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La pinza
La prima pioggia autunnale aveva deciso di martellare insistentemente i tetti di Milano - quella sera di settembre - e produceva un fruscio continuo e discreto che faceva da sottofondo ai rumori del traffico e del quartiere. Le automobili, ormai rare data l'ora, lasciavano una scia saponosa sull'asfalto di via Crema e l'ultimo 29 procedeva con il suo solito rumore di ferraglia verso la fermata di piazza medaglie d'oro.
Walter Moretti, osservava la sua città che tanto amava dalla finestra del salotto al terzo piano e fumava con calma la sua sigaretta.
Serata ideale per riflettere sulla propria vita e pensare a quanto diversa sarebbe stata senza quel dannato incidente.
Giovane e brillante ufficiale di Polizia, stimato e ammirato per la sua intelligenza e per il suo aspetto fisico alla Clint Eastwood - neo laureato- era destinato sicuramente a un'importante carriera. Tutto invece svanì quella notte di venticinque anni prima, quando al comando di un'incursione in un covo delle Brigate Rosse, si trovò a tu per tu con un terrorista. Non un uomo di spicco dell'organizzazione, una nuova recluta, Mario Molina, poco più di un fiancheggiatore. Il caso volle che fosse un vecchio compagno di scuola di Walter, ai tempi del liceo Berchet.
Walter rimase un attimo sorpreso nel riconoscerlo e lui, approfittando dell'esitazione, preso dal panico fece in tempo a scaricargli mezzo caricatore di mitraglietta in corpo. Prima di essere ucciso dagli altri agenti.
Rimase quasi un mese fra la vita e la morte ma quando alla fine si riprese, non poté mai più riprendere servizio. Una pallottola entratagli dallo zigomo gli aveva lasciato una tale lesione al nervo ottico da renderlo quasi cieco da un occhio. Per non parlare delle continue vertigini e dolori alla schiena.
Lasciata la Polizia con un premio sostanzioso e una medaglia al valore, ebbe una generosa pensione di invalidità dallo stato, ma la sua vita inesorabilmente cambiò.
Il matrimonio fallito, la frustrazione di non riuscire a trovare un impiego che lo soddisfacesse, le continue emicranie che lo torturavano, la solitudine di chi non ha più colleghi con cui chiacchierare ma non ancora amici pensionati con cui condividere l'ozio delle proprie giornate, lo avrebbero potuto ridurre alla disperazione.
Invece lui conservava questa incredibile gioia di vivere e non si era mai lasciato andare alla depressione.
Fu probabilmente grazie a questa sua positività e questa sua forza di carattere che ottenne, dopo lunghi anni di solitudine, la sola cosa bella, anzi, meravigliosa che aveva oggi.
L'amore di Vicky.
Quindici anni meno di lui. Un fisico da urlo. Una chioma di stupendi capelli rossi e due occhi verdi da non credere.
Come faceva ad aver meritato una simile fortuna? Lui, ancora un bell'uomo, per carità, ma ormai cinquantenne e per di più mezzo invalido e senza ormai più soldi.
Giusto la casa di via Crema, conto corrente ormai inesistente, un pacchetto di azioni svalutate quasi del 30% del valore di millecinquecento euro, si e no.
Certo Vicky era davvero una donna meravigliosa. Così bella, così dolce, sempre così allegra e solare. Mai prima di lei era stato così felice con una donna. Lei sapeva prenderlo in un modo che nessun'altra nemmeno avrebbe sperato di poter fare. Toccava le corde del suo cuore con una naturalezza e una semplicità disarmanti.
Vivere con lei era una gioia.
Due sole cose di questa sua nuova vita dopo l'incidente lo rattristavano.
Innanzi tutto la situazione finanziaria ormai drammatica. I soldi erano finiti. Il lavoro di investigatore privato non aveva mai funzionato e altri lavoretti ancora meno. Vicky non meritava questa vita mediocre. Lei aveva un figlio di 13 anni che stava con la nonna e tutti i suoi guadagni erano per lui. Era giusto così. Come poteva lui non disperarsi all'idea di non poter provvedere a dare alla sua famiglia un tenore di vita e una sicurezza economica decente?
L'altra cosa che lo rendeva infelice era la mancanza di amicizie e di vita sociale di loro due come coppia.
