Penzolava per il collo. Da due ore. E così lo trovarono, con una delle corde del garage a chiudergli la gola. Una di quelle robuste, ben fatte. Adatte all'uso.
Quella sera si levò la tramontana, e insieme alle foglie ingiallite da Novembre spazzò i foulard delle belle signore immerse nel cicaleccio di ipotesi e rumours, per dirla con eleganza.
Supponevano indebitamento incolmabile e poco limpido. In cui, certo, la mogliettina con le sue cartelle Vuitton autenticate non aveva giocato un ruolo troppo secondario.
Gli incartapecoriti pensionati del barrettino in piazza tossivano di cose grosse, investimenti azzardati. Qualcuno di cerchie più alte - e qui la strizzata d'occhio alla "capiscimi a me" - che si era visto pestare i piedi e aveva agito di conseguenza.
Gli incravattati signori che in quel barettino prendevano il caffè prima di precipitarsi negli uffici comunali lì di fronte biascicavano di una piccola "deviazione professionale", simile a quelle che parecchi, anzi quasi tutti, - precisavano fra un morso di cornetto e l'altro - qui in Italia si concedono, anche solo per una volta.
Le severe insegnanti della figlia liceale postulavano davanti ai registri nella sala professori di problemi sicuramente di natura coniugale - sospiravano con aria afflitta - in atto da chissà quanto tempo e purtroppo divenuti insostenibili.
I bimbi della scuola materna si chiedevano se il loro compagno fosse stato tanto cattivo da far volare in cielo suo padre prima del previsto. E un certo acume in questa risposta bisogna riconoscerlo.
Avevano ragione tutti, aveva ragione nessuno. Senz'altro qualcuno, nella ridda, aveva puntato il cavallo vincente. E si attendevano i latori della prossima rettifica alla storia ufficiale. Ne circolavano tredici, senza contare le ramificazioni secondarie e gli scissionisti che quotidianamente apportavano il loro contributo al brulichio di caffè e foulard e registri.
Si attendeva come sospesi, si orecchiavano i vicini al balcone setacciando la discussione per nuovi particolari; ci si appostava allo scaffale più vicino al bancone del salumiere, a caccia di quelle versioni alternative che si collezionavano come le figurine. Ovvio, scegliendo la preferita.
Così Novembre sfumò in un gelido Dicembre, e la tramontana se ne andò, per poi farsi desiderare e tornare a passeggiare per le vie più impietosa di prima.
Si cambiarono i foulard con gli sciarponi di lana, i caffè si fecero bollenti e l'aria più fredda e dimentica dell'accaduto. Ma nel mentre il castello di ipotesi e l'interesse generale si dissolvevano nel freddo, la stoccata arrivò: il suicida aveva lasciato una lettera.
Niente loschi debiti, niente boss incappucciati. Niente usura, nessuna bella amante che avrebbe conferito un po' di pepe e senso alla storia.
Semplicemente, nella maniera più terribilmente semplice, un uomo stanco della vita. Affranto nell'animo, distrutto nella parte invisibile del suo essere da un incessante logorio di non meglio precisati ingranaggi. Un uomo solo. Fra le mille persone che lo circondavano e che gli volevano bene, ma per qualche misterioso motivo, comunque solo.
Allora la tramontana si lasciò passare, e del castello si dissolsero anche le ceneri.