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Margherita
Ogni sabato mattina accompagnavo al cimitero nonna Elena, ma prima, passavamo dalla fioraia a comprare sette tulipani dai colori vivaci, uno diverso dall'altro. Credo che il rito non avesse tempo; per quanto mi sforzi di ricordare ho la nitida sensazione che sia sempre esistito, penso fin da quando ho imparato a camminare. Ho memoria perfetta invece, del giorno in cui le chiesi di Rita: il cielo era così grigio che ci si vedeva appena, ma l'intenso colore dei tulipani, che la nonna stava accomodando nel vaso di cristallo, fece sorridere la fotografia appiccicata sulla pietra tombale oggetto della nostra visita. Dapprima, pensai fosse pura immaginazione, mi capitava spesso d'inventarmi piccoli amici fantasmi dentro le tasche dei miei vestiti, ma non appena lo sguardo ritornò su quel viso incollato alla lastra marmorea, lo vidi di nuovo... non mi ero sbagliata... mi stava sorridendo. Non nascosi la mia inquietudine aggrappandomi al cappotto della nonna ancora indaffarata a riassestare i fiori. - " Si, Rita, non le ho ancora detto nulla di te, scusami! " - disse la nonna rivolgendosi alla fotografia, come se questa potesse ascoltarla. Rimasi ulteriormente agitata. Non riuscivo a capire se la nonna mi stesse prendendo in giro o se fosse semplicemente un trucco per distendere la mia tensione -"Dai nonna, non scherzare, non sono più una bambina!"- Le risposi. Avevo già otto anni e mi sentivo abbastanza grande per discernere tra il bello e il brutto, il buono e il cattivo, il vero e il falso. - "Pensavo ti avesse sorriso!" - mi ribadì. A questo punto credo di essere rimasta con la bocca aperta, perché subito dopo, sentii la morsa leggera delle sue dita richiudermela e aggiungere: -"Andavano bene gli ultimi tulipani?"- Scuotendomi dallo stato di confusione, mi fu istintivo chiedere: - "Ma, con chi stai parlando? Chi è questa Rita?"- "Si hai ragione tesoro" - mi sorrise la nonna: " avrei dovuto presentartela molto tempo fa. Probabilmente si sarà offesa perché non l'ho fatto ed ha voluto metterci il becco! Ehm... parlando di lei... è il caso di dire... la bocca. Ebbene... Rita, ti presento mia nipote Anna. Anna, ti presento un'amica straordinaria di mia nonna Irene, nonché tua trisavola, eccoti la leggendaria Rita detta Bocca di Bosa!"-
Non potevo crederci! Mia nonna parlava seriamente con una morta! Non stava scherzando! Le avevo entrambe dinnanzi a me ed una era in carne ed ossa e, parlava a... a... a chi?... A che cosa? Un sorriso? Si.. era un sorriso, non v'erano dubbi! Mi ero sfregata gli occhi... la foto... la foto stava sorridendo di nuovo! Un sorriso fantasma? Allora c'era poco da sorridere! I fantasmi non esistono! Io lo sapevo bene, ne avevo inventati due! Si... mi bastava fare un fischio e.. oplà .. facevo apparire Nellina oppure Frugolina nella tasca dei pantaloni o in quella della giacca, per poi farle andare a dormire dentro i calzini o addirittura nelle mie scarpe da tennis puzzolenti e ci sarebbero andate senza fiatare... giusto perché erano dei fantasmi! - "Chi è Rita, nonna?" - Le chiesi, lasciando che i miei pensieri si fondessero con la nebbiolina circostante.
-"Il suo vero nome era Margherita, ma fin da piccola glielo abbreviarono in Rita. Aveva due grandi occhi neri che brillavano sotto una folta chioma di ricci rossi, un piccolo naso all'in sù ed una bocca carnosa color ciliegia di maggio che spiccava sulla sua pelle ambrata. Bella! Così come nella foto!
