Un tempo schifoso.
Piove a dirotto da un pezzo ormai e sembra non voler smettere tanto presto.
L'ululare del vento fischia nelle orecchie in modo estremamente fastidioso.
C'è da sperare che tutto questo casino non si trasformi in un fottuto uragano. Non sarebbe certo una cosa fuori dal comune di questi tempi e da queste parti.
Los Angeles è una città che sembri amare la collezione di disastri naturali ed io invece sono una persona tranquilla.
Già il volo in aereo ha fatto schifo. Una prima classe da dimenticare; solo tre ore ma gli ultimi quaranta minuti sono stati davvero tremendi. Vuoti d'aria e turbolenze a non finire, per non parlare dei fulmini che ci sfioravano pericolosamente. Ed ancora più irritante era la voce del comandante che si ostinava a ripetere che tutto andava bene e le hostess con i loro sorrisi finti che erano sempre attaccate al culo dei passeggeri, chiedendo se avessero bisogno di qualcosa.
Non c'è niente da fare: volare non è proprio roba per me. Ho sempre preferito e sempre preferirò la macchina per viaggiare, anche se questa volta era necessario fare un'eccezione. I tempi erano stretti e se non fossi arrivato qui repentinamente l'uccellino avrebbe preso il volo un'altra volta; gli è riuscito piuttosto bene negli ultimi mesi, devo ammetterlo. Per essere un pensionato ha dimostrato molta più grinta di quanto tutti ci aspettassimo da lui, ma adesso la sua libera uscita è terminata. Dovrebbe rientrare a momenti.
Mi dispiace di aver bagnato la moquette, ma non potevo davvero aspettarlo fuori, rischiando di prendere una polmonite o morire affogato. Il divano è decisamente molto comodo... quello che ci voleva per rilassarsi dopo un viaggio del genere e dopo essermi inzuppato sul vialetto di casa e mentre forzavo la serratura.
Il tempo sembra scorrere più lentamente in questo soggiorno... il silenzio è rotto solo dalla pioggia che picchia contro le finestre e dal monotono ticchettio della pendola vicino alla cucina.
Verrebbe voglia di abbandonarsi all'accoglienza che ti avvolge e di schiacciare un pisolino... cosa da non fare mai mentre si lavora, ovviamente. Specie quando sei in attesa del tuo cliente.
Non mi piacciono i lavori di questo tipo. Non mi sono mai piaciuti.
So che può sembrare assurdo e ridicolo detto da uno come me e per la maggior parte delle persone che fanno il mio mestiere è assolutamente vero. Ma mi piace ancora credere di avere almeno una piccola parte di coscienza dentro quest'anima corrosa dall'avidità e dal sangue. Non esiste nessuno più lontano del sottoscritto dall'essere uno stinco di santo, intendiamoci. Se fossi una brava persona avrei smesso da un pezzo di fare quello che faccio... fare quello che faccio. Non ho nemmeno il coraggio di chiamare il mio lavoro con il suo vero nome. Neanche nella mia mente. Questo la dice lunga su di me; sono un vigliacco? Probabilmente sì, ma non nel senso più comune del termine o almeno non per certi aspetti. Sono il più grande dei vigliacchi che abbia mai messo piede in questo cesso di mondo... mi terrorizza il pensiero di avere una vita. Una vita normale, intendo. Andare in ufficio tutte le mattine e sgobbare per quattro soldi. Nel fine settimana guardare la partita con gli amici e godersi il barbecue in giardino.
E ricominciare tutto da capo giorno dopo giorno, senza nessuna via d'uscita fino a quando non si diventa troppo vecchi per fare qualsiasi cosa che possa svagarti; e allora si resta seduti in casa a guardare la tv fino a quando non ti arriva un infarto che ti secca sulla poltrona e ti trovano solo dopo una settimana che sei passato a miglior vita, perché i vicini hanno sentito la puzza del tuo cadavere in decomposizione.
Non è detto che vada sempre a finire in questo modo ma è un quadro come un altro e direi che potrebbe calzarmi a pennello. Ma per ora voglio tenerlo lontano il più possibile. Ho tanti di quei soldi, costruiti sulle vite della gente, che potrei ritirarmi anche oggi stesso e trasferirmi in qualunque posto volessi andare per vivere di rendita per molto tempo. Forse dovrei preoccuparmi di chi verrebbe a cercarmi per uccidermi.
Sono in tanti quelli che vorrebbero vedermi morto, questo è sicuro. A cominciare dai miei datori di lavoro.
Non c'è niente di peggio di un uomo ricco che ha paura di perdere il proprio potere ed il proprio denaro. Ancora peggio se si tratta di un criminale. Ed ancora peggio se chi può minacciarlo è un suo stesso dipendente. Saltuario, certo... ma pur sempre un dipendente.
Alla fine, quando fai questo lavoro da nemmeno troppi anni a dire il vero, è inevitabile che tu venga a contatto con informazioni e segreti che riguardano molto da vicino le persone che ti assoldano. Ed il tuo intuito fa tutto il resto. Chi marcia sul sentiero dell'illegalità da parecchio tempo, quel tanto sufficiente a costruirsi almeno un paio di ville sul mare ed a possedere un elicottero privato sa bene cosa significhi la paranoia.
All'inizio credi che si tratti di una debolezza che a te non capiterà mai; pensi che sarai il primo e l'unico ad avere il pieno controllo della tua attività e soprattutto di te stesso e sei certo della tua facoltà di saper prevedere le minacce molto tempo prima che arrivino.
E quando ti rendi conto che la presunzione che ti sei costruito poggia solo su un castello di carte sempre pericolosamente traballante e che la realtà è ben differente da come te l'eri prospettata, allora iniziano i problemi.
Alla fine il controllo si perde sempre più, soffocato dalla paranoia e dall'angoscia di essere fregato da tutto e tutti. Fatichi a dormire la notte e gli incubi sono sempre più inquietanti. Uno crede che un boss malavitoso sieda sulla sua poltrona, ordinando omicidi e crimini a destra e a manca e che si goda allegramente il denaro sporco. Ok, fa anche questo, non si può negare, ma non è tutto rose e fiori nemmeno per lui.
Io personalmente non ho mai provato una sensazione del genere ma non devo essere un indovino per capire che non dev'essere piacevole svegliarsi nel cuore della notte madido di sudore, con il cuore a mille, impiegando qualche istante per renderti conto che sei ancora vivo. E neanche il sole che sorge riesce a migliorare le cose. Si tratta di persone ossessionate dalla paura di morire e dalla smania di accrescere il proprio potere e ricchezza per evitare che questo succeda.
Non hanno amici né collaboratori di cui riescano più a fidarsi ed ecco che inizia una spirale dalla quale non riescono più ad emergere.
Alla fine assoldano uno come me per liberarsi dai nemici veri e fasulli e da chi, secondo loro, potrebbe tradirli e pugnalarli alle spalle nel vero senso della parola.
Esegui tutti gli incarichi che ti affidano alla perfezione, senza commenti o giudizi e loro ti ringraziano mille volte perché li fai sentire più sicuri, anche se per poco tempo.
Vedono che la coltre di nubi nere si dirada leggermente e riescono a respirare meglio, ma poi tutto ricomincia e ti cercano di nuovo.
Li vedi sempre più deboli e vacillanti in ogni decisione che prendono e quel che è peggio è che ti affidano incarichi approssimativi ed è solo tua cura raccogliere i dettagli necessari per garantirti il successo.
Ma non solo.
Da sicario quale sei, ti tocca diventare anche il più sicuro confidente. Tu non fai nessuna richiesta per godere di questo (orribile!) privilegio. È la loro ossessione a costringerli a metterti al corrente delle loro angosce. Impazzirebbero altrimenti.
E così iniziano a raccontarti tutto, per filo e per segno: il boss avversario che lo vuole morto per quell'affare che gli ha soffiato alcuni anni fa. Oppure il tizio che vuole farti fuori perché tempo addietro hai fatto ammazzare suo fratello a qualche amico. Oppure il poliziotto che ha fatto della sua rovina una missione e che conosce troppe cose sui suoi affari.
Ti raccontano tutto, senza trascurare nomi e luoghi di ogni porcheria che hanno commesso, fino ad una decina di anni prima. O peggio, dalla loro ascesa fino ad oggi. Alla fine sei praticamente nauseato e sai perfettamente che tutte quelle stronzate non servono a nulla per quello che devi fare tu. Ma fai finta di ascoltarli e ti mostri interessato alle loro pene, per il semplice fatto che diventare loro confidenti si traduce anche con più bigliettoni nelle tue tasche. Il che non guasta mai.
E ti diverti anche a vederli così spaventati, come bambini che hanno paura del buio e si attaccano alle gonne della mamma... certo, se avessero avuto il mio insegnamento non avrebbero questo problema, di questo sono sicuro.
Ti fanno ridere e quasi ti fanno pena al tempo stesso. Si nascondono dietro alla loro prosopopea ed al denaro custodito nelle loro impenetrabili casseforti senza rendersi conto di essere diventati talmente piccoli da poter venire schiacciati in un attimo. O meglio se ne rendono conto ma non vogliono accettarlo e questo li rende ancor più fuori controllo. Ti chiedi come abbiano fatto ad arrivare dove sono e ti domandi quanto ancora potranno resistere annaspando disperatamente per non affogare nella loro paranoia e gorgogliare nel loro stesso sangue, come indifesi canarini infilati in una gabbia che si fa sempre più piccola. Vogliono fuggire ma non possono.
Saltellano su un tappeto di carboni ardenti alla ricerca disperata di una superficie fredda prima di prendere fuoco.
Un sicario si arricchisce con gente di questo genere. Sono autentiche miniere d'oro.
Fin quando si fidano di te.
Brutta cosa davvero, la paranoia.
Perché tende a capitare che un bel giorno si alzino da letto e mentre fanno colazione in completa solitudine e leggano le notizie sportive, si rendano conto di aver parlato troppo con chi è un semplice assassino prezzolato.
Brutta notizia.
Da confidente ti trasformi nella nuvola più nera che si forma sulla loro abitazione e che minaccia di diventare un uragano e spazzarla via. Ti hanno raccontato tutto quello che li riguardava in un attimo di debolezza ed anzi credono che sia stato proprio tu ad approfittartene, per ricattarli al momento opportuno o magari per spifferare tutto ad un rivale. Devono correre ai ripari finchè sono in tempo.
