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L'odore dell'erba
Mi è sempre piaciuto l'odore dell'erba.
Fin da bambino amavo sedermi nel mezzo del giardino di casa mia, che mio padre non mancava mai di curare minuziosamente, e passare anche un'ora riempendo i polmoni di quell'odore di freschezza e pulito... anzi, di più. Un intenso odore di libertà.
E mi piaceva ancora di più assaporarlo dopo che aveva finito di piovere. Amavo quell'aroma di selvaggia spensieratezza.
Lo stesso odore che sento ora.
Sdraiato in mezzo a questo campo sconfinato. Certo, l'erba non è curata come quella del mio giardino. Gli steli sono eccessivamente lunghi e posso seguire molto bene la fuga di tanti piccoli parassiti all'interno delle loro tane, forse spaventati dalla mia presenza.
Ma è uno spettacolo egualmente unico e un po' mi dispiace del fatto che debba essere anche l'ultimo.
Non riesco a fare altro che restarmene sdraiato qui, su questa distesa d'erba che pare sconfinata... immerso come sono nel verde potrebbe anche sembrare una giungla. Beh, no adesso sto esagerando. L'ho vista davvero la giungla e ne sono uscito soltanto ieri per poter già scordare quanto sia inospitale e brutale verso chiunque voglia percorrerla, trascurando poi le minacce di altro tipo. No, direi proprio che non esiste nessun confronto fra quel groviglio di arbusti ed acquitrini che ho attraversato per la bellezza di una settimana e la radura nella quale sono sbucato circa tre ore fa. Anche la stessa erba è differente: è più verde e si muove più elegantemente quando il vento la scuote... come se possedesse un dolce ritmo interiore... come se soltanto lei fosse in grado di percepire in quel modo particolare le note che cavalcano l'aria.
Che pensieri da poeta! Non è mai stato il mio forte, nemmeno a scuola, la composizione dei poemi! Ed è ironico che mi vengano alla mente simili pensieri proprio adesso! Potrebbe essere fuori luogo, ma invece io lo trovo tranquillizzante e spero che perduri quel tanto che basta a tenere lontana la paura ed il dolore.
I primi momenti sono stati davvero duri.
All'inizio ero confuso... pensavo fosse stato solamente un sogno. Pensavo che mi sarei svegliato nella mia camera da letto... che avrei spalancato gli occhi e visto il poster del mitico Don che tengo sulla parete di fronte al mio letto; è sempre stato un toccasana nei momenti più sconfortanti della mia vita. L'unico che sia mai riuscito a lanciare un Perfect Game nelle World Series! No, dico, vi rendete conto? Se non è un genio un uomo del genere! Quel lancio magnifico mi ha fatto pensare che chiunque può essere destinato a grandi cose nella propria vita, anche se non ci sono i presupposti ed anche se passi delle giornate che vorresti cancellare dalla tua memoria come uno straccio cancella le macchie di sporco dal pavimento! Un uomo che ammiro per la forza interiore che ha saputo sfoderare e che mi è d'esempio. Mi ha dato un sacco di forza anche in questo posto. Certo, avrei potuto tenere un poster gigante di Raquel Welch e non nego che non avessi pensieri molto audaci nei suoi confronti, come tutti i miei compagni di liceo, del resto! Ma Don meritava e merita ancora il posto d'onore nella mia stanza!
Un vero peccato che quel poster fosse lontano... come pure lo era la mia stanza.
Ci ho messo poco a capire che non si trattava di un sogno e quando la confusione mentale è sparita assieme al disorientamento ed al fumo che mi aveva avvolto ho subito ricordato quale fosse la realtà ed il male cane che mi ha azzannato come una bestia feroce me ne ha dato un'ulteriore conferma, se mai avessi avuto ancora qualcosa da obiettare.
È difficile dare una descrizione precisa ma posso paragonarla ad una tremenda fitta... come se qualcuno mi avesse sollevato di terra e, cingendomi con le braccia, avesse iniziato a stringere sempre più forte.
Una sensazione bruttissima quando ti manca il respiro. È come affogare ma non sei sott'acqua e la cosa ti da ancora più fastidio, perché non puoi nemmeno tentare di raggiungere la superficie! Ti fa paura pensare che stai per morire in maniera così angosciante e non è vero che vedi passare tutta la tua vita davanti agli occhi... almeno non è stato il mio caso.
