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Flusso di coscienza in un interno
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"Uno utile non me l'hai mai dato!" urlò Jim con rabbia.
Da mesi quella frase vagabondava e si rifugiava nel suo cervello, ma Jim non ebbe mai il coraggio di stanarla dal suo rifugio. Ma quella sera il coraggio lo trovò, inaspettatamente, all'improvviso, come un qualcosa di spaventoso e che non ti aspetti; come un vulcano ancora in attività pronto a vomitare fuoco e a distruggere tutto ciò che lo circonda e come unica preoccupazione l'incertezza e l'impotenza di fronte all'inevitabile e trepidante attesa del nefasto evento. Il fragore di quell'eruzione quella sera fu così forte che l'eco di quell'esplosione rimbombò nelle coscienze di entrambi, come un candelotto la cui miccia fosse stata accesa da tempo, ma non avesse il coraggio di portare a termine la sua corsa. Ma quel giorno la corsa finì, finì in maniera talmente brusca che gli attimi di rumoroso silenzio e di agghiacciante intensità che seguirono al fragore di quello scoppio sembrarono interminabili.
Lei rimase attonita e silenziosa per diversi minuti, quasi non si aspettasse una tale rivelazione (anche se più che una rivelazione era un'accusa), ma soprattutto non si aspettava una reazione così veemente e rabbiosa alle sue parole. Jim invece interpretò quel silenzio come un segno di vittoria. Era convinto di averla soggiogata.
Finalmente!
Fu durante quegli interminabili attimi di caotica tranquillità che tutta la vita di Jim, le sue (?) scelte gli attraversarono la mente velocemente in pochissimi secondi, come una videocassetta con il tasto FF >> perennemente premuto. Quelle immagini così nitide e al tempo stesso così sfocate si fermarono d'improvviso, come se un dito invisibile avesse premuto il tasto Pausa | |. Quell'immaginaria videocassetta si bloccò su un fotogramma di pochi mesi prima.
Fu solo a quel punto, approfittando di quel fermo immagine che Jim decise di porre ordine nel caos che lo attanagliava dall'interno e decise, per la prima volta, dopo diversi anni, di renderla partecipe dei suoi pensieri.
Jim aveva appena 13 anni quando iniziò a capire che forse le scelte che avrebbe fatto per il resto della sua vita non sarebbero state solo frutto del suo libero arbitrio, ma sarebbero state in qualche modo influenzate sempre dalla stessa persona. Ma quel giorno trovò il coraggio (una delle poche volte) di effettuare una scelta tutta sua, forse più per ripicca o per sfida, piuttosto che per una totale convinzione. Quella scelta riguardava la scuola superiore che avrebbe dovuto ospitare Jim per cinque, lunghissimi anni. Il problema di Jim era se scegliere una scuola che gli avrebbe garantito un sicuro futuro lavorativo, ma non un adeguato livello culturale (non solo secondo il pensiero di Jim, ma anche secondo il pensiero di lei) o una scuola che molto probabilmente (come in effetti in seguito accadde) avrebbe rallentato il suo ingresso nel mondo del lavoro, ma che certamente gli avrebbe garantito un elevato livello culturale. Jim, alla fine, optò per quest'ultima decisione, riuscendo, per la prima volta, sia a raggiungere il suo obiettivo sia ad opporsi alla volontà di lei.
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La scelta di Jim si rivelò coraggiosa e al tempo stesso la migliore che avesse mai potuto effettuare. Certo Jim avrebbe voluto svolgere quegli studi in maniera migliore di quanto avesse fatto (ma questo sarebbe riuscito a comprenderlo solo molti anni dopo). Quei cinque anni per Jim passarono in fretta, forse troppo, ma quando Jim terminò gli studi provò una tale soddisfazione che egli stesso non riusciva a descrivere tanto sembrava essere irreale. Forse più che soddisfazione, il sentimento di Jim era più simile ad un senso di rivalsa nei confronti di colei che avrebbe voluto fargli intraprendere un'altra strada rispetto a quella che Jim aveva scelto con coraggio, fermezza e, perché no, anche con gioia.
Jim però non poteva sapere, non poteva immaginare che quella figura femminile sarebbe sempre stata al suo fianco in tutte le scelte che avrebbe fatto da allora fino a pochi mesi prima, pronta a consigliargli ogni cosa "per il suo bene", come era solita dire in ogni circostanza, o meglio ogni qualvolta che Jim provasse a farle cambiare opinione, anche su ciò che a prima vista poteva apparire futile e faceto, ma che per Jim era di vitale importanza al fine poter vivere una vita serena, senza rimpianti e senza dubbi. Ma non era questo il destino di Jim! Anche Jim se ne sarebbe accorto in seguito. Forse troppo tardi... o forse no...
Mentre Jim rifletteva ad alta voce, lei continuava ad ascoltarlo in silenzio, quasi avesse paura ad interromperlo, timorosa che lui, ormai carico di rabbia e di coraggio, potesse di nuovo urlare parole che l'avrebbero ferita più di quanto già non lo fosse.
