Sono un pesce rosso e sono felice. Sì, posso dire di essere felice.
Non sarei affatto felice, invece, se fossi un altro. Magari uno come quello che gira per casa e che si fa legare un cappio al collo, tutti i giorni, per farsi portare fuori a fare pipì scodinzolando, facendo guaiti di giubilo e capriole di felicità: proprio fesso quel cane peloso e bavoso.
Non sarei felice nemmeno se fossi come quel altro animale domestico coi baffi lunghi che miagola per qualsiasi stupida ragione, che defeca in una scatola e copre tutto per la vergo-
gna. Non vorrei essere come loro: continuamente palpeggiati dagli esseri umani, a volte spulciati e lavati con della robaccia biancastra che mi farebbe morire intossicato.
Sto bene io, nella mia boccia rotonda, appoggiata sulla mensola del soggiorno, nella mia solitudine silenziosa. A onor del vero mi manca un compagno di boccia ma poi penso: perché dovrei dividere le scaglie colorate che ogni sera piovono dall'alto con qualcuno che potrebbe anche essermi antipatico?
Ogni tanto il bambino di casa picchia sul vetro della mia boccia e io mi nascondo nel ve- liero: lì nessuno mi può fare del male.
Alla TV vedo spesso dei miei simili in una boccia sconfinata magari inseguiti da enormi na- vi o impigliati in grandi reti. Non so che fine facciano ma li vedo boccheggiare anelanti il loro perduto elemento, morire e perdere il privilegio di nuotare in quell'acqua comunque buia e piena di insidie.
Mi piacerebbe essere lì? No di certo! Sto bene qui.
Non fatico per nutrirmi. Non sono costretto a rosicchiare ossa dure. Non devo affilarmi le unghie, non mi portano dal veterinario. Mi basto. Sono innocuo, poco pretenzioso, forse timido, introverso ma bello, bellissimo e anche se non ho un nome, io so di essere io, un pesce rosso: occhi grandi e squame lucenti! Scusate se è poco.