Il timore che un giorno l'avessero scoperta si contorceva doloroso in tutto il suo essere. Allo specchio sosteneva lo sguardo di una creatura singolare, evanescente ma sicuramente pronta a vivere: la pelle che quasi si tendeva spasmodicamente su di un corpo sinuoso, era pallida, quasi bianca. Ricordava il colore delle statue romane in marmo, copie di quelle greche in bronzo che tanto le piacevano. Una bocca vermiglia, piacente, elaborata nelle sue curve, denotava una grande passione che non amava nascondere. Il naso sottile, delicato, elegante elemento di un quadro già di per se egregio. Gli occhi grandi, dalle ciglia lunghe e morbide, riflettevano quasi con deliberata violenza un azzurro sconvolgente, delimitato da una sottile linea nerissima che circondava l'intero iride. I capelli lunghi, dai riflessi corvini in cui perdersi con le dita, le circondavano il tenero capo come un notturno paesaggio urbano. Le mani affusolate tradivano il suo amore per il piano e il violino, donandole una delicatezza commovente quando si accingeva a suonare. I denti, perle bianche e fredde, che mal celavano un singolare elemento che catturava l'attenzione: due canini appuntiti, tremendamente sviluppati e dall'aspetto malignamente intrigante. Ad un suo sorriso lo spettatore tratteneva il fiato, sconvolto come se avesse assistito alla morte di una Giulietta traboccante di dolore per la perdita del suo Romeo. Ad una parola della donna, la notte calava nei cuori degli ascoltatori; ad un suo sospiro, i nervi dell'uomo crollavano come vetro infranto. Il desiderio di vita le scorreva tormentandole i sensi, la voglia di dissetare corpo e anima le vibrava selvaggiamente in corpo, facendola tremare spasmodicamente.