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Quella casa tra i boschi (parte 1 di 2)
L'Audi a3 correva sull'asfalto umido a velocità sostenuta; Thomas aveva volontariamente aumentato l'andatura visto che erano già in ritardo. Non che qualcuno li stesse aspettando, ma trattandosi solo di un week-end non voleva perdere altro tempo.
Percorse ancora un paio di chilometri dopodiché svoltò a destra, in una via piuttosto stretta che conduceva nei boschi dell'Oregon; lì c'era la piccola casetta di suo nonno nella quale avrebbe trascorso il fine settimana lontano dalla società, dal caos delle macchine e da tutto il resto. Aveva portato con se i suoi tre migliori amici, nessun'altro. Per una volta avrebbero potuto godersi la sola compagnia delle piante e della natura.
"Sei sicuro che sia questa la strada?" gli domandò Gaia guardandosi intorno. Era seduta al suo fianco, mentre Tatiana e Marco stavano dietro.
"Tranquilla Gaia, sono sicurissimo; e poi non c'è da stupirsi se la strada sia in questo stato. Stiamo andando in un bosco, non in centro."
Ben presto l'asfalto lasciò spazio allo sterrato e Thomas capì erano giunti quasi a destinazione. Avanzò lentamente avendo così la possibilità di ammirare, assieme ai suoi amici, gli alberi che costeggiavano il sentiero; erano piuttosto spogli data la stagione e le poche foglie ancora sui rami avevano assunto un colorito giallastro. Nonostante questo però davano un incredibile senso di pace; Marco e Tatiana si lasciarono andare e sentirono le fatiche della settimana di lavoro che scivolavano via da loro, letteralmente.
"Credo sia stata un'ottima idea venire qui," annunciò proprio Marco. "Mi sento già benissimo."
"Te l'avevo detto," rispose Thomas. "E tu che non volevi nemmeno seguirmi!"
Attraversarono un ponte lungo non più di venti metri che sovrastava un torrente della zona; era l'unica via che conduceva in quei boschi, perlomeno da quel versante. Se invece si arrivava dalla parte opposta c'era un sentiero piuttosto stretto, impossibile da percorrere in auto.
"Secondo le indicazioni scritte sul diario di mio nonno," disse Thomas una volta superato il ponticello. "Dovrebbe mancare un chilometro scarso."
Le indicazioni si rivelarono più precise del previsto; esattamente un chilometro e duecento metri più in là infatti videro la casa, o forse era meglio chiamarlo chalet date le caratteristiche. Sorgeva su un piccolo spiazzo, cento metri a sinistra del sentiero principale; in quel tratto la strada era un vero e proprio tappeto di foglie tanto che non si riusciva a distinguere dove finisse il sentiero e cominciasse la boscaglia.
Non si rivelò un particolare problema; Thomas trovò la via migliore stando lontano dagli alberi che lì crescevano senza un ordine preciso e giunse così a pochi metri dallo chalet.
"Eccoci qua!" dichiarò scendendo e assaporando immediatamente l'aria ricca di ossigeno. "Visto che non ho sbagliato strada?"
Tutti si persero a guardare la piccola casetta mentre il sole alle loro spalle aveva già iniziato la lenta discesa che l'avrebbe portato a tramontare definitivamente di lì a una ventina di minuti.
"Come vi sembra?" domandò Gaia stringendosi le braccia al petto. Iniziava ad avere un po' di freddo.
"Non è affatto male," le rispose Tatiana affiancandola. "Credevo peggio. Ora però cosa ne dite di entrare? Gaia ed io abbiamo freddo."
Fu Thomas a raggiungere la porta d'ingresso; era di legno, come tutto il resto della casa e aveva un'aria molto solita.
"La chiave dovrebbe essere qui," disse mettendo la mano in una piccola rientranza sopra la porta. La trovò subito.
Per la prima volta dopo decenni qualcuno mise nuovamente piede in quella casa.
La sera scese presto e tutto il bosco si immerse nella più completa oscurità; i quattro amici avevano da poco finito di cenare (il cibo ovviamente era stato portato da casa) e si apprestavano a visitare per bene tutta la casa. Il soggiorno e la piccola cucina erano stati una vera sorpresa, sia per le condizioni dei muri ancora buone, ma soprattutto per la scarsità di polvere accumulata sul tavolo e sui mobili. Altra cosa che lì stupì fu la mancanza di corridoi; le varie stanze erano separate solo grazie alle porte, nient'altro.
Ce n'erano due matrimoniali e una con due letti separati; quest'ultima era decisamente in pessimo stato rispetto alle altre e non c'erano nemmeno le lenzuola e le coperte. Solo i materassi, tra l'altro parecchio consumati.
"Non vi sembra strano il disordine di questa stanza?" domandò Gaia con un tono che apparve a tutti quanti piuttosto cupo.
"A me sembra normale;" Tatiana incuriosita girovagò per la stanza. "Non mi sembrava normale invece l'ordine delle altre, soprattutto se si considera che la casa era disabitata."
