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Vivisezione di un rapporto sessuale
"Vuoi una Marlboro?", gli chiese lei accendendogli una sigaretta.
Detto questo allungò le gambe sopra al letto, fino a distenderle completamente e ne accese una anche per lei..
Lui seguiva i suoi movimenti, guardava compiaciuto le sue ginocchia spigolose e quei polpacci magri, vestiti di pelle non troppo giovane oramai e neanche troppo liscia, che pena gli facevano...
"Fumi sempre dopo aver fatto sesso?" Le chiese, nauseato dall'odore della nicotina annidata nelle profondità di lei, in ogni poro e piega della pelle, in ogni alito del suo respiro, e sotto il bordo delle unghie delle quali lui sentiva ancora tracce vive sulla pelle.
"no, dopo aver fatto sesso mai, fumo solo nelle ore di lavoro"
Lui annuì, fingendo di aver capito quel ragionamento, ma in realtà non riusciva ad immaginarsi cosa potesse pensare una testa attaccata ad un corpo spento e non più desiderabile, un corpo che veniva usato e poi gettato sopra il ciglio di un marciapiede, come un biglietto dell'autobus alla fine di una corsa.
Lui guardò quel corpo ormai avvizzito, consumato da anni di esperienza e si rese conto di aver cercato, proprio nella sua bruttezza, il puro sfogo di un istinto primordiale e di aver goduto, dentro quel su e giù di indifferenza, di una inconscia smania di violenza contro volontà..
E si accorse di come a volte più il corpo è brutto e visitato e più l'istinto sessuale che ne scaturisce è potente ed animalesco.
"È una questione di cervello" rispose lei all'incalzare delle sue domande, invitandolo al ragionamento.
Marco si meravigliava di come quella donna riuscisse ancora a distinguere l'effetto dei sussulti che la scuotevano dentro, al punto da partecipare a quel piacere o ad attendere pazientemente la fine del piacere altrui, con la mente proiettata altrove, magari sulla cena della sera.
E Marco quella sera la guardava, con gli occhi pieni di pietà, la pietà di chi non sa capirla ma vuole approfittarne, di chi sembrava utilizzarla per affermare la propria mascolinità, la sua virilità potente ed istintiva, di chi nel profondo la disprezza ma con l'istinto del suo sesso la ricerca.
Quel corpo stanco e quasi senza forma rappresentava la tana della libertà, l'esaltazione del piacere puro ed incondizionato, la volontà di trasgressione, il potere del controllo sullo scorrere del tempo.
Marco aveva voglia di ringiovanire ed affogava in quegli amplessi senza sentimento la necessità di uno sfogo sessuale libero da ogni sorta di controllo, tra le carni inermi di una sconosciuta cui non doveva dimostrare niente, con la quale poteva permettersi anche di fallire senza la paura di ripetere l'errore, perché comunque non l'avrebbe più rivista, perché comunque non gli sarebbe interessato il suo giudizio. Ma, non appena si impadroniva di quell'idea di libertà fino a sentirla concretamente sua, si liberava di tutte quelle paure e si sentiva invulnerabile.
In quelle pieghe di carne sconosciuta affondava la paura di invecchiare, di non poter più sostenere il confronto col passato, troppo soddisfacente per non rendere il presente deludente.
Pensò alla moglie, a come fosse bella, giovane ed elegante eppure spesso incapace di gonfiare l'impeto delle sue voglie d'amore e tornò a cercare con lo sguardo quella donna che nel frattempo si era alzata e stava innaffiando una piantina appena sfiorita, appoggiata sopra il davanzale, in un sottovaso blu.
Era in un luogo estraneo, in un atteggiamento confidenziale con una sconosciuta che creava, con i suoi modi di fare un'atmosfera familiare.
Tutto ciò era piuttosto insolito, al punto da farlo sentire a disagio.
Si alzò, si vestì in fretta e uscì. Era la prima volta che lo faceva a pagamento e per la prima volta con una donna che non gli piaceva eppure tutto ciò non gli aveva lasciato una sensazione spiacevole, anzi, Marco in quell'occasione si era sentito veramente libero, libero di decidere come e quando poter avere il suo attimo di godimento, senza preamboli, senza doversi assoggettare a precise regole comportamentali.
Lo aveva comprato, quell'attimo Marco lo aveva reso merce di scambio, simbolo di consumismo, abolendo tutto quell'orgoglio e quell'attrazione per l'irraggiungibile che risiede nel piacere della conquista. Aveva reso quell'atto sessuale un momento di intenso piacere sospeso sullo scorrere del tempo, privo di un passato e del futuro perché spoglio di un qualsiasi coinvolgimento emotivo. Quell'attimo era stato appoggiato quasi per caso lì, in quella donna, un luogo preso in affitto per pochi minuti, solo per cercare di mascherare la solitudine di un gesto consumato nel riflesso di uno specchio.
Ripensò alla moglie, a quel suo aspetto pulito, senza l'ombra di una macchia, a quel comportamento impeccabile, alle sue mosse prevedibili e capì che quella stasi sessuale che si era stabilita nella coppia era il frutto di una noia naturale che deriva dall'abitudine alla sicurezza. Sorrise, sorrise nell'immaginarla nei suoi atteggiamenti intimi così "composti" e "controllati da apparire il risultato di un'inibizione e capì che forse era proprio lui a crearle quella condizione mentale. Marco, con lei, non si era mai lasciato libero. Non aveva mai lasciato andare i suoi impulsi sessuali in maniera istintiva, per la paura di essere giudicato, scambiando questo suo atteggiamento nei confronti della moglie per una forma di rispetto. In quel momento portò alla coscienza che quel suo approccio così controllato non faceva altro che ferire il suo orgoglio di donna. Si, perché lei, prima di sentirsi moglie, avrebbe voluto sentirsi donna, un essere in grado di scatenare anche gli impulsi sessuali più istintivi ed irruenti, capace di esprimere la propria femminilità senza dover sempre rientrare nei canoni del consueto.
Accelerò per arrivare più in fretta... per la prima volta Marco desiderava la moglie come fosse un corpo affascinante disinserito da un contesto ben preciso. Riusciva a distinguerne il movimento sinuoso ed invitante e lo voleva suo...
.. e così fu.
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