Nessuna uscita a cena, nessun invito, niente amici con cui vedere una partita di calcio dei mondiali, nessuno da invitare a casa per una cenetta stile tailandese...
Perfino Matteo, il figlio di Vicky, veniva rarissimamente in via Crema.
Le speranze di risolvere questo problema erano davvero pari a zero.
D'altronde, nessuno accetta una puttana come amica di famiglia.
Forse questo termine era un po' troppo forte, ma così la maggioranza delle persone benpensanti, ma in fondo non solo loro, definiscono una spogliarellista.
Vicky faceva questo lavoro. In un locale notturno in cui aveva iniziato come barista dopo aver perso il posto di operaia in una ditta di catering, passò sulla pedana e iniziò a spogliarsi per i clienti.
Il sesso non era previsto sul lavoro. Anche se Vicky sapeva che qualcuna delle sue colleghe (quasi tutte straniere) ogni tanto arrotondava con prestazioni fuori orario, lei non l'aveva mai fatto e nemmeno ne aveva l'intenzione. Lo stipendio e le mance le bastavano e si sentiva bene così.
Walter l'aveva conosciuta nel locale e avevano cominciato a frequentarsi di giorno. Lei adorava cucinare e iniziarono a passare pomeriggi a preparare complicati manicaretti a casa di lui. A volte, tormentato dall'emicrania, lui stava a letto e lei trafficava canticchiando in cucina. Che felicità sentirla. Un giorno si ritrovarono avvinghiati nel letto. L'emicrania sparì e i dolcetti di marzapane furono carbonizzati. Erano passati ormai sei anni, di puro amore.
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Alle due circa, Walter fu svegliato dal suono del telefono.
Di colpo si alzò a sedere sul letto cercando di ragionare. Guardò l'ora. Doveva essere successo qualcosa di grave a Vicky. Non aveva mai chiamato sul telefono fisso. Caso mai, se c'era qualche contrattempo mandava un SMS sul cellulare. Guardò di sfuggita ma non c'era nessun messaggio in arrivo...
"Pronto!..."
Dall'altra parte del filo inizialmente solo silenzio. Poi dopo alcuni secondi una voce tremante e insicura, di una signora senz'altro molto anziana e forse non troppo in sé:
"Pronto... non pensavo di trovare qualcuno... in ufficio. Volevo lasciare un messaggio nella segreteria... parlo con l'Ispettore Morelli?..."
Ispettore Morelli? Che cavolo vuole questa pazza?
Nessuno lo chiamava Ispettore da almeno vent'anni.
"... Moretti,... si. Chi parla?"
"Moretti... si... mi scusi... ho letto male il biglietto da visita... Mi chiamo Monica Sthoner... con la acca dopo la "t"... Sthoner. Avrei bisogno di parlarle per una questione delicata... e... importante... Può venire da me domattina appena... appena può, per favore?"
Un po' di lucidità cominciò a tornare nella mente di Walter. Biglietto da visita? Molti anni prima, Walter aveva fatto stampare due o trecento biglietti da visita con una scritta del tipo:
" Ispettore Walter Moretti - Investigatore Privato- Pensionato Polizia di Stato - indagini - ricerche di persone - pedinamenti - infedeltà coniugale - spionaggio industriale- massima discrezione e professionalità. Prezzi modici."
Quella vecchia pazza doveva aver trovato nella casella della posta uno di quei biglietti e, dopo averlo conservato chissà perché tanti anni, stanotte si era decisa a entrare nel troppo breve elenco delle persone che avevano composto quel numero.
"Signora Sthoner, ... con la acca, mi lasci in pace per favore. Se non riesce a dormire, guardi le televendite alla TV". Riattaccò.
Non riuscì però a riprendere sonno, anche perché sapeva che di li a poco sarebbe tornata Vicky e non voleva perdersi la gioia di vedere il suo sorriso nel trovarlo sveglio.
Dopo mezzora infatti sentì il vecchio ascensore fermarsi al piano e la chiave nella toppa.
Lui accese l'abat-jour per far capire di essere sveglio e lei entrò radiosa e allegra come sempre, felice di poter scambiare due parole con lui.
"Amore!!! Ancora sveglio? Non stai bene...? Ti faccio una camomilla?"
"Macché camomilla! Mi ha svegliato un'ora fa una pazza che cercava l'Ispettore Moretti. Anzi, Morelli!!"
