Suo padre lo ricordava così, impolverato di gesso dalla testa ai piedi sempre intento a fare qualcosa.
Ascoltava spesso i suoi racconti, lavorava in una scuola elementare, i bambini gli tenevano compagnia amava dire e a volte lo facevano dannare, ma lui era contento così, anche se spesso lo trattavano come un cencio.
Lei era nata da una relazione con un lembo di stoffa, forse di una gonna.
Suo padre era molto fiero di lei, come solo i genitori sanno essere, era sicuro che lei avrebbe avuto un destino migliore del suo e aveva lavorato tutta la vita nella speranza di vederla felice un giorno.
Passo' molto tempo da allora, e ora lavorava in un grande ufficio, di quelli presidenziali, con una grande scrivania in legno pregiato, l'aria condizionata e un'infinità di piante ornamentali.
Lei così piccola e minuta a volte si sentiva un po' persa in quel grande ufficio.
Doveva correggere gli errori degli altri, era la cosa che gli riusciva meglio di fare, ma non era quello che desiderava.
Aveva letto di nascosto migliaia di relazioni, qualche piccolo sogno nel cassetto e alcune lettera d'amore.
A furia di correggere le distrazioni altrui aveva imparato ad amarli quei simboli, se ne era impadronita, un poco alla volta, senza rendersene conto.
Ora poteva pensarli ma non gli riusciva a scriverli, tutte le volte che ci provava lasciava un'impronta invisibile sul foglio ed era presa dallo sconforto.
Così andava a sedersi ai piedi del portamatite di cuoio tra la stilografica ed il pennarello e si addormentava sognando di non essere più una gomma.