racconti » Racconti del mistero » Il rospo Armando
Il rospo Armando
Il rospo Armando
ovvero:
Favola bislacca
(cantabile)
anzichenò
per lettori miscredenti.
In quel giorno di vigilia ch’è del Santo Liberato, il pittore Gaetanino si portò con gran contegno verso casa del cliente, seco lui recando appresso cavalletto, arnesi, tela, e ogni sorta d’accessori che gli fosser di mestiere per portare a compimento il ritratto di un borghese, e cioè a dire d’un signore reso alquanto stravagante dalla morte della moglie - a prestare qualche fede ai racconti della gente.
Era questi?" si diceva?" un ex sarto, don Turiddu ’U maravìgghia, uomo ingenuo, assai sgraziato, e di cranio disboscato; grossi gonfi e fuor di testa gli occhi orrendi roteanti, ma in compenso alla bruttezza si può dire che esibiva con avvezza dignità quel curioso portamento conferito di diritto a chi si trovi, a Dio piacendo, nel prezioso e non ambito fiore di decrepitezza.
Sistemati in bell’assetto gli strumenti ed i suoi aggeggi, Gaetanino il ritrattista imprendette prestamente con bel garbo di maestro le movenze necessarie all’artista di gran pregio:
?" Don Turiddu, io vi faccio un servizio sopraffino, per cui Voi m’avete a dire quale posa preferite, che profilo Vi compiace… come debbo io effigiarvi…
?" Certamente, caro amico, proprio giusta la dicete, sono ormai molto convinto ch’è arrivata l’ora in cui più non posso rimandare una cosa assai importante: qui si tratta di affidare agli eredi ed ai parenti, agli amici, ai conoscenti un ricordo degno e sacro della mia persona stessa, per cui bando all’incertezza, e mettiamo mano all’opra che mi dia, come mi spetta, il conforto di sapere che quand’io già dipartito mi riempio la mia fossa non ci sia mai per nessuno titubanza o dubbio alcuno su chi occupa un tal sito.
Ciò dicendo,’u maravigghia, si sedette tutto tronfio su un scanno ben speciale: era infatti una poltrona di fattura bella e antica, messa in piedi con talento dalla moglie sua defunta, tutta a mano costruita e di giallo tappezzata, un sedile assai virtuoso in cui egli figurava come su di un piedistallo, pronto a rendere l’omaggio alla foggia di bertuccia ostentata interpretando la postura belluina che gli era naturale, vegliardone incanaglito dall’orgoglio di se stesso. Mise mano su un bracciuolo, e con l’altra ancor più salda manteneva un copricapo, fatto a guisa di trombone, in bella mostra d’ingiunzione, di comando e autorità, quasi avesse attribuita, per decreto altrui?" o divino! ?" una certa potestà.
Mi farete, giovanotto, ?" disse il vecchio babbuino?" co’ un abito marrone, ch’è il colore preferito mio che so quanto importante è la veste per il prete, la sottana per la donna e la giubba del soldato. Mi farete, inoltre poi, tutto bello abbottonato sino al mento, nondimeno, poiché l’uomo abbottonato, come sanno anche le pietre, un gran savio è ritenuto… uno profondo… un esemplare di giudizio e probità..!
Il dubbioso Gaetanino già estraeva i suoi pennelli ascoltando in princisbecco l’attempato ganimede vizzo e arzillo nel suo fusto, con gli occhioni ben sgranati per la strana filastrocca, impostando una condotta, improntata alla bisogna, di composta gravità.
Appariva nella tela, sotto i colpi del maestro, il grugnaccio butterato, molle, flaccido, tarlato, appariva per magia inspiegabile davvero quell’ovale tristo e cereo, e se un mago dispettoso?" per arbitrio oppur per celia?" lì si fosse indaffarato, meglio non avrebbe fatto, con incanto o sortilegio, con l’aiuto del malocchio, per fermare nel dipinto la deforme creatura partorita per ischerzo, per sfottò della natura.