"Caspita! Una cliente!!!"
"Vicky, non mi prendere in giro..."
"Ma non sto scherzando!" disse Vicky parlando dal bagno infilandosi sotto la doccia.
"Una cliente è sempre una cliente. Se è pazza, tanto meglio. Non so se mi spiego..." Rise allegramente.
Questa donna aveva il dono di fargli venire il buonumore in ogni circostanza.
Quando tornò dal bagno con solo un piccolo asciugamano addosso, lui disse : "Questa è davvero una vecchia pazza. Aveva una voce da novantenne arterio-sclerotica. Non penso che avesse davvero un problema che potrei risolverle io..."
"Amore," disse Vicky sedendosi sul letto vicino al suo uomo, "Che ne sai? Che cosa ti costa provare a sentirla. Magari la puoi aiutare davvero. Ma... fa come vuoi. Sei tu il poliziotto... con il fiuto del crimine. E adesso baciami, stupido".
Fecero dolcemente l'amore.
L'indomani, Walter ottenne il numero dell'ultima chiamata ricevuta e richiamò verso le otto la signora Sthoner.
Da quando il lavoro di investigatore privato si era fermato pressoché del tutto e la pensione si era così svalutata da bastare appena per il cibo, Walter aveva dapprima venduto la Vespa 150 che aveva sostituito con una bicicletta usata poi, come ultimo gesto prossimo alla disperazione, si era privato della sua pistola. Una vecchia Beretta 7, 65 pressoché inutile, ma che gli dava quel senso di appartenenza all'esercito dei buoni contro i cattivi che era l'essenza della sua professione. Fu doloroso oltre ogni dire dover rinunciare a quell'arma e in effetti uscendo dall'armeria di Sesto a cui era riuscito a venderla, sentì un groppo in gola e se ne pentì immediatamente. Ma non ebbe il coraggio di ritornare a riprendersela. Indossare la sua giacca senza sentire il peso della pistola nella tasca interna era qualcosa di innaturale e sgradevole a cui non riusciva ad abituarsi, dopo così tanti anni. Giurò comunque a se stesso che se per caso fosse riuscito in qualche modo ad avere dei soldi, tanti soldi, avrebbe fatto due cose:
Primo: avrebbe portato Vicky e Matteo a fare uno stupendo viaggio ai Caraibi. Secondo: sarebbe andato dall'armiere di Sesto a ricomprarsi la Beretta.
Pochi giorni dopo aver venduto la sua arma, dovendo scendere in cortile a registrare i freni della sua bicicletta, Walter prese dalla cassetta dei ferri una pinza. Una di quelle pinze con i manici ricoperti di plastica arancione trasparente che dovrebbe servire a isolare elettricamente l'impugnatura per permettere di maneggiare cavi elettrici.
Infilò istintivamente la pinza nella tasca interna di sinistra, quella della pistola.
Mentre scendeva con l'ascensore si rese conto che la pinza in tasca gli dava la stessa sensazione di quando girava armato. Stesso peso, più o meno stesso ingombro. Ma soprattutto stessa sensazione di essere ancora un poliziotto.
Era senza dubbio un espediente infantile e ridicolo, ma in quel periodo della sua vita decise di concedersi questo assurdo vezzo per cercare di riuscire a stare a galla psicologicamente. Lo doveva a se stesso e a Vicky.
Mentre camminava verso la fermata del tram, il ritmico oscillare del suo fardello metallico sotto il suo petto gli diede davvero l'impressione di andare al lavoro. Anche se in realtà stava soltanto andando a trovare una vecchia pazzoide che gli avrebbe solo fatto perdere tempo.
Monica Sthoner abitava in uno stabile vecchissimo in via Pietro Custodi, zona Ticinese.
Primo piano, niente ascensore. Gli scalini di pietra lisa dall'incerta inclinazione sembravano fatti apposta per mettere a dura prova l'equilibrio dei vecchietti che li percorrevano. L'odore di urina di gatto era talmente consolidato e penetrante che sembrava ne fossero impregnati muri, soffitti e pavimenti.
Monica Sthoner impiegò quasi due minuti ad aprire la porta, sebbene il suo appartamento fosse un minuscolo bilocale.
Un'anziana donna fra gli ottanta e i novanta, alta ma ingobbita dall'età. Lunghi capelli bianchi scarmigliati. Espressione un po' disgustata. Un aspetto piuttosto inquietante, ma due occhi azzurro-grigi stranamente vivi e espressivi, per quell'età.
