Camminavo su un ponte di legno: a destra il mare, a sinistra una piana di sabbia rossastra. Cercavo di ascoltare il silenzio ma ero distratta da due uomini che camminavano in lontananza, davanti a me. Indossavano due giacche nere di lana cotta. Sembravano due figure stilizzate, poeticamente stagliate contro i colori tiepidi di un tramonto invernale. Avrei scommesso il mio pc che sapessero molto più di me, quei due: avevano proprio l'aria di certi laureati in "scienza della vita". Si abbracciavano amichevolmente, stando attenti a manterere le distanze fisiche, in un tripudio di eterosessualità.
Mi chiesi se si fossero resti conto che gli ero alle calcagna. Avevo accelerato il passo e ormai avrebbero dovuto sentirmi... I passi inconfondibili di una cagna randagia, passi lenti, poi rapidi, poi ancora lenti. Gurardavo i loro profili segnati dal tempo. Riuscivo ad ascoltare quello che si stavano raccontanto, niente di interessante, sciocchezze da bar, forse avevo preso un abbaglio.
Sentivo l'esigenza di parlare ai due perfetti sconosciuti di almeno tre generazioni precedenti alla mia. In cuor mio sapevo che sarebbe stato possibile dialogare soltanto con la spuma bianca di un'onda, su quel ponte.
Di scatto mi voltai a destra e mi appoggiai alla staccionata. Stavo aspettando che l'eccitazione da relazioni interpersonali passasse da sé... Ma non passava! Quindi cambiai rotta, iniziando a camminare nella direzione opposta al sole. Perplessa, mi grattai con veemenza uno zigomo quando guardai l'orologio e giunsi ad un'amara quanto confortevole conclusione: sarebbe stato meglio restare a casa quel pomeriggio! Avrei risparmiato 12, 80 di autobus, vale a dire:
1 pacco di tabacco;
1 pacchetto di cartine;
120 filtri slim;
leccornie industriali da sgranocchiare davanti ai Griffin.