Il ritratto ora prendeva una vita sua reale come avesse d’improvviso acquistato libertà dagli uomini e dalle leggi che natura suol imporre agli oggetti inanimati, a materia inerte e muta: Gaetanino stupefatto rimirava ad ogni poco?" con passetti e mosse acconce?" tale affresco portentoso, e diceva tra di sé che la cosa gli sembrava finalmente la conquista tanto attesa, l’espressione genuina di quel suo grande talento poco o nulla discernito dalle bestie e gli ignoranti, buoni solo a disprezzare, sempre pronti ad affibbiare nomi schifi, sporche ingiurie disgustanti per invidia e per viltà, per nessun altro motivo che la rozza inanità.
***
Uno, due, tre colpi di pennello ed il quadro… gli parlò.
A lui disse che poteva, ministrando l’arte propria, sbalordire le platee, sovvertire la realtà di pittore sconosciuto e mutarla in conclusione nella gloria vera e immane che spettava agl’immortali, gente come non se ne fa più. Ma ecco che di presso ai tacchi un rumore invero strano tutt’a un tratto gli arrivò: si chinò l’artista in erba, ed emise un forte strillo nel vedersi alle caviglie un’orribile creatura, grossa, enorme addirittura, pronta a fare la scalata delle gambe lunghe e secche dell’intruso sgomentato. Era un rospo colossale, ben rigonfio e dilatato, con le fauci schiumose spalancate oltre misura che gettava ovunque intorno gran scaracchi disonesti, impestanti, marci e densi, di color pervinca e blu.
Qual non fu la meraviglia del maestro paesaggista?" vale a dir del giovinotto?" che d’un subito svegliato dai torpori di poeta dell’immagine affrescata diè di piglio alla ramazza per scacciare l’invasore delle membra sue aggricciate nello spasmo del terrore! Gli gridò:
?" Vattìnni bestia! Ingrasciata cosa lurda, disgraziata camurrìa… ora leviti ’ri ’kà!
Mentre stava per scagliare l’animale a calci via, più lontano che potesse dallo spazio intorno a sé, lo trattenne con vigore il vecchio sarto strepitando:
?" Fermo, fermo Mastro Tano! Non mi fate quest’affronto! Non toccate il figlio mio! ?" e girato verso il rospo disse tutto smanceroso:
?" Gioia, bèddu, zuccaràtu, ciàtu, spècciu ’ro papà..! Vieni qua tesoro mio, vieni qua dal tuo papà!
***
C’è bisogno?" casomai?" di chiarire a quel lettore un po’ distratto o pigro alquanto, se il Tanino, il nostro eroe, fosse dentro oppure fuori della grazia del Signore? Per intanto il gran batrace, sdegnosetto e pien di sé, ricadendo al pavimento, quella vittima sdegnava sputacchiando compiaciuto, tutto altero ed orgoglioso quasi che motivo avesse d’essere magnificato per le doti eccezionali?" strane, certo, ma eccellenti?" appannaggio solamente delle genti straordinarie che una traccia superiore nel terreno itinerario lascian sempre a insegnamento del comune uomo mortale. Ed infatti il rospaccione, con burbanza tracotante e immodesta spocchia vana adocchiava disgustato colui che, a suo parere, non poteva rivelarsi che imbianchino solamente, non poi tanto rifinito, per di più: gli puntò, stucco e scocciato quegli occhiacci suoi sporgenti come a dire:
“Guarda questo screanzato
importuno seccatore
che mi viene a disturbare
fino a casa mia! E perché?
Ma per dargli il fatto suo,
so ben io che predisporre…
non badando a risparmiare
io gli sputo nella faccia
finchè non capisce alfine
di scappar nella sua tana
’sto gran figlio di b…”
Con paterna inclinazione prese allora a strimpellare sulle corde dell’affetto più sincere il sarto folle, e lasciando in un cantuccio il trombone del cappello si raccolse sotto il braccio quell’aborto di natura come quando si vuol fare le carezze ad un gattino:
?" Forza bello di papà, ora fammi un risolino… Gioia mia, tesoro grande… dammi un bacio, presto… và!