E in quel caotico silenzio i suoi splendidi occhi azzurri si inumidirono, ma da loro non sgorgò alcuna lacrima, come se lei sapesse che lui era ormai incapace di provare la più piccola emozione, gioia o dolore che fosse. Quasi immaginasse che quel tenero cuore che per tanti anni era stato solo e soltanto suo, ora non le appartenesse più. E intanto, pur non perdendo una sola parola di quanto lui stesse dicendo, nella sua mente continuava a ronzare come un'ossessione quella frase "Uno utile non me l'hai mai dato!"
Passarono gli anni, passarono i mesi, Jim riuscì infine, anche se con qualche piccola difficoltà a conseguire l'agognato diploma.
Ma poiché le gioie viaggiano sempre in compagnia del dolore per Jim arrivò il momento della seconda scelta, seconda sia in ordine cronologico sia di importanza. Poiché gli eventi della vita si ripetono, come un film già visto, come un evento sportivo, visto e rivisto più volte in televisione, anche la seconda scelta di Jim si ripresentò con le stesse motivazioni e gli stessi dubbi della prima. Soltanto che ora si trattava non di scegliere la scuola superiore, bensì la facoltà universitaria che avrebbe accompagnato Jim negli anni a venire e alla fine del cui percorso di studi gli avrebbe permesso di entrare nel sempre più caotico, venale ed ingrato mondo del lavoro.
Ma stavolta Jim fece qualcosa che non avrebbe dovuto fare e della quale si sarebbe pentito, non tanto per la scelta di allora quanto per le conseguenze che quella scelta avrebbe portato nel suo già confuso pensiero, conseguenze non lavorative o remunerative, ma psicologiche.
Jim stavolta si fece convincere da colei che per ben cinque anni aveva osteggiato! Fu uno degli errori più gravi che potesse commettere in quel periodo e che avrebbero condizionato la sua vita futura.
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Abbagliato dalle sirene di un lavoro sicuro, stavolta Jim però aveva la certezza che alla fine di quella facoltà sarebbe entrato immediatamente nel mondo del lavoro, Jim seguì il suo consiglio. Nulla di più sbagliato. Jim non solo fu capace di sostenere un solo unico, misero esame in due anni, per di più con il minimo dei voti, ma quella scelta lo costrinse a partire in breve tempo per il servizio militare. Fu in questo momento che la voce di Jim si fece più roca, rotta da una pseudo-emozione; ormai Jim non era più capace di provare alcun sentimento che non fossero la rabbia e l'insofferenza nei confronti di colei che per lunghi anni aveva amato, prima che lei stessa in un impeto di collera rivelasse la sua vera personalità... il suo egoismo. Sì, il suo egoismo. Era questo che Jim non si aspettava! Era pronto ad aspettarsi tutto da lei: amore, odio, rabbia, rancore, collera... ma proprio non si aspettava il suo egoismo. Quella rivelazione fu per Jim come un macigno, un macigno che avrebbe portato sulle sue già fragili spalle e che avrebbe accompagnato le sue già fragili convinzioni per il resto della sua vita... Sul momento però Jim non diede importanza a quella rivelazione. Quello fu un altro dei suoi errori... E anche questo Jim lo capirà molto più tardi. Questo era il problema di Jim. Non riusciva ad imparare dai suoi errori... e questi errori li avrebbe riconosciuti solo troppo tardi...
Le fiamme si agitavano danzanti sulle pareti della stanza, come un drago che si divertisse a disegnare ombre cinesi con la sue fauci, quando entrambi furono percorsi da un brivido gelido al quale seguirono attimi di silenzio, interrotti solo da brevissimi monosillabi e da alcune lacrime che iniziarono a sgorgare dagli occhi di lei, come se finalmente, dopo tutti questi anni, avesse raggiunto la consapevolezza dei suoi errori. Come se avesse finalmente capito di aver influenzato per lungo, troppo tempo, la vita di Jim. Intanto Jim proseguì con i suoi rumorosi ricordi, mentre nella mente di lei si era installata come un tarlo quella frase e non voleva saperne di andare via: "Uno utile non me l'hai mai dato!".
Dopo aver finalmente realizzato che la scelta di quella facoltà fu un errore, e aver pagato quella scelta con il servizio militare, Jim decise che era il momento di riprendere in mano le redini della sua vita e, andando contro la volontà di lei per la seconda volta in pochi anni, decise di cambiare facoltà. Ancora una volta la scelta di Jim si rivelò corretta. Jim stavolta non ebbe difficoltà a portare a termine gli studi, andando oltre le sue più rosee previsioni. Questo fu uno dei motivi d'orgoglio per Jim il quale non si lasciava sfuggire alcuna occasione per rinfacciarlo a colei che ancora una volta aveva tentato (forse in buona fede stavolta...) di condurlo su una strada diversa da quella agognata da Jim.
