"Treviso, stazione di Trevisooo"...
Scende senza pensare. Occhio perso in abito elegante, capelli raccolti, viso bello e austero che ha perso da poco la luce d'un tempo.
Scende dalla corriera con una borsa. Con quel tailleur da elegante donna del Nord. Con quell'incedere incerto, un tempo sicuro scattante. Come "quel" giorno. Ma non le era bastato per evitare l'auto impazzita. Non le aveva fatto spostare la carrozzina. Era volata via, insieme alla sua vita... Sulle strisce di una grigia giornata tedesca.
In quale delle sette lingue che conosceva avrà pregato da quel giorno. In quale avrà maledetto. Sé e gli altri.
"La cittadina è piccola", pensa ora. Ma dal momento in cui scende da quella corriera il baratro diventa sempre più grande.
La crocchia ben raccolta si disfa. Il tailleur si logora, si bagna di incontinenze, diventa uno straccio. E le sue gambe si gonfiano, livide per le notti insonni all'aperto, a scappare da compagni di strada non scelti...
Gli occhi sempre alti di un tempo si abbassano. Guardano sempre dalla vita in giù. Ora. I capelli, lunghi, sciolti, intrigati e pazzi volano pesanti al vento freddo.
Avvolta in una coperta, sulla panchina davanti alla stazione, non può mai alzare lo sguardo.
Troppo grande il rischio di vedere passare una mamma con una carrozzina.