Non c'è ovviamente da sprecare un solo minuto per convincerli che non te ne frega un tubo dei loro problemi e delle loro magagne e del fatto che i soldi che ti hanno dato uniti alla professionalità (che sfortunatamente non tutti hanno in questo settore.) gli garantiscono un solido silenzio. Non serve a nulla confidar loro che hai solo finto di ascoltarli per non essere scortese. È logico che non ti crederanno mai.
La spirale in cui sono scivolati li indurrà ad assumere un killer per uccidere un killer. Davvero roba da matti!
Ma non ti senti nemmeno di biasimarli più di tanto. In fondo è prassi comune di ogni essere umano difendere ciò che ha a tutti i costi. E dopo un po' di anni ti abitui anche a fare da bersaglio e difenderti da chi ti ha protetto e si è avvalso dei tuoi servigi fino ad un giorno prima.
Di colpo non sei più il migliore. Sei solo uno scarafaggio da schiacciare senza pietà, per evitare che deponga le uova e sparga merda in tutta la casa.
A questo punto finisci in una sorta di prova del fuoco e si vede perfettamente se sei bravo in questo mestiere oppure sei stato solo un dilettante fortunato che ha esaurito la sua fortuna.
Esiste una sola tattica da adottare in questi casi: fargli capire che non hai alcuna paura di loro e dargli alcuni espliciti avvertimenti di non intraprendere una guerra che non possono vincere. In genere, la maggior parte di essi mollano l'osso dopo poco tempo e rientrano in fretta nei ranghi. Qualcuno ti richiama magari dopo qualche anno per affidarti altri incarichi.
Ma c'è anche chi è troppo consumato dall'ossessione ed è ormai divenuto insensibile a qualsiasi avvertimento; persone del genere minacciano non soltanto la tua incolumità ma anche quella di chi fa affari con loro. E spesso sono proprio i loro ex soci a chiedere a te di sbarazzarti di quella mina vagante e senza controllo. Accetti volentieri e riesci abbastanza facilmente, dal momento che eri il loro confessore e ti avevano anche chiesto consiglio sull'efficienza del sistema di sicurezza della loro dimora e su come rafforzarlo ulteriormente.
Ma ti dai da fare anche se nessuno ti assume, perché non riesci a gestire altri incarichi come vorresti e con l'efficienza che meritano se qualcuno ti fa pedinare o manda poveri scagnozzi per farti fuori. È fastidioso, a dir poco.
Così ti rimbocchi le maniche e fai quello che devi fare per te stesso, anche se una parte di te è corrucciata per aver perduto un cliente che pagava molto bene... almeno prima di perdere la brocca.
Sto divagando.
È già un pezzo che sto seduto qui.
Tengo sotto controllo sia l'ingresso principale che la porta sul retro; me ne sarei sicuramente accorto se si fosse avvicinato qualcuno.
Una parte di me inizia a pensare che l'uomo abbia mangiato la foglia e sia scappato.
Sarebbe una vera seccatura, in realtà. Tanto per cominciare, avrei fatto un viaggio a vuoto, tenendo conto che detesto volare e per giunta avrei sprecato un sacco di tempo standomene qui a riflettere sulla filosofia del perfetto killer, dopo aver quasi buscato una polmonite a seguito della pioggia e del freddo che ho dovuto sorbirmi dall'aeroporto a qui.
E sarebbe anche una seccatura per il fatto di dover iniziare tutto daccapo. Non che sia una grossa difficoltà ritrovare qualcuno, anche se vuole restare nascosto. Impiega un sacco di risorse e tempo ma ce la si fa abbastanza in fretta se hai intuito e qualche fonte ben attendibile ed a buon prezzo. Chi fugge da qualcosa o da qualcuno lascia sempre delle tracce dietro di sé, dovute a distrazioni o perché magari non le reputa pericolose per la propria incolumità. Certo, sono tracce che non tutti riescono a vedere, ma per chi fa il mio mestiere è importante imparare una manciata di nozioni investigative nonché avere la pazienza di effettuare lunghe ricerche e guardare anche due o tre volte nello stesso punto per essere certi che non sia sfuggito nulla.
Devo riconoscere di essere sorpreso. Piacevolmente sorpreso.
Capita molto di rado che una persona che non fa parte del mondo che include la gente come me riesca a farla in barba proprio a noi. Altri perderebbero la pazienza al posto mio ed altri ancora se ne sarebbero già andati. Addirittura c'è anche chi non avrebbe accettato un incarico del genere. Tanti "colleghi" lo avrebbero definito di basso profilo e decisamente poco stimolante. Io non ho molte regole, a dire il vero. Non ne servono tante.
Solo quelle necessarie a riportare a casa la pelle tutte le sere e poche altre per dare a sé stessi una sorta di morale che possa distinguerti dal branco e che ti dia la parvenza di essere ancora umano, dopotutto. Una specie di curriculum vitae non scritto che presenta punti che possono essere aggiornati ed altri invece che restano costanti nel tempo ed indipendenti dal proprio percorso professionale.
Una di queste poche regole che fanno parte della mia personalità è quella di non rifiutare mai un incarico a meno che non possa procurare guai seri alla tua persona. Io non sono un tipo schizzinoso e va considerato anche che siamo in tempo di crisi. Il lavoro scarseggia anche per gente come noi e visto che non percepiamo indennità di alcun tipo né ci viene pagata la malattia, non sarebbe saggio rinunciare ad un incarico, pur reputato di basso profilo e sputare quindi nel piatto dove si mangia.
E poi è anche una questione d'umanità.
D'accordo, può sembrare una cazzata ed una parte di me in effetti lo crede e si scompiscia dalle risate tutte le volte che mi sente fare queste considerazioni... ma come ho già cercato di spiegare prima, anche un assassino a pagamento si sforza di non lasciare che quel piccolo barlume di umanità, che ancora cammina timidamente nel suo corpo, si smorzi per sempre.
L'ho detto prima: incarichi del genere non mi piacciono affatto. Non li rifiuto... ma non mi piacciono.
Ok, sono il primo ad urlare al pubblico che sono un assassino. Non ho potuto evitarlo e non lo sono diventato per mia scelta.
Forse, avrei potuto tirarmene fuori più di una volta in passato, ma non l'ho mai fatto. Non saprei che altro fare, d'altronde. Non sono un assassino per diritto di nascita... mi ci hanno trasformato in quello che sono. Mi hanno indotto ad amare quello che sono diventato ed anche se cercassi di smettere con tutta la mia volontà, non ne sarei capace.
Ma sono altrettanto sicuro di un'altra cosa. Fermamente sicuro.
Non sono un mostro.
Forse soffro di doppia personalità... forse è tutto qui il problema. Forse, c'è un altro me stesso dentro l'assassino che non vuole arrendersi e mi da questa convinzione, con tutte le sue forze.
Beh... e ci riesce.
Può sembrare di no, ma esiste un abisso molto largo che separa l'essere un assassino dall'essere un mostro.
Non nego quello che sono davanti agli altri o a me stesso e non mi sforzo di apparire normale, se così si può dire.
Ma in tanti anni che uccido le persone per soldi, forse sono il solo a dire che non ho MAI provato nessun perverso piacere nel farlo. E voglio ripeterlo: MAI.
Uccido per vivere.
Quanti altri lo fanno a questo mondo e sono addirittura elogiati per le vite che spengono? E più morti accumulano più sono portati in trionfo.
I militari che vanno in guerra ed uccidono i soldati dall'uniforme e dagli ideali diversi lo fanno per mestiere.
E sono eroi per il loro paese.
I politici di tutto il mondo che danno l'ordine di spingere un bottone per lanciare missili sui paesi mediorientali ed innalzare il prezzo del petrolio, pur a prezzo di centinaia di vittime innocenti fra le popolazioni locali. Quello è il loro mestiere.
E sono eroi per il popolo.
Gli uomini d'affari che riescono a trovare un posto dove scaricare le scorie tossiche delle loro fabbriche, causando disastri ambientali a medio e lungo termine e provocando il cancro a decine di malcapitati che hanno la sfortuna di abitare nei paraggi di quei siti. Lo fanno per mestiere e per evitare di pagare multe salatissime.
E sono eroi per i loro azionisti.
In tanti lo fanno e molti provano un sottile piacere mentre lo fanno.
Alcuni credono di agire nel modo giusto, altri sanno di sbagliare ma godono come matti al pensiero di farla franca ripetutamente. Uccidono e non si guardano affatto indietro. Guadagnano mille volte più di quello che chiedo io e nessuno li chiama assassini.
Ma non ci sono soltanto loro.
Anche alcuni miei "colleghi" (nel senso più allargato del termine!), cercano molto più del denaro. Arrivano al punto che guadagnare dollari per uccidere non gli basta più; non da loro lo stesso brivido in mezzo alle gambe come quello che provavano agli inizi, quando solo il rumore dello sparo li eccitava all'ennesima potenza.
Hanno passato una soglia invisibile... nemmeno loro possono dire con esattezza quando... ma l'hanno fatto.
Ed ora si eccitano solo quando riescono a leggere la paura negli occhi della vittima.
Le suppliche inutili li fanno sorridere come un bambino che viene portato la prima volta al parco giochi e le lacrime hanno un effetto afrodisiaco.
Vogliono assaporare quei momenti fino in fondo... godono persino nell'attesa. Creano ogni dettaglio come più gli piace e lo gustano come lo chef farebbe con un piatto di sua invenzione.
I soldi non contano più.
Alcuni usano i loro bersagli come giochi da distruggere. Li torturano sia fisicamente che psicologicamente. Li umiliano e li uccidono molto prima di sparargli in testa o al cuore. Uccidono la loro anima e la loro dignità. Sputano sul più piccolo aspetto delle loro esistenze e disprezzano i sogni che hanno concretizzato e quelli che non potranno mai realizzare.
Li riducono a larve che implorano di morire e questo accresce la loro eccitazione.
Mi fa schifo.
Io non sono così.
Io non sono come tutti loro.
Io non sono un mostro.
Sono seduto su questo divano ed aspetto una persona per ucciderla. Questo è quanto. Nessuna bugia e nessuna giustificazione.
Ma mi disgusta pensare che un poveraccio debba andare all'altro mondo solo per aver contratto un debito con la persona sbagliata. Non può restituire i soldi. Nessuno potrebbe, visti gli interessi. E quindi, adesso, serve un monito... un esempio per tutti quelli che avessero la voglia di fare i furbi in futuro.