La soddisfazione di Jim per i risultati raggiunti, solo grazie a se stesso, giova ricordarlo, ma soprattutto senza l'aiuto e i consigli di colei che "per il suo bene" tentava di affrettarne l'ingresso nel mondo del lavoro, fu talmente grande che egli si illuse, ancora una volta, di aver tratto vantaggio dai propri errori. Ma soprattutto si illuse che lei non avrebbe più influenzato o tentato di influenzare le sue scelte future. Ancora una volta, purtroppo, Jim si era sbagliato sul suo conto, ma anche sul conto di sé stesso. Pensava di aver trovato finalmente il coraggio di ribellarsi e che da allora in poi sarebbe stato libero di fare le sue scelte senza condizionamenti esterni... Ma Jim era un vigliacco... solo che non ne era consapevole... o fingeva di non esserlo...
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Poco prima del servizio militare e subito dopo Jim conobbe un paio di ragazze che avrebbero influenzato, nel bene e nel male la sua vita e che gli avrebbero fatto capire come la sua dipendenza da quella donna fosse ancora forte e come quella donna avrebbe continuato ad influenzare le sue scelte. La prima di queste era una bellissima ragazza, vagamente somigliante alla cantante italo-americana Madonna e con la quale Jim ebbe le sue prime esperienze (certo 21 anni non sono pochi... ma per Jim andava bene lo stesso... il momento arrivò anche per lui). Non era molto alta, anzi era decisamente bassina, ma in quell'esile corpo c'era molto di più di quanto si potesse immaginare: dolcezza, passione, sincerità ed anche fermezza. Aveva un seno che rasentava la perfezione; aveva un sorriso così dolce e due occhi così profondi che al solo guardarla si aveva paura di perdersi nel loro abisso. Era di una dolcezza unica, ma "secondo le comari del paesino", per citare una vecchia canzone di Fabrizio De André, non era all'altezza di Jim, culturalmente e socialmente parlando. Per non parlare poi della distanza, di soli 40 km, ma che per le solite comari, fedeli al vecchio detto "Moglie e buoi dei paesi tuoi", era un abisso. Perfino colei che affermava di fare tutto per il bene di Jim, pur non prestando attenzione alle voci che giravano in paese, si meravigliò di come Jim potesse essere attratto da una simile "mediocrità", come la sua mente classista, influenzata da sua madre e dalle sue amiche si ostinavano a definire una ragazza che non avesse concluso gli studi superiori, o addirittura universitari e che non avesse un impiego stabile presso un azienda seria e di spessore, quale non poteva essere alcuna del settore turistico, secondo il loro classista pensiero.
E fu così che le loro strade si separarono, sia perché Jim decise di tornare da colei che lo aveva osteggiato e che lo stava tuttora osteggiando, sia perché Jim dovette partire per il militare e non ebbe più occasione di rivederla; anche perché a causa delle molte punizioni che Jim continuava a subire durante il servizio militare, non riusciva a tornare a casa molto spesso. E quelle rare volte in cui vi riusciva, non aveva il coraggio di prendere la macchina e di tornare da lei, temendo di rovinare definitivamente nonché di interrompere i rapporti con colei che diceva di amarlo. Forse Jim avrebbe dovuto seguire il suo istinto, montare in macchina e correre di nuovo da lei. Forse un giorno si sarebbe pentito di questa scelta, o forse ne sarebbe rimasto entusiasta... Chissà... Jim non lo saprà mai. Ma comunque sarebbe andata, sarebbe stata una scelta solo sua e di nessun altro. Una scelta influenzata solo dal suo coraggio, dalla sua voglia di rischiare, voglia di rischiare che si era invece sempre scontrata con il muro di gomma della volontà di lei, in qualsiasi campo. Anche per Jim arrivò la fine del servizio militare, che coincise con l'arrivo dell'estate. E come si sa l'estate porta sempre dei batticuori, in particolare nei luoghi di villeggiatura, quali erano quelli in cui Jim abitava. Volente o nolente Jim si fece di nuovo sopraffarre dall'istinto e dalla sua spontaneità, grazie alla quale conquistò il cuore di una ragazza che per la prima volta si trovava in villeggiatura in quei luoghi ameni... Anche stavolta Jim si illuse che la sua vita potesse cambiare e pensava che forse la donna della sua vita avrebbe potuto essere Francis (questo era il suo nome).
Anche con Francis Jim passò dei momenti bellissimi, ma coincisero con i soliti, prevedibili contrasti con colei che faceva parte della sua vita da moltissimi anni, forse troppi... E purtroppo anche con Francis vennero sollevati gli stessi problemi e le stesse illazioni rivolte alla vecchia ragazza di Jim. Ed anche stavolta Jim, da vigliacco qual era, decise di tornare da lei e di abbandonare la strada che lo avrebbe condotto per sempre da Francis. La sola ed unica differenza era che Jim adesso era consapevole della sua vigliaccheria, ma la cosa peggiore è che aveva deciso di conviverci... E quello fu un altro errore, l'ennesimo di Jim. E non sarebbe stato l'ultimo...