Fu abbandonata dalla nascita e crebbe in orfanotrofio a Milano, senza che mai nessuno pensasse di adottarla. Ci rimase fino all'età di trent'anni, si specializzò come parrucchiera, svolgendo all'interno dell'orfanotrofio stesso la propria professione. Poi, improvvisamente, una zia da parte della madre che mai conobbe, cominciò a scrivere chiedendo di poterla incontrare. Rita, aveva atteso per anni qualcuno che la desiderasse, qualcuno che volesse amarla. L'aveva atteso prodigandosi nell'attenzione verso i suoi sfortunati amici più piccoli, pensava di farci allenamento, già, diceva che nella vita si poteva fare ed essere qualsiasi cosa, bastava volerlo e che per riuscirci, bastava esercitarsi. Voleva imparare ad amare e quand'anche non avesse trovato nessuno disposto ad insegnarglielo, lei era sicura di poterlo fare anche da sola! A quei tempi nonna Irene, era la direttrice dell'istituto e la seguiva con particolare interesse, sicura che prima o poi avrebbe trovato la via per essere felice. Si limitava a guardarla, senza ostacolare i suoi desideri. Nutriva un forte affetto nei suoi confronti, tuttavia, la carica che rivestiva le impediva qualsiasi predilezione per qualunque ospite... la guardava, attratta dal suo sorriso e dalla sua voce: nessuno sapeva resistervi. Ogni volta che i suoi piccoli amici erano tristi, lei sapeva cosa dire per farli sorridere... regalava loro dei sogni! I sogni, per magia, spuntavano dalla sua bocca come stelle cadenti!
Anch'io ricevetti il sorriso di Rita e, quando la nonna non riuscì più a venire, mi fece promettere che lo avrei fatto io, e così è stato. Un giorno chiederò a te di fare altrettanto!
Rita decise di abbandonare l'orfanotrofio per raggiungere la zia che abitava a Bosa, un piccolo paese sardo arroccato ai piedi di un castello. Era tutta eccitata quando ricevette la notizia! Non stava più nella pelle. Volle sapere tutto sul posto e quando apprese che era attraversato da un fiume navigabile, già si vedeva seduta sulla barca con un filo d'erba in bocca, sotto il sole, a pescare trote e aggiungeva fantasie su fantasie. Purtroppo, non fece in tempo a conoscere la zia, arrivò che la poverina era già morta. Rita cominciò a pensare che l'amore non avesse nessuna intenzione d'incontrarla, ma ormai era arrivata dove il destino, in qualche modo, l'aveva chiamata. Aveva imparato che ribellarsi al fato, era inutile. Si era allenata anche alle delusioni, diceva che il rimedio era: -"niente malinconia, niente afflizioni, si comincia con quello che si ha in mano... escludiamo il cuore per il momento"- Così accantonava i propri sentimenti, privilegiando quelli degli altri.
