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Attimi
Un altro sorso ancora. Gli occhi si offuscano leggermente, i contorni della sala iniziano a diventare sfocati. Non so perchè ho deciso di uscire stasera, forse solo perchè era meglio che restare a casa. Non sono mai venuta in questo locale, l'hanno aperto da poco. Bevo tutto d'un fiato ciò che resta nel bicchiere. La testa mi gira. Gli occhi bruciano. Lo stomaco sottosopra. È finita.
Basta, non voglio pensarci, voglio solo un'altra birra.
Mi avvio traballante a chiederne una ma i miei passi incerti mi fanno ridere. Rido tanto da avere le lacrime agli occhi, tanto da non riuscire a respirare, mi volto e vedo che mi guardano tutti, proprio ciò che volevo. Non mi ero accorta che ci fosse tanta gente. Chissà cosa pensano. Allora rido di più. Credo che sia giusto e naturale ridere così solo quando si è felici. Alcuni, a dire il vero, sono convinti che io lo sia e a volte riesco quasi a cogliere un briciolo di invidia nei loro sguardi.
È molto strano quanto i pensieri degli altri possano condizionare. Sono arrivata quasi a crederci io stessa di essere felice, fino a quando non lo sono stata davvero, per un piccolo secondo.
Cavolo, è assurdo.
Non riesco a credere a ciò che ho pensato per tanto tempo della felicità. Nelle mie fantasie di bambina era probabilmente qualcosa di difficile da trovare, quasi impossibile, ma che tutti prima o poi sarebbero riusciti a conquistare, magari non per sempre. Almeno per un pò. Non riuscivo a dare un nome nè una forma a ciò che potesse portarla ma ero fermamente convinta che la felicità fosse qualcosa di infinitamente bello. Bevo ancora, mi aiuta a sciogliermi, a pensare meglio o forse a pensare meno, la testa si fa pesante ed è difficile restare in piedi. Mi lascio cadere a terra scivolando contro il muro alle mie spalle. La felicità è la cosa più crudele che si possa provare. Ho sempre trovato consona la metafora "toccare il cielo con un dito" per esprimere la felicità, ma non è mai stato specificato che una volta toccato il cielo è impossibile non tornare sulla Terra e stranamente ci si torna sempre precipitando. Dopo essere precipitati si cade a lungo nel vuoto, in preda all'agonia, fino a sbattere violentemente sul terreno. È difficile uscire indenne da questa caduta. Impossibile. La felicità dura pochissimo. Dura talmente poco che stenti ad accorgertene. A volte non te ne accorgi proprio, solo dopo realizzi che quella era felicità. È un attimo, forse anche meno. Fino a quando non sai con certezza di averla perduta per sempre, come è successo a me.
Mi porto la bottiglia alle labbra. Voglio annegare nell'alcool, non nel dolore riportato a galla continuamente da stupide immagini che si susseguono con crudeltà nella mia mente, togliendomi il fiato, facendomi male. Da un po' è sempre così. Basta abituarsi. E con il pensiero torno ancora lì. Due occhi. I tuoi. Mi piace ricordarli caldi e avvolgenti. Quasi istintivamente prendo dalla tasca destra dei miei jeans una foto stropicciata. Le mani tremano, non riesco a frenare le lacrime. Gli occhi bruciano più forte. Ricordi, ricordi e ancora ricordi arrivano al cuore, mi gelano l'anima, spengono ogni parte del mio essere.
Sai mi capita di immaginarti ancora con me, sento il tuo respiro caldo e le tue mani che mi stringono. Dovresti essere qui. Dovrei essere fra le tue braccia, le stesse che mi fanno sentire protetta, amata, che mi fanno sentire a casa e non dovrei trovarmi sola tra volti estranei, persa tra una folla di voci sconosciute e distanti. Ricordo gli ultimi giorni, come contavamo ogni battito del tuo cuore per vedere se rallentava, la paura che ogni tuo respiro fosse l'ultimo. Non tornerai. Il pensiero mi distrugge. Non posso restare ancora qui. Devo alzarmi.
Raccolgo le forze e mi trascino fuori lontano da tutto, lontano da questo rumore che mi assorda ma che non riesce comunque a coprire l'incessante brusio dei pensieri che arrivano
quasi a soffocarmi. Aria fresca. Mi sento già meglio. È difficile guidare il mio corpo che stenta a rispondere ai comandi che tento di imporgli. Barcollo ma riesco a raggiungere la mia vecchia utilitaria. Giro la chiave nel cruscotto, schiaccio l'acceleratore. Smetto di pensare, voglio solo lasciarmi ogni cosa alle spalle. Raggiungo i settanta all'ora, la testa mi scoppia. La strada mi scorre affianco, sempre più veloce. Sentire il vento tra i capelli mi fa stare meglio. Chiudo gli occhi. Non mi rendo conto più di niente. So solo che sto volando verso di te. Riesco appena a percepire delle luci abbaglianti che mi inondano il viso. Sorrido. Un clacson assordante mi perfora i timpani. Un boato. Poi solo il buio.
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Anonimo il 19/05/2011 14:25
dove ci possono portare gli alcolici. o dove noi possiamo portarci tramite loro. P
Anonimo il 11/02/2011 01:07
Drammatico epilogo.
Bello.
Suz
Anonimo il 31/01/2010 01:40
Come mi è già capitato di affermare: ritrovo spesso me stesso in alcuni pensieri della gente che scrive qui, tu se una di quelle, impressionante il modo in cui descrivi le cose, l'epilogo e la forma.. cioè tu stai pensando come penso io.. uguale!
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