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Jim si interruppe e in silenzio si alzò, si diresse a sinistra, dove si trovava il frigorifero del loro appartamento, lo aprì, prese una bottiglia di tè alla pesca e se ne versò un bicchiere, poi lentamente ritornò verso la poltrona posta di fronte al caminetto e con agitata tranquillità si lasciò nuovamente sprofondare nella poltrona. Jim aveva molte cose di cui lamentarsi o di cui pentirsi della sua vita, ma certo non poteva lamentarsi del loro tenore di vita. Anche l'appartamento, grande e confortevole, pieno di ogni comodità, rispecchiava questo tenore. Ecco! Jim dal punto di vista materiale aveva avuto tutto, ma veramente tutto ciò che desiderava. Forse era proprio per questo che la mano divina (ammesso che esistesse un dio, pensò tra sé e sé Jim) che aveva deciso di scrivere la storia della sua vita, decise di privarlo di altre soddisfazioni, per così dire "astratte", ma delle quali Jim avrebbe sentito la mancanza, fino all'incontro con la donna che avrebbe cambiato la sua vita per sempre, e della quale Jim sentirà la mancanza per il resto dei suoi giorni.
Entrambi rimasero seduti nelle loro poltrone con i loro occhi azzurri fissi gli uni negli altri, occhi che iniziavano a tradire qualche barlume di emozione. Jim bevve un sorso del suo tè alla pesca e, rigirando nervosamente il bicchiere tra le mani, continuò il suo racconto.
Passò poco tempo dalla conclusione degli studi e, grazie a quella scelta, Jim iniziò a muovere i primi passi nel mondo del lavoro, pur se con qualche difficoltà. Infatti i primi anni di lavoro di Jim non furono semplici... Fu costretto ad allontanarsi dalla loro dimora per qualche anno... il suo ritorno a casa avveniva solo nei fine di settimana, la casa in cui lei passava ogni singolo giorno nella trepidante attesa del suo ritorno. Jim prima di allora non si era mai allontanato dalla loro dimora per più di un giorno. Adesso doveva rimanere lontano da casa per diverso tempo. Fu così che lei decise di fargli compagnia in quella landa desolata (ma che con il tempo sarebbe diventato il più dolce ricordo di Jim) almeno per i primi giorni.
Fu proprio quella sera, la prima del loro soggiorno, che lei insinuò nella mente di Jim il tarlo del dubbio, cercando di condurlo ancora una volta su una strada diversa da quella che lui aveva deciso di intraprendere. Stavolta però Jim si sentiva forte e sicuro di sé (sarebbe stata una delle poche volte di lì a pochi anni, ma lui non poteva saperlo) e rispose con un secco rifiuto. "Voglio restare qui" disse, con voce tanto pacata e calma quanto ferma e decisa "La distanza non è eccessiva e comunque, volendo, posso tornare a casa ogni fine settimana" proseguì. "Domani, appena sistemato ogni cosa, puoi ritornare a casa, io ti raggiungerò questo week end" concluse. Lei, sorpresa da tanta fermezza decise di accontentarlo e, dopo averlo aiutato a sistemarsi, almeno per poter trascorrere con tranquillità e senza preoccupazioni di sorta, questa prima settimana solo e lontano da casa, il giorno seguente ripartì, lasciandolo solo con i suoi pensieri. Pensieri che con il passare dei giorni si facevano sempre più insistenti, rincorrendosi in un circolo vizioso il cui traguardo era sempre distante. Lei era comunque riuscita a installargli il tarlo del dubbio... Nonostante la sua fermezza e la sua convinzione mostrata in presenza di lei... Jim non era del tutto convinto di quella scelta... specialmente dopo aver trascorso i primi giorni in quel luogo.
Con lo scorrere dei giorni, dei mesi, però Jim iniziò a cambiare atteggiamento e si convinse sempre di più che non avrebbe potuto fare una scelta migliore. Jim, non poteva saperlo, ma quella scelta avrebbe facilitato non poco il suo ingresso, in modo quasi stabile, nel mondo del lavoro. Soprattutto, però quella scelta, gli avrebbe fornito un bagaglio di esperienze e di conoscenze che Jim avrebbe portato per sempre con sé e che lo avrebbero aiutato ad affrontare, professionalmente parlando, in maniera tranquilla e distaccata, tutte le difficoltà che gli si sarebbero presentate in questa giungla che volgarmente chiamiamo LAVORO.
