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La nascita di Claudia
<<Louis, per trovarti non devo far altro che seguire i cadaveri dei topi.>>
Sollevai lentamente gli occhi in direzione di quella voce a me familiare.
Lestat mi aveva trovato facilmente in quella nauseante e disgustosa fogna in cui mi ero rifugiato.
Ero così prevedibile per lui...
Gli era bastato seguire la scia dei cadaveri dei topi che mi ero lasciato dietro il mio passaggio, mentre scappavo disperato sotto la pioggia battente.
Ero scappato per la vergogna e per il disgusto verso me stesso, per ciò che sono e per ciò che avevo fatto: mi ero cibato di una bambina malata, di appena sei, o sette anni, che si stringeva disperata alla mano decomposta di quel cadavere puzzolente che era sua madre.
Piangeva disperata.
Era rimasta sola al mondo.
Il padre l'aveva abbandonata.
Era stata lei stessa a dirmelo quando, udendo il suo pianto, entrai in casa, se così può definirsi quella una casa, e la madre era li, su di una sedia, morta per la peste, con gli occhi sbarrati e la bocca semiaperta.
Era in un orribile stato di decomposizione.
Mi guardò con occhi pieni di tristezza. Era completamente sporca, così come il suo vestito, le gote erano rigate dalle lacrime e i suoi lunghi capelli biondi era scomposti e disordinati.
Si era stretta a me senza pensarci due volte.
<<Per favore, aiutateci... papà ci ha lasciato e non è più tornato...>> sussurrò, stringendosi più forte a me.
Fui sorpreso di quella reazione che per lei fu così spontanea.
Era disperata a tal punto da gettarsi tra le braccia di un mostro?
Si staccò lentamente da me per guardarmi dritto negli occhi.
I suoi occhi mi imploravano. Erano una preghiera disperata, ma io non fui capace di proferire parola.
<<Vi prego... svegliate la mia mamma...>>
Non si era resa conto che quello che stringeva un attimo fa era soltanto un cadavere senza vita...
Si strinse di nuovo a me, in cerca di conforto e io non potei fare altro che accarezzarla.
Ma i suoi capelli, aggrappandosi a me, le caddero sulle spalle, lasciando il suo collo scoperto alla mia vista.
Da giorni non bevevo sangue umano.
Mi ero cibato solo di topi presi dalla strada che la pioggia rendeva fangosa, ma i topi, o altri animali, non riuscivano a soddisfare la mia sete.
Più volte Lestat mi incitava a bere del sangue umano.
Lo aveva fatto poco fa, in quella stanza che avevamo preso al porto di New Orleans.
Il modo in cui avevo giocato con quella prostituta, per convincermi a cibarmi di lei, mi aveva disgustato al tal punto da voler scappare da lui e da quell'inferno che era la mia esistenza.
<<Devi cibarti Louis!>> mi ripeteva, tra le urla di agonia della prostituta.
Si era resa conto di essere intrappolata in una camera con due mostri, con due vampiri.
Il suo volto era rigato da lacrime, il suo vestito era rosso del suo sangue.
Sul divano, giaceva morta la sua amica.
<<Perché fai così?!>> gli urlai contro, disgustato dal suo dannato modo di fare.
<<Perché mi piace. Mi diverte.>> mi rispose, sorridendo di soddisfazione, mentre la povera donna era intrappolata nella tomba di Lestat.
Gridava. Implorava. Piangeva. Supplicava perché la lasciassimo andare.
<<Non voglio morire così!>> ripeteva tra i singhiozzi, prima che Lestat la finisse.
Quando ella esalò l'ultimo respiro, Lestat mi disse <<Nel vecchio mondo Loius, lo chiamano il dono oscuro e io l'ho dato a te.>> e aveva la bocca piena di sangue caldo che il mostro dentro di me bramava.
Era stata la disperazione a portarmi da quella bambina.