Sono le regole del gioco. Non le ho decise io e non posso cambiarle, purtroppo. Vorrei avere un tale potere, ma non ce l'ho. Io sono solamente un ingranaggio. Devo muovermi assieme alla macchina principale o verrò sostituito.
Rispetterò il contratto come ho sempre fatto, non ho dubbi su questo. Non sputerò sui soldi che mi farà guadagnare la sua morte... non ho dubbi nemmeno su questo. Ma non cercherò né piacere né la paura nei suoi occhi.
Anche questa è una delle mie regole e l'ho sempre onorata. Lo farò anche questa volta. Altri non avrebbero aspettato altro, invece. Altri non avrebbero avuto alcun rispetto o pietà.
Forse sono solo un povero pazzo contradditorio, ma va bene così.
Sono diverso dai mostri, però. Questa è una certezza.
La pioggia aumenta l'intensità della sua caduta e le gocce scivolano a decine sui vetri delle finestre e cadono rapidamente verso la superficie in pietra del davanzale descrivendo percorsi incredibilmente irregolari, subito cancellati e rinnovati da quelli nuovi delle gocce che seguono.
Il flash giallo dei lampi illumina tutto il soggiorno e la figura immobile e comoda sul divano. Flash che si ripetono ad intervalli irregolari e variano luminosità come una lampadina che vuole sforzarsi di restare accesa anche se sa che la sua vita sta giungendo al termine.
La furia degli elementi e l'ululato disperato del vento gelido giunge ovattata nell'abitazione... e conferisce una strana sensazione di serenità nell'animo del killer in attesa.
I vestiti ancora umidi regalano qualche stilla che cade sul parquet marrone chiaro, il quale pare infettarsi di un curioso morbillo. La sagoma della pistola ben riposta nella fondina di cuoio impermeabile traspare dalla giacca bianca bagnata, come se vi fosse stata disegnata grossolanamente.
I capelli pregni descrivono riccioli mori beffardi sulla testa e rendono la cornice un po' meno cupa.
I pensieri e le considerazioni non vogliono smettere di farsi largo e trovare voce nella mente.
Mi fa bene questo tempaccio, alla fine.
Mi aiuta a riflettere su me stesso.
Non lo facevo da un po' e mi mancava.
Dove potrebbe essere finito?
Fatico a credere che sia fuggito. Sono stato fin troppo attento. Non può essersi accorto che l'avevo trovato. Ho cancellato gli indizi che ho lasciato dietro di me.
E non è nemmeno nascosto in casa.
L'ho perquisita quando sono entrato e sono certo non vi fosse anima viva. Ed anche se si fosse nascosto alla perfezione, sono qui da tempo sufficiente per aver sentito un pur minimo rumore che avrebbe fatto senz'altro. Sono bravo in queste cose.
Ed a parte tutto questo... il mio intuito mi dice che non è nascosto. Ma mi suggerisce anche di aspettare ancora.
Sono certo che arriverà a breve.
Che mi abbia visto dall'esterno ed abbia chiamato la polizia? Mi sarebbe difficile spiegare la mia presenza qui e soprattutto la pistola. Ma credo di poter eliminare anche questa ipotesi. L'acqua che scende non fa vedere un tubo dalle finestre e poi sono seduto da troppo tempo. Se mi avesse davvero visto, gli sbirri sarebbero già qui.
Accidenti! Dovrei anche andare in bagno, ma tocca trattenersi.
Se arrivasse mentre sto pisciando, rischierei di fare la fine di Vincent Vega.
Si lascia scappare un sorriso nella sua solitaria riflessione. Non fa male allentare lievemente la tensione, ogni tanto.
Uno scatto meccanico breve che non sfugge al suo orecchio fino. Un suono presente nella quotidianità. Lo scatto della serratura e la porta d'ingresso si apre velocemente e permette all'uomo inzuppato di trovare riparo all'asciutto dell'abitazione.
Quasi immediatamente, il padrone di casa si rende conto di non essere solo. Già mentre ripone l'ombrello sgangherato e fradicio nel portaombrelli vicino alla porta, sente un'intensa sensazione di minaccia alla sua persona e quando si volta e vede l'espressione seria dell'uomo seduto al suo divano... la sensazione si tramuta in certezza.
Un uomo dall'aspetto tranquillo. Poco più che sessantenne, si direbbe. Di bell'aspetto e dal fisico discretamente in forma. Qualche ruga di troppo sul viso che sembra dovuta più alle tante delusioni che la vita gli ha riservato piuttosto che all'età. L'aria tremendamente stanca e le borse sotto gli occhi, piuttosto marcate, non fanno altro che confermare quello stato.
Non indossa granchè degno di nota ma non ha l'aspetto di uno trasandato e di certo stirare non è il primo dei suoi pensieri. Tutto, ma proprio tutto, nel suo aspetto fisico, denota che egli si rende perfettamente conto dei guai che sta passando; non è affatto una persona dedita abitualmente ad attività criminali e questo rende tutto ancora più difficile e schifoso da fare. Ma va fatto.
Un silenzio così pesante piomba nel soggiorno... persino il rumore del temporale sembra essere svanito di colpo, come se gli stessi elementi avessero voluto interrompere il loro lavoro per assistere affascinati a quell'impari confronto.
Gli occhi del carnefice si fissano su quelli della vittima.
Ma l'uomo non ha nessun timore... non abbassa lo sguardo nemmeno per un istante. Probabilmente ha paura... è comprensibile che l'abbia, ma non vuole dimostrarla. Non vuole cadere in ginocchio e piangere disperato. Non vuole sprecarsi in suppliche che tanto resteranno inascoltate. Sorride al suo ospite inatteso e fa qualche passo verso di lui.
"Salve..."
"Salve."
"La macchina mi ha lasciato in panne a sei chilometri da qui. Me la sono dovuta fare a piedi sotto questo casino."
"una vera sfortuna..."
"Forse era un segno del destino. Un colpo di fortuna che non ho saputo cogliere. Se l'avessi fatto, adesso non sarei qui."
"Mi dispiace."
"Ha l'aria sincera mentre lo dice. Forse potrei anche crederlo."
"Non ho nessun motivo di mentire. Non sono un tipo che fa di questi giochetti."
L'uomo sorride ancora e si toglie l'impermeabile gocciolante, sempre seguito dallo sguardo del killer. Uno sguardo attento ed implacabile, ma ancora le dita non intendono sfiorare il calcio della pistola.
"Io mi chiamo Bradley Ross. Ma suppongo che sappia già tutto di me."
"In realtà, il suo vero nome è Chris Turner."
"Già. Tendo ad immedesimarmi con le identità che prendo. È più facile e non ti fa tradire per una sciocchezza. È fondamentale quando ti cercano per ucciderti. E necessario."
"Lo immagino. E non è piacevole per niente."
"No, infatti..."
Ancora silenzio.
Ancora sguardi reciproci ed il suono impercettibile del respiro dei due attori della tragedia che sta per compiersi.
E sembra che Chris... o Bradley, voglia accelerare i tempi:
"Allora... sarà doloroso?"
"Cercherò di fare in modo che lo sia il meno possibile. Ma non posso promettere niente. Lo capisce, vero?"
"Mi sforzerò di capirlo. Beh, comunque sono pronto... per quanto si possa esserlo in questi frangenti. A dire il vero, una parte di me si sente sollevata. Quando si fugge troppo a lungo e non si ha più alcun legame con niente... non lo so... ti sembra di non essere già più vivo. Ed io sono morto tante volte in questi anni... sto delirando, vero?"
"Non è un problema, per me."
"Ho bisogno di bere qualcosa di forte. Lei permette?"
"Non vedo perché no?"
Il mobiletto bar è elegante e ben fornito. La scelta è più che vasta, ma Chris si accontenta di un dito di whisky. L'ideale per scacciare il freddo che ancora sente e per riordinare le idee. Riempie il tozzo bicchiere di cristallo del liquore giallo scuro fin quasi all'orlo e non lesina i cubetti di ghiaccio da accostare. Appoggia il drink sul ripiano in vetro a specchio e da buon padrone di casa non manca di offrire da bere anche al suo ospite:
"Ne gradisce uno?"
"Oh, no... la ringrazio. Ma non sono mai stato un gran bevitore. E poi, potrebbe aver avvelenato tutto in previsione del mio arrivo."
"Ah ah! Si rilassi. Non sono così astuto."
"Forse... ma una parte di me si chiede se non sia ugualmente vero."
"Non insisto."
Bevuto un lungo sorso, l'espressione di Chris appare più rilassata e come a voler sfoderare un'incoscienza quasi invidiabile, si siede accanto al suo futuro assassino e continua a bere lentamente, mentre Jim lo osserva e sente simpatia per lui... ed un eco di affetto che il duro addestramento non è riuscito a cancellare dal suo cuore indurito dalla morte che gli ruota attorno da anni.
Solo il tintinnio dei cubetti di ghiaccio che urtano tra loro quando Chris porta il bicchiere alla bocca spezzano il silenzio, mentre all'esterno il temporale ha perso parecchia della sua forza e sta lentamente morendo.
"Quel debito è stato un grosso sbaglio... ma del resto non avevo scelta. Ed è stato inutile."
Ancora silenzio, dopo quella di rimpianto e di evidente dolore. Un debito non voluto, ma necessario per far fronte a qualcosa che non poteva essere evitato in alcun modo o qualcosa che non voleva essere evitato. Ed un esito tragico, secondo quanto ha lasciato intendere. O quantomeno, vano.
Devo ammetterlo, sono curioso di conoscere la sua storia.
La cosa mi sorprende e mi mette un po' a disagio.
Io non l'ho incoraggiato, di questo sono sicuro. E non ho incoraggiato neanche me stesso.
Non è la prima volta che mi capita di sentirmi, diciamo, "vicino" alle mie vittime... brutto, chiamarle vittime, cazzo! Non sembra neanche di parlare di esseri umani! Ed è una cosa che si addice di più alla Morte che gira con la falce. Vediamo come potrei usare un altro termine... sì, forse... ecco, credo che magari "anime perse" potrebbe andare... macché! questo sa troppo di tragedia teatrale e poi non sono mica Caronte che trasporta le anime sull'Acheronte! Ci vorrebbe qualcosa di più attuale, ma che abbia lo stesso maggior rispetto. Sfortunati? No, è troppo simile a "sfigati"!