Non sembrava forse il rospo?" qual prodigio! ?" assai felice delle coccole e carezze prodigate sul testone? Proprio tanto! Eh, altrochè!
Agghiacciò tosto Gaetano nel vedere innanzi a sé lo spettacolo inconsueto dell’anfibio vezzeggiato fino a spasimo dacché nella schiena repellente forti tremiti mostrava d’inaudita voluttà.
Che spettacolo tremendo era questo, e non soltanto! Lo baciava sulla fronte, gli diceva cose dolci, affettuose amenità, lo colmava di lusinghe, di blandizie e allettamenti, sviolinava certi elogi, vezzi coccole e moine in ingente quantità.
Il pittore Gaetanino non pensava che: «Io sogno»! La sua mente frastornata ruzzolava a tutta birra giù in fondo a un precipizio d’impacciato stordimento.
Dopodichè il sarto vegliardo deponette a terra il rospo, dispensandogli un buffetto affettuoso nel didietro, e gli disse:
?" Avanti gioia! Non mi fare il cattivello! Presto, corri a far la pace con l’artista che c’è qua! Vacci a fare una carezza, fai contento a tuo papà!
Ascoltando queste frasi, quel poeta maledetto?" sempre Tano, ben si sa?" ripeté dentro di sé ch’era prossimo a morire, che la sorte indisponente gli giocava un tiro infame, che le muse dispettose non gli fossero più amiche. Chiuse gli occhi e sentì il rospo viscido che balzellava: plok,
plak,
plak,
plok,
plok,
plak,
plak,
plok.
Non son cose, queste?" è vero?" che si posson raccontare senza tema di tracciare pel lettore interessato un abbozzo solamente degli oscuri sentimenti che albergavano nel cuore risonante di paura di quel povero pittore. Ma durò solo un minuto l’insoffribile agonia: quando gli occhi poi riaprì, egli vide quella bestia che posatogli lo sguardo irritato e ancor sdegnato sulla sua persona invisa, risostava tutto ostile?" sotto un tavolo al riparo?" più disposto a vomitargli gli scaracchi turpi in viso che armistizio dichiarare. Gli era infatti vieppiù avverso il rospaccio ripugnante, ed il sarto stravagante lo raccolse nelle braccia convocando la servetta:
?" Teresina, unnè chi sì? ?" ed apparve una fantesca, scura, pingue e corpulenta, un donnone da leggende popolari delle nonne?" Vèni, chiàmiti ad Armando, presto, pòttilo di là!
Si chiamava Armando, il rospo. Sulla fronte ricamata di bitorzoli e sporgenze gli depose un bacio ancora il vecchietto compromesso, e affidatolo alle cure diligenti?" e prezzolate?" della vasta governante si scusò con lo scienziato dell’immagine istoriata adoprando giusto un tono di commossa esternazione:
?" Ve ne prego, buon maestro, risolvetevi a scusarlo… è mio figlio… gioia mia… e soltanto questo ho…
Nel dir ciò dentro la strozza gli tremavan le parole: nella voce lacerata s’avvertivano le lacrime dell’ anomalo papà.
Violentò ?" piegato allora dalla supplica pietosa?" il pittore sbalordito la natura sua ritrosa, sparse quindi sulla tela i tranquilli lineamenti del grottesco caso umano che a cagion dell’arte vera gli era dato d’osservare, e concluse infine pago, soddisfatto ed orgoglioso, la sublime faticata del creator di simulacri che trionfa senza fallo sulla tela riluttante per donare generoso?" gesto nobile ed altruista?" il mirabile lavoro alla sua posterità.
***
Quel lettore che si fosse incuriosito?" com’è giusto?" per i casi non comuni dell’anziano forsennato, ora avrà qui un chiarimento che gli dia conto e ragione dei motivi singolari che spingettero quel folle a versare gran torrenti di spontanea tenerezza nei confronti di una bestia?" goffa, orribile, deforme..! se si vuole proprio dirla, ad onor di verità.