La zia, le aveva lasciato in eredità una casetta azzurra, arroccata tra le altre di vari colori, le bastò per sentirsi una regina. Aveva la straordinaria capacità di tramutare ogni cosa in una favola. Rese accogliente il piano superiore con ciò che esisteva, mentre, arredò per il suo mestiere il piano inferiore usando i risparmi accantonati negli ultimi anni. Ora doveva semplicemente farsi conoscere, ma come? - " Pensa... Rita... cos'hai in mano? " - Sorrideva, sorrideva sempre quando in mano non aveva nulla perché diceva che si poteva cominciare tutto! Iniziò a visitare i negozi vicini, chiedendo il permesso di apporre un cartello in vetrina su cui aveva scritto: " AI PRIMI DIECI CLIENTI TAGLIO DEI CAPELLI GRATIS! - DA MARGHERITA"-. Debuttò proprio così, ma rispose solo qualche uomo e in seguito qualche bambino; Alle donne di Bosa piacevano i capelli lunghi! Successe che con l'andare del tempo tra lei e i suoi pochi clienti si creò un'intesa molto speciale, per via del suo modo di vedere la vita. Ogni qual volta le si presentava davanti un viso triste o preoccupato, lo trasformava! Se un uomo era triste per via della moglie o dei figli, tra uno "zac" e l'altro, lo metteva su una mongolfiera e gli faceva vedere le cose da un altro orizzonte; tutto si poteva vedere sotto un'altra prospettiva. Se un bimbo aveva preso un brutto voto e aveva paura di dirlo alla mamma, lo rassicurava raccontandogli delle giornate di pioggia e di sole, la vita in fondo era fatta di questo, ma anche di giorni di neve, quelli erano speciali, perché si poteva sognare! Diceva che siamo tutti fatti di neve, pezzettini di cielo completamente impregnati di sogni!. Allora le chiedevano se fosse possibile manovrare i sogni e lei con tutta sicurezza rispondeva di si: "Perdiana! Ci mancherebbe solo che non fossimo padroni dei nostri sogni! Noi siamo sogni! Vedete, il segreto è trattare ogni problema come un figlio" . Ora, non che lei avesse esperienza in materia, era assodato che desiderasse un figlio, ma riguardo a come andasse cresciuto, questo poi... poteva solo immaginarlo, giusto un sogno! Relativamente ai mariti alle prese con le mogli, secondo i suoi consigli, se queste avevano a lamentarsi, non dovevano far altro che dar loro ragione, il trucco stava nel disarmarle, si sarebbero così esposte in maniera favorevole a qualsiasi loro desiderio. Lo definiva il cammino delle "S" , come Saggezza, Serenità, Sicurezza, Sogno, Superiorità ... ad ogni esse la propria vocale Si... Sempre SI... poSitivamente... SI. - "Se accettiamo tutto ciò che ci capita, se ne abbiamo cura, impariamo ad amarlo rendendolo partecipe della nostra vita, farebbe così parte di noi che sarebbe assai difficile viverne senza! Una specie di acclimatamento dato da un costante allenamento! Certo! È come non aver mai corso; se lo fai la prima volta ti viene il fiatone, se ogni giorno ti alleni, non ti viene più!" Il fatto era che quando iniziava a parlare non sapeva precisamente dove voleva arrivare, ma poi saltava sui sogni come fossero mongolfiere e lassù si sentiva sicura; vedeva tutto con più limpidezza e allora, nessuno poteva fermarla, dalla sua bocca le parole venivano fuori come stelle che illuminavano il buio. I suoi fiori preferiti erano i tulipani e più il colore era sgargiante più li adorava. Ogni tanto sognava di aggrapparsi al loro stelo e di lasciarsi trasportare dal vento: - "... quando c'è carenza di mongolfiere..." -diceva.
Ogni persona che incontrava Margherita, dopo averla ascoltata, si sentiva migliore, più Saggia, più Serena, più Sicura, più Su. Saliva sul suo orizzonte e non ne scendeva più. Purtroppo questo stato di cose non rallegrava molto il resto della gente, la maggioranza, quella che percorreva da sempre la via delle "O": Ogni cosa doveva necessariamente congiungersi con la propria Origine. Ognuno era destinato a ritornare da dov'era arrivato. Dio dà, Dio toglie. Terra eri, terra ritorni! Dentro questo cerchio, Margherita, non vedeva sogni, poiché per lei il sogno non aveva confini, l'amore era senza limiti, eppure lei credeva in Dio! Il Dio in cui credeva, non toglieva, al di là di tutto, dava, e lo faceva in abbondanza,. Diceva che il Suo dare è così grande da colmare qualsiasi ammanco. Bastava concentrarsi su ciò che si aveva, non su quanto mancava! L'uomo non era terra, ma un pezzo di cielo goloso sceso fugacemente sulla terra per assaggiarla ed una volta sazio, poteva tornare a casa. Tutti prima o poi tornano a casa e lo fanno in volo, magari attaccati a un tulipano... in mancanza di mongolfiere... naturalmente!
