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Lontano dal nostro mondo
Kevin aprì gli occhi lentamente, quasi a fatica, poi si mise a sedere sul letto e solo una volta afferrato il bastone accanto al comodino fu in grado di alzarsi. A 91 anni era già una sfida riuscire ad abbandonare il letto sulle proprie gambe e lui affrontava questa sfida ogni giorno con grinta per un motivo.
Ammirare lo splendido panorama che la natura era in grado di offrire ogni volta che sorgeva il sole.
Con passo stanco attraversò la sua piccola baita fino ad arrivare alla porta di uscita; la aprì e subito il suo corpo sentì o meglio, assaporò la freschezza e la purezza dell'aria di montagna. Respiro un paio di grandi boccate dopodiché si diresse verso la sua amata sedia a dondolo, la sua fedele compagna di tutte le mattine e si abbandonò su di essa. Era posizionata precisamente sotto il piccolo porticato, giusto accanto all'ingresso e garantiva una visuale eccezionale del paesaggio circostante. A duemila metri di altezza del resto non poteva essere altrimenti.
Osservò estasiato le vette che si stagliavano di fronte a lui, in lontananza; il sole stava per fare capolino dalle loro spalle e il cielo azzurro che le sovrastava era di una limpidezza abbagliante. Si soffermò in particolare sulla più alta di tutte e sull'immenso nevaio che si distingueva per la sua particolare forma a V. Nella sua mente riaffiorarono i ricordi, ma soprattutto le sensazioni provato il giorno in cui era riuscito ad arrivare in cima ad essa; guardare il mondo da quell'altezza gli aveva cambiato la vita facendogli imparare ad apprezzare le meraviglie che quel mondo poteva offrirgli.
Fu riportato alla realtà dal dolce cinguettio di un uccellino che si trovava sulla cima dell'abete situato accanto alla sua baita. Oramai aveva imparato a conoscere quel verso e lo considerava come una sorta di saluto del volatile nei suoi confronti. Era difficile da spiegare, ma tutto il tempo trascorso tra i monti lo aveva portato a creare una sorta di rapporto tutto suo con la natura che lo circondava. Un legame che nessuno, nemmeno i suoi parenti più stretti, avrebbe potuto capire.
I suoi occhi si spostarono sul sentiero che arrivava fino a pochi metri dalla baita; era largo poco più di un metro e non sarebbe riuscito a dire quanto volte lo avesse calpestato. Riusciva a sentire il caratteristico profumo della terra e quello dell'erba ricoperta da un sottile strato di rugiada; già, perché la bellezza non stava solo nell'osservare il paesaggio, ma anche nel sentirne gli odori e i profumi.
Ad un tratto piegò la testa all'indietro e guardò il cielo, consapevole che quella sarebbe stata una delle ultime volte che l'avrebbe visto. Proprio così, Kevin infatti era malato e la sua vita poteva spegnersi da un giorno all'altro.
Il medico infatti aveva insistito per farlo andare all'ospedale che c'era giù in paese, sostenendo che con un continuo controllo su di lui sarebbero riusciti a farlo vivere più a lungo.
Kevin però aveva gentilmente rifiutato la proposta andando contro a due dei suoi quattro figli. Non era nelle sue intenzioni abbandonare la casa e il luogo dove aveva trascorso la sua esistenza; la sua vita era lì, in mezzo ai suoi alberi, ai suoi animali e alle sue montagne. Era più che sicuro che un ricovero in ospedale non avrebbe fatto altro che ucciderlo più in fretta.
Tornò alla posizione originaria e in quel momento le sue orecchie sentirono qualcosa, una specie di mormorio. Qualcuno si stava avvicinando e a giudicare dal tono delle voci doveva trovarsi a mezzo chilometro da lì.
Kevin sapeva di chi si trattava.
Di lì a poco avrebbe rivisto i suoi figli, i suoi nipoti e tutta la famiglia; questo significava che avevano accettato e soprattutto capito la sua decisione di non sottoporsi alle cure ospedaliere.
Sul suo viso solcato dalle rughe si formò un sorriso e meno di cinque minuti dopo vide il primo dei nipoti, il più piccolo, correre verso di lui.
Ebbe la conferma definitiva che la sua scelta di stare in quel luogo fuori dal mondo era stata quella giusta.
Non gli importava se ad attenderlo dopo la sua morte ci fosse stato il paradiso o altro.
Lui era già in paradiso.
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0 recensioni:
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- Non sei bravo solo a scrivere opere horror, ma tutto ciò che ti pare.
- Stefano mi hai quasi fatto piangere.. Il tuo racconto è splendido, Sembra di vedermi, in kevin. Anche io come lui amo la natura, al contrario però, lui vive in montagna, io in pianura. La montagna deve essere grandiosa, da come la hai descritta. Le vette bianche, delle montagne, tutte innevate, il canto degli uccellini che lo salutavano ogni mattina, gli immensi abeti, così alti e verdi, che offrivano riparo agli uccellini, la baita e il sole che sorge, il cielo celeste, la neve per terra. Mi ha colpito tutto, di questo racconto. Dalla neve, che, ho visto solo una volta, alla sedia a dondolo, sua compagna da una vita. La vita mi ha colpito, come, è condizionata da scelte, che determinano la vita. Le decisioni dei figli, di Kevin, che, poi, capirono tutto, ossia che lui doveva rimanere li, e morire dove era sempre stato.
È bellissimo, non saprei cosa altro dire. Lo hai scritto benissimo, le descrizioni sono meravigliose, fai rivivere dentro la mia testa le situzioni tue descritte. Bravissimo, con questo mi hai veramente colpito.
A presto, Giuseppe
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