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Noi gli anti-eroi Capitolo II
Mentre camminavo il sole tramontava e tutto si tingeva di un colore caldo. La vallata e il villaggio che si vedevano in lontananza stavano per essere oscurati dal buio della notte.
Vedere quella sfera infuocata che lascia il posto alla luna mi faceva sentire bene. È solo una mia sensazione e non so per quale stano motivo la notte mi porta ispirazione; viaggiare di notte è la cosa più bella in assoluto. Quando chiusi il cancello del mio castello verso di me era il tramonto. Il mio compagno SORUS non viveva molto distante da me, ma dovevo mettermi in marcia; il sentiero era lungo, tortuoso e sopratutto dovevo percorrerlo a piedi.
Attraversando le foreste che conoscevo come le mie tasche, mi soffermavo ogni tanto ad osservare i dintorni, sia per evitare possibili inseguitori che per diletto personale. La vasta collina era disseminata di pini molto anziani, alcuni abbattuti e il sentiero si trovava in pessime condizioni, forse perche ormai più nessuno osava passarci e nel passare degli anni non ho mai ricevuto visite.
Camminando incontrai le varie creature che popolano la notte; gli animali che di giorno si nascondono, la sera escono un po' come noi anti-eroi. Esse sono le creature meno capite e vagano senza una meta ben precisa, ma a differenza loro io ora ho una meta da raggiungere.
Camminare da solo serve sempre, spesso per pensare. Nei miei viaggi è capitato di esplorare villaggi o città popolate da persone o da eroi e la sensazione non era delle migliori; il comportamento di quest'ultime era completamente avverso al mio passaggio, come se venissimo da due mondi diversi. Ma la nostra era una convivenza forzata; spesso per le strade venivo additato come se fossi pazzo, probabilmente perché venivo riconosciuto e ricordato per il mio passato.
Troppe volte mi saliva la rabbia in corpo e avrei voluto urlare, sfoderare le spade e fare una carneficina, massacrando tutte quelle persone che senza nemmeno conoscere la verità si permettevano di giudicare e maltrattare le persone.
Un tempo non si viveva cosi, ma adesso altre persone hanno preso il controllo del mondo; queste sono gli eroi. In tempi antichi non esistevano nemmeno, ma ad un tratto sono apparsi come dal nulla; sempre più persone con ideologie diverse e con una mentalità ristretta ma che troppo spesso veniva apprezzata e condivisa. Alla fine riuscirono a conquistare la fiducia di quasi tutta la popolazione esistente. Gli eroi più potenti, quelli che si contraddistinguono fra gli altri per potenza o intelligenza, governano il mondo indossando un'armatura d'oro. Ma lo scintillio dell'oro nella notte non è che un colore come un altro.
Ma noi anti-eroi siamo diversi; dotati di una pazienza differente dalle persone, ma come loro anche pieni di difetti. Anzi, noi siamo i difetti del mondo, ma fieri di esserli perché accettiamo il nostro ruolo.
Questi sono i pensieri che mi ponevo mentre percorrevo il bosco, attraversando una radura nella notte, con il cielo pieno di stelle. Se alzavo lo sguardo poi, riuscivo sempre a scorgere una stella che brillava più delle altre, come posta a segno benaugurale per il mio viaggio.
Il mio passo era tranquillo, poiché, dato che nessuno mi pedinava e non ero neppure stanco, attraversavo la flora del luogo ammirando il paesaggio.
Dopo un paio d'ore di cammino mi fermai, sedendomi su un ceppo che sembrava messo là apposta per me. Davanti a me una distesa d'erba luccicava d'argento illuminata dalla luna.
Nonostante l'inverno fosse vicino, faceva ancora molto caldo anche durante la notte, ma non mi arrischiai di togliermi l'equipaggiamento che mi soffocava leggermente. Passai lo sguardo oltre la radura e notai delle piccole luci che forse parevano essere quelle della città di Nabargosco, dove finalmente avrei potuto incontrare Sorus.