"Buongiorno Ispettore Morelli".
"... Moretti, signora"
"Ho preso il suo numero da un biglietto da visita che ho trovato l'altro giorno... sarà già qualche anno forse, da qualche parte. Mi pare dal pescivendolo in piazza 24 Maggio..."
La signora ricordava bene. Walter aveva lasciato bigliettini in qualche bar e dal pescivendolo che era un suo conoscente.
La casa era in condizioni molto peggiori di quanto la facciata e l'androne lasciassero già immaginare. Un disordine pazzesco, scartoffie, libri per terra, tazzine di caffè sporche appoggiate ovunque, uno scialle bucato gettato sul divano a fiori sfondato e senza una gamba... Odore disgustoso. Tre o quattro gatti gironzolavano con aria curiosa e arrogante non essendo probabilmente abituati a visitatori estranei e non graditi.
La signora Sthoner li guardava apostrofandoli con finta rudezza con frasi tipo "Via di lì bestiaccia..." compiacendosi in realtà della loro sfacciataggine.
"Qual è il suo problema signora Sthoner?"
"Il mio problema... Ispettore Morelli... è che viviamo in un mondo di gente cattiva e disonesta...
gente che vuole i miei soldi... che mi rapina e che vuole vedermi morta... mi son venuti in casa... mi hanno cercato la schedina... hanno rivoltato tutto... la borsetta... il portafoglio... le foto... tutto. Ma non l'hanno trovata la schedina... e allora torneranno o mi aspettano fuori che esco per andare a incassarla... per darmi una botta in testa e rubarmi la schedina. Che lo sanno tutti che quelle schedine lì... è come avere i soldi contanti... che le possono incassare tutti. Non c'è mica scritto il nome sopra..."
"Quella che chiama la schedina, Signora Sthoner, che cosa sarebbe? Quella del totocalcio? Qualche lotteria?..."
"La schedina del super enalotto... quella che hanno fatto l'estrazione l'altro ieri e io vinto un bel po' di milioni!!!!"
"Mi sta dicendo che le hanno rubato la schedina vincente del super enalotto? O hanno cercato di rubargliela?"
Walter pensò di essere di fronte al classico caso di vecchia demente in preda alle solite manie di persecuzione. Tutti la vogliono derubare, la rapinano ogni giorno, ha pure vinto i milioni al lotto!!!!
"... le sto dicendo caro il mio Ispettore Morelli..." e qui alzò la voce fino a diventare paonazza, " che sono venuti in due ieri sera a cercare la schedina. Perché io avevo detto a tutti che avevo vinto, stupida anch'io, ma perché volevo che qualcuno mi accompagnasse a ritirare il premio per me che io non vado in giro da sola così lontano. E allora sono venuti in due. Mi han detto che c'era la gatta che stava partorendo sulle scale, io sono uscita e loro mi sono entrati in casa. Botte da orbi perché io non mi ricordavo dove avevo messo la schedina. Giuro che gliela davo. Solo che quando ho visto che avevo vinto mi è presa un'ansia che mi sono messa in testa di nasconderla per non farmela rubare. Adesso, per l'agitazione e per il nervoso non mi ricordo dove l'ho messa... ma so che non l'anno trovata neanche loro. E allora torneranno..."
"Signora, ma è sicura che ha vinto?"
Monica Sthoner si alzò in piedi e con l'indice alzato al cielo disse: " OTTO, TREDICI, TRENTASEI, QUARANTUNO, SETTANTOTTO, OTTANTASETTE. Quattrocentocinquantottomila euro
Non sono mica stupida!!!! È l'unica cosa che faccio giocare al super enalotto! Guardi qua, malfidente!!!"
Così dicendo allungò a Walter una copia del giornale aperta sulla pagina delle estrazioni. Effettivamente quelli erano i numeri usciti. Ma chissà se li aveva giocati davvero. Quasi sicuramente no.
"Signora, se l'hanno rapinata deve chiamare la polizia, non me!"
"Ma cosa dice??? Quelli sono più ladri dei ladri. Quelli mi mandano all'ospedale per avere via libera, poi vengono qui, mi rivoltano la casa, dicono che non c'è niente, invece trovano la schedina e la incassano loro. Li conosco i poliziotti, i carabinieri e quella gente li. Sono disonesti più dei ladri..."