Di solito non è inusuale pensare alla propria morte; ci si pensa anche da ragazzi, anche se pensi sia una cosa che ti succederà quando avrai i capelli bianchi ed almeno un paio di nipotini che corrono per casa urlando. E ti diverti pure a fantasticare sul come potrebbe avvenire... pensi che sarebbe una fortuna addormentarsi e spirare nel sonno senza accorgerti di niente o hai paura del fatto che potresti prendere una malattia che ti porta ad attraversare un calvario inesorabile e ti riduce ad una penosa larva prima di finirti. O magari pensi che morirai in un incidente stradale o in mille altri modi. Io ricordo bene quello che ho pensato quando sono arrivato qui.
"È finita. Mi uccideranno il primo giorno, lo sento."
Ricordo il cuore che batteva a mille e il tremore delle mani che non riuscivo a controllare. Gettavo occhiate a tutti i ragazzi della mia squadra ma non mi consolava il fatto che stessero provando le mie medesime sensazioni. Eravamo tutti disposti ordinatamente senza battere ciglio, come io stesso disponevo i soldatini dell'Atlantic quando li preparavo alla guerra. Lo ricordo bene: tedeschi (azzurri) contro americani (verdi). Una bella collezione... me ne vantavo giustamente. E quando vidi il tenente incaricato di accoglierci e di farci da caposquadra per le prime settimane, rimasi sorpreso dalla sua estrema tranquillità... sembrava l'allenatore di baseball che dispensa gli ultimi consigli e rivede il piano di gioco assieme alla sua squadra un minuto prima dell'inizio dell'ultimo inning. Mi sarei accontentato di assorbire almeno un infinitesimo di quella calma. E invece mi guardavo attorno con estremo nervosismo ed avevo pure le orecchie tese oltre agli occhi: ero sicuro che avrei sentito da un momento all'altro il suono secco dello sparo che mi avrebbe mandato all'altro mondo. Ero convinto che si nascondessero decine di cecchini in mezzo alle colline che ci attorniavano e che si sarebbero allegramente messi a fare il tiro a segno con noi poveri pivellini.
Sono passate sei settimane da quel giorno. La paura si è affievolita poco a poco, ma me ne è rimasta quel tanto necessario a farla chiamare prudenza. So che molti dei ragazzi con i quali sono arrivato sono morti. Penso li abbiano già rimandati a casa in una bara per i funerali ufficiali... alle famiglie in lacrime verrà data una medaglia alla memoria e detto loro che il loro figlio era un bravo soldato; che si è distinto più di una volta in azione, che era sempre il primo a tenere alto il morale della truppa, eccetera eccetera.
Alle volte erano tutte verità... altre solo balle per non infangare la memoria di un poveraccio crepato a mille miglia lontano da casa, senza che sapesse davvero per cosa era andato a combattere. Poteva essersi imboscato in tutti gli scontri a fuoco e non aver sparato nemmeno un colpo o essersi sparato con il suo stesso fucile per una tragica fatalità... in qualunque modo fosse morto, sarebbe stato ricordato come un eroe per il suo paese. Era il minimo che potessero fare per ripagare almeno in minima parte le famiglie del sacrificio che dovevano sopportare.
Ed era una fortuna solo il fatto che il poveretto riuscisse a tornare a casa... molti li stanno ancora cercando ma credo che figureranno dispersi per sempre. Alla fine, mamma e papà piangeranno soltanto una uniforme e una bandiera.
Non è una cosa giusta, certo... ma non lo è per chi rimane. Alla fine, per quello che ti riguarda, sei morto e basta. Non pensi più ai dettagli.
Io ormai non pensavo più alla mia morte come all'inizio. Non ti conviene mai farlo quando fai questa vita, anche per tenere lontana la paura, che potrebbe essere la maggior responsabile della tua dipartita.
Una parte di me era comunque convinta di non tornare più a casa, ma non avevo mai pensato né al giorno in cui sarebbe accaduto né al come.
In fondo ho avuto fortuna.
Non sono un bello spettacolo, di questo sono certo, a giudicare da come mi guardano.
Mi è parso di sentire (e dubito di essermi sbagliato...) un commilitone sussurrare all'orecchio di un altro:
"Sei riuscito a trovare il braccio sinistro?"