Escludiamo anche "Bersagli" o "Contratti"! termini troppo tecnici e comunque entrambi poco rispettosi. Cavolo, non credevo fosse così difficile! Aspetta, aspetta... come li chiamava il vecchio Cohen? Aveva un termine elegante per descriverli, che non era affatto male... se me lo ricordassi... ah, ci sono: li chiamava "casuali". Beh, non è il massimo nemmeno questo, ma forse è quello che calza meglio...
Stronzate!
Cohen era solo un povero sciroccato che si credeva un filosofo! Uno che si credeva un nuovo Messia solo perché sapeva a memoria la Bibbia ed uno orribilmente noioso, nel migliore dei casi! Figurati se proprio io, che non l'ho mai potuto soffrire, devo copiare le sue stronzate! Ma che cazzo di masturbazioni mentali mi sto facendo?? Torniamo a vittime e basta! È inutile far tanti cazzo di giri di parole! Alla fine, poi, sono proprio vittime! Punto e basta!
Però, quest'uomo è diverso. Non so bene perché mi faccia sentire così a disagio. Non sono un novellino alle prime armi, non dovrebbe succedere. Mi hanno insegnato anche questo; in tutti questi anni, sono sempre riuscito a collimare alla perfezione empatia e senso del dovere... ma questa volta ho avuto un intoppo serio. E la cosa è anche piacevole, dopotutto. Dimostra che la piccola umanità che si nasconde nel mio io non vuole saperne di andarsene.
È davvero un tipo strano... non mi fermo alle apparenze. Sono in grado di scrutare alla perfezione nell'animo di chi devo uccidere e riconosco chi finge di non avere paura.
Lui non ha paura. Non ce l'ha davvero!
E questo mi incuriosisce ancora di più. Quale pazzo furioso può sorseggiare tranquillamente un bicchiere di whisky, seduto accanto all'uomo venuto apposta per ucciderlo? Sta solo cercando di guadagnare tempo per inventarsi qualcosa e capovolgere i ruoli? Sta cercando di giocare la carta della compassione? Non ce lo vedo così ingenuo.
Credo davvero che abbia voglia di parlare, di liberarsi. E credo che non gli interessi di quello che deve succedere. Forse, pensa che morire sia, in fondo, la conclusione inevitabile di ogni vita. Forse, la pensa come me. E non è detto che essere uccisi per mano di qualcuno pagato per farlo sia il modo peggiore.
Un colpo di pistola... un attimo solo ed è tutto finito. Sempre meglio che restare intrappolati nella lamiera di un'auto e morire lentamente dissanguati o finire bruciati vivi! Il fatto è che non puoi scegliere di che morte morire. Speri sempre di andare a letto e di non svegliarti più... ma in pochi ci riescono. Io posso essere una buona alternativa a quell'opzione.
"Ti vedo pensieroso..." commenta Chris.
"Ogni tanto mi capita... non sono proprio il massimo per un party scatenato. Sarà il mio lavoro..."
"Vorrei che tu sentissi quello che ho da dire. Non voglio convincerti a non uccidermi o lasciarmi scappare. Sono stanco di scappare, ormai. Sono stanco di scappare da tutto e tutti e da me stesso, soprattutto. Essere seduto qui, in questa casa, protetto dal temporale che imperversa qua fuori e che si è scatenato nella mia vita per tanti anni... è una cosa che non mi capitava da troppo. Non ero così calmo da tanto tempo e forse il merito è anche tuo. Se non ti avessi trovato qui, non mi sarei fermato. Avrei continuato a scappare."
"Dubito che il merito sia mio, francamente..."
"parlerò con te. Non importa che tu mi stia a sentire. Puoi anche fingere. Ma voglio farlo. Voglio liberarmi. Consideralo l'ultimo desiderio del condannato. A quanto ne so va sempre esaudito."
Fregato. Ha ragione e rientra nelle mie regole. Sempre esaudire l'ultimo desiderio-
Mi sta dando del tu.
Ancora più strano.
Nessuno mi ha mai dato del tu in una semplice conversazione. Solo per insultarmi o per gridarmi: "Ti prego! Non uccidermi!"
"Non fingerò, Chris."
L'uomo inizia a parlare come se avesse di fronte il suo migliore amico. Senza tralasciare nulla, alternando sorrisi ed occhi lucidi... parla come se davvero non avesse accennato una sillaba per anni ed anni. Parla con entusiasmo fissando sempre negli occhi lo sconosciuto seduto accanto a lui, come se avesse completamente dimenticato che dovrà essere il fautore del suo trapasso. Parla delle sue passioni, della sua vita, delle sue paure e dei suoi sogni.
E di una ferita mai rimarginata ed anzi sempre dolorosamente aperta e sanguinante.
Pare un velo nero come le tenebre più fitte quello che scende sul volto di Chris.
"Se vent'anni fa mi avessero detto che sarebbe finita in questo modo mi sarei fatto una sonora risata per almeno mezz'ora... mi avrebbe fatto male la pancia, davvero. Invece, è da anni che non accenno un sorriso. Non sono sicuro di ricordare come si riesca a farlo. Ed anche se lo ricordassi non ne avrei motivo."
"Ho visto tante persone nella mia... carriera. Ho sentito tante storie tristi e alcune disperate; non lo faccio per hobby. Forse ho il volto del confessore o forse... non lo so, magari può essere più facile liberarsi dei propri fardelli e credere di meritare maggiormente il regno dei cieli se ci si libera del peso che si è portato per tutta la vita. Forse, la mia figura è quella del dannato che merita l'inferno e che è costretta ad alleviare il tormento altrui... ma è più probabile che sia solamente un pazzo molto stravagante. Eppure, in tutti questi anni non ho mai sentito una voce così rotta dalla pena."
"Prima di scappare, prima di conoscere il mondo senza apprezzarlo... prima di trasformarmi in un viaggiatore senz'anima... prima di tante cose e prima di fare questa chiacchierata con il più in gamba degli assassini ero una persona come tante altre. Probabilmente né più né meno interessante di tanta gente che puoi vedere ed incrociare per la strada. Un classico signor Nessuno... ma era un ruolo che mi piaceva, in fondo. Perché ero qualcuno per le uniche persone di cui mi importava. Tante volte mi capita di sognare quello che avevo e che mi è stato strappato via. Il sonno è l'unica maniera per permettermi di assaporare ancora l'eco di una felicità ormai evanescente. Anche se ne sono soltanto lo spettatore, adesso. Una famiglia felice la mia, sai? Un quadro così idilliaco da apparire addirittura nauseante. Poi, tutto cessò di colpo in una giornata d'estate. Una bellissima giornata. Il caldo era smorzato da una piacevole brezza ed aspettavo con ansia l'arrivo delle diciotto. L'ultimo giorno di lavoro prima delle meritate ferie. Sarebbero state davvero tre settimane stupende; programmate fino al più piccolo dettaglio da almeno un anno. Una meta lontana e densa di fascino e di un'infinità di cose da scoprire ed esperienze da tenere nel cuore... per me, per la mia Judith e per il mio campione. Il suo primo viaggio importante. Era così eccitato al pensiero di vedere koala e canguri... aveva tappezzato la stanza dei disegni di quegli animali ed era fermamente convinto di riuscire a portarsene a casa uno, magari nascondendolo nella stiva dell'aereo. Era sicuro che tutti gli amici di scuola gli avrebbero invidiato il suo canguro domestico... che forza! Aveva entusiasmo per tutto il mio gioiello! Aveva fantasia ed amore per il prossimo e forse un po' era anche merito nostro. Il telefono squillò insistentemente subito dopo l'ora della pausa. Credevo si trattasse di quell'idiota di Hodges. Rompeva le palle per qualsiasi cosa, soprattutto negli orari più inopportuni. Gli avrei risposto per le rime se avesse avuto in mente di farmi fare lo straordinario.
Ricordo che la voce d Judith mi perforò i timpani e mi fece vibrare paurosamente il cervello. I suoi singhiozzi rimbombavano nella testa e non si placavano. Per un attimo pensai che era solo uno scherzo o un brutto sogno. Sicuramente mi ero addormentato sulla scrivania... avevo mangiato troppo pesante ed ero crollato... non era mai successo... ma c'è sempre una prima volta! Invece era tutto vero. Il mondo... tutto il mondo era andato in frantumi nello spazio di un secondo e le sue schegge appuntite mi avevano trapassato e mi avevano lasciato agonizzante.
Rapito.
Perché? Che senso aveva, ammessi che un rapimento abbia mai un senso? Che stava succedendo? E perché era successo proprio a noi? Tante domande gridate nella testa... mi sembrava che la stessero gonfiando; sarebbe presto esplosa. Poi, il vuoto nella mente in un lampo... ed una unica certezza orribile e scolpita nelle ossa del cranio. Qualcuno mi aveva portato via la luce della mia vita. qualcuno aveva portato via il mio Jim."
No.
No.
No no no no no.
Non può essere quello che sto pensando.
Non può proprio.
Ogni cellula del mio essere mi vuole convincere che non può essere.
E allora perché non ci credo, cazzo?
Non è così!
Non lo è affatto! SONO SOLO COINCIDENZE!
... e allora perché non ci credo?
Per quale motivo il destino mi starebbe facendo uno scherzo così tragico? Di quale vomitoso gioco si tratterebbe? Mi sembra di sentire le sue risate del cazzo. Ride di me alla grande e che io sia dannato se so come farlo stare zitto!
Sono sconvolto.
E non sono affatto addestrato per questo. Nemmeno una lezione. Non è mai stato difficile mettere a tacere le mie sensazioni quando era il momento di comportarsi da professionista, ma questa cosa non la riesco proprio a gestire. Me la cavo egregiamente a prendere per le palle un sacco di altre emozioni ma con questa mi tocca veramente calare le braghe e mettermi a novanta.
Faccio un respiro lungo e molto lento, ma non serve ad un beneamato.
Le domande che vorrei fare a Chris si sprecano ma non posso azzardarmi ad aprire bocca.
Brutta cosa quando hai le mani giunte e ti metti a tamburellare nervosamente i polpastrelli tra di loro.
Autocontrollo, cazzo!
Rischio di uscire davvero dal personaggio e questo non deve succedere. Mai.
Lui non s'è ancora accorto di nulla ma potrebbe. Intanto continua il suo sfogo e che io sia dannato se non è maledettamente sincero in tutto quello che sta dicendo. Vorrei tanto che raccontasse una marea di puttanate ma non c'è nulla di più lontano della puttanata nelle sue parole.