Walter non si sentì per niente offeso dalle illazioni della signora sulla categoria. Forse era meno demente di quanto sembrava.
"Perché dovrebbero mandarla all'ospedale?"
"Secondo lei quando vedono questo?"
Ciò detto aprì e si abbasso la palandrana che indossava scoprendo una piccola ferita da taglio sopra il seno sinistro, medicata in modo primitivo con dei fazzoletti di carta impregnati di sangue scuro e rappreso, tenuti in posizione da nastro adesivo. Niente di serio, in verità. Poteva essersela fatta da sola con un coltello affilato...
"Per Dio signora ma lei è matta!!! Deve subito andare al pronto soccorso!!! Almeno disinfettarsi!"
"Eh no, caro mio!!!!! Io da qui non mi muovo. Prima di mezzogiorno viene il mio dottore della mutua che ci pensa lui a medicarmi. Lui non sa niente. Se lei mi aiuta a trovare la schedina e mi accompagna a ritirare il premio le do mille euro. Anzi, ... duemila"
"Vabbè. Cerchiamo questa schedina... al pronto soccorso ce la manderà sicuramente il dottore."
La signora Sthoner non aveva idea di dove potesse averla messa. Girava per la casa scuotendo la testa e mormorando frasi incomprensibili e imprecazioni sommesse.
La casa era a soqquadro. Probabilmente anche in condizioni normali sarebbe stato difficile trovare qualsiasi oggetto, ma un pezzettino di carta di pochi centimetri di lato in quel guazzabuglio rappresentava il classico ago in un pagliaio.
Dopo pochi minuti di infruttuose e disordinate ricerche in luoghi scontati come portafogli, cassetti, borse, eccetera, Walter cercò di ragionare.
"Signora, quando ha nascosto la schedina, di che cosa aveva paura? A chi o che cosa pensava?"
"Gliel'ho detto!!! Diamine! Pensavo che se vengono in casa a cercarla non la devono trovare!"
La situazione sembrava ridicola oltre ogni limite.
Walter si sentì veramente stupido e provò un senso di sconforto.
Come era possibile che un uomo del suo valore, un investigatore di classe e di esperienza, fosse disperato al punto da umiliarsi a cercare un pezzetto di carta sicuramente inesistente, stando dietro ai ragionamenti demenziali di una vecchia pazza. Di sicuro la giocata al lotto era frutto della sua fantasia malata. La vincita poi... Ridicolo!
E pensare che per un attimo aveva addirittura pensato di poter guadagnare duemila euro.
Duemila euro! Da quella vecchia megera! Si vergognava di averlo considerato possibile.
La cosa non stava in piedi. Doveva trovare il modo di uscire da quella situazione paradossale, senza offendere possibilmente la pazza signora, ma senza indugiare un minuto di più in quella improponibile farsa.
Si fermò nel mezzo della squallida e polverosa stanza. Quando la signora nel suo girovagare se lo trovò davanti e si dovette fermare, le disse:
"Cara Signora Sthoner, le posso dire una cosa?"
"... "
Si sedettero sul divano a fiori sfondato.
"Credo che questa schedina... questa giocata al super enalotto... non esista.
Non se la prenda. A volte ci illudiamo di poter vivere situazioni che abbiamo sognato,... guardi, lo dico senza nessuna malignità. Sinceramente. Succede anche a me di immaginare di poter uscire da questo incubo in cui sono caduto da quando mi hanno sparato in faccia..."
Indicò la cicatrice sotto lo zigomo sinistro "... ma purtroppo..."
" Aspetti..." disse improvvisamente la signora Sthoner.
Si alzò faticosamente e si avvicinò a una credenza che una volta era azzurra e cominciò a rovistare in mezzo a una pila di vecchie riviste e giornali che già erano stati da poco passati al setaccio da altre mani...
"... davvero signora, mi dia retta, lasci perdere questa storia..."
La vecchia aveva trovato un pezzo di carta...
Era un ritaglio di giornale piegato. Glielo porse. Walter restò stupefatto. Era l'articolo del Corriere Di Informazione, giornale del mattino ormai chiuso da anni, che riportava la cronaca della sparatoria nel covo delle B. R.. C'erano anche le foto di Walter e del terrorista Mario Molina, rimasto ucciso.