Inevitabilmente, come ogni "diverso", Rita metteva paura, cercarono quindi di allontanarla. Dissero che le sue parole, senza fondamenta, rischiavano di confondere il cuore della gente, c'era il rischio di un plagio che avrebbe esposto gravemente l'ordinario all'estinzione ed era inaccettabile!
Cominciarono a perseguitarla, ad ingiuriarla, ma lei era sempre pronta a rispondere con un sorriso, proteggendosi coi sogni. Persino quando un sasso la ferì non smise di farlo. Gli amici che aveva, pareva fossero volati via sulla mongolfiera. Era rimasta sola! Nonna Irene, che mai smise di osservarla le scrisse: " Rita, hai sempre detto che siamo nuvole... senza radici, aggrappati ai tulipani e lasciati trasportare dal vento. Torna a Milano, torna a casa!"
In fondo Rita cercava solo un po' d'amore. Tutta la sua vita era protesa verso quest'unico grande sogno: essere amata! L'essenziale era un lungo sospiro che le aveva fatto battere il cuore nella certezza d'incontrare l'amore. Ma non sapeva d'averlo già riconosciuto! Nella lacrima di un bimbo, tra le rughe di un saggio, negli occhi degli uomini, in ogni alito di vento e brezza di mare, sotto le piccole onde del fiume e nel dondolio delle barche. Al mattino presto, dentro l'aroma caldo del pane appena sfornato: lei guardava tutto da un altro orizzonte e... vedeva.
Fu un'alba più rosa del solito quella che accompagnò Rita sul punto più alto del castello. Il vento, parve spingerla, come a renderle più semplice la salita. Indossava un abito bianco, leggero, quasi trasparente e teneva in mano sette tulipani dai colori accesi, uno diverso dall'altro. Cantava e la voce le usciva senza fatica, s'era molto allenata. Non appena raggiunse la cima, cominciò a togliersi uno ad uno, i veli che la rivestivano,: -"niente malinconia, niente afflizioni, si comincia con quello che si ha... chi ama Margherita?
Chi m'ama... non m'ama... chi m'ama... non m'ama ... chi m'ama... non m'ama" -. Poi, sorrise e, con le braccia tese, i fiori stretti in mano, andò incontro al sole e al vento, con la sua pelle soltanto... ritornò a casa.
Si dice che, se si raggiunge la vetta del castello dei Malaspina, a Bosa, quando l'alba è di un rosa più del solito e il maestrale soffia forte dal mare, si può udire Margherita sussurrare in canto: " chi m'ama... non m'ama... chi m'ama.. non m'ama".
Nonna Irene, dopo che fu informata di tutta la vicenda, ne richiese il corpo, ma mi raccontò che fu difficile ottenere il permesso per averlo. Alla fine tutti si erano sentiti così colpevoli da volerla quasi immortalare, ma le poche persone che più l'avevano amata sostennero che lei aveva scelto di tornare a casa ed era giusto che fosse Milano.
La bocca di Rita, non avrebbe smesso di sussurrare il suo amore a Bosa."
Nonna Irene lo disse a nonna Elena, nonna Elena lo raccontò a nonna Anna e nonna Anna lo ha raccontato a te Valentina che sarai la nonna del futuro.
Il ritratto di Margherita, sorride sempre ad un nuovo membro della famiglia quando è pronto ad ascoltare la sua storia. Ogni volta è come se fosse qui, in mezzo a noi. Anche se non l'abbiamo conosciuta fisicamente, fa parte di noi e per quanto la sua fine possa sembrare tragica, basta prenderla per la coda, come un problema di matematica, ma Rita direbbe come si fa con un aquilone: ci si aggrappa e si comincia a volare e da lassù il mondo... ha tutta un'altra prospettiva!
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