Gaia osservò l'amica soffermarsi proprio accanto alla finestra mentre Thomas e Marco erano rimasti nel soggiorno, incuriositi da una botola sul pavimento che conduceva ad una sorta di cantina.
All'improvviso Tatiana fu investita da un soffio di aria gelida; non aveva mai sentito un freddo così intenso, nemmeno nel più rigido degli inverni. Guardò la finestra ed era chiusa. Da dove era arrivata quell'aria?
Si voltò intenzionata a raggiungere Gaia sulla porta quando ci fu un'altra ventata di gelo; questa volta la colpì alla schiena e il suo corpo fu travolto da una sensazione terribile.
Gaia guardò il suo viso, di solito così bello e solare e vide un pallore inquietante; era bianca come uno straccio.
"Tati, ti senti bene?" Non ottenne risposta anzi, la testa dell'amica si chinò bruscamente in avanti e i capelli le coprirono il volto.
"Piantala con questi scherzi!" la rimproverò Gaia mentre il suo cuore saltava un battito. Conosceva bene Tatiana e sapeva del suo animo scherzoso e burlone, ma qualcosa le diceva che quello era tutto tranne che uno scherzo. Si avvicinò in punta di piedi fino a che non giunse a mezzo metro da lei.
"Tatiana, dannazione rispondimi!" le appoggiò una mano sulla spalla e finalmente la testa dell'amica si alzò a fatica. "Cosa ti succede?"
"Aiutami Gaia, ti supplico!" rispose lei in lacrime. La sua espressione era terribilmente sofferente. "Qualcosa mi sta..."
Non riuscì a concludere; il dolore divenne insopportabile e la sua mente si spense. Gaia poté vedere con tragica nitidezza le pupille della giovane rovesciarsi bruscamente all'indietro e il suo corpo irrigidirsi come un pezzo di legno per poi crollare a terra esanime. Sentì persino il tonfò sordo della sua testa sul pavimento.
Il terrore la pietrificò impedendole persino di urlare; gambe, braccia, voce, niente rispondeva più ai suoi comandi.
Rimase immobile a guardare Tatiana distesa a terra per un tempo imprecisato, fino a che le corde vocali non si sciolsero e poté così urlare a squarciagola l'aiuto di Thomas e Marco.
Thomas era accanto al corpo di Tatiana mentre Marco stava cercando come meglio riusciva di calmare la povera Gaia, la quale stava tremando come una foglia.
"Allora, come sta?" domandò proprio Marco in direzione dell'amico.
"Non è possibile!" esclamò osservandoli. "Il suo cuore... è fermo... e non respira."
L'atmosfera che aleggiava intorno alla casa e soprattutto in quella stanza divenne pesante e all'improvviso scese un silenzio innaturale, inquietante. Nessuno parlava e anche il vento che si era fatto sentire fino a quel momento tra i rami degli alberi tacque.
Gaia ebbe la terribile impressione che quello fosse un silenzio d'attesa; succedeva anche nei film. Tutto si zittiva per lasciare poi spazio a un brusco cambiamento della situazione.
Thomas, Marco e Gaia si guardarono straniti, in evidente difficoltà.
La porta della stanza, in quel momento spalancata, iniziò a chiudersi. Dapprima lentamente per poi aumentare di velocità in maniera progressiva fino a sbattere con violenza. Fu una frustata nel silenzio che li fece sobbalzare tutti quanti.
"Dannata porta del cazzo!" esclamò Thomas rimettendosi in piedi con il cuore che pompava a mille. "Ora cosa facciamo?"
"C'è qualcosa qui dentro," disse Gaia faticando a tirare fuori le parole. "Quando Tatiana si è bloccata ho visto le tende muoversi come se ci fosse l'aria. La stessa che ha fatto chiudere la porta."
"Ma se la finestra è chiusa maledizione!" Il nervosismo si stava facendo strada dentro di loro rischiando di portarli a litigare. "Cosa vuoi che ci sia qui dentro? Siamo solo noi accidenti a te!"
Un rumore molto leggero attirò la loro attenzione; era simile al ruggito di una tigre, ma più roco e molto debole.
"Cos'è stato?"
Gli occhi di Tatiana si spalancarono e con uno scatto il suo corpo si mise a sedere; osservò le tre persone davanti a lei con la testa reclinata in maniera innaturale sul lato sinistro e subito dopo emise un verso belluino che gelò il sangue nelle vene dei presenti. Quella "cosa" che avevano davanti non era Tatiana anzi, non era nemmeno una persona. Gli occhi erano leggermente velati e le pupille uguali a quelle di un gatto, nere come il catrame; i capelli stavano assumendo una colorazione sbiadita, lontana da quella naturale della ragazza e il suo viso! La pelle si stava raggrinzendo, come se stesse invecchiando rapidamente davanti ai loro occhi. Pareva spiritata.
"In nome di Dio, ma cosa succede!" Fu tutto ciò che riuscì a dire Thomas, il più vicino a lei.
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0 recensioni:
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- Bello!
Concordo con Giuse, attendiamo la seconda parte! 
- Stefano sembrava così calmo.. dall'inizio.. poi questi spiriti.. quando lo scrivi il secondo? voglio leggerlo..

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