"Ho cercato mio figlio dappertutto e senza sosta per anni. Nessuna richiesta di riscatto, nessuna telefonata nel cuore della notte! Nemmeno nessun orecchio o dito mandato per posta... per fortuna. Non capivo che cos'era successo veramente. Non eravamo ricchi, per quanto potessimo condurre una vita senza grosse difficoltà economiche. Nessuna organizzazione criminale avrebbe mai potuto classificare la mia famiglia come un bersaglio incredibilmente appetibile. Come me brancolavano nel buio anche la polizia ed i federali, che smisero molto presto di cercare Jim. Non servirono a nulla neanche le decine di ospitate televisive nei talk show o i comitati che si erano offerti di darmi supporto nella mia lotta per la verità. E quando anche Judith perse completamente la speranza... quel giorno accadde. Il mio cerchio della vita non aveva più alcun centro. Mi disse che nostro figlio era morto... che dovevamo accettare il fatto che non lo avremmo mai più visto. Che dovevamo andare avanti, per quanto fosse pazzesco anche solo pensarlo. Che dovevamo voltare pagina.
Voltare pagina? Come sarebbe a dire, voltare pagina?? Come cazzo avrei mai potuto voltare pagina? E come poteva lei, che lo aveva portato in grembo e lo aveva fatto venire al mondo, dire una cosa del genere? Presi coscienza del fatto che non l'amavo più. Forse tutta quella storia aveva cambiato anche me. Forse ero io ad essere troppo fissato. Ma non potevo voltare pagina. Non volevo affatto voltare pagina e nemmeno cambiare capitolo. Non lo avrei mai fatto. Ero cambiato, sì. Ed avevo accettato il mio cambiamento con serenità... era un cambiamento a fin di bene. Dovevo ritrovare mio figlio e avrei usato qualunque mezzo per raggiungere il mio scopo. Mia moglie... la persona che avevo amato per anni e che condivideva il mio letto e la mia vita, non poteva percorrere la strada che mi accingevo ad intraprendere. Non poteva accompagnarmi, questo lo avevo capito e lo avevo accettato, anche se una parte di me ne soffrì. Ma la misi a tacere senza troppe difficoltà.
Mi misi in viaggio senza sapere dove e senza sapere cosa fare. Ma solo per i primi giorni. Negli anni a seguire, feci tante cose per ritrovare Jim. Di molte non vado fiero, ma dovevano essere fatte. Ho conosciuto persone così lontane dalla figura standard di un essere umano che quasi non ci puoi credere... ho dovuto allearmi a queste persone per ottenere indizi che mi portassero più vicino alla verità. Ho conosciuto un mondo che avevo visto solo nei film... ma un mondo ancora peggiore. Un mondo che aveva tanti protagonisti che facevano a gara per rubarsi vicendevolmente la scena: sangue, morte, depravazione e dolore.
Sempre presenti in questo mondo e sempre al massimo delle loro performance.
Mi domando se chi mi ha portato via il mio bambino avrebbe mai immaginato di scatenare una belva così feroce nascosta in un uomo così mite. Mi chiedo se lo avrebbe fatto comunque, sapendolo a priori. Mi sono chiesto tante cose ma alla fine non mi interessavano le risposte; erano le regole di quel mondo e si doveva accettarle com'erano. Mi avevano reso più forte... un cacciatore implacabile e spietato... ma per quanti sforzi facessi, non riuscivo a raggiungere Jim. Affondavo sempre più nella spirale che mi aveva avvolto. Mi perdevo sempre più nella strada che avevo scelto di percorrere.
Tanti incubi mi accompagnavano tutte le notti. In uno, Jim mi sorrideva... era lontano, avvolto dalla notte... ed era cresciuto. Non potevo raggiungerlo per quanti sforzi facessi, ma lui non se ne andava. Era sempre davanti a me, a qualche metro di distanza... solo qualche metro. Mi salutava con la mano alzata e mi sorrideva. Io gridavo il suo nome ma non riuscivo a sentire nemmeno la mia voce. Ed ogni volta che gridavo, il sangue scendeva tra i suoi denti trasformando quel sorriso in una macabra risata di follia. Poi, di colpo, le tenebre lo avevano avvolto e non lo vedevo più... eppure lo sentivo ancora così vicino a me... così presente.
Quella notte fu lo squillo del telefono della squallida stanza che avevo affittato il pomeriggio precedente a svegliarmi alle quattro del mattino.
Una voce che non conoscevo.
Una voce seria e colma di professionalità al tempo stesso.
L'agente Dobson si identificò immediatamente. Mi disse di sedermi e sembrava volesse fare tutto il possibile per essere cortese e prepararmi alla brutta notizia che stava per darmi. Gli dissi che ero sdraiato sul letto e che non faceva comunque molta differenza: non sei mai nella giusta posizione per ricevere una brutta notizia.
Judith si era impiccata qualche ora prima.
Aveva usato la prolunga del ferro da stiro. Nessun biglietto d'addio, niente.
I vicini avevano chiamato la polizia perché un passante aveva visto il cadavere dalla finestra che dal soggiorno dava sul vialetto. L'agente Dobson disse che non c'era alcun dubbio: si trattava di suicidio. Suicidio?
No.
L'avevo uccisa io.
L'ho tenuta lontana. Aveva cercato di chiamarmi più volte. voleva riportare a casa l'uomo che amava. Forse aveva accettato di essere di nuovo accanto a me alle mie condizioni. Era troppo tardi. L'uomo che amava era morto da un pezzo. E sepolto. Avevo sempre rifiutato le sue chiamate. L'avevo abbandonata ancora. Ed ora che uno sconosciuto, entrato in quella che una volta era la mia casa, assieme a tanti altri sconosciuti che frugavano certamente dappertutto, mi aveva detto che mia moglie si era tolta la vita... la cosa non mi aveva neanche scosso. Gli ultimi residui della mia vita precedente erano stati spazzati via. Cancellati per sempre. E la cosa non mi arrecava nessun tormento..."
"So cosa vuol dire trasformarsi in qualcosa che non si è..."
"E chi può dirlo? Forse, la mia vera natura era proprio quella. Forse era destino che diventassi quello che sono ora... ma in fondo che cosa cazzo sono diventato non lo so nemmeno io. Pensavo di essere un vigilante, ma non è così... ho accettato soldi dalla gente che mi faceva schifo per continuare la mia battaglia. Forse sono diventato solo un assassino che ha ucciso esclusivamente per puro gusto, nascondendosi dietro al fantasma di un figlio scomparso... un figlio che sarebbe schifato se avesse visto cosa sono. Comunque, alla fine erano in molti a cercarmi per farmela pagare per quello che ero diventato e per tutti gli affronti che avevo fatto ai criminali più o meno influenti sparsi un po' ovunque sul suolo americano. Ed altrettanti volevano i soldi che mi avevano prestato, con i relativi interessi. Non potevo fare altro che scappare e nascondermi... cambiare identità per sfuggire ai killer che ambivano alla mia taglia e forse anche per sognare ancora una volta una vita. ma non era sufficiente. Potevo nascondermi ai killer ma gli incubi sapevano sempre dove trovarmi e mi aggredivano tutte le notti..."
Un altro sorso di whisky mandato giù bruscamente... la fine del quarto bicchiere. E gli occhi alquanto vitrei. Chris non sta reggendo più l'alcool che gli gorgoglia nel corpo e non è più dato sapere a questo punto dove possa finire la razionalità e inizi il delirio.
Non lo capisco.
Vedo solo l'ombra di un uomo che fu. Un uomo perbene ora ridotto ad un piccolo eco urlante, imprigionato nelle viscere gonfie di odio e vendetta per quello che gli hanno fatto subire.
Io non so cosa dire o fare... sono perso in una sorta di limbo mentale in cui non mi ero mai trovato e fluttuo senza sapere dove sto andando. Ora conosco la risposta di tante mie domande e mentre mi rendo conto che sarebbe stato molto meglio non avere quelle risposte, sento il calcio della mia pistola premermi l'addome. Forse mi vuole aiutare... forse vuole dirmi che è il momento di tirarla fuori ed usarla. Di fare quello per cui sono venuto ed ho aspettato. Di fare quello che ho sempre fatto.
Le dita scivolano sulla superficie cromata dell'arma da fuoco e si stringono sul calcio, mentre gli occhi restano fissi su Chris:
"Mi sembra giusto che finisca così. Sono vecchio e stanco ormai ed è ora che la mia pseudo crociata giunga al capolinea. In fondo, posso anche considerarlo come un lieto fine. Mia moglie è morta. Mio figlio è morto, ormai ne sono convinto. Forse, se Dio e loro stessi lo vorranno potremo stare assieme anche lassù e rivivere quelli che adesso sono solamente dolorose rimembranze. Beh, ho finito e sono anche discretamente sbronzo; sentirò meno dolore e meno paura. Grazie per avermi ascoltato, figliolo. Ne avevo bisogno. Ora fai pure quello che devi fare. Fammi diventare un monito per i nemici dei tuoi amici."
Di nuovo quel silenzio che mette a disagio.
Mi ha chiamato figliolo.
Fa effetto.
Prendi la pistola, idiota!
Premi il grilletto, ti basta un secondo! L'hai fatto tante di quelle volte che non sei affatto credibile come pentito! Fallo e vai a farti una scopata. E domattina, il mondo sarà tornato quello di sempre.
Estraggo lentamente la pistola e la punto su di lui.
Fuori, i tuoni si sono rifatti pesanti e rumorosi e la pioggia ha ripreso bene per il secondo round. Non c'è bisogno del silenziatore.
Esito ancora sui suoi occhi... non devo. Apro la bocca e sento il fiato che ne esce. Le parole sono subito dietro:
"Chris..."
Fallo. Fallo!
"Fallo, ragazzo..."
No. Niente da dire.
Il lampo esplode anche dentro la casa, ma il suo tuono artificiale è soffocato dal temporale ancor più vigoroso di prima. Resto seduto sul divano ancora qualche minuto, mentre sento un fastidioso bruciore agli occhi e vedo che la vista è offuscata da una patina umida. Poi, osservo il suo di sguardo. Finalmente in pace.
Mi alzo e mi dirigo verso la porta.
Forse riesco a prendere l'aereo delle diciotto e trenta.
EPILOGO
Non mi piace venire qui.
Non mi sono mai abituato a questo schifo di posto.