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Appena ebbe finito di sorseggiare il suo tè alla pesca Jim si alzò e si girò per dirigersi verso il lavandino e mentre era di spalle e stava per posare il bicchiere nel lavello, sobbalzò... Il suo però non fu spavento, fu meraviglia, sorpresa... infatti la causa di quell'agitazione era dovuta al singhiozzare che udì provenire dalle sue spalle. Si voltò di scatto e vide che lei stava piangendo come mai l'aveva vista piangere. L'unica volta che Jim si ricordava di averla vista piangere con tanto trasporto e con tanto dolore era stato al funerale di sua madre. Stavolta però non era la morte di una persona cara a farla piangere, pur dovendo provare lo stesso dolore. Il dolore per la consapevolezza che stava perdendo (o forse l'aveva già persa), una persona che amava e non per una malattia o per colpa del naturale decorso della vita. NO! Stavolta la stava perdendo per il suo egoismo! IL SUO EGOISMO!! Adesso ne era consapevole. Fu davanti alla sua mente, adesso che quella videocassetta si stava riavvolgendo lentamente, a ritroso, indietro nel tempo. E davanti ai suoi occhi confluirono, come un'enorme mostro, tutti i suoi sbagli, dal primo all'ultimo giorno. E si chiese, come avesse potuto, nel nome dell'amore che provava per lui, agire in quella maniera. Certo lo aveva "fatto per il suo bene", di questo continuava ad esserne convinta. Ma non si rendeva conto, neanche adesso che stava per ammettere i suoi errori, che in quel modo, invece, non aveva fatto altro che limitare la sua libertà, la sua agognata (anche se, alle volte, temuta) libertà. Intanto tra questi pensieri si fece ancora più strada quella frase, che ormai era diventata un'ossessione: "uno utile non me lo hai mai dato". Ma lei non si convinceva. Sapeva che tra tutti questi errori, a fin di bene (come continuava a ripetersi e a ripetere, magari più per convincere se stessa che altri) aveva comunque riversato tutto il suo affetto su Jim, forse in maniera sbagliata, forse in maniera esagerata, quasi paranoica, ma lo aveva comunque riempito di cure e di attenzioni fin dai primi giorni. Anche Jim riconosceva questo aspetto, certo non poteva dire di non essere stato amato da quella donna, forse anche in maniera ossessiva. Ma ciò non gli impediva di riconoscere anche i tanti sbagli che quella donna aveva commesso nei suoi confronti e che avevano influito più dell'amore nella vita di Jim. Ma la loro influenza, purtroppo, era stata solo negativa, anche se Jim avrebbe imparato molto da quegli sbagli, forse troppo tardi, ma comunque avrebbe imparato.
Riavutosi da quell'attimo di amara emozione, Jim tornò lentamente verso il suo posto, con lo sguardo rivolto verso il pavimento... Il suo non era timore di guardare negli occhi quella donna, piuttosto distacco. In quel gesto, nei suoi occhi diretti verso terra c'era tutto il suo distacco da qualsiasi tipo di emozione quella donna stesse provando in quel momento o, perché no, da qualsiasi emozione avrebbe potuto provare egli stesso. Certo in altri momenti, Jim avrebbe reagito in maniera totalmente diversa a quell'esplosione di emotive circostanze. Ma ora che, grazie a lei (o per causa sua?) non era più capace di provare alcuna emozione, la sola ed unica cosa che gli riuscì di fare fu quella di accasciarsi di nuovo, lentamente, nella sua poltrona e, dopo una breve pausa, ricominciare il racconto di quella che sarebbe stata una vita perfetta se solo lei non avesse influito, alle volte anche in maniera arrogante su ogni decisione che Jim aveva assunto fino a quel momento.
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Passarono alcuni anni e, dopo alcune esperienze lavorative di poco conto, Jim tornò alla sua passione, a quello che egli considerava il SUO lavoro, ciò per cui aveva lottato fino al conseguimento dell'agognata laurea.
Anche stavolta Jim fu costretto ad allontanarsi da casa, ma la cosa non gli procurò alcun problema perché, grazie ad una serie di fortunate circostanze, Jim si trovò a lavorare con un orario settimanale che non gli impedì di ricominciare senza problemi e senza sforzo la sua vita da pendolare, interrotta poco tempo prima. Jim non avrebbe mai potuto immaginare ciò che gli si sarebbe presentato da lì a poco e proprio in quel luogo... Jim avrebbe trovato l'amore... ma quello con la A maiuscola, quello che ti fa commettere le maggiori sciocchezze, quello che ti fa tornare bambino e che trasforma il tuo viso in un enorme e radioso sorriso, quello che ti fa ringraziare Dio (o chi per lui) di essere nato, quello che ti fa dire grazie alla vita, quello grazie al quale ogni cosa sembra perfetta, la vita, l'amicizia. Insomma l'amore che ti fa ringraziare di essere vivo (e non rimpiangere, come succedeva in passato, e come forse sta succedendo ora, a Jim).
Jim la incontrò lì, sul posto di lavoro. Fu subito colpito dalla sua prorompente bellezza e dalla sua acuta intelligenza, anche se all'inizio non ebbe il coraggio di affrontare la situazione con il piglio necessario. Lei era bellissima, aveva dei capelli neri lunghissimi e foltissimi, uno sguardo al tempo stesso dolce e profondo, un carattere che sapeva essere al tempo stesso dolce e deciso... per non parlare del fisico... In poche parole era ciò che ogni uomo avrebbe desiderato. Aveva tutto ciò che si poteva cercare, e in lei trovare, in una donna...
