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99 bottiglie d'annata
La villa era immersa nella nebbia di novembre e sembrava un grande dinosauro dormiente adagiato nella radura.
Al maresciallo Maestrale non piaceva occuparsi di furti come quello commesso nella villa dei marchesi Giacobitti di Colfosco Ripa Zanfretta ma, ogni tanto, gli capitavano casi leggeri come quello di quella mattina.
Era stato rubato un mobile antico.
I marchesi erano famosi, a livello regionale, per i loro vini. Alcune annate avevano vinto premi prestigiosi in passato, ma recentemente il loro marchio era un pochino decaduto.
La villa era un maniero gigantesco, triste, anche stanco a giudicare dai pezzi di intonaco che cascavano dalle pareti esterne qua e là. Era abitato solo nella parte sud. L'ala nord era adibita a magazzino per i vini e ad est era stata costruita una sorta di dependance dove erano piazzati i macchinari per la produzione del vino. Tutto intorno alla magione si estendevano a perdita d'occhio filari di uve.
Il maresciallo Maestrale entrò nella villa di malavoglia, avrebbe gradito un buon caffè, ma era sicuro che in quella casa nessuno si sarebbe mai sognato di offrirglielo.
Gli aprì un signore grassottello, completamente calvo e con un tic insistente che gli faceva muovere la spalla sinistra in senso rotatorio, quasi che il servitore dei marchesi stesse sempre tentando di rilassarne i muscoli.
"Buongiorno sono il maresciallo Maestrale. Sono qui per il furto. Posso parlare col marchese?" chiese.
"Quale marchese?" chiese l'uomo.
"Quello che abita qui" disse il maresciallo già irritato e quale marchese se no? Quello dimezzato?
"Intendevo dire quale marchese: quello giovane o suo padre?" rispose annoiato il maggiordomo.
"Quello che ha sporto denuncia per il furto, "estrasse un taccuino e lesse "di una tecca del 1400". Alzò gli occhi verso l'omuncolo che lo guardava con sufficienza.
"Una teca, vorrà dire, un armadio, del 1400 prezioso come un quadro di Leonardo, costoso come un Picasso, delicato come un mosaico bizantino, impareggiabile come un'opera di Mozart!"
"Ecco, proprio quello" disse sentendosi piccolo come una formica e desiderando di averne anche le dimensioni.
"Venga, la introduco".
La introduco: non glielo aveva mai detto nessuno. L'accompagno, mi segua, è di là, se ne vada, se si azzarda ad entrare la denuncio questo gli dicevano di solito, ma la introduco mai. Puzzava già questa storia di questa teca sparita, rubata, trafugata, sottratta. Mentalmente si ripassava i sinonimi che avrebbe potuto sciorinare per rendere la sua parlata più fluida, forbita, erudita. Chissà che spandi-merda erano questi marchesi Giacobitti di Colfosco Ripa Zanfretta. Già il loro nome gli era antipatico.
Entrarono in un ampio salone semibuio nonostante tutte le luci fossero accese. Le pareti erano ricolme di libri. Tomi ovunque e nessuno con il dorso uguale all'altro: nessuna enciclopedia, quindi. Tutti libri antichi, stabilì guardandone i bordi rovinati, i colori sbiaditi, i materiali deteriorati dal tempo, dalla polvere, dal sole.
Quattro persone erano sedute su divani e poltrone, nessuno parlava, qualcuno singhiozzava, uno russava o forse era solo molto raffreddato.
"Il maresciallo Maestrale". Disse l'omuncolo.
"Buongiorno sono il maresciallo Maestrale" e subito si rese conto dell'inutile puntualizzazione, i presenti lo guardarono e qualcuno pensò: il solito cretino, non verremo mai a capo di nulla con questo appuntato.
"Venga" lo invitò con cordialità, ma distacco uno dei convenuti "sono il marchesino Ernesto Giacobitti di Colfosco Ripa Zanfretta, questo è mio padre il marchese Luigetto Giacobitti di Colfosco Ripa Zanfretta. Lei è mia madre Donna Giuditta di Zocca Filante e mia moglie Carlotta dei Laurissa. Viviamo tutti qui. Io non ho figli. Ho un fratello che ha problemi mentali che risiede in una clinica svizzera e una sorella che vive a San Francisco, negli Stati Uniti: dipinge. Questa notte c'è stato un furto in questa villa". Tutto d'un fiato.
Maestrale temette che stesse per soffocare, ma il marchesino riprese fiato appena in tempo e indicò uno scorcio di parete vuoto alle sue spalle. Il maresciallo si avvicinò e per evitare che il marchesino ricominciasse con un'altra filippica prese il cellulare e fece il numero della centrale.