Walter lesse l'articolo e rimase in silenzio cercando di capire. Curioso. L'articolo riportava il suo nome sbagliato. Morelli...
"Perché ha conservato questo articolo?"
"... perchè... perchè... perchè el su mì el perché..."
Walter non sapeva che cosa pensare. Che c'entrava adesso questo articolo di giornale? Che cosa significava per quella donna quell'episodio? Aveva bisogno di rimettere ordine nei suoi pensieri. Estrasse il pacchetto di sigarette.
"Non fumi qui... per favore che ho l'asma..."
"Allora vado fuori. Torno subito"
Scese nell'androne semibuio e si sedette sul penultimo scalino accendendosi la sigaretta.
Quella donna era veramente sorprendente. Sapeva di lui. Non era un caso che avesse conservato il suo biglietto da visita per così tanti anni...
Ma perché si era così interessata al suo caso al punto di conservare il ritaglio di giornale?
E perché si era fatta viva solo adesso?
Mentre la sua mente cercava un filo logico in questi fatti così singolari, un gatto grigio passò al suo fianco e con un balzo si andò ad accovacciare sopra il casellario della posta pochi metri davanti a lui.
Due file di caselle di lamiera quasi tutte con un'etichetta con i nomi dei relativi inquilini. Il gatto lo fissava con i suoi occhi gialli...
Si alzò e si avvicinò alle caselle. Vi erano alcuni cognomi, a volte doppi. Su dieci caselle, sette erano identificate e tre non portavano etichetta. Una di quelle con il cognome era semiaperta, le altre chiuse con una piccola serratura arrugginita.
Un improvviso pensiero lo fece sussultare. "... in casa non la devono trovare...".
Quale migliore soluzione che infilarla nella casella della posta!
Come aveva fatto a non arrivarci!
Un tagliando vincente che valeva una fortuna. Intascabile dal portatore. Chi lo va a riscuotere ne è il legittimo proprietario. Niente domande, niente prove da fornire se non quel pezzo di carta. E poi subito via verso i Caraibi, verso una nuova vita! Verso quello che Vicky si meritava, lei che gli aveva dato tanto per non avere niente in cambio...
Provò a infilare le dita nella fessura, ma era troppo piccola. Non si riusciva nemmeno a farci passare le dita per cercare di forzare lo sportellino. Cassette vecchie, ma solide. Una volta la posta era preziosa. Impossibile forzarle con le mani nude. Ci vorrebbe almeno una p...
Sudando e ansimando, Walter estrasse la pinza e cominciò a forzare la prima delle tre caselle senza nome. Aprì. Niente. Solo una bolletta del telefono, pubblicità di ditte di traslochi, sgombero cantine, ecc.
La seconda cassetta, stesso contenuto, più o meno.
La terza ed ultima, quella in basso a destra.
Sembrava non volesse cedere. Gli toccò piegare la lamiera dall'alto verso il basso, ma la serratura non si ruppe. Perfino la pinza sembrava non bastare. Maledetta lamiera. Riuscì comunque a infilare la mano per estrarre la posta.
Pieghevoli colorati che illustravano gite in pullman alle Cinque Terre, solita bolletta telefonica, ditta di traslochi...
Piegato in due, per niente sgualcito, anzi nuovo come appena stampato un tagliando del super enalotto.
Numeri giocati:
Otto, tredici, trentasei, quarantuno, settantotto, ottantasette.
Con un balzo il gatto corse via.
Walter credette di svenire. Allora era tutto vero. La vecchia aveva vinto una fortuna. Era un gioco da ragazzi infilarsi in tasca la ricevuta e andarsene. Nessuno l'aveva visto, la vecchia pazza non poteva immaginare di essere creduta se non da un altro essere ingenuo e disperato come lui.
Si accese un'altra sigaretta.
Perché indugiava ancora? La sua pinza gli aveva dato l'opportunità di diventare ricco e chiunque altro al suo posto sarebbe già filato a incassare la vincita. Con tanti saluti alla pazzoide. Che se ne può fare una vecchia malata di mente di tutti quei soldi. Domani si sarà dimenticata di aver giocato.
Si, ok, ma quella donna, quella strana donna dagli occhi azzurro-grigi nascondeva un segreto più grande, più intimo, più spirituale di una schedina vincente... forse cominciò a capire. Forse aveva già visto un giorno occhi molto simili a quelli di Monica Sthoner.