Ci sono cresciuto, è vero... ma non ne serbo bei ricordi.
L'ufficio di Alec è in fondo al corridoio.
L'ultima porta di questa moltitudine che troneggiano a destra e sinistra. La sola porta che non è impregnata di urla e pianto. L'unica che trae gioia da essi.
Ho varcato quella porta solo dopo molti anni.
Tutto è rimasto come allora.
Le pareti linde e lisce.
Il tappeto blu rotondo su cui poggia la poltrona rosso scuro dell'ospite accolto da Alec.
Le piante di banano dislocate ai quattro angoli dell'ufficio, come insospettabili sentinelle che attendono immobili e scrutano ogni cosa, pronte ad intervenire.
Quadri pregiati decorano le pareti bianche. Scelti con molto gusto: non ho mai saputo dire se si tratta di riproduzioni oppure no, ma per quel poco che conosco Alec e le sue manie di grandezza, non lo reputo davvero il tipo da farsi rifilare delle patacche. Ve ne sono di tutti i gusti e dimensione: ampi cornici raffiguranti panorami dalla bellezza ipnotica, vedute aeree di imponenti città del mondo, eseguite con la tecnica del puntinismo. E ritratti in stile Arcimboldo o ancora raffigurazioni di tragedie bibliche, perfettamente rappresentate dalla lucentezza dei colori ad olio.
E naturalmente abbiamo la scrivania di Alec. Un buon gusto per la mobilia, non si può davvero negare. Una bella scrivania in legno di ciliegio estremamente robusta, con tre cassetti sulla destra. La superficie è stata dotata di una lastra di cristallo di Boemia per renderla ancora più fascinosa. Il pezzo forte dell'ufficio, sicuramente. Una scrivania mai cambiata in tanti anni. Un supporto per il quale il tempo sembra non passare mai; forse è troppo grossa da essere passata di moda, ma fa sempre la sua porca figura, soprattutto se pensiamo al contesto in cui ha trovato posto. Solo i soprammobili su di essa sono comprensibilmente mutati nel corso degli anni, lasciando adesso il posto a molti ritrovati della tecnologia moderna. Quello che fa più gola è decisamente la cornice digitale con la marca luminosa della Sony in bella vista; non è completamente rivolta verso il padrone di casa. Anche chi siede dall'altra parte può godere dello slide show di foto che si susseguono ad intervalli regolari sulla superficie futuristica, accompagnati dagli effetti di transizione più svariati ed accattivanti. Ma non si tratta di un caso. Credo abbia voluto disporre apposta il suo giocattolo in quel modo per ostentare la sua prosopopea. E non mancano l'Iphone sul suo supporto, il cordless-fax ultimo modello della Philips ed il monitor grigio metallizzato lcd touch screen della Dell. Un ufficio che pare essere quello di un lussuoso grattacielo di una importante compagnia petrolifera o roba del genere... esattamente come quelli che si possono vedere nei film. Quegli uffici impeccabili in cui siede l'intoccabile boss della situazione, generalmente malvagio. Lo si vede seduto alla sua scrivania per quasi tutta la durata della pellicola, mentre impartisce ordini agli svariati galoppini che si susseguono di fronte a lui e lo temono come fosse il Diavolo. E lui ha lo sguardo inquietante e vagamente minaccioso, come se non sapessi mai cosa sta tramando. Un velo di follia attraversa i suoi occhi (generalmente azzurri) e fa deglutire dal terrore i suoi lacchè, come se da un suo gesto dipendesse la loro vita.
Non si vede mai la sua abitazione o se viene mostrata, la scena è molto rapida. Perché la sua mega villa con piscina ed ettari di giardino a circondarla non rappresenta comunque il maggior fulcro di potere come può essere rappresentato dall'ufficio, in cui si potrebbe addirittura dire che viva stabilmente.
Un ritratto che veste Alec alla perfezione. Non l'ho mai visto se non all'interno di quella stanza, seduto su quella sedia girevole di pelle nero lucido. Un uomo di poche parole e dallo sguardo minaccioso di cui parlavo prima. Molto sicuro di sé stesso, forse troppo. Ma negli anni i fatti gli hanno sempre dato ragione.
Indubbiamente è una persona che conosce il mestiere che ha scelto e che sa condurre bene l'attività che ha creato; non ha il cuore ed i sentimenti ingombranti che potrebbero intralciarlo negli affari ed anche questo gioca a suo favore, ma penso sia stato anche supportato da una buona dose di fortuna.
Si potrebbe stendere un trattato sul fatto che non sia giusto che la dea bendata aiuti un serpente di quella risma, ma non voglio affrontare il discorso, anche perché scenderei sicuramente in un labirinto di luoghi comuni e forse anche per il fatto di essere l'ultima persona in grado di giudicare i criminali.
per come la potrebbe vedere uno spettatore esterno, Alec è stato il mio "tutore".
È stato il primo a credere nelle mie capacità nascoste ed ha fatto di tutto per farle uscire.
Non ha usato sempre metodi ortodossi ma ha raggiunto un ottimo risultato. Sono il migliore grazie a lui. il mio addestramento lo devo a lui. Come pure gli devo il fatto di essere ancora vivo e di non essermi mai fatto beccare. Non che non ci abbia guadagnato dal sottoscritto. Ha fatto un sacco di soldi e li sta facendo tutt'ora. È sempre intento a creare l'assassino migliore per ogni generazione.
È il suo mestiere e l'ha sempre esaltato.
È un'icona nel suo campo come può esserlo la Mercedes in quello delle auto di lusso.
Ha un sacco di clienti che si aggiudicano i suoi prodotti e lui è ben lieto di contrattare sul prezzo.
Naturalmente, non ha amici o persone di cui si fida. E, sempre per collegarmi al discorso di prima, i suoi stessi collaboratori lo temono visibilmente.
Lo vedo un po' invecchiato: c'è qualche ruga che percorre la sua fronte e la pelle ha un po' ceduto anche sulle guance. Il pizzo è sempre ben curato, ma sta iniziando a diventare brizzolato, proprio come i capelli ingellati.
Sempre ben vestito e sempre con il fazzoletto da decoro infilato nel taschino della camicia di seta azzurra.
Nessun filo di pancia e la muscolatura ancora ben portata. Davvero notevole per la sua età.
Ma Alec ha un punto debole che fa capolino in tutto quel mare di lusso e potere. È un punto debole che ha sempre sottovalutato, a mio avviso.
E potrebbe costargli caro, un giorno.
Un punto debole entrato nel suo ufficio assieme a me: la totale mancanza di paura nei suoi confronti.
Non ho paura di lui. Mai avuta.
Mi accoglie con il solito sorriso falso e splendente:
"Jim. È un piacere vederti. Non ti presentavi qui da un bel po' di tempo."
"Ho avuto da fare. Qualche impegno da portare a termine."
"Il lavoro va bene?"
"Non mi posso lamentare." Gli rispondo senza fissarlo negli occhi.
Mi invita a sedermi ed accetto. Ma passo quando mi porge la tabacchiera d'oro che ha acquistato a Mosca e che contiene i sigari cubani di cui va matto.
"Dovresti avere qualche vizio, ragazzo mio! La vita si compone anche di piccoli piaceri."
"Per adesso posso farne a meno."
"Allora non insisto. Non ti convincerei neanche se ti parlassi per due giorni. E non ti chiedo nemmeno se vuoi assaggiare il cognac che mi è appena arrivato dalla Polonia. Costa un occhio della testa ma a me piace circondarmi di cose buone e belle. Questo lo sai. Magari, però, un Bacardi non lo rifiuti, eh?"
Idiota. Anche il Bacardi è alcolico. Ma farei di tutto per farti smettere di dare aria a quel forno che ti trovi al posto della bocca.
"Quello lo accetto volentieri."
Si alza e fa quei quattro passi che lo separano dalla credenza di legno antico, contornata di marmo rosso di Carrara fissata sulla parete di sinistra. La apre e prende la bottiglia di Bacardi ed un flute splendente. Non lo perdo di vista neanche per un secondo mentre fa ritorno alla sedia girevole e poggia il bicchiere sulla scrivania. Ha sempre quel suo odioso sorriso mentre mi versa il Bacardi e mi domanda:
"Allora? Qual buon vento ti porta qui?"
Aspetto che poggi anche la bottiglia. Prendo il flute con tutta calma e lo porto alla bocca, bevendo solamente un misero sorso, tanto per mantenere quella parvenza di cortesia che è d'obbligo. Intanto, lo osservo mentre si accende il sigaro e lo porta alla bocca, dando la prima, avida, boccata e provando un profondo godimento nel farlo, quasi come se avesse tra le labbra la passera bagnata di una bella e formosa ragazza.
"Ho portato a termine il lavoro per Harvey Solomon." Gli dico in tono quasi totalmente assente.
Lui ostenta una faccia sorpresa subito dopo aver sentito il nome, ma lo conosco abbastanza bene per sapere che sa esattamente di chi sto parlando e poi... il piccolo sussulto che ha fatto con la testa sarebbe sfuggito a chiunque... non a me. Da un'altra boccata a quel puzzolente sigaro e lo appoggia delicatamente su una delle tacche che decorano il posacenere di Swarowsky.
"Harvey Solomon?"
"Proprio lui. il trafficante d'armi."
"Ahhh, adesso ricordo! Gli avevo consigliato di rivolgersi a te per quel problema! Tutto risolto, immagino."
"Tutto risolto."
"Come sempre. Non avevo dubbi, del resto. Tu sei sempre stato il mio miglior risultato."
"Lo dici come complimento per me o per esaltare te stesso?"
Lui sorride ancora. Odio quel cazzo di sorriso. Poi, si esprime in quella risata del cazzo che odio ancora di più.
"Ah ah ah!! Beh, diciamo per tutt'e due."
"Comunque non è esatto quello che hai detto. Non sei stato tu a suggerire me per il lavoro di Solomon. Diciamo meglio che gli hai detto di chiamarmi per uccidere Chris Turner e di dirmi che era lui ad avere il problema da risolvere. In realtà chi voleva morto quell'uomo eri proprio tu. Mi sto sbagliando, forse?"
Un altro sorriso sulla bocca di Alec. Ma molto più cauto, questa volta. I denti non si fanno vedere. Pare più un sorriso di nervosismo. Il nervoso per essere stato beccato con le mani sporche di cioccolata.
"Anche se ti mentissi lo capiresti..."