Sapevo che era sbagliato, eppure, benché la mia mente urlasse di fermarmi, strinsi quel fragile corpicino a me, accostai le labbra al suo soffice collo e, ancora prima che me ne rendessi conto, affondai i denti nella sua carne, stringendola in modo che non potesse sfuggirmi.
Lei emetteva piccoli gemiti di dolore, ma non lottava per liberarsi, ero troppo forte.
Sentivo la mia bocca riempirsi del dolce sapore del sangue e solo allora compresi che solo quando uccidevo, mi sentivo in pace con la mia natura mostruosa.
La presa della bambina si allentava pian piano che continuavo a bere dal suo collo.
Mi alzai in piedi, sollevandola. Ne volevo molto di più.
Non intendevo lasciarla andare. Il mostro che ho dentro aveva vinto. Non ero forte quanto credevo di essere.
"Ne voglio di più! Ne voglio di più!" urlai quell'orrida bestia che si era risvegliata in me.
<<Hahahahahahahahah!>>
Sussultai al suono di quella risata.
Mi staccai da lei e mi voltai per capire da chi provenisse quella risata
Era Lestat.
Rideva appoggiandosi alla porta. Rideva perché sapeva di aver avuto ragione fin dall'inizio: non potevo farcela senza il sangue umano. Il suo volto era pieno di soddisfazione.
Stringevo quel corpicino immobile tra le braccia. Avevo gli occhi sbarrati dall'orrore di ciò che avevo fatto.
"Dio, che cosa ho fatto?!" continuavo a ripetere a me stesso, senza trovare una risposta.
La stesi sul letto. Speravo, pregavo che riaprisse gli occhi.
Lestat non mi era certo di aiuto...
<<Il mio filosofo! Il mio martire! Non si redice una vita umana... Oh certo! Allora bisogna festeggiare!>>
Prese il cadavere tra le braccia e si mise a saltellare per la stanza cantando come un folle...
<<Non più farfallone amoroso, giorno e notte d'intorno girando... È ancora vivace questa vecchia eh?>> disse ridendo, mentre lasciava cadere rumorosamente a terra quel cadavere.
Non ce la feci più. Scappai furioso sotto la pioggia. Dietro di me, sentivo la voce di Lestat che mi chiamava.
<<Loius! Torna qui! Tanto sei quello che sei!>>
"No! Non voglio ascoltare!"
<<Morte misericordiosa... quanto adori il tuo rimorso Loius...>> sussurrò.
In quel momento non desiderai altro che la morte.
Desideravo con tutto me stesso di morire. Dannavo quella vita che io stesso avevo deciso di vivere perché troppo codardo per morire.
Mi rannicchiai a terra in quella fogna, in attesa della morte, ma Lestat non mi concedeva neanche quello...
Mi si avvicinò lentamente, con passo elegante.
<<Provi un dolore terribile. E lo provi come nessun'altra creatura perché sei un vampiro. Non vuoi continuare così, vero?>>
Lo guardai con occhi stanchi. <<No...>> sussurrai.
Lestat rappresentava la verità dalla quale cercavo inutilmente di fuggire ed ero così stanco di scappare.
Si chinò lentamente a terra, guardandomi con i suoi occhi di ghiaccio.
<<Allora fa ciò che è nella tua natura fare e proverai quello che hai provato con quella creatura tra le braccia.>>
La sua voce era così sicura. Così certa che quello in cui crede fosse davvero giusto.
Anche se avessi deciso di comportarmi come lui, sapevo che il rimorso delle vita rubate non mi avrebbe mai lasciato.
<<Il male è un punto di vista. Dio uccide indiscriminatamente e così faremo noi, perché nessuna creatura di Dio è come noi, nessuna è simile a lui quanto noi.>>
Le sue parole sembravano acquistare un senso per quanto assurdo fosse pensarlo.
<<Ho un bel regalo per te.>> disse sorridendo tra se.