Una frase agghiacciante solo ad averla immaginata ed anche se fosse riferita a qualche altro sfortunato. Ma in questo caso, lo sfortunato sono proprio io.
Dovrei urlare di dolore e sinceramente mi stupisco che non sia così, anche se non ne sento certo la mancanza. Il primo momento è stato tremendo ma ora va meglio... Dio, mi scappa anche un sorriso a sentire quella frase... ecco perché non riuscivo a muoverlo, il braccio sinistro! Era un po' che provavo a farlo, anche per togliermi un fastidioso prurito alla fronte. Mi stava davvero irritando il fatto di non riuscirci e non potendo muovere un muscolo, non potevo nemmeno girare la testa e guardare oltre la spalla per cercare di capire cosa non andava. Credevo di essere rimasto paralizzato e invece la spiegazione era molto più semplice: il mio braccio aveva deciso di prendere una vacanza dal resto del corpo. Ho avuto un rapido flash di una gamba che schizzava lontano e scommetto che l'altra non se la passa meglio; pensavo che almeno le braccia avessero avuto più fortuna, ma non è stato così... pazienza, che altro devo dire, in fondo? Il problema più grosso sarà per il becchino (come lo chiamo io) di Rouge Street, poco vicino a casa mia. Il vecchio Gerard avrà il suo daffare per rimettere a posto il sottoscritto e renderlo almeno presentabile per la cerimonia funebre. Se conosco bene mio padre, non permetterà che mi facciano il funerale a bara chiusa.
L'altro soldato scuote la testa e fatica a contenere le lacrime che vogliono abbandonare gli occhi e scendere sulle guance... gli dispiace per me anche se non mi conosce. Davvero gentile.
Non ha trovato il mio braccio ma sono sicuro che ce l'ha messa tutta per riuscirci!
Non ho fatto in tempo a conoscere molti membri di questa nuova squadra ed alcuni sono stati uccisi prima che potessi scambiare anche solo una parola. Del resto, mi hanno trasferito al fronte solo da tre settimane... e pensare che questa doveva essere una semplice missione di ricognizione, niente di più. Il sergente Ferris l'aveva definita una scampagnata in un caldo pomeriggio di luglio... era un brav'uomo e gli invidiavo da matti la capacità di filtrare ogni singola situazione di merda di questo inferno ribollente per riuscire a tirare fuori un lato positivo, per quanto fosse sottilissimo.
Non penso si sia nemmeno accorto di morire. Il proiettile perforante gli ha trapassato la testa come fosse burro, mentre stava scrutando l'orizzonte con il binocolo che gli avevo passato.
Ho visto il fiotto di sangue che si andava ad infrangere sulla mia maglietta, ma il suo corpo è caduto parecchi secondi più tardi, senza un minimo grido.
Ci siamo resi conto di essere finiti in un'imboscata solo quando hanno cominciato a sparare da tutte le parti; sono stati furbi e noi incoscienti. Abbiamo abbassato la guardia come degli idioti, neanche fossimo lì per un picnic.
Una radura non offre molti ripari, purtroppo... abbiamo fatto il possibile. Ci siamo appiattiti contro il terreno come da addestramento e ci siamo disposti in cerchio, rispondendo al fuoco nemico... per essere sinceri, colpendo a casaccio contro gli alberi ai margini della radura.
Non si sono fatti vedere ma sparavano bene, quei maledetti Charlie. Hanno abbattuto molti di noi ed il caporale Johnson era piombato nel panico totale. Più giovane di me, appena maggiorenne e promosso sul campo a guida della squadra in maniera così brusca. Vuole fare il professore, da grande. Ha sempre detto che gli piace stare con i ragazzi ed insegnare loro la poesia e la storia. Se dovesse riuscire a tornare in Alabama spero davvero che riesca a realizzare il suo sogno, ma che eviti di raccontare questa parte di storia: i suoi allievi potrebbero avere gli incubi per giorni.
Se non fosse arrivata la terza squadra rangers in nostro aiuto sarebbe finita davvero male... pura fortuna, visto che non dovevano trovarsi in quell'area... il loro scout aveva sbagliato strada.