Quattro mesi prima che la Signora Nera?" e cioè l’impietosa falciatrice dell’uman soffio vitale?" si tirasse nel suo borro la signora “Maravigghia” ?" sposa del summentovato?" certi doloretti al ventre affliggevano costei, che gonfiava in quella parte in un modo smisurato. E quantunque più non fosse in età da consentire fantasie d’avere eredi al marito rassegnato, questi invece si credette?"fuor di sé per l’allegrezza?" nel diritto di esultare per la nuova e sconcertante gioia di paternità.
I dottori del paese?" uno, fesso col brevetto, l’altro, poco più che rimbambito?" non sapendo quale scienza scomodare per quel caso, confessarono concordi d’ignorare bellamente che accadesse nell’interno della donna dilatata, e stilarono un verdetto misterioso e tutto scritto in dialetto e latinorum, il cui succo mai nessuno della zona o dei dintorni menò il vanto di potere rintracciare.
Finalmente un brutto giorno?" s’era già a metà di giugno?" venne il turno sconveniente per la povera infelice di serrare il rubinetto da cui scorrono i respiri, di accostar, con altre parole, le persiane della vita: e se ne andò.
Per trovare nel suo ventre il segreto di quel male venne aperta la meschina, e così ne saltò fuori un rospetto assai vivace, pien di vita e movimento: questo accadde sol perché, passeggiando in comitiva una volta per campagne, stimolata dalla sete ella bevve ad un ruscello e non scoprendolo giammai inghiottì il rospetto intero, che da poco era dischiuso…
Si pensò che fosse il caso di sopprimere la bestia, ma, prostrato dal cordoglio il vecchio sarto sfortunato esclamò con gran dolenza:
?" No! Vi prego! Non lo fate! Nel suo seno l’ha nutrito ’ma mugghièri, poveretta… Questo è il frutto del suo ventre… non vedete quanto è bello? Come un figlio iddu è per me..!
E così decise che, per ricordo della moglie, si chiamasse Armando, il rospo, dal momento che in famiglia ci fu un nonno con tal nome.
***
Quando furon terminate le sedute della posa, nelle quali l’animale balzellava nel salotto qua e là disseminando sputi grossi come arance?" e che rutti! una caterva! ?" in ispregio del pittore, nella tela non rimase che un immagine impastata, zeppa di particolari illeggibili, però era messa in evidenza una grossa croce che somigliava da lontano proprio a quella presentata con gran boria e affettazione nel panciotto di Turiddu, cui piaceva di esibire questa onorificenza?" in realtà il quadro mostrava come un fiore spampanato con dei petali di sterco ed un vomito nel centro, nella vece della stella messa in mostra dal vegliardo (ma si sa com’è normale che prevalga di gran lunga sul buon senso e la saggezza quel malanno assai diffuso ch’è l’umana vanità…).
Non aveva mai potuto rallegrarsi così tanto di veder la sua figura?" neanche in un prezioso specchio?" bella, altera, degna di celebrazione e d’onori:
?" Certo! È giusto! Sono io, modèssshtamente! ?" ripeteva quel vanesio vagheggino d’altri tempi, che toccava, per la gioia, proprio il cielo con un dito.
Fu chiamata anche la serva Teresina perché desse pure lei un contributo alla glorificazione più completa del padrone. Questa disse:
?" Ah… mmah…mmuh..!
Pure il rospo fu condotto alla tela a rimirar l’inzeppato stragarbuglio che doveva riprodurre?" stando almeno all’intenzioni?" le fattezze del babbino: non gli venne altro in capoccia che schifarsi disgustato distendendo il suo responso con un vomito marròn.
Tuttavia il sarto in delirio d’esultanza e ilarità esclamava a tutta voce:
?" Puru iddu mi canùsci! Beèeddu, gioia mia priziusu! Veni ’ka specciùzzu miu… veni e bacia a tò papà..!
Gaetanino, rallegrato dalla gioia dell’acquirente, s’augurava un successone, da tradursi sull’istante in denaro risonante nella borsa sua accogliente?" sempre un po’ ristretta e scarsa nel consueto, in ogni dì. Già sentiva un tintinnio di monete melodiose, e godendone all’idea si toccava la mutanda, quasi che così potesse raddoppiar soddisfazione. Ma, vedendolo, la serva gli scagliò un occhiata torva, piena di riprovazione. Lui si fece tutto rosso, per sbiancare poi in un lampo, quindi esplose nel suo interno un fragor di bile blu.
***
Regoliamo, giovanotto! ?" disse il vecchio compiaciuto?" Che vi debbo per l’impegno?
?" Don Turiddu, non c’è fretta… ?" gli rispose con bel garbo, sorridendo riguardoso, cosa che non gl’impediva di contare la parcella che cadrebbe da lì a poco dal panciotto del babbione?" come un corno d’abbondanza?" nella tasca destinata a ricever d’oggi in poi pagamenti eccezionali meritati senza dubbio ed a scorno della gente brutta, sporca ed ignorante che dell’arte non capisce proprio niente, visto che il suo l’ingegno e il suo valore mai si seppe valutare nella giusta lucentezza.
Non piaceva a Don Turiddu differire i pagamenti, uomo d’ordine com’era, regolato e minuzioso, più del giusto?" in verità.
?" Amunìnni Gaetanino, non mi piace ritardare, forza… ditemi quant’è che mi viene da pagare!
Il pittore non voleva che lo si pregasse oltre, e così chiese trecento mila lire più il favore che non si sapesse in giro, dato che quello non era che un prezzo in amicizia, simpatia e predilezione.
Gridò forte il vecchio allibito, sobbalzando come non si poteva prevedere in ragion della magrezza, debolezza, e dell’età:
?" Maccheffà vole ’babbiàre? Io capisco certamente che vi piace di scherzare all’artisti tutti pari… ma trecentomila è troppo! Dài, parliamo seriamente, e dicètemi quant’è…
?" Ma trecento è ‘seriamente’, Don Turiddu… e questo ancora dato che siete proprio voi…eh…bèh!
?" Cia finìti ’i cugghiuniàri?! Quando feci pitturare la facciata del negozio?" che poi fu quattr’anni fa?" ci bastò cinquantamila, io capisco dell’aumenti, ma trecento è tropp’assai, quanto costano i culùra, don Tanino, annunca ora?
Il pittore sbalordiva. Non riusciva a proferire neanche un morso di parola. Arrossiva in tutto il corpo per la collera montante.
?" Il ritratto, converrete, ?" incalzava di poi il sarto?" in confronto alla facciata è più piccolo di assai… manco paragone c’è..! Ma però io sono onesto, negli affari, ?" è il mio difetto?" vi darò… una ventimila. Che ne dite, eh, don Tanù? Lo vedete… sono onesto! E non c’è poi questo solo… state bene ad ascoltare: mi farete ora per giunta il ritratto di Armandino!
Era troppo, veramente.
Non rispose una parola Gaetanino che fremette.
Folgorò l’incimurrito vecchio strambo ed arrogante con lo sguardo incandescente, e afferrato con due mani il ritratto ancora fresco, lo spaccò senza risparmio sulla testa del ‘nemico’, e sembrava ora ispirato da una musica sublime nel sorridere estasiato forse agli angeli dacchè ?" bisbigliando in lingue morte strane formule incantate, di chissà che arcani riti?" rinnovava le percosse in crescendo rossiniano.
***
?" Ahi, ahi…ahi! Ma chistu è pazzu! Questo è tutto sconcentrato! Màtri, i còsti mi scassò..! ’A carìna si futtìu! ?" farfugliava malridotto quella vittima dell’arte, e cercava tra i frammenti della tela sbriciolata un pezzetto almeno che rimanesse di misura grande quanto un francobollo.
Ma non c’era, e intanto là, nelle prime ombre che seco il vespro radunava:
Plak,
plak,
plok.
plak,
plak,
plok,
plok,
plak,
plak,
plok...
12345678
un altro testo di questo autore un'altro testo casuale
0 recensioni:
- Per poter lasciare un commento devi essere un utente registrato.
Effettua il login o registrati
Opera pubblicata sotto una licenza Creative Commons 3.0