Scende l'ultimo gradino.
Appoggia la valigia davanti ai piedi. Si ferma.
Il fischio improvviso, dietro. Guarda l'orologio, sul campanile, accanto a casa sua. Alla casa dei suoi genitori, ormai. Le mani penzolano lungo i fianchi, inermi, come le braccia. Solo il luccichìo di una lama si intravvede dalla lunga manica dell'abito da sposa. A coprirlo un soprabito da uomo, blu, grande quasi quanto il vestito.
Piove, ora. Piano piano scende la pioggia, le nuvole nel cielo si accartocciano e si arrotolano pronte a sprigionare sentimenti inesplosi di rabbia troppo a lungo trattenuti.
Guarda il cielo. Guarda i suoi piedi. Le scarpe macchiate. Peccato - pensa. Non potro' neanche darle a mia figlia. Se femmina sara'...
Poi si incammina. Il treno ormai e' lontano. Sfrecciato via. Ma non il passato.
Si sentono gia' le sirene in lontananza. Sibilo insistente, in avvicinamento, mescolato a tuoni e pioggia. Continua a camminare. Passo dopo passo lentamente ritmicamente al tempo del rintocco delle campane, cammina.
Sono le sette. L'ora della cena per mamma e i suoi fratelli. Ultimo sprazzo di liberta' per lei. Prima della fine.