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Formiche
Questa volta sarebbe stato diverso.
Se ne era andato accompagnato da un diverso amico.
Rispetto alle altre volte non aveva provato quel senso di lacerante distacco, semplicemente aveva abbandonato il proprio corpo.
L'amico non aveva dovuto spiegargli nulla, o quasi.
Ad un certo punto era comparso, discretamente, e gli aveva detto: "È ora".
Senza fretta n è ansia aveva chiuso gli occhi per assaporare ogni singolo istante: intorno a se', questa volta, il verde di un prato.
Aveva sentito il suo io farsi leggero, come i momenti che precedono il sonno, poi quella sensazione conosciuta ma sempre nuova di libertà assoluta.
Per chi rimaneva sarebbe stato uno shock, trovarlo disteso sul prato senza vita.
Guardò, senza alcun rimpianto, il suo vecchio corpo. Sembrava il corpo di un vecchio che riposava. Era stato fortunato in questa vita: nessuna malattia importante, la gioia di una compagna e di due figli, poche sofferenze ed un percorso quasi privo di intoppi. Diverso, molto diverso da quanto aveva sperimentato in altre occasioni: lutti, prigionie, delitti... era stato difficile arrivare a quell'ultima esperienza.
In un attimo tutte le sue esperienze gli si spiegarono davanti agli occhi. Rivisse, nei dettagli, almeno dieci diverse vite.
Si era completato ora? Avrebbe voluto chiederlo all'amico che lo stava accompagnando ma si trattenne. Non voleva interrompere i momenti che stava vivendo così intensamente.
Lo riscossero le voci che provenivano da lontano.
Lo avevano trovato.
Sentì le consuete esclamazioni: "Poverino" - "Morire così. Da solo". - "Presto, chiamate un dottore". C'era sempre un inguaribile ottimista in questi casi, qualcuno talmente ancorato alla propria fisicità che non poteva accettare che, ad un certo punto, la vita finisse.
Osservò la scena con curiosità. Gente che si affannava gesticolando intorno ad un corpo inerte. I telefonini, la cosa più vicina a dio in cui la razza umana credeva, in comunicazione con ospedali, medici, ma anche amici e conoscenti semplicemente per comunicargli che sì, anche lui era lì dove era stato trovato un uomo morto.
Che ironia! Nel mondo muore più di una persona ogni secondo e c'era chi si vantava di essere sul posto proprio in quel momento.
Passò qualcuno che lo conosceva e si affannò a cercare nella giungla della propria rubrica telefonica il numero della vedova da avvisare.
La scena lo annoiò e decise di occuparsi d'altro.
"Mi sono completato?" Rivolse la domanda all'amico quasi senza pensarci.
"Non ci si è mai definitivamente completati". "In milioni di anni la vita è mutata centinaia di volte. Alcune specie sono sopravvissute ed altre sono scomparse. Credi che tutto ciò sarebbe possibile senza il continuo rinnovarsi delle cose"? - fu la risposta.
A quale ulteriore esperienza doveva prepararsi? Credeva di aver vissuto ogni tipo di situazione ed era certo di aver imparato ogni volta qualcosa illudendosi di aver completato il proprio percorso. Non era così.
"Questa volta manterrai memoria di quanto accaduto. Sarà un'esperienza nuova e che ti farà considerare le cose da un punto di vista decisamente originale".
Dove si trovava ora?
Era costretto in un involucro semi-trasparente. Intorno a s è una sterminata distesa di involucri simili al suo.
Spingeva verso l'esterno per tentare di uscire, ma malgrado l'apparente fragilità quella sorta di sacco cedeva ma resisteva.
Era quello il destino di cui aveva accennato il suo amico? Una intera esistenza a tentare di evadere da una prigione che dava solo l'impressione della possibile libertà? Certo l'originalità era innegabile.
Ancora una spinta, niente, non riusciva a liberarsi.
Guardandosi attorno notò che altre migliaia di esseri come lui stavano effettuando le stesse manovre... senza successo. Ma chi erano? Cosa erano? Ma non c'era tempo per pensare, doveva spingere, doveva rompere quella costrizione, uscire. Pensò che poi non era così diverso da come aveva sino ad allora vissuto: cercare di uscire dalla routine, dalla normalità, dalle regole stupide ed assurde che il mondo ti impone.