Un regalo? Potevo solo immaginare di cosa si trattasse...
<<Andiamo.>>
Esitai.
<<Ti prego...>> disse Lestat, tendendomi una mano.
Rimasi senza parole.
Per la prima volta da quando l'avevo sentito pregare qualcuno. Lui. Che pensava solo a se stesso e a soddisfare i suoi macabri desideri.
Afferrai la sua mano.
Avevo l'occasione di abbandonarlo e invece la sprecai. Perché mi avevo semplicemente detto "ti prego". Pregai di non dovermene pentire un giorno...
Lestat mi riportò nella stanza che avevamo affittato.
Prese un candelabro e mi fece strada verso la camera da letto.
<<Lei è qui.>> disse.
<<Che cosa dici?!>> quasi urlai. Non era posibile...
<<Ti serve compagnia Louis. Più congeniale della mia>>
Non capisco cosa stava succedendo. Cosa voleva dire?
Lestat avvicinò le luci delle candele al letto e la vidi.
Lei era li, che dormiva beata come un angelo.
<<Ti ricordi quanto la volevi? Ricordi il suo sapore?>> mi chiese Lestat.
<<Credevo di averla uccisa...>> riuscii a dire.
<<Non ti preoccupare Loius. La tua coscienza è pulita.>> sorrise come per rassicurarmi.
Posò il candelabro sul comodino accanto al letto, vi si sedette lentamente, che scricchiolò sotto il suo peso, e prese ad accarezzarle dolcemente una guancia.
Non avrei mai immaginato di poter vedere Lestat essere così dolce con qualcuno.
<<Claudia>> sussurrò piano.
Così si chiamava.
Stavo per ucciderla senza nemmeno sapere come si chiamasse...
Claudia si svegliò lentamente sentendo le carezze di Lestat.
<<Ascoltami. Sei malata piccola mia... e ora io ti darò qualcosa che ti farà stare bene>> le sussurrò dolcemente, mentre si scopriva un polso.
E allora capì ciò che Lestat intendeva dire con"regalo" e "nuova compagna".
Voleva trasformarla in una di noi.
Afferrai con violenza il suo polso <<NO!>>
Ma Lestat non perse la calma. Per lui ero fin troppo prevedibile. Sapeva come farmi cedere.
<<Vuoi che muoia allora?>>
Gemetti a quelle parole. Non volevo che morisse, ma nemmeno condannare la sua anima a questo inferno. Non sapevo cosa dire. Come controbattere. Perché Lestat aveva ragione, dovevo ammetterlo.
Lasciai andare il suo polso, mi allontanai dal letto e mi lasciai cadere pesantemente su una sedia.
Da li assistevo.
Lestat si punse il polso, dal quale cominciò a gocciolare sangue, che finiva dritto nella bocca di Claudia.
Lentamente le accostò il polso alle labbra. La vedevo afferrargli con forza il polso sanguinante e bere.
<<Basta...>> sussurrava Lestat, cercando di riprendersi il polso. Stava bevendo più del dovuto, come feci io quando Lestat mi fece.
<<Smetti!>> urlò, ansimando.
Claudia aveva gli occhi sbarrati e la bocca coperta di sangue e respirava affannosamente.
Stringeva le coperte tra le mani.
Mi chiesi se comprendesse davvero quello che le stava succedendo.
Il suo corpicino umano stava lentamente morendo, come accadde a me tempo fa e ancora prima a Lestat.
Il suo respiro cominciava a farsi meno pesante e io afferrai la sedia su cui sedevo, mentre il cambiamento di Claudia avveniva sotto i miei occhi.
La sua pelle si fece diafana. I suoi capelli biondi diventarono come i ricci di una bambola di porcellana. I suoi occhi si fecero più chiari, anche se non come quelli di Lestat. Ed eccoli li, i denti allungarsi come i nostri. Era diventata un vampiro, uno di noi.
