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Sentieri di guerra

L’auto si fermò dove terminava la strada militare e iniziava una pietraia scoscesa.
Ne scesero quattro uomini; tre si guardarono all’intorno, mentre il quarto rimase con gli occhi abbassati.
- Signori, siamo arrivati; da qui in avanti vedremo solo trincee, scavate a forza di mani nella roccia carsica, a volte abbastanza profonde, ma altre niente più che dei modesti avvallamenti dove era necessario restare sempre sdraiati. Vi faccio strada.
- Grazie, vada pure avanti lei colonnello; io, il dottore e il mio povero fratello le verremo dietro, ma mi raccomando di procedere piano. Non alza mai gli occhi, ma chissà che con il ricordo di questi luoghi di dolore non possa rinsavire.
Si incamminarono su per l’erta, lungo una traccia di sentiero che procedeva tutto a curve brevi e secche, in un paesaggio quasi lunare e totalmente arido, senza nemmeno il più piccolo filo d’erba.
Arrivarono così a un rialzo di modesta altezza e dimensione, ma pianeggiante.
- Ecco, vedete dove siamo ora c’era il posto di pronto soccorso, una cosa alla buona, niente più di una baracca, dove il chirurgo e i suoi assistenti prestavano le prime cure; per i feriti lievi non c’era nessun problema, perché bastava un leggero bendaggio e poi venivano rispediti in prima linea. Per gli altri le cose erano diverse: se c’erano speranze di sopravvivenza, venivano un po’ rattoppati e successivamente inviati all’ospedale vero e proprio nelle retrovie; se invece erano spacciati, venivano sistemati fuori, distesi sulla barella, insieme agli altri che attendevano la diagnosi del medico, e lì…lì morivano.
- Posso immaginarmi, colonnello, le scene di dolore e di disperazione, a cui avrà forse assistito anche mio fratello.
- No, signor Fabbri, per quanto si possa sforzare non potrà mai farsi un’idea esatta di quello che era e pure io che combattevo un po’ più in là non ho potuto provare l’angoscia della disperazione nell’attesa del verdetto come quando mi ci sono ritrovato con il mio braccio sinistro maciullato, con il sangue che usciva a fiotti dalla ferita e si mischiava a quello degli altri che erano distesi vicino a me. In quei momenti si è fortunati se si è in stato di incoscienza, altrimenti, in mezzo ai pensieri più cupi, si avverte chiaro il gelido respiro della morte, un soffio lieve, ma costante, che passa su quei poveri diavoli per fermarsi sui prescelti.
- Mi vengono i brividi a sentirla dire queste cose e non vorrei mai essere venuto se non fosse per quel tentativo che il Dr. Marra vuol fare per far tornare in sé mio fratello. A proposito, dottore, lei che è esperto e che conosce già il problema per averlo in cura da tanto tempo, si è accorto se ha avuto qualche reazione?
Il Dr. Marra, luminare di psichiatria dell’Università di Padova, un uomo che aveva evitato la tragedia della guerra perché avanti con gli anni, si limitò a scuotere la testa.
- Andiamo avanti, verso le trincee vere e proprie che disteranno non più di una cinquantina di metri, subito dietro quello sperone roccioso.

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2 commenti:

  • Fabrizio Carollo il 01/06/2009 20:41
    Bello. I racconti di questo genere mi toccano sempre in modo particolare. Hai talento, davvero!
  • Anonimo il 23/01/2009 16:40
    straordinaria opera, complimenti sei un fenomeno

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