Un'altra spinta... forza. Sì, ce la stava facendo, sentiva cedere, era fuori, ma fuori dove? Si guardò, guardò gli altri, cosa erano? Dove era capitato? Toccò le antenne di un essere che si trovava vicino a lui... antenne? Anche lui aveva le antenne? Cercò di guardarsi, uno specchio, ho bisogno di uno specchio, era diventata una necessità. Non vanità, no, si trattava di bisogno. Non sapeva cosa era. Temeva di assomigliare a chi aveva intorno. Cosa erano? Gli pareva di essere in un documentario. Intorno a s è una moltitudine di esseri neri, occhi sporgenti, antenne, zampe, tante zampe: formiche. Formiche! Si trovava in un formicaio. Come poteva essere? Doveva avere paura? Lo avrebbero mangiato? Erano migliaia, centinaia di migliaia. Ma lo ignoravano e, quando lo incrociavano, lo toccavano con le loro stupide e ridicole antennine. Pareva quasi volessero comunicare con lui: loro, stupide formiche comunicare con lui, un uomo, appartenente alla razza superiore. Gli scappava da ridere, un sorriso che increspava leggermente l'apertura che aveva sotto quei due piccoli fori che gli permettevano di respirare. Come si chiamava? Naso. Non era possibile, lo stava cercando con le sue zampine anteriori, un movimento che ricordava qualcuno che si lavava il viso. Il viso? Non gli pareva di averne uno e, comunque, non sapeva come era! Come poteva saperlo? Con circospezione avvicinò una delle migliaia di esseri che lo circondavano. Le antennine si toccarono e captò qualcosa, provò a parlare. Non era così che si faceva. Erano le antennine il segreto della comunicazione, ora lo sapeva. Toccò nuovamente il vicino e cercò di chiedergli informazioni sul loro stato. Lo sfregamento di quelle appendici gli fece sentire qualcosa: non fermarti, non fermarti. "Cosa sono? Cosa sono"? Tentava di formulare questa domanda. Ci stava riuscendo? Non lo sapeva. Gli pareva di cogliere sempre la stessa frase: non fermarti... non fermarti... In effetti continuava a camminare, si muoveva continuamente... senza meta... camminava e sentiva sopra di s è un peso. La forza di gravità? No, era un peso enorme. Lo schiacciava, lo teneva appiccicato al terreno. "Cosa sono? Cosa sono diventato?" Stava tentando di urlare e farsi sentire aveva bisogno di una risposta, una qualunque risposta. "Sei un imenottero. Fai parte di una specie eletta. La nostra organizzazione sociale è leggendaria". Era stata una voce? No, non era una voce, si trattava di una trasmissione del pensiero.
Specie evoluta? Imenottero? Una parola difficile per dire FORMICA. Era una formica. Era quella l'esperienza che ancora gli mancava? Dove stava andando con quel peso sulla schiena? Trasportava una briciola. Senza istruzioni di alcun tipo appena nato si trovava a portare cibo ad una comunità che neppure conosceva. Insieme a lui migliaia di altri esseri. Era tornato ad essere un numero, un minuscolo ingranaggio di una macchina immensa. Era molto diverso dalle precedenti esperienze? No. In effetti no. Depositò la sua minuscola ma pesantissima briciola insieme a milioni di altre briciole come la sua.
Senza rendersene conto si rimise in marcia alla ricerca di nuovo cibo da portare alla comunità. Ogni tanto sfregava le sue antennine con quelle di altri. Captava segnali di incoraggiamento: continua, muoviti, porta cibo alla comunità, coopera, solidarizza... ma come? Da essere umano a imenottero e nessuna differenza? Che grande delusione. Credeva di appartenere ad una razza superiore... invece... uomo o formica erano la stessa cosa. Stava trasportando un'altra briciola di pane. Era diverso da quando si recava nel suo prestigioso ufficio per produrre la sua parte di reddito da ridistribuire? Non gli pareva troppo diverso. Cosa volevano insegnargli con questa nuova reincarnazione? Che tutto il mondo segue le proprie convenzioni e che tutte le convenzioni si assomigliano. Probabilmente sì. Captò altri pensieri, diversi, molto diversi dai suoi provenienti da esseri assolutamente simili a lui. Aveva già capito tutto? Le regole del mondo erano uguali per tutti gli esseri viventi. Che tu sia uomo, elefante o formica le costrizioni e le possibilità sono le stesse.
Era davvero così? Probabilmente sì. Non esiste la libertà, siamo tutti schiavi. E le possibilità? Uguali? Sì, anche quelle... nel mentre elaborava il concetto il sole sparì... una massa enorme si avvicinava. Una ombra immensa stava oscurando la luce, sempre più vicina, sempre più vicina... immediatamente neppure si accorse dell'arrivo del suo consueto amico.
"Come è stata questa volta"?
"Cosa è stato? Come è successo"? chiese.
"Un piede. È stato un semplicissimo piede che, senza volere, ha calpestato il vostro formicaio".
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- Grazie. Sì, hai ragione per quanto riguarda gli accenti, si tratta proprio di un mio errore che vedrò in futuro di correggere. Ancora grazie per il commento.
- bel racconto con molta fantasia fa riflettere sulla nostra condizione nel mondo. Siamo solo formiche che qualcuno può calpestare quando vuole e senza rendersene conto. Racconto un po' alla Kafka.
Un unico appunto da correggere " s è " con " sé " l'accento è acuto non grave e le due lettere devono essere unite... scusa ma forse è stato un errore di scrittura. Ciao, complimenti, Rainalda
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