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Pazzo aeroplano
Solo un'ora è passata, il cielo ancora sembra pauroso, la mia testa è piena di canzoni penetrate attraverso le cuffiette, pezzi di tristi memorie. Queste ali volano alte, qualcuno sul sedile accanto pare si stia sfidando ad un gioco d'amore, ma io non ne ho voglia, appena saremo fuori dalla vista dei radar proverò a dormire di nuovo. Passa una hostess dalla faccia tirata, mi offre uno snack alla nocciola e un tè riciclato, li accetto con diffidenza, guardo attraverso il finestrino, una nuvola passeggera mi saluta e mi deride perché è più veloce di me. Ci sono facce sorridenti dietro l'oscurità che percepisce quell'uomo cieco proprio laggiù in prima fila, ci sono barzellette continue, scambi di baci e di fantasie. C'è chi non smette mai di lavorare e continua a battere i tasti sul computer, come se non si accorgesse che siamo persi dentro questa enorme distanza in costante dilatazione. Un uomo di mezza età si alza in piedi all'improvviso e, ignorando i rimproveri delle hostess, grida al tizio cieco quanto manca all'arrivo. Quello risponde che manca poco. Perché farsi problemi di tempo, penso io, quello che ci vorrà ci vorrà, tanto ormai le promesse mattutine fatte agli amanti si sono già spezzate, è inutile rincorrerle come bambini dietro ad un pallone. Adesso le nubi hanno eclissato il sole, il motore ha iniziato a riempirsi di gas e di energia, non vede l'ora di sprigionare la sua forza rabbiosa.
Siamo su questo pazzo aeroplano. Siamo pronti per fare la storia? Siamo nascosti, al sicuro dalle nostre vergogne, protetti dai nostri rimpianti, stiamo affondando pian piano verso la felicità. Siamo su questo pazzo aeroplano, dove i peccati non contano più tanto ormai, sono come mali annegati nel fluido inebriante delle nuvole in circonvoluzione, è il meglio che potrebbe capitare a gente come noi. Il viaggio si fa interessante, proiettano un film d'azione, mi ricorda i giochi che facevo da bambino, ladri e poliziotti, pirati e corsari. La voce del pilota, rassicurante come un parroco di campagna, esplode la sua filastrocca di auguri attraverso gli altoparlanti. Il buon viaggio è assicurato, la temperatura interna è quella giusta, i sorrisi delle hostess sono sinceri.
C'è una tempesta improvvisa, proprio davanti me c'è una donna che inizia a pregare, si accoccola tenendo in mano le sue dieci catenine d'oro. Recita rosari in chissà quante lingue diverse stringendo quei gioielli, come se morire da ricchi fosse più difficile. È invidiosa di tutti quelli che dormono tranquilli, che non si curano degli scossoni, che si fidano ciecamente del comandante e della sua abilità. La pioggia che comincia a cadere assume un colore strano, con riflessi viola e bianchi, buca le nuvole, le trafigge senza pietà e bagna con violenza la fusoliera, il muso, le ali del velivolo. Il film è finito, le hostess applaudono divertite, io mi lascio sfuggire uno sbadiglio, qualcuno ride vedendomi, io rispondo, qualche battuta salace e si ritorna ad aspettare. Ormai con il ruggire crescente della bufera anche i lavoratori più inferociti spengono i computer, smettono di battere, si aggiustano il nodo alla cravatta. Le ragazze e le donne più giovani prendono specchietti dalle loro borsette, si aggiustano i capelli, si danno una spruzzata di profumo. Gang di bambini spensierati corrono all'impazzata inutilmente redarguiti dalle hostess, osservano stupiti le periferie dell'universo, attraverso cui stiamo viaggiando. Sulla grande autostrada del cielo tutti conserviamo nella mente sogni di gloria e di infinite opportunità.
L'ultimo e più violento scossone causato dalla tempesta fa sbattere la testa alla mia compagna di viaggio, seduta accanto a me. Il suo sospiro strozzato successivo alla botta si spande per l'aria intorno e per un momento tutti ci mettiamo a riflettere. Se non fossimo mai partiti? Se il gelo avesse bloccato gli aeroporti, se il mondo si fosse ad un tratto fermato? Un pezzo di tempo e di vita cancellato per sempre. Le risa dei bambini ci fanno tornare il buonumore, un nuovo messaggio del comandante annuncia che fra pochi minuti saremo atterrati, finalmente. Guardo fuori dalla finestra, il sole splende, la pioggia continua, ma non posso vedere alcun arcobaleno.
Siamo su questo pazzo aeroplano, un milione di miglia giace sotto i miei piedi. Cominciamo di nuovo la nostra eterna danza, amore e morte, vita e dolore, le stesse idiozie in un breve lasso di tempo. Il passato benedetto ed il futuro si annullano non appena cominciamo a percepire il movimento in picchiata dell'aereo, stiamo puntando verso il basso, le nuvole iniziano a diradarsi, una pista bianchissima appare in lontananza ai miei occhi. Qualcuno si prepara, si infila il giubbotto, qualcuno tenta invano di chiedere perdono per il male che ha fatto. Le hostess chiedono se il viaggio sia stato di nostro gradimento, rispondiamo in coro di sì, tanto a questo livello non conta molto. L'aria fuori balla scatenata, è davvero una bella giornata. La mia vicina di posto, dopo essersi ripresa dal colpo, si rimette a posto i capelli biondissimi, sembra davvero una fata. Prende il suo cellulare, lo spegne, tanto ormai non la chiamerà più nessuno.
Si annebbiano gli schermi, la musica smette di andare, i sorrisi cedono il passo ad un leggero senso di indecisione, paura e curiosità di visitare un posto nuovo, indimenticabile. A nulla serve prepararsi, lo stupore e lo sgomento rimangono gli stessi. Tanto vale partire all'improvviso, senza programmare nulla, lasciando al destino il destino e abbandonandosi alla sorpresa.
Siamo su questo pazzo aeroplano, siamo al nostro ultimo viaggio, quando i fantasmi delle nostre vite ci porteranno via da casa, dalle nostre madri imploranti, allora scenderemo, toccheremo una nuova terra, terra straniera, e lì rimarremo in eterno.
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