"Lo Curto, mi mandi degli agenti per dei sopralluoghi con i kit per rilevare le impronte digitali e il tecnico di laboratorio che si occupa di datazioni spazio-temporali".
"Eh?! Non ho capito, cosa vuoi Maestrale? Ripeti, per favore!" gli rispose quello.
"Emh, Lo Curto, li faccia arrivare al più presto. Dica di portare anche il dectector hombris linguae" si voltò verso l'angolo dove stava la teca e annuì "ce ne sarà bisogno".
Alla centrale si chiesero se Maestrale avesse bevuto o stesse prendendoli per il culo. Cosa diavolo era il detector hombris linguae? E il tecnico delle datazioni spazio-temporali?
"Va bene" dissero e riattaccarono, mentre il maresciallo continuava a dire una montagna di cazzate giusto per darsi il tono di cui credeva di avere assolutamente bisogno in quel covo di gente con la puzza sotto il naso: in fondo lui aveva solo un cognome, si era laureato a stento e aveva fatto una gavetta fatta di bassifondi, degrado, ignoranza e vita di strada.
"Mi dica, solo i fatti, per cortesia, in questo frangente devo raccogliere solo dati nudi e crudi" disse al marchesino.
"Certo, venga. Qui c'era la teca" il marchesino indicò un riquadro vuoto incastonato tra due librerie di almeno 1, 80 metri di larghezza per 1, 80 di altezza.
"Era del 1400. Un pezzo unico, insostituibile, impareggiabile, una gran perdita," alle sue
spalle la madre soffocò a stento un singhiozzo. "Era un regalo di nozze che mio nonno Giacomo fece a sua figlia, mia madre, nel 1958 in occasione delle sue nozze con mio padre".
"Cosa conteneva?" chiese Maestrale
"Conteneva 99 bottiglie di vino delle migliori annate dal 1853 ad oggi, la migliore di ogni annata: Amarone, Sassicaia, Champagne, Barolo, Chianti".
"Quante bottiglie e che valore potevano avere quelle che sono state trafugate?" domandò.
"No, nessuna è stata rubata, sono tutte lì, appoggiate sul pavimento dove le abbiamo trovate, nessuno ha toccato nulla".
Maestrale si voltò: una bella collezione di 99 bottiglie di vino messe in bel ordine, pulite, ordinate facevano bella mostra di sé in un angolo. Tutte con le etichette rivolte verso il centro del salone. Ladri ordinati, pensò.
Si avvicinò, le guardò e si chiese come fosse possibile che esistesse gente che spende migliaia di euro per comprare delle bottiglie di vino che presto sarebbero state imbevibili, se già non lo erano.
Ma disse solo: "Accidenti, collezione invidiabile!"
"Può dirlo forte!" rispose il marchese padre con orgoglio.
Il singhiozzare di donna Giuditta si fece più acuto, forse voleva attirare l'attenzione di Maestrale.
"Donna Giuditta posso rivolgermi a lei mostrando il mio dispiacere per la perdita di quel armadio e chiedendole se ha sentito rumori strani nella notte".
"No assolutamente nulla, la teca se la sono portata via in perfetto silenzio.
"E lei marchese, ha sentito nulla?"
"Io non ho sentito nulla, sono stati silenziosissimi. Oltretutto l'allarme era fuori uso da un paio di giorni, forse qualche soffiata".
"Certo, certo", disse Maestrale. Era lui l'esperto non gli piaceva che i suoi sospettati gli imboccassero le idee.
I suoi sospettati: aveva già deciso che uno dei presenti era l'artefice di quel furto. Se lo sentiva. Raramente si sbagliava. Il suo intuito, più del suo acume, era leggendario all'interno della caserma. I suoi sospetti si dirigevano verso la moglie del marchesino, quella donna Carlotta che non lo guardava mai negli occhi e con aria svagata seguitava ad arrotolarsi i ricci attorno ad un dito.
"Posso avere una fotografia della teca in questione?" qualcuno gliela porse. Era un mobile di legno scuro, riccamente intarsiato, chiuso con due ante di vetro e sollevato da terra da quattro piedini a forma di leone. Tutto sommato non brutto ma nemmeno bello, a suo dire.
"Secondo voi, come mai hanno rubato la teca e non il vino? Non valgono nulla, queste bottiglie?" chiese Maestrale.
"Ma si figuri!" sbottò alzandosi con furia il marchese padre "se la teca è preziosissima, quelle 99 bottiglie hanno un inestimabile valore nonché hanno il privilegio di essere il mio vanto, il mio orgoglio e ho deciso, proprio ora, che le farò seppellire, nel giorno della mia morte, assieme a me!" arrossì violentemente e si risedette pesantemente sul sofà.