Mentre mi alzai, però, cominciai a sentire i morsi della fame; presi dalla sacca un pezzo di pane ancora fresco e l'otre con l'acqua e mi misi a mangiare osservando i giochi di luci che le fiaccole della città formavano all'orizzonte.
Nonostante il pasto, un dolore al cuore mi fa sobbalzare dal ceppo su cui mi ero seduto. Il petto mi batteva sempre più forte e mi dovetti soffermare ancora qualche minuto prima di riprendere il cammino. Non riuscivo a spiegarmi che tipo di dolore fosse, ma lentamente cessò da solo, permettendomi di avviarmi verso il villaggio.
Rimisi tutto nella sacca a tracolla e mi diressi verso la radura, tagliando sul manto erboso che crollava sotto il mio peso, lasciando profonde orme sul terreno.
Giunsi finalmente alle porte del villaggio ormai a notte fonda. A prima vista l'atmosfera cittadina era molto tranquilla e silenziosa; avevo passato molto tempo da giovane in questo luogo e dovetti ammettere che non e cambiato quasi nulla.
Una lunga strada centrale fungeva come linea di confine fra case che sorgevano su entrambi i lati del viale. Il villaggio era stato costruito tralasciando il lusso; In quei tempi bui le persone pensavano più alla sopravvivenza che a vivere nello sfarzo.
Un fiume attraversava trasversalmente tutta la piccola cittadina, ma essendo quasi sempre in secca, il ponte sopra di esso sembrava quasi inutile.
Sorus abitava vicino ad una locanda, in cima ad una ripida e dissestata scalinata che porta ad una collina leggermente più alta rispetto al resto del luogo. Osservando la sua abitazione mi tornarono in mente i ricordi di molto tempo addietro, e speravo che tutto fosse ancora come allora.
Le lanterne illuminavano quasi tutto e questo mi permise di muovermi più velocemente risparmiando tempo e fatica. Salì le scale a fatica, come tutte le volte in cui avevo fatto visita al mio vecchio compagno. Alcuni gradini in marmo bianco erano spariti e altri erano malridotti.
Giunto in cima, davanti a me comparve la sua abitazione, costruita in pietra, molto bella a vedersi, proprio come mi ricordavo.
Mi avvicinai sempre più, ma davanti alla porta tentennai; una voce da dentro la casa mi intimò di entrare, come se il padrone di casa sapesse che ero lì. Rimasi allibito, ma nonostante tutto sul viso parzialmente nascosto dal mantello comparve un sorriso.
Mi feci coraggio, appoggiando la mano sul imponente catenaccio che fungeva da maniglia. Aprii verso l'interno il massiccio portone di legno ed entrai.
Proprio come avevo immaginato, lui era seduto al tavolo vicino all'ingresso che oltretutto non ricordavo cosi bella. Interamente decorata di legno massiccio con una grande trave che si ergeva sul tetto, subito mi cadde lo sguardo sulla moltitudine di oggetti che erano appesi alle pareti; boccali, spade, foderi e molto altro. Sopra al camino si notava minacciosa la testa di un bellissimo cinghiale. Il tavolo dove era seduto era ancora in ottime condizioni, intarsiato finemente, mentre varie fiaccole appese in diversi punti della stanza illuminavano il tutto facendone da cornice quasi spettrale. Quello che comunque risaltava di più è la stola di seta rarissima con l'emblema di un grifone.
Sorus posò il boccale di birra e mi guardò con un ghigno. Era una persona molto imponente e il tempo non sembrava averlo intaccato, anzi, ai miei occhi era addirittura ringiovanito. L'attesa pero sembrava averlo reso impaziente.
Indossava solamente una camicia nera sgualcita e un paio di pantaloni da caccia ampi, con gli scarponi appoggiati sopra il tavolo. I capelli corti e gli occhi pieni erano i suoi segni particolari insieme all'altezza.
<<Finalmente, è un po' che ti aspetto amico mio>> mi disse sorridendo, lasciando il boccale sul tavolo e sedendosi comodamente. In tutta risposta gli rivolsi un sorriso, mentre pensavo che un amico del genere è difficile da trovare.