Si udì l'uscio del primo piano aprirsi.
"Walter! Quanto ci metti a fumare???"
Sembrava una vecchia madre che chiamasse il figlio. Già. Chissà perché usava adesso quel tono.
Salì le scale proprio come un figliolo ubbidiente.
"... hai trovato la schedina, vero?"
Diavolo di una donna.
Senza rispondere Walter, arrivato sulla porta estrasse dalla tasca la ricevuta vincente e la mise nelle mani della vecchia.
"Signora Sthoner, io quel giorno ho perso la salute e il lavoro, ma lei... lei ha perso un figlio, non è vero?"
Monica Sthoner sembrò barcollare, ma era solo un'impressione. Nemmeno i suoi occhi azzurro-grigi divennero lucidi. Chissà se anche da giovane aveva avuto un carattere così terribilmente duro?
"... lui... lui era un disgraziato. L'unico mio figlio. Mi aveva succhiato il latte dal seno... Mi aveva fatto tanto disperare quando era andato a studiare a Trento a Sociologia. Quanto piangere. Dio che amici che aveva. Era un altro. Un altro ragazzo. Venivano giù con lui questi barboni, certe volte, al sabato, per i cortei e quelle cose lì. Dormivano qui per terra. Come barboni. Ragazzi e ragazze insieme. Certi brutti discorsi! Gente cattiva, che gli faceva credere chissà cosa. Compagno! Verrà il nostro momento! Eccolo lì il suo momento che è venuto! ... ma non parliamo di questo. Tutti una brutta fine! Maledetti delinquenti... maledetti delinquenti".
" Anche io lo avevo conosciuto a scuola, al Berchet. Lo sapeva? Stava in un'altra sezione. Non era un cattivo ragazzo. Molto timido e schivo, mi pare..."
Lei non ascoltava. I suoi occhi gelidi fissavano un punto alle spalle di Walter.
"Senti, Walter, io dico tante stupidate, ma adesso ascoltami che parlo sul serio... Io di questi soldi non me ne faccio proprio un bel niente. Ne ho tanti che mi bastano e avanzano sul conto in banca qui al San Paolo..."
"Ma... "
" Te lo giuro su Dio e tutti i Santi del paradiso! Tieni questa schedina perché è mia e te la regalo io. Sei... sei... l'unica persona... buona... che conosco... e ti conosco da tanti anni... te vouri dà indrè un cicinin... de quaicos che el me fieu el t'hà purtà via... Non dire niente. non dire n-i-e-n-t-e. Perché non c'è proprio niente da dire. Nunc milanes, parlum no... per nagott...".
Così dicendo gli aveva infilato la ricevuta nel taschino della giacca e stava chiudendo la porta.
"Posso... venirla a trovare domani? Vorrei farle conoscere mia moglie".
"... Vieni, vieni... venitemi a trovare,".
La porta si chiuse di colpo.
Walter rimase almeno un minuto sulla porta a cercare di riflettere, ma non riusciva davvero a concentrarsi su quanto era successo. Decise che era sarebbe stato inutile cercare di discutere con quella strana donna, non poi così pazza, per nulla stupida e se ne andò.
Lo stesso pomeriggio, dopo aver incassato la vincita e aver versato l'assegno circolare sul proprio conto corrente, si sedette al tavolino di un bar del centro, a poca distanza dal locale in cui lavorava Vicky.
Le telefonò sul cellulare.
"... hei, ciao! Come è andata con la vecchietta?"
"... direi non male, in fondo. Amore, dopo ti racconto, ma ascolta: non andare al lavoro stasera..."
" Hei, ma cosa dici? Lo sai che se non mi spoglio non mi diverto!!!"
" Ti odio quando dici così!!!! Non ho detto che non ti devi spogliare. Ma stasera, solo per me".
"Tu non sei normale!!!... va bèh, poi mi spieghi 'sta cosa. Adesso finisco la spesa e vengo a casa. Bacio".
Il cameriere portò il conto.
Un caffè americano e una crostatina, 8 euro e cinquanta. Caspita che ladri.
Appoggiò una banconota da dieci euro sullo scontrino, ma si era alzato un po' di vento e per non farla volare via, ci appoggiò sopra... una pinza.
Poi si allontanò, leggero come una piuma.
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