"Strano che non le abbiano prese, allora, forse erano ladri ignoranti in materia." disse Maestrale.
Farsi seppellire con 99 bottiglie di vino! Che idea balzana. Che gente strana. Che caso strambo.
Maestrale fece molte altre domande, fece il giro della villa e della dependance poi se ne andò e assicurò i marchesi che li avrebbe tenuti informati sugli sviluppi del caso. Disse che a breve sarebbero arrivati i suoi colleghi per le rilevazioni del caso e corse a bersi un bel caffè.
Una volta giunto in caserma si chiuse nel suo ufficio per redigere il verbale e dentro di sé pensò che non avrebbe speso più di un paio d'ore su quel caso: di solito la refurtiva non veniva a galla prima di uno o due anni, i ricettatori aspettavano sempre molto per tentare di piazzare merce di così alto valore.
Dopo mesi dal sopralluogo in villa, Maestrale si era completamente dimenticato del caso dei marchesi.
Arrivò la primavera che portò la consueta esplosione di colori e anche una lettera inattesa per il maresciallo. Sulla busta, oltre allo stemma dei marchesi Giacobitti di Colfosco Ripa Zanfretta, campeggiava un bel "alla c. a. dell'appuntato G. Maestrale". Aprì la busta irritato.
18 aprile 2009
"Egregio signor appuntato Maestrale,
In data odierna il notaio di famiglia ci ha convocati per l'apertura del testamento che mio padre ha redatto lo scorso dicembre. La sua morte improvvisa è avvenuta il 15 marzo scorso e ci ha lasciato un vuoto enorme da colmare. Non abbiamo rinvenuto sorprese riguardanti la successione del patrimonio e dei beni di famiglia ma, tra le carte mio padre aveva allegato una lettera riguardante le sue volontà ultime. Credo che ciò che mio padre scrisse in questa lettera riguardi anche lei e le indagini da lei svolte. Gliene invio una copia cosicché lei possa trarne le sue conclusioni".
Distinti saluti,
Marchese Ernesto Giacobitti di Colfosco Ripa Zanfretta.
Lesse con poco interesse la fotocopia delle ultime volontà del fu marchese.
22 dicembre 2008
"Ho sempre amato il vino in maniera maniacale, ma ho sempre amato anche il suo contorno: la vigna, l'estate che fa maturare gli acini, la vendemmia, l'imbottigliamento, le etichette, i tappi di sughero.
Sopra ogni cosa, però, amo la polvere che si adagia sulle bottiglie testimoniandone l'autentica vetustà. Non ha senso possedere bottiglie dei secoli scorsi, esserne fieri e non riuscire a vederci la polvere degli anni aderirvi sopra.
Quella maledetta teca, che piaceva tanto a mia moglie, non poteva rimanere dov'era? In soffitta a contenere coperte tarmate! A mia nuora Carlotta piacque così tanto che volle metterla in biblioteca e volle addirittura metterci dentro le mie bottiglie che erano già così ben impolverate! Le ripulì con cura dalla loro polvere, ci impiegò un intero pomeriggio, mentre io non c'ero e al mio ritorno non potei che constatare lo scempio. Ecco perché la teca è sparita, l'ho fatta sparire, l'ho letteralmente regalata ad un ricettatore che io ho fatto entrare in casa di notte. Ben gli sta, era così ben fatta che non riusciva ad entrarvi nemmeno un granello di polvere. Dalla notte del presunto furto, le mie amate bottiglie sono tornate in cantina a collezionare, di nuovo, la polvere che spetta loro di diritto.
In occasione della mia morte, voglio essere seppellito nella cappella di famiglia. Mi riesumerete dopo cinque anni, non prima e assieme a me seppellirete definitivamente le mie 99 bottiglie debitamente impolverate e NON RIPULITE!
Questo è il mio volere, non vi chiedo altro.
Vi ringrazio,
Marchese Luigetto Giacobitti di Colfosco Ripa Zanfretta.
"Ecco la soluzione! C'ero quasi arrivato" disse il maresciallo Maestrale mentendo.
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- Una scrittura piacevole, descrizioni dettagliate. Personaggi farseschi ma sotto un certo senso credibili.
- bel racconto, brava! molto precisa la descrizione iniziale della villa, mi sembrava quasi di essere lì... e anche il finale mi è piaciuto, non me lo sarei aspettato.
l'unica cosa difficile da leggere è stata la presentazione dei componenenti della famiglia... con tutti quei nomi
un saluto
stefano
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