In ogni caso ci hanno salvato il culo... li hanno fatti secchi tutti ed hanno chiamato gli elicotteri per portare via quello che resta di noialtri. Ma non penso di avere il tempo sufficiente per vederli arrivare, quegli angeli volanti. Presto credo che incontrerò quelli veri, se avrò la fortuna di finire tra quelli buoni.
Il dottore fa un sorriso sforzato e dice che va tutto bene... che me la caverò.
Un simpatico bugiardo.
Ma spero davvero di non cavarmela, a conti fatti: non c'è niente di peggio della morte che continuare a vivere come un menomato o peggio. Non voglio che la mia vita sia questa. Meglio un taglio netto.
Mi sento bagnato sotto la pancia, ma continuo a non potermi muovere... il mio corpo si sta intorpidendo e vedo una leggera e fastidiosa foschia ostacolare il mio sguardo. Non so dire se sia la morfina che mi somministrano a vagonate o se sto arrivando alla fine della mia strada.
Almeno posso ancora assaporare l'odore dell'erba... mi fa stare così bene.
Scorgo una lumaca accanto alla mia testa... sembra incuriosita da quel gigantesco essere sdraiato nella sua erba che la sta fissando... e probabilmente, fino a poco fa se ne stava ben nascosta dentro il suo guscio, spaventata da tutto quel fracasso e quelle esplosioni. Dal suo punto di vista, può averla vista come la fine del mondo e forse qualunque guerra lo è. La fine del mondo per tanti ragazzi come me che hanno avuto solo la colpa di nascere e crescere nel periodo sbagliato.
Tanti sono partiti volontari... desiderosi di fornire il loro contributo per la pace alla nazione.
Io non voglio giudicarli... giusto che lo facessero, se sentivano che era la cosa giusta.
Ma non mi vergogno a dire che non ero e non sono della stessa opinione.
Non sapevo nemmeno dove si trovasse, questo cazzo di Vietnam, fino a sei mesi fa!
Poi, ho ricevuto quella lettera. Una busta gialla, con il timbro del governo. Una carta intestata del ministero della guerra... un foglio così bianco e pulito che sembrava emanare luce propria ed una serie di eleganti ed elaborati paroloni (nessuna lettera sbavata, ci credereste?) per dire semplicemente che ero obbligato a salutare tutti in breve tempo e partire per combattere una guerra che non era la mia.
Un bello stop per chi aveva già in progetto di finire il college e andare a Broadway per impegnarsi seriamente nella carriera di attore teatrale. Con il tempo, forse, sarei potuto diventare il nuovo Paul Newman!
Una parte di me insiste a pensare che forse le cose sarebbero potute andare diversamente... ribadisco che non abbia molta importanza a questo punto... e non sono pentito di quello che ho fatto. Ho agito d'impulso, certo. Tante volte, gli ufficiali in capo dicono di pensare prima di buttarsi... di sforzarsi ed usare la testa invece di voler fare gli eroi a tutti i costi. Secondo loro è meglio un soldato efficiente e vivo che un eroe morto e non hanno tutti i torti in effetti. Se avessi seguito i loro consigli non mi troverei in mezzo a questo casino ed ai pezzi del mio stesso corpo, con tutte le budella sparse attorno a me... sembrano dozzine di bisce scarlatte e lucide che non hanno la minima intenzione di farsi prendere e continuano a scivolare dalle dita dei miei commilitoni ogni volta che provano a raccoglierle, nel vano tentativo di rimetterle in ordine nella pancia del sottoscritto.
Se avessi ascoltato ciò che ci hanno ripetuto fino alla nausea, forse non sarei sdraiato qui, incapace di muovermi e di parlare, attendendo la fine della pista. Ma non è detto.
Magari sarebbe successo ugualmente, in modo diverso.
È vero, ho agito d'istinto, ma non volevo essere un eroe a tutti i costi.
Ho solo visto quella granata al momento giusto. Un piccolo oggetto di morte caduto proprio a dieci centimetri dai miei piedi. Una granata a frammentazione che ci avrebbe falciati tutti o quasi. Nessuno se n'era accorto, tranne me; tutti troppo impegnati a rispondere al fuoco.
Non avevo una mezz'ora per riflettere e non potevo certo afferrarla e ributtarla al mittente: non avrei fatto in tempo. Avrei potuto gridare a tutti di buttarsi a terra, ma l'esplosione sarebbe stata comunque troppo vicina ed in tanti sarebbero finiti trafitti da quei cazzo di frammenti di metallo ricurvi.