Con il passare dei giorni Jim iniziò ad avere qualche sospetto. Iniziò a sospettare, ma non sapeva come averne la certezza, che anche lei contraccambiasse il suo sentimento. E così andarono avanti per qualche settimana tra telefonate ed sms fin quando lei tolse Jim dall'imbarazzo prendendo lei stessa l'iniziativa. Era l'occasione che Jim aspettava!!! E da quel giorno per Jim iniziò una nuova vita, il mondo non gli era mai sembrato così bello e solare (perfino nelle giornate uggiose). Soprattutto, però, Jim ricominciò a sorridere... sul suo viso riaffiorò quel sorriso che per molto tempo, forse troppo, si era nascosto in chissà quali meandri del suo animo. Stavolta ne era convinto: Beba Dolphin (questo era il nome di quella dea) era la donna della sua vita, era colei con la quale passare il resto dei suoi giorni, era ciò che mancava nella sua vita. Jim si rese conto che tra tutte le ragazze che aveva conosciuto, una come Beba non l'aveva mai incontrata: bellissima, simpatica, intelligentissima, giudiziosa e con il senso della famiglia. Ne era convinto: un'altra Beba Dolphin non poteva esistere, non era mai esistita prima di lei e non sarebbe esistita dopo di lei. Jim in quei giorni provava una felicità immensa, come non gli era mai successo in precedenza, quella felicità da sempre agognata e finalmente raggiunta.
Appena pronunciato il nome di Beba, Jim rimase in silenzio per qualche minuto, cercando nel frattempo gli occhi di lei, i quali, nell'udire quel nome, cambiarono espressione: si fecero torvi ed oscuri e da quelle cerulee circonferenze si fece strada un barlume di rabbia mista a delusione... Lei era convinta che Beba fosse un argomento chiuso e remoto. Certo non si aspettava che Jim lo avrebbe usato come un elemento di accusa nei suoi confronti. Avrebbe voluto interromperlo, avrebbe voluto controbattere, ma non ne ebbe la forza, o forse era consapevole che qualsiasi cosa lei avesse detto in quel momento, ciò non avrebbe fatto altro che peggiorare la situazione, già così pesante.
Jim passò con Beba i giorni più felici della sua vita. Dentro di sé aveva deciso di vivere con lei il resto dei suoi giorni e di ciò ne volle rendere partecipe colei che diceva di amarlo. Jim sapeva che la sua felicità avrebbe coinciso con il dolore di lei (anche se Jim non riusciva proprio a comprenderne il motivo), ma volle comunque riferirle come stavano le cose, per essere sincero con lei, come aveva sempre fatto.
Naturalmente ciò si rivelò un boomerang per Jim, un autogol clamoroso (per usare un termine calcistico, sport amato da Jim). Ancora una volta Jim si era sbagliato. Si era sbagliato sul conto di lei. Jim credeva che lei sarebbe stata comprensiva e che davanti alla sua felicità avrebbe fatto un passo indietro. Non aveva fatto i conti con il suo egoismo. Egli fu talmente deluso dal suo stesso comportamento nonché dalla reazione di lei, che giurò a se stesso che quella sarebbe stato l'ultima volta che sarebbe stato sincero con lei. La verità era una cosa che non apparteneva più a Jim, né a colei che se ne era fatta profeta per così tanto tempo e in maniera così subdola. Jim decise di applicare alla lettera quella famosa frase di G. B Shaw che recitava: "Una bugia al momento giusto è meglio di una verità detta al momento sbagliato". E Jim di bugie dal quel giorno ne avrebbe dette tante e avrebbe imparato, finalmente, dopo tutti questi anni, a diventare egoista e cinico nei confronti di tutti, ma soprattutto nei confronti di lei.
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Jim quindi, con Beba, si era illuso di trovare la felicità (e l'aveva trovata, seppur per un breve periodo), ma la felicità non aveva in progetto di edificare una dimora nella vita di Jim. Alla fine, dopo innumerevoli contrasti, innumerevoli litigi e perfino minacce nei confronti di colei che per una vita non aveva fatto altro che tarpare le ali a qualsiasi iniziativa egli avesse voluto intraprendere, Jim si vide costretto, suo malgrado, ad allontanarsi da Beba e a tornare per l'ennesima volta da lei, ma stavolta qualcosa era cambiato. Diversamente da quanto accaduto in precedenza Jim non avrebbe dimenticato Beba (cosa che aveva fatto con le sue precedenti ragazze), anzi, stavolta Jim avrebbe portato sempre Beba con sé, nel suo cuore nella sua mente. Jim sapeva che la passione, l'amore che provava e continuava a provare nei confronti di Beba, prima o poi sarebbe scemato (come in effetti accadde). Ma era anche convinto che il ricordo di Beba e degli splendidi giorni passati insieme a lei, sarebbe rimasto indelebile nella sua mente. E per far ciò si aiutò con una promessa che fece a se stesso e con un gesto alquanto infantile, ma per lui di enorme importanza.
Anche l'atteggiamento nei confronti di colei che continuava sostenere di amarlo, nonostante tutto ora facesse pensare al contrario, cambiò. Fu un atteggiamento che non provava né odio, né amore, né rancore, ma solo indifferenza... cioè ciò che la faceva soffrire maggiormente. Quella donna divenne nella vita di Jim solo una figura femminile la cui presenza o assenza per Jim avevano lo stesso valore. Una presenza dalla quale Jim desiderava allontanarsi (o farla allontanare) nel più breve tempo possibile.