<<Meglio tardi che mai>> risposi mentre si alzava in piedi e mi venne incontro.
In confronto a me era veramente imponente e tutte le volte mi toccava alzare lo sguardo per poterlo guardare negli occhi. Mi offrì un boccale di birra, ma subito scoppiò a ridere, come tutte le volte nelle quali io declinavo gentilmente i suoi alcoolici.
Mi diressi verso il tavolo e mi sedetti, cominciando a raccontargli di come le cose erano andate nel periodo in cui ci eravamo divisi. Parlai dei miei viaggi e della situazione in cui il mondo era caduto.
<<Ormai il mondo che conoscevamo noi è finito, molta gente è disperata e gli eroi stanno prendendo sempre più potere>> dissi mentre lo osservavo con uno sguardo preoccupato.
<<Si lo so bene speravo che tutto questo non sarebbe mai accaduto e che non saremmo mai più ritornati a combattere>> mi rispose <<ma se questo è il nostro destino lo accetto>>.
Sorus mi fece segno di seguirlo, mentre mi parlava si diresse in un'altra stanza. Durante il breve tragitto notai che le sue mani erano decorate con bracciali e anelli molto strani, alcuni anche rari che probabilmente solo lui sapeva dove trovarli.
Scendemmo in una specie di cantina illuminata da una sola fiaccola. La scala a chiocciola non aiutava la vista, ma fortunatamente avevo imparato molto nei miei viaggi, anche come vedere al buio. Notai con un sorriso gli innumerevoli barili di birra e la raffinata selezione di liquori che popolava la cantina.
<<Vedo che la tua passione è sempre la stessa>> gli dissi mentre attraversavamo i barili, riferendomi alla sua incredibile capacità di bere qualunque cosa a qualunque ora.
<<Hai ragione, e poi è sempre un piacere. La caccia e le persone aiutano ma a volte la birra è meglio>> disse sorridendo.
Giunti alla fine dello scantinato il corridoio notai un armatura di un argento scintillante appesa al muro. Sorus notò il mio sguardo e, illuminandola con una fiaccola mi disse
<<Ti ricordi di questa?>>. Anche se anche ricoperta di polvere, i suoi riflessi argentati illuminavano la stanza, tingendosi con il colore delle decorazioni, lanciando raggi rossi e blu dalle giunture fino alle pareti, rendendola unica.
L'armatura era costituita da un pettorale con inciso un grifone, un solo spallaccio e bracciale per la parte destra, mentre la parte sinistra era completamente scoperta. Per finire i gambali avevano le stesse finiture rosso blu delle giunture e dei bracciali. Rimasi allibito, come chiunque altro d'altronde. Essa incuteva paura a chiunque, e questo di certo sarebbe tornato a nostro vantaggio durante i combattimenti che sicuramente ci aspettavano. Da un baule prese l'occorrente per il viaggio, praticamente le stesse cose che avevo appresso.
<<Finalmente, era da tempo che avevo preparato tutto questo per poter partire>> mi disse mentre prendeva tutto quello che gli serviva.
<<Si vede che sei pronto>> risposi con uno sguardo serio.
<<Aspettiamo da troppo tempo la nostra rivincita>> mi disse più serio <<E questa volta ce la prenderemo>>. Si vestì indossando quella bellissima armatura e una volta pronto si diresse verso l'uscita.
<<Comunque, sembra che il destino abbia bussato alle nostre porte. Senza nemmeno avere avuto la possibilità di parlarci, entrambi sapevamo che il tempo della vendetta era finalmente arrivato>> gli dissi, sorpreso di vedere che anche lui era sempre stato pronto.
<<Io non so chi ho cosa ci abbia fatto ritornare la voglia di riprenderci questo mondo, ma è sicuro che non mi tirerò più indietro>> rispose mentre si incamminava per la scala a chiocciola che portava all'uscita principale.
<<Seguimi, partiamo ma prima ti devo presentare un amico>> mi disse con un sorriso. Rimasi sorpreso alle sue parole, pensando a chi potesse essere questo suo misterioso amico.
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