Mi sono buttato su quella roba senza rendermene conto... mi sono trovato in aria e mi pareva di essermi bloccato lì... dal mio tonfo in terra allo scoppio è trascorso solo mezzo secondo, non di più. Poi tutto si è zittito. Non c'erano più spari, né grida... niente.
Credevo di essere già morto... poi la battaglia è tornata prepotentemente alle mie orecchie ed ho iniziato a sentire i ragazzi che gridavano il mio nome e il suono dei loro passi frenetici mentre mi si avvicinavano e si inginocchiavano vicini, imprecando.
Tutto qua.
Non un eroe. Solo la voglia di evitare una strage... di salvare la vita ad altri ragazzi come me, anche a prezzo della mia vita. Sono un eroe per questo? Lascio che lo dicano gli altri, se proprio vorranno farlo. Non sono stato il primo e non sarò l'ultimo. Questo posto è pieno di eroi, sia da una parte che dall'altra. O forse no. Forse la guerra non crea nessun eroe. Siamo tutti soltanto uomini.
Un colpo di tosse molto forte. Il sapore del sangue che mi scende a rivoli dagli angoli della bocca. Un brutto segno, mi sa. Mi sembra di sentire in lontananza il suono degli elicotteri che si avvicinano. Presto saranno qui e ci porteranno al sicuro. Almeno sarò uno di quelli che potranno essere sepolti a casa propria. Non un disperso.
Ho una voglia matta di dormire. Joey è sdraiato accanto a me e mi supplica di restare sveglio, ma è così difficile!
"Tieni duro! Tieni duro, Wayne! Non mollare adesso! Stanno arrivando! Ci porteranno al campo e quando saremo lì vedrai che ti ricuciranno e tornerai come nuovo! Non gettare la spugna proprio ora!!"
Temo che non dipenda più da me, amico mio. Il mio congedo è arrivato, lo sento. Mi mancherà la mia famiglia. Mi mancheranno i miei amici. Mi mancherà il mio cane. Mi mancheranno molte cose.
Mi mancherà l'odore dell'erba.
"Dai, Wayne! Resisti, ti prego! Non puoi morire! Ci hai salvati tutti! Sei stato unico! Non te ne andare così!"
Siete unici anche voi, ragazzi. E non pensate il contrario neanche per un momento. Sono contento di avervi conosciuto, anche solo per poco tempo.
La nebbia si fa più fitta e le palpebre vogliono chiudersi... non sento più nulla, nemmeno l'odore. Ma è strano: mi sembra di vedere qualcosa, in lontananza, oltre la barriera di steli scossi dal vento. Ci sono io, laggiù. Mi somiglia davvero in modo incredibile. Mi sorrido e mi saluto con il pollice alzato. Ho l'aria serena.
Beh, mi fa piacere.
Le ombre degli elicotteri si allargano sulla radura.
Finalmente sono qui.
Non credo che riusciranno a ricucirmi.
Dio, che sonno!
Ho avuto una giornata decisamente pesante.
Voglio solo dormire. Solo riposarmi un po'.
Me lo merito, dopotutto.
Solo un sonnellino.
Che sonno...
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- mi ha sempre affascinato il profumo dell'erba
- Ma scherzi? Accetto con piacere qualsiasi tipo di commento. Non avrei voglia di crescere artisticamente, se non lo facessi. Un caro saluto
- Complimenti è originale e scritto in modo piacevole. Mi permettouna nota tecnica dal basso della mia poca esperienza, se accetti.
Consiglio di riflettere sull'uso dei puntini di sospensione.
Un noto scrittore americano sosteneva che se dobbiamo usare i puntini è perchè non sappiamo come altro fare ad esprimere la sensazione che vogliamo trasmettere.
E invita, nel caso che non sia cosìa provare a non usarli.
Mi sento di concordare con lui, li trovo poco professionali. Anche io ne usavo quanto te prima di leggere il suo commento. Adesso ne faccio a meno e vedo che non è un problema e i miei scritti hanno un tocco più elegante.
Ciao, complimenti e scusa l'ardire.
- Grazie mille!!! Apprezzo molto il tuo giudizio! Un abbraccio
- breavo bellissima ben scritto
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