La promessa che Jim si fece fu quella di non frequentare più alcuna ragazza con cui avere una storia seria. Da quel giorno Jim aveva deciso che qualsiasi ragazza avrebbe frequentato, la storia sarebbe dovuta durare solo qualche giorno, meglio se soltanto qualche ora (magari il destino avrebbe cambiato quella decisione, ma Jim ora come ora era fermamente intenzionato a mantenere quella promessa). Jim aveva giurato che l'unica ragazza con la quale avrebbe intrapreso (o meglio ripreso) una storia seria, sarebbe stata solo e soltanto Beba Dolphin, avesse dovuto aspettare anni!!! Stavolta la decisione di Jim era irrevocabile. E Jim era riuscito a mantenere la promessa.
Il gesto infantile che intraprese fu quello di non cancellare dal suo cellulare nessuno, NESSUNO, dei messaggi che Beba gli aveva inviato, con tanta dolcezza, tanto amore e anche tanta passione nel breve periodo in cui si erano frequentati. Jim infatti, nei momenti in cui si sentiva triste, solo ed abbandonato da tutti, anche dalla sua famiglia, si rifugiava in quelle parole che scorrevano come un fiume sul suo telefonino, e lo aiutavano a ritrovare il conforto di cui aveva bisogno.
La felicità di Jim nel periodo in cui frequentava Beba era stata così forte, così immensa che alle volte Jim dubitava di aver veramente vissuto quella storia e aveva il timore che fosse stato soltanto un sogno, un sogno splendido, ma soltanto un sogno dal quale si era risvegliato e che lo aveva rigettato in un incubo dal quale si era illuso di essersi svegliato subito dopo l'incontro con Beba. E il leggere quelle parole, mentre il suo telefonino palpitava nella sua mano, riuscivano a riportarlo indietro nel tempo e lo aiutavano a comprendere quanto reale, al contrario, forte e passionevole fosse stata quella storia. E Jim si dedicava a questa lettura con tanto ardore, passione e commozione, diverse ore al giorno... Per non dimenticare.
Adesso Jim aveva deciso di vivere consapevolmente, per sua scelta, con il dolore, la delusione, la tristezza. Il sorriso di Jim aveva deciso di fare i bagagli e di emigrare verso altri lidi in compagnia di quella felicità che per così poco tempo aveva convissuto con lui nel suo animo e nella sua mente.
9
L'anno seguente Jim tornò nuovamente al suo lavoro, ma stavolta l'orario settimanale lo costrinse a delle assurde levatacce mattutine e non ci fu alcun modo di poter sistemare le cose diversamente, per quanto Jim insistesse. Dopo le prime settimane in cui Jim riprese la vita da pendolare, interrotta solo tre mesi prima (durante la sospensione della sua attività lavorativa), egli decise che non sarebbe riuscito a sopportare ulteriormente un simile stress e decise di andare in cerca di una sistemazione temporanea, nei pressi del luogo in cui avrebbe dovuto lavorare, almeno per l'intero anno: avrebbe potuto comunque tornare a casa ogni fine settimana od ogni qualvolta ne avesse avuto il desiderio, desiderio che si sarebbe affievolito, fino a scomparire del tutto, con il passare del tempo. Decise che avrebbe affrontato l'argomento con lei quella sera stessa, certo della sua comprensione: ma Jim non aveva fatto i conti con il suo egoismo.
Lei si oppose fermamente al trasloco temporaneo di Jim, violentandolo verbalmente e psicologicamente con assurde ipotesi ed affermazioni in seguito alle quali Jim decise che lei non avrebbe MAI fatto più parte della sua vita e che non l'avrebbe MAI più resa partecipe delle sue emozioni. Jim decise che da quel momento in poi quella persona non sarebbe più esistita nei suoi pensieri. Ma la frase che fece cambiare Jim al termine di quella discussione fu una sola ed una soltanto, quando lei disse: "Non voglio che tu stia via durante la settimana, perché la sera ho il desiderio che tu stia a casa con me". Jim interpretò quella frase come l'apoteosi dell'egoismo!!!! Non riusciva a capire come una persona che affermava di amarlo potesse obbligarlo a tornare ogni sera a casa, incurante dei sacrifici che egli doveva affrontare quotidianamente per recarsi al lavoro per il solo ed unico desiderio di averlo vicino. Jim pensava che amare significasse fare dei sacrifici per la persona amata e non far sì che fosse la persona amata a fare dei sacrifici. E quella fu la goccia che fece traboccare il vaso.
Jim interruppe all'improvviso il suo resoconto, alzò gli occhi da terra e le rivolse uno sguardo iniettato di furore e delusione e alzando, per la prima volta dall'inizio della discussione, la voce disse: "Non ho mai capito come tu abbia preferito che io continuassi a fare dei sacrifici, sottoponendomi ad uno stress fisico e psichico, piuttosto che vedermi felice e riposato. E tutto questo solo perché tu avevi l'egoistico desiderio di tenermi vicino". "E poi" seguitò "continui ad affermare di amarmi, di volermi bene e che faresti di tutto per me! Beh, quando avresti potuto non l'hai fatto" aggiunse "perché dovresti farlo ora?" continuò. Approfittando di pochi secondi di silenzio dalle sue labbra sibilò debolmente una frase, una frase che Jim conosceva bene, che aveva sentito tante volte e della quale si era nauseato poiché a questa affermazione, udita più volte nel corso della sua vita, non erano mai seguiti eventi che ne potessero confermare la veridicità: "Non ti immagini neanche lontanamente quanto ti voglio bene".
