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Il Comune di Allivès
Un giorno, in uno dei miei tanti viaggi, mi trovavo in treno, direzione... ummhh... non mi ricordo.
Ricordo però che era un viaggio lunghissimo: ero in treno già da 12 ore!
Come succede in tutti i treni normali, feci un incontro che mi portò a delle conseguenze che non dimenticherò mai.
Alla terza fermata che il treno fece, salì la più bella ragazza che avessi visto in vita mia; era il mio prototipo di donna perfetta; che venne a sedersi giusto accanto a me, che nel frattempo facevo di tutto per non guardarla, anche se mi riusciva difficile.
Come succede in tutti i treni normali, cominciammo a parlare, e ben presto scoprimmo di avere molti gusti in comune e una buona empatia.
Non ci zittimmo un attimo, neanche per respirare; i discorsi scivolavano via meglio dei gavettoni a ferragosto, e si formò in me l'idea che non poteva essere una coincidenza.
Mi disse, fra le tante cose, che era diretta a casa; un comune fuori dal comune che avrei dovuto assolutamente vedere, e senza indugiare un attimo in più mi invitò a scendere alla sua fermata, per andare insieme al suo paesino.
Alla stazione ci aspettavano i suoi genitori.
Dopo le opportune presentazioni di rito, questi gentili signori di mezz'età ci esortarono ad incamminarci.
Mi aspettavo di trovare una vecchia auto in un parcheggio appena fuori dalla stazione.
Dopo dieci minuti di cammino mi aspettavo che dovessimo raggiungere la più vicina fermata dell'autobus.
Solo dopo mezz'ora di scarpinata tra i boschi e per stradine sterrate, che a nessuno mai sarebbe saltato in mente di percorrere, capì che non c'erano mezzi ad attenderci.
E così entrammo dalle porte medievali di questo paesino, abitato, all'apparenza, solo da adulti.
Erano le dieci di sera, era buio, e tutti sembravano divertirsi.
Arrivati a casa di Anele, così si chiamava il mio sogno vivente, mi fu dato tutto l'occorrente per una salubre doccia.
Contentissimo della mia scelta, mi accingevo ad entrare nella doccia, quando scoprì che non c'erano rubinetti o una cornetta, ma solo dei piccoli fori nel pavimento, che con la pressione del mio peso, cominciarono a spruzzare rigoli d'acqua fin nel soffitto.
Ricordo che rimasi a bocca aperta; mi sentivo come in una fontana, e a dire la verità mi risultò abbastanza difficile riuscire a lavarmi.
La cena fu pronta per le due di notte, tanto che cominciai a mangiarmi le unghia dalla fame, cosa che loro sembravano non soffrire.
Cenammo con dei cibi buonissimi quella notte a quell'ora così tarda.
Cibi che non avevo mai visto in una tavola "normale": mi prodigai allora nell'assaggiare per la prima volta l'anatra al limone e la pizza con le fragole e per dessert una tazza di latte.
Dopo un così copioso, e devo anche dire delizioso, banchetto, sentì salire la stanchezza del viaggio e uno strano formicolio allo stomaco, cosicché mi feci accompagnare da Anele in quella che sarebbe stata la mia stanza per una notte.
Lei mi diede un bacio sulla nuca e ritornò dai suoi.
Appena chiusa la porta e acquisita la consapevolezza del posto dove mi trovavo, cercai un letto, che non trovai.
La stanza era piena di oggetti strani. Alla fine riconobbi il letto che non era nella sua tipica posizione: era attaccato alla parete. Provai a staccarlo per metterlo in orizzontale, ma mi fu impossibile e così mi accovacciai in un angolino per terra. Meno male che c'era la moquette.
Non so perché ma quel posto cominciava a piacermi, con tutte le sue stranezze e stravaganze ed oggetti rari.
Mentre provavo a dormire, sentivo le voci della famigliola parlottare al piano di sotto.
Continuarono fino a mezzogiorno. Non sapevo cosa pensare.
Da quanto tempo non si vedevano per stare svegli tutta la notte e la mattina a parlare??
Io mi alzai verso le undici e quaranta di mattina, giusto quando loro, stanchissimi, andarono a letto.
Non chiesi nulla, rimasi solo in casa e decisi di andare a fare un giro per il paese.
In giro per le strade non incontrai nessuno, solo dei bambini che prendevano il sole. Che paese strano!
I negozi chiusi ed alcune discoteche, per vecchi, aperte.
Tornai a casa esterrefatto verso le sette e mezza di sera e dopo mezz'ora di attesa comparve Anele che mi disse:-"Sei ancora sveglio?".
-"Eh?".
-"Vieni con me di sopra? Ho voglio di fare l'amore!".
-"..."- deglutì mentre tacitamente accondiscendevo.
Mi portò di sopra ed appena chiusa la porta di camera sua, cominciò a baciarmi molto lentamente e con dolcezza; proprio come mi sarei aspettato potesse baciare un angelo.
Ancora sconvolto dall'insperato avvenimento, provai a riprendermi prendendo in mano le redini del gioco.
Facemmo l'amore tre volte quella sera.
Continuavo a ripetermi che doveva per forza essere un sogno; quel paesino, quegli oggetti, quella gente con quelle usanze, Anele stessa.
Era il "paese al contrario", così lo chiamo, anche se di nome ne ha uno tutto suo. E sono sicuro che non lo potrò mai dimenticare; il paese dove ho mangiato cibi al contrario, ho fatto docce al contrario, ho dormito su letti al contrario, ho conosciuto gente (ma soprattutto vecchi) al contrario e ragazze fantastiche che ti invitano a fare l'amore.
È e sarà sempre il mio "paese al contrario".
Comunque per dovere di cronaca quella sera, dopo aver conosciuto intimamente Anele, presi il mio bagaglio, feci il percorso al contrario e salì sul primo treno che andava a sud!
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