"Sei tu che mi hai addestrato."
"E tu hai imparato alla perfezione. È impressionante il punto in cui sei arrivato, ragazzo. E non ti ho certo facilitato."
"Perché mi hai mandato a uccidere mio padre?"
Ancora un sussulto impercettibile della testa. ma lo vedo. E le mani iniziano a sudargli. È conscio che non ho paura di lui. Conscio che non ha il controllo della situazione nonostante si trovi dentro il suo regno. Non si sente protetto e questo lo manda in bestia. Ma non è un pivello e non mi aspetto che si nasconda frignando sotto la sua bella scrivania. Non ancora, almeno. Però devo fare attenzione: ora che è minacciato a casa sua potrebbe volersi difendere.
"Tuo padre... davvero lo consideravi ancora tuo padre? Questo mi ferisce. Sono stato io a prendermi cura di te in tutto questo tempo. Io ti ho fatto diventare sicuro di te stesso. Io ti ho riempito le tasche di denaro. E potrei elencarti decine e decine di altre cose di cui mi sei debitore. Basta così poco per ripudiarmi?"
"È vero... ti sei preso cura di me. Mi hai segregato in una fottuta stanza buia facendomi massacrare di botte dai tuoi amici. Mi hai sottoposto ad un addestramento allucinante per dieci anni, nutrendomi come un canarino e non risparmiando certo la dose di botte settimanale. Mi hai umiliato in tutto e per tutto per farmi acquisire sicurezza, a tuo dire. Mi hai quasi fatto impazzire per tutto quello che ho dovuto subire... e mi hai fatto diventare un assassino."
"Sei sempre stato un assassino, Jim. Non ti avrei portato via dalla tua famiglia se non l'avessi visto subito nei tuoi occhi. Un assassino mascherato da angioletto. Anche Satana stesso era un angelo, al principio. Io ho solo fatto uscire la tua vera natura, che altrimenti sarebbe stata imprigionata per sempre nel corpo di un fallito. Sarebbe stato uno spreco intollerabile. E tu lo sai. Non far finta che uccidere le persone non ti faccia sentire bene. Forse non ti eccita, come succede a molti altri che ho visto uscire da qui, ma non puoi negare di averne bisogno. Fa parte del tuo sangue... della tua anima."
"Perché mi hai mandato a uccidere mio padre?"
"Perché era diventato una fastidiosa zanzara e non riuscivamo mai a schiacciarla! Ecco il perché! Anni di ricerche per trovarti! Aveva smosso mari e monti. Ci è costato un sacco di soldi mettere a tacere tutto! Abbiamo dovuto pagare non ricordo più quanta gente per cancellare ogni minima traccia che potesse finire nelle sue mani. Ma lui non voleva saperne di farla finita! Si è messo a fare il giustiziere della notte ed ha mandato a monte troppi affari. Alla fine i miei clienti erano incazzati e c'era solo una cosa che si poteva fare. Non sei stato il primo che ho mandato a cercarlo. Alcuni si sono ritirati. Altri invece li ha fatti secchi, ma non mi meraviglia. Erano dilettanti. Io ho un'attività da gestire, per la miseria! Non ho mai sopportato le interferenze! Se il tuo vecchio fosse rimasto al suo posto tutti sarebbero stati più felici, lui compreso. La moglie non si sarebbe impiccata e avrebbero potuto mettere al mondo un altro marmocchio per allietare le loro giornate del cazzo! Invece ha preferito buttar nel cesso tutto quello che aveva e per giunta non gli è servito a niente. Ad essere sincero, mi è sembrato incredibilmente catartico che fossi tu il responsabile del suo trapasso. E forse mi dovresti anche ringraziare... ti ho permesso di rivederlo un'ultima volta, anche se non avresti dovuto sapere che era tuo padre. Ma in fondo è stato più giusto che conoscessi la verità."
"Dovrei essere commosso, allora. Mi scuserai se non ci riesco. Ma ho un'altra domanda da farti. Se volevi che ci incontrassimo e se volevi che fossi io ad ucciderlo, che ci faceva Rory nella casa? Hai detto che sono il tuo migliore risultato. Perché mandare anche lui? O pensavi che non mi accorgessi nemmeno di questo?"
Deglutisce. Questo mi piace tanto. Forse una parte di depravazione e sadismo ce li ho anch'io. Ma non voglio che vada via ora. La tengo ben stretta. E lo ascolto attentamente mentre mi risponde con il tono di voce che si è fatto più debole.
"Per quello che mi riguarda è sempre una prova. Ogni cosa. E la tua prova è stata quella. Non potevo essere sicuro al cento per cento che avessi il fegato di uccidere il tuo unico genitore, anche se non lo vedevi da vent'anni. Avresti potuto essere colto da un fastidioso attacco di pietà. E Rory era presente per assicurarsi che tutto fosse filato liscio ed eventualmente fare il lavoro al posto tuo. Una sorta di minaccia silente."
"E avrebbe dovuto uccidere anche me, immagino..."
"Gli affari sono affari. Ma hai superato la prova. Sono orgoglioso di te... e devi esserlo anche tu. Quanto a Rory ho aspettato la sua telefonata a lungo, ma vederti qui mi fa dire di poter smettere di aspettare..."
"Già... era un buon elemento ma non ha mai imparato a mimetizzarsi a dovere..."
Si appoggia pesantemente sullo schienale ed abbandona le braccia a penzoloni nel vuoto. Mi guarda mentre riprende il sigaro e ne tira un'altra boccata: molto forte da farlo arrivare oltre la metà. Soffia l'aroma direttamente sulla mia faccia... in segno di disprezzo senza alcun dubbio, ma non mi lascio irritare da questo piccolo colpo di coda. Sono io che conduco il gioco. Lo so io e lo sa lui. Anche se vuole convincere sé stesso dell'esatto opposto.
"E allora? A questo punto dove siamo arrivati? Che vorrebbe essere questa? Una sorta di spedizione punitiva? Sei qui per uccidermi?"
Sento bene la paura che scende sulla sua testa e si insinua dentro i suoi vestiti, dentro la sua pelle... andando ad accarezzare gelidamente le ossa. Vuole mantenere la calma; si sforza di riuscirci con ogni fibra del suo essere e credo che nessuno a parte me si accorgerebbe del suo vero stato d'animo. Lo percepisco come se trasudasse da lui e giungesse alle mie narici, inebriandomi come non mi succedeva da parecchio. Non lo ricordo proprio da quanto non accadeva. Mi nutro della mia e della sua sensazione. Vorrei continuare ad assaporarla per l'eternità. Forse è questo che provano gli altri killer quando uccidono. Ma Dio mi è testimone se quello che sento io non sia scaturito anche da un sacrosanto senso di giustizia! Cerco di non abbassare la guardia e lo stuzzico un altro po':
"Cosa dovrei rispondere? Cosa vuoi sentirti dire?"
"Quello che senti di dover dire, Jim. Ti ho addestrato anche in questo."
"Allora lascia la pistola."
La mia frase lo paralizza letteralmente. Sbarra gli occhi per un istante.
Naturalmente sto bluffando.
Ma credo di averci preso.
Non ero sicuro che avesse una pistola all'interno di una fondina ben fissata sotto la scrivania o magari in un cassetto nascosto... ma ero certissimo che un uomo del genere dovesse avere qualcosa che gli desse un minimo di protezione, in mancanza dei suoi uomini. Del resto, sarebbe stato un emerito coglione se non avesse avuto davvero nulla. E Alec può essere tutto, ma non coglione. Sapeva che i suoi uomini non sarebbero riusciti a fermarmi, nonostante avesse dato l'ordine di non farmi avvicinare se non addirittura uccidermi. Sapeva altrettanto bene che avrei messo fuori gioco le telecamere di sorveglianza, disposte nei corridoi. E sapeva che sarei arrivato a sedermi di fronte a lui. Adesso i casi sono due: o ci prova oppure no.
La detonazione arriva puntuale; proprio nell'esatto istante in cui me l'ero immaginata.
Non so se sia stato il povero sorso di Bacardi che ho mandato giù, assieme al fatto che non sono abituato a bere. O forse è lui ad essere più veloce di quanto avevo considerato. Detesto ammetterlo, ma credo di averlo sottovalutato e questo mi è costato un proiettile nella spalla destra. Ma va ancora bene... se non mi fossi spostato in fretta, mi avrebbe bucato lo sterno e tanti saluti.
Estraggo il mio ferro mentre sto per toccare il pavimento. Lo colpisco due volte... allo stomaco. In realtà ho scazzato di brutto. Doveva essere la testa, ma è risaputo che la fretta non è amica della precisione.
E va bene, ci ha provato. Non lo biasimo. Lo avrei fatto certamente anch'io.
Lo vedo catapultarsi dalla sedia e stramazzare al suolo in malo modo, mentre digrigna i denti e si preme i due buchi nella pancia, chiudendo gli occhi e stringendo forte le palpebre. Il corpo è frustato da crampi dolorosi e l'uomo si rannicchia su sé stesso come se fosse un ottimo sistema di difesa.
Anch'io ho i miei problemi. Mi fa male la spalla, ma riesco ad alzarmi ed a impugnare ancora la pistola. La mia ferita non è grave. Può fare impressione il sangue che sta uscendo ma credo che guarirò presto; il problema di usare il silenziatore è quello che il proiettile perde molta della sua forza e penetra poco nella carne. Eppure, questo, Alec avrebbe dovuto saperlo.
"Aahhhh... cazzo! almeno, avresti potuto spararmi in un punto meno doloroso!! Non meritavo questo briciolo di compassione?? Per quanto ne so, l'hai sempre data ai tuoi bersagli!"
"A volte mi capita di fare qualche eccezione..."
"Quanto mi resta da vivere...?"
"Dipende... se continui ad agitarti, molto meno..."
Sorride ancora e così facendo un rivolo di sangue trova strada facile dall'angolo sinistro del labbro e scende lentamente lungo il mento.
"Ah ah ah!! Quindi è così. Alla fine ti sei sentito la vocazione del cavaliere senza macchia! Proprio come tuo padre. E adesso? Vagherai senza meta, raddrizzando tutti i torti in cui t'imbatterai? È così?"