Claudia sbattè più di una volta le palpebre. Sembrava non capire dove si trovasse o ricordare ciò che era appena successo.
Si sollevò a sedere e la prima cosa che disse fu:
<<Ne voglio di più.>>
"Dio, cosa abbiamo fatto...?"
<<Certo che vuoi di più.>> le rispose Lestat, soddisfatto per la sua creazione.
Tirò la corda del campanello per richiamare una cameriera. Quel suono mi fece sussultare.
<<Oh, ma che bella bambina>> disse la donna entrando.
Lestat la afferrò violentemente per il collo, portandola a stendersi sul letto. Sembrava morta, ma non lo era. Non ancora.
La punse e Claudia accostò lentamente le labbra al collo della donna.
Mi fissava mentre si cibava di lei. Io non potei far altro che guardarla ad occhi sgranati.
"Che cosa abbiamo fatto?" continuavo a chiedere a me stesso.
<<Sono così innocenti...>> sussurrò Lestat. <<Non bisogna mai farli soffrire...>>
Aveva di nuovo quel ghigno di soddisfazione sul viso. I denti bianchi scoperti.
<<Brava... Ora basta però! Smetti...>>
Lestat la prese per le spalle per allontanarla da quello che era ormai diventato un cadavere silenzioso.
<<Ho detto basta. Devi smettere prima che si fermi il cuore>> disse accarezzandola dolcemente.
<<Ne voglio ancora.>> Claudia lo disse con fare infantile. Non si rendeva conto di ciò che era diventata e di aver già ucciso.
<<Lo so. Ma è meglio all'inizio. Altrimenti la morte prende anche te.>>
Eccola. La prima lezione fondamentale. Mai bere il sangue dei morti. Mai.
<<Sei stata molto brava. Guarda. Non ne hai versato neanche una goccia. Molto brava.>>
Il modo di fare di Lestat era quasi paterno. La stringeva, l'accarezzava, le sfiorava con il naso con le dita. Le passava le dita trai capelli
Come ogni padre fa con la propria figlia.
<<Dove la mamma?>>
Gemetti di nuovo a quella domanda. Come potevamo dirle la verità? Guardai Lestat con disperazione.
<<La mamma...? La mamma... è andata in cielo. Come quella cara signora che vedi. Vanno tutti in cielo.>> rideva come se nella fosse...
Parlava della morte che se fosse un suo grande amico. Senza provare alcun rimpianto.
"Come fai a ridere in questo modo Lestat, dannazione?!" pensai, scuotendo la testa.
<<Tutti tranne noi.>> dissi.
La verità delle mie parole non facevano altro che darmi altro tormento.
<<Shhhhh. Vuoi spaventare la nostra figlioletta?>>
<<Io non sono vostra figlia.>> disse Claudia, accigliandosi.
<<Oh, si invece. Sei figlia mia e di Louis ora.>> disse passandole le mani tra i capelli e voltandosi a guardarmi. <<Loius voleva lasciarci. Stava per andare via. Ma ora non se ne andrà. Resterà qui con noi e ti farà felice.>>
Sospirai, scuotendo la testa.
Finalmente capii le vere intenzioni di Lestat.
Aveva usato Cluadia per impedirmi di lasciarlo. Infame!
Claudia rise e anche lei si voltò a guardarmi.
<<Loius!>> disse sorridendomi con tenerezza.
Si alzò dal letto e corse a abbracciarmi.
Mi avvolse le braccia al collo e si strinse forte al mio petto sorridendo.
Io la strinsi di rimando. Già sapevo che l'avrei amata più d ogni altra cosa al mondo.
Guardai Lestat. Era soddisfatto della riuscita del suo piano. Era chiaro ormai.
<<Sei un cane...>> disse, guardandolo con tutto il disprezzo che potevo.
Ma Lestat continuava a sorridere.
<<Un'unica famiglia felice.>>
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