Nell'udire per l'ennesima volta quella frase Jim sbottò con rabbia "Se mi avessi veramente voluto bene, se avessi veramente voluto la mia felicità non avresti cercato (spesso, per colpa mia, riuscendoci, purtroppo) di influenzare le mie decisioni e la mia vita. Soprattutto" aggiunse "se il tuo amore fosse stato immenso, come affermi, avresti preferito sacrificarti tu stessa, magari soffrendo per non avermi vicino la sera, piuttosto che far sacrificare me affinché tu potessi essere felice". "Era la tua felicità che ti interessava non la mia" concluse con rabbia Jim.
10
A queste ultime rivelazioni lei scoppiò in un pianto dirotto, come se tutta l'emozione, la rabbia (e forse anche la delusione) che aveva cercato di celare durante l'esternazione di Jim avesse deciso di balzare fuori dalla gabbia in cui era rinchiusa aggredendo Jim con tutta la violenza possibile, come una tigre da troppo tempo rinchiusa in una consapevole e dorata cattività che all'improvviso avesse deciso di rinunciare a qualsiasi prigionia, per quanto dorata potesse essere, per gettarsi con violenza incontro alla libertà.
E di libertà si trattava! Finalmente lei, con quel pianto aveva raggiunto la libertà dalle catene dell'anima, ma insieme ad essa aveva raggiunto anche la consapevolezza di averlo perso di nuovo. Adesso, però, sapeva di averlo perso per sempre, anche se lui non aveva ancora pronunciato quelle due parole. Due parole che l'avrebbero ferita, umiliata, forse anche delusa: due parole che egli avrebbe pronunciato da lì a poco. Lei ne era convinta e rimase in attesa, un'attesa straziante, mentre nella sua mente continuava ancora a vagabondare la solita frase sulla quale lei continuava struggersi e ad interrogarsi: "Uno utile non me l'hai mai dato".
E non solo quel pensiero le logorava l'attesa! L'attesa era resa ancora più dolorosa dal fatto che Jim non si decideva a pronunciare quelle parole. La sua era una lotta tra il timore di udire quelle parole (ed era certa che Jim le avrebbe pronunciate, pur non sapendo quando) e il desiderio assurdo di udirle il più presto possibile, quasi volesse esorcizzare il dolore e la delusione con quelle due parole.
Nel frattempo Jim si era alzato dalla sua poltrona e si era diretto a destra, scomparendo nel lungo corridoio che si trovava oltre la porta che separava il lato giorno dal lato notte. Passarono interminabili attimi durante i quali lei non ebbe il coraggio di alzarsi dalla sua poltrona per andare a sbirciare cosa stesse facendo Jim in quelle stanze, pur avendone l'atroce sospetto... Ma preferì continuare a sospettare ciò che lei temeva piuttosto che recarsi in quella camera, quasi sperasse che da quella porta apparisse un altro Jim, non quello che era rimasta ad ascoltare, in silenzio e soffrendo, per tutto quel tempo.
Jim riapparve, ma riapparve proprio come lei aveva immaginato, con una valigia nella mano destra e un'altra nella mano sinistra, sicuro di sé come non mai e sicuro della sua decisione. Appoggiò lentamente le valigie accanto la porta, si infilò il giubbotto, le lanciò uno sguardo e stava finalmente per pronunciare quelle due parole, ma fece solo in tempo a pronunciare la prima lettera che lei lo interruppe: "È una decisione definitiva?" chiese lei flebilmente "non ti sembra troppo affrettata?".
"Affrettata?" si meravigliò Jim "Dopo tutti questi anni? Anzi è una decisione che avrei dovuto prendere molti anni fa, per il bene di entrambi, e" soggiunse "sì, è irrevocabile".
Preso atto della sua decisione a lei non restò che formulare una domanda, una domanda della quale se ne sarebbe pentita e della quale conosceva già la risposta. Nonostante ciò lei formulò la domanda: "Almeno, prima di andartene, mi permetti di darti un consiglio?" bisbigliò. E la risposta di Jim fu una sola, decisa, ferma, rabbiosa "No, grazie non ne ho bisogno" disse con freddezza "e poi" continuò "uno utile non me l'hai mai dato". Era quella la risposta che lei non avrebbe voluto sentirsi ripetere... ma Jim la gelò con quella frase.
A quel punto lei bisbigliò un flebile ciao al quale Jim rispose con quelle due parole che lei non avrebbe mai voluto udire: "Addio, mamma!".
Dopo averle pronunciate Jim trascinò lentamente la porta dietro di sé, erigendo così una barriera indistruttibile e invalicabile con il suo passato! SLAM
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