"In realtà non mi ci vedo affatto in questa figura... e non lo era neanche mio padre. Lui era solo un uomo distrutto, impazzito dal dolore. Avrei potuto dirgli tutto. Avrei potuto svelargli di essere il figlio che ha tanto cercato ed abbracciarlo forte. Ma questa non è una favola e non esiste un lieto fine, per quanto lo volessi disperatamente. Ho capito che l'unico modo per fargli ritrovare la felicità era quello di ucciderlo; ricongiungerlo a sua moglie ed al suo bambino. Lui voleva solo questo. Ed aveva ragione da vendere quando mi ha detto che il suo Jim era morto. Jim è morto. È morto quando è stato buttato dentro quella stanza buia. E questo bastardo assassino è tutto ciò che ne resta. E mai e poi mai avrei potuto rivelare questa verità ad un uomo già distrutto. Lui voleva solamente ritrovare il suo bambino... il bambino che ricordava. E spero che dove sia ora, lo abbia ritrovato e che nessuno li separi mai più."
"Sei solo un povero idiota, ragazzo. Davvero pensi che tutto sia finito qui? Davvero sei rimasto il bambino ingenuo e piagnucoloso che mi divertivo a pestare in quella stanza? Dopo tutto quello che hai attraversato, non hai imparato un fico secco? Ugh... COFF!! COUGH!! COUGH!!"
Violenti colpi di tosse e violenti fiotti di sangue che le mani non riescono a frenare e che vanno a bagnare i costosi vestiti.
"Ci sono tanti clienti che non saranno contenti di quello che hai appena fatto. Clienti che vorranno dare una lezione alla persona che ha creato disagio nei loro affari... COFF!! E nonostante questo non cambierà nulla. Io non sono altro che una pedina come lo sei tu e come lo sono tutti, in questo mestiere. E come ogni pedina, siamo facilmente rimpiazzabili. E poi, credi che questo sia l'unico posto di questa organizzazione? Non hai buttato via che una briciola di tutto quanto!! Tutto per niente, caro Jim! Solo una misera vittoria di Pirro... Agh! COUGH!!"
Il suo volto è sbiancato, mentre la pozza di sangue sotto di lui si allarga lentamente ma implacabilmente. Eppure, non sta per finire. Dovrà soffrire ancora parecchio e il dolore che prova ora gli sembrerà uno scherzo in confronto all'ondata che lo investirà a minuti e che lo renderà più simile a una lucertola impazzita che ad un essere umano.
Dovrei soffocare l'empatia che mi sale al cervello. Dovrei lasciare spazio solo al disprezzo... ma non ci riesco. È strano, davvero... eppure non ce la faccio. E gli offro un guizzo di misericordia:
"Forse ho ancora un colpo... devi decidere tu."
I suoi occhi corrono verso la ferita, poi fissano la pozza di sangue. Sembra essere rassegnato, almeno fino a quando non lo vedo fissare la sua pistola: giace a pochi centimetri dal suo fianco destro ma è sempre troppo lontana per le sue condizioni; vedrebbe le stelle solo se respirasse più forte di quanto sta facendo adesso. Dopo qualche istante, anche lui si rende conto di aver coltivato un'impossibile riscossa. Abbassa lo sguardo, poi riprende a parlare... la sua voce è sforzata e più debole di prima... non fa più paura a nessuno, ormai.
"Vai avanti. Non mi vedrai implorare..."
"Non me lo immaginavo, infatti."
Il killer ha la pistola puntata. Alec osserva il nero impenetrabile della canna rivolta contro la sua testa. In quegli interminabili istanti, la memoria corre rapidissima a ritroso... tanti anni fa.
Il giorno in cui aveva rinchiuso quel bambino impaurito in quella stanza ricca di tenebre. Un bambino tremante e molliccio come tutti gli altri. Lo aveva strappato alla sua famiglia perché era questo il suo lavoro. Lo aveva privato di tutto quello che è concetto di bene e non aveva rimorsi a riguardo. Non ne aveva mai avuti, d'altronde.
Aveva rapito decine e decine di bambini... molti di loro non ce la facevano a superare le prove che gli venivano imposte e si doveva sostituirli in fretta.
I sicari sono una merce preziosa e sempre richiesta... non bastano mai e devono essere addestrati sin da piccoli.
"Sono sempre stato il massimo nel lavoro che facevo. Trasformare dei luridi mocciosi in perfetti assassini a sangue freddo. Che bei tempi!"
Ad Alec piaceva quello che faceva. Picchiare quegli indifesi... sentire la loro pelle tenera schiacciarsi sotto il peso dei suoi pugni era impagabile! Ha fatto carriera nel suo settore, ma non ha mai dimenticato i giorni in cui faceva l'addestratore.
Jim è stato uno dei più grandi successi della sua carriera, è vero. Ma non aveva mai preso in considerazione l'idea che potesse accadere quello che sta accadendo ora. Morire per mano di una tua stessa creazione, che ironia!
"Il Diavolo mi assisterà!" inizia a pensare "Non ha caricato la pistola. Non ha più proiettili! Me la caverò ed anche se dovessi arrancare o finire su una cazzo di sedia a rotelle, non mi darò pace finchè non gliel'avrò fatta pagare!"
Si illude di avere fortuna. Non pensa nemmeno che Jim potrebbe ucciderlo ugualmente, anche se la pistola fosse scarica: gli basterebbe poco a spezzargli il collo.
Ma un killer ha un codice d'onore... è certo che se il percussore scatterà a vuoto sarà salvo.
CLICK!
Il proiettile non è partito.
"Sì. Sìììì!!! L'avevo detto!! L'avevo detto!! Sono un fortunato figlio di puttana!!"
Alec sorride estasiato. Sorride come un pazzo e già pregusta la sua rivincita.
---
Sorride ancora. Chissà a cosa stava pensando.
Il sorriso beffardo del cadavere senza vita fa uno strano effetto al suo assassino.
Un sorriso che non s'intona molto con l'orbita vuota dell'occhio sinistro, dalla quale scende un sottile rivolo di sangue, che inumidisce la pelle cauterizzata attorno. Le mani ancora premute sul buco allo stomaco sanguinante.
Avevo ancora un colpo. Si vede che era destino.
I bambini piangono all'interno delle stanze buie senza speranza.
I lividi fanno male.
La pelle del viso abbonda di escoriazioni che bruciano quando vengono bagnate dalle lacrime di disperazione. E la puzza di fogna e di marcio fa girare la testa e toglie le forze, infondendo una pesantissima nausea. Mamma e papà non ci sono in mezzo a tutto quel buio. Non verranno a salvarli, gli hanno detto.
E le pupille dilatate fissano incessantemente quella porta pesante ed imponente, dal quale presto tornerà. Il mostro che vuole far loro del male. Il mostro che ha già fatto loro del male... e che gode del loro dolore, senza perdere tempo a giustificarlo.
Come un moderno orco mangiabambini farà il suo ingresso e si avvicinerà. Il buio non li proteggerà né li nasconderà a lui. il buio serve solamente a farli sentire ancora più persi... ancor più senza speranza.
Mamma... papà... dove siete? Ho gridato tanto ma non siete venuti. Aiuto... qualcuno mi aiuti... qualcuno CI aiuti!
La porta si apre lentamente e il cigolìo del metallo perfora il timpano fastidiosamente.
L'Orco!
La luce artificiale squarcia in un raggio luminoso parte di quella notte senza fine e perfora la pupilla come un ago incandescente, costringendo a chiudere gli occhi.
L'Orco!
Non si può scappare.
Non si può nascondersi.
L'Orco è arrivato. E farà del male. Molto male.
Mamma e papà non torneranno più.
C'è solo l'Orco.
Una figura immobile sulla soglia. I contorni resi difficili da distinguere a causa della luce che si abbatte su di essa. L'Orco?
Una voce proviene da una bocca invisibile, appartenente a quella figura. Una voce strana. Impossibile sentirla in un luogo del genere. Una voce calda e rassicurante.
"Sei libero. Torna a casa e dimentica questo posto. È stato solo un brutto sogno."
È vero?
L'Orco è morto? Quello sconosciuto l'ha sconfitto?
La figura se ne va ma la porta rimane aperta e fuori la luce. È tutto vero? L'incubo è finito? Qualche passo incerto e spaventato verso l'esterno... verso la luce. Aria fresca.
L'incubo è finito?
Qualche passo ancora oltre la soglia. Un lungo corridoio ed una rampa di scale in fondo. La luce illumina gli ultimi gradini... non una luce artificiale. La luce calda del sole. Sembra una bella giornata.
Altri bambini nel corridoio. Tutti smarriti. Tutti fiducioso che l'Orco sia morto. Lo sconosciuto li ha salvati.
Sì!
È stato solo un brutto sogno!
Mamma!! Papà!! Sto tornando a casa!!!
Il fiume di bambini esce dall'edificio gridando di felicità e correndo come se non avessero corso da anni. Gli agenti di polizia appena arrivati si affrettano a soccorrerli, mentre altri entrano armati e con cautela da dove loro sono usciti. I poliziotti sono sorpresi. Che diavolo sta succedendo?
Lo capiranno presto.
Guardo quella scena e vedo che è bella. Molto bella. Sono lontano, nascosto. Ma riesco a vederla dal finestrino della mia auto.
Mi sento bene. Sento che il mio fardello si è alleggerito. Ho scaricato parecchi mattoni e per una volta la mia umanità si è liberata dalle catene che la cingevano ed ha abbattuto la belva.
Forse non per sempre, certo.
Ma voglio godermi questo momento.
Spero che tu sia felice adesso, papà.
Spero che ti sia ritrovato con la tua famiglia.
E forse un giorno vi raggiungerò anch'io.
Alec aveva ragione.
Mi cercheranno. Vorranno uccidermi. Ci sarà una taglia sulla mia testa.
Ma non ho paura.
Me la caverò. Almeno fino a che ci riuscirò. Non importa il poi.
Non so cosa farò adesso, della mia vita.
Ricordo di aver pensato che non avrei mai potuto condurre una vita normale. Che mi terrorizzava il solo pensiero. Che non era roba per me anche se forse non era poi tanto male.
Ma chi può dirlo, in fondo? Forse, mi sbaglio. Forse ho sempre sbagliato. E forse il tempo dei contratti è finito.
Forse potrei provare.
E mentre un sorriso si disegna sul suo volto quasi senza che se ne accorga, l'auto si allontana fino a diventare un punto indistinto all'orizzonte, accompagnata dalle note di quella canzone che a lui è sempre piaciuta..."Seed of memory" di Terry Reid.
Perfetta per l'occasione.
E la migliore compagna per il mio viaggio.
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