volò via libera e felice nel suo nuovo carattere.
Intanto fuori dal bosco, ma vicino all’entrata, c’era un gruppo di ragazzi di circa undici anni. Stavano giocando a pallone e tra di loro c’era anche una ragazzina di nome Saya, un po’ maschiaccio, vestita con pantaloni, alla quale piaceva giocare con il suo migliore amico Haruki. Ad un certo punto il pallone finì vicino all’entrata del bosco e si offrì volontaria Saya per andare a recuperarlo. Il pallone era vicino allo specchio e lei quando lo stava raccogliendo lo vide, non era nel suo interesse, ma non capita tutti i giorni di trovare uno specchio d’oro accanto a un cespuglio. Così lo raccolse curiosamente e guardò la sua immagine, era un po’ spettinata e sporca per il gioco, ma questo lo notò dopo essersi guardata negli occhi intensamente. Intanto i suoi amici la chiamavano per il pallone, lei tornando gli e lo lanciò e disse di non aver più voglia di giocare allontanandosi con lo specchio in mano.
Lo specchio l’aveva cambiata, così il giorno dopo Saya non andò a giocare con Haruki a pallone, ma preferì uscire con le sue amiche. Parlarono di problemi femminili e comprarono qualche bel vestito e trucco, le sue amiche erano immature, ma l’accettarono volentieri. Chi ne sentì la mancanza era Haruki, molto affezionato a lei, si conoscevano fin da piccoli e li legava un forte sentimento d’amicizia che faceva fiorire tanto amore per lei.
Passarono diversi giorni ma Haruki non la vide più, finché per caso la incontrò e le disse che voleva parlarle. Lei aveva un grazioso vestitino azzurro, un leggero trucco dello stesso colore e una borsetta rosa. Era il tramonto e raggiunsero la panchina, davanti al laghetto, sedendosi cominciarono a parlare: “Come stai? ” le chiese lei. E lui un po’ imbarazzato e lanciando un sassolino nel laghetto le rispose: “Bene, ma perché non vieni più a giocare a pallone con me? ”.
“Ormai sono una donna non posso sempre giocare a pallone come un maschio”. Lui leggermente sconvolto disse: “ vorrei tanto che tornassi la Saya di prima, perché ti voglio bene e desidero non essere trascurato, ci conosciamo da tanto tempo non ti riconosco più”. Lei alzò lo sguardo, lo guardò negli occhi intensamente, senza dire una parola, nel silenzio della natura che avevano attorno e si accorse che i suoi occhi brillavano più delle stelle. I suoi pensieri le sussurravano che lui la amava e la accettava per com’era, così prese lo specchio nella borsa e capì che tutto era cambiato da quando lo aveva trovato. Guardandolo desiderò che tutto tornasse come prima, non sapendo che la formula opposta non funzionava. Lui la guardò, ma non disse nulla e lei alzandosi lanciò lo specchio nel laghetto che rimase lì per sempre.
Lei gli lanciò un dolce sorriso e disse: “scusa mio caro amico io sono la Maya che conosci e ti voglio bene”. Prendendosi per mano tornarono a casa e il giorno dopo giocarono ancora a pallone, e poi andarono al cinema. Si frequentavano spesso facendo anche lunghe passeggiate e dentro di loro fioriva la cosa più bella del mondo, un amore infinito.
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