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La ragazza con i fiori tra i capelli
Era una tranquilla domenica di luglio, avevo circa 10 anni: troppo grande per essere considerato un bambino, troppo piccolo per essere accettato tra i ragazzi.
Mi sentivo ovunque in disagio, come un nomade, non riuscivo a trovare un luogo a cui appartenere...
A questo si aggiungeva il particolare che non mi piacesse molto giocare a calcio a differenza della stragrande maggioranza dei bambini della mia età.
Adoravo leggere. Tantissimo. Ogni volta potevo diventare un altro: ero stato un pirata, un ladro e una volta anche un killer.
Anche in quella domenica di luglio ero steso al sole a leggere. Un autore giapponese.
Il mio corpo giaceva immobile violentato dai raggi del sole che arrossiva la mia pelle candida. Avevo caldo ma non mi sarei spostato all'ombra pur di non staccare gli occhi dalle pagine di quel libro. La spiaggia era piccola e ovunque vi erano sassi. Faceva male camminare. Il mare era limpido e, chiudendo gli occhi, quasi potevo riuscire a sentire l'acqua che passava attraverso le pietre e gli scogli frusciando e stridendo componendo una dolce melodia che richiamava dimenticati lontani suoni orientali.
Sognati.
Accanto a me dei bambini giocavano: sorrisi quando mi accorsi che costruivano castelli di pietra in mancanza della sabbia. Castelli che somigliavano più a cumuli di pietre che rievocavano antiche tombe greche erette in nome di dei dimenticati al fine di ottenerne la benevolenza. Avevo letto di quelle tombe chiamate "a Tholos" su un libro che parlava dell'odissea. Mi tornarono in mente Ettore e Achille. Il corpo lacerato dai cani e dagli uccelli del povero Ettore che riposava inerme come una bambola rotta dopo essere stato trascinato intorno a tutta la città. Su quel libro c'era anche un'immagine.
Rivolsi ancora una volta gli occhi verso il mare e le onde, tentai di ascoltare la voce delle sirene ma quello che sentii furono soltanto schiamazzi e urla in dialetto della gente che prendeva il sole in spiaggia.
Riportai gli occhi sulla pagina che stavo leggendo. Lessi alcune righe poi chiusi il libro decidendo di prendermi una pausa.
Iniziai ad osservare ancor più minuziosamente ciò che mi circondava e ad ascoltare i discorsi che una donna anziana pronunciava catturando l'attenzione delle amiche. Sembravano interessanti. Era circa mezzogiorno e la spiaggia era ormai ricoperta di salme stese ad asciugare e arrostirsi al sole.
Uomo al mare: primo caso di animale che per il quieto vivere si cucina da solo e si autocondisce con creme al cocco, fragola e frutti tropicali.
In lontananza i gabbiani volavano sfiorando l'acqua. Li osservai volare incantato e affascinato dal loro splendore e dalla loro candida eleganza e pensai che in fondo fossero tristi.
Vivevano una vita che ruotava tutta intorno al cibo e alla sopravvivenza e poi morivano senza lasciare segni del loro passaggio su questa terra. Mi sembrò una cosa triste. Ma forse questo era dovuto al fatto che leggessi troppo e cose che un ragazzino di 10 anni non avrebbe dovuto leggere.
Mi tornò in mente Darwin e la sua teoria che provava la nostra discendenza dalle scimmie: eravamo anche noi animali: tristi e con vite senza senso di cui nessuno si sarebbe ricordato.
Poi improvvisamente vidi una ragazza andare verso il mare. Il suo corpo era ricoperto de un velo bianco.
Era bella. Lo pensai nonostante a quell'età non provassi ancora attrazione nei confronti delle donne.
Si voltò verso di me. Mi sembrò strano che si rivolgesse proprio a me così prima verificai che non stesse in realtà parlando con qualcun altro e mi alzai dalla sdraio. No, lei non aveva parlato, aveva fatto solo un piccolo gesto appena accennato che, con la forza di più di mille parole, mi aveva spinto ad alzarmi e a raggiungerla.
Però prima che l'acqua potesse bagnarmi i piedi lei si voltò e continuò ad camminare verso il mare aperto. Era una ragazza giovane e probabilmente avrà avuto 17 o 18 anni ma mi sembrò comunque strano che entrasse in acqua vestita. Aveva dei fiori tra i capelli.
Vedendola allontanarsi mi ributtai sulla sdraio.
Gli occhi riflettevano il cielo di una bellezza triste.
Aveva uno sguardo nostalgico, come se vivesse in un'altra epoca, un'epoca passata e dimenticata nella quale i sogni si avveravano ancora.
In un momento il mondo tacque e si udì un solo urlo. Acuto. Limpido. Somigliante quasi a una risata. La risata del cielo.
In quel momento immaginai che il cielo e il mare avessero riso insieme.
In quel momento vidi la ragazza sparire. Svanire. Liquefarsi tra le onde. Poi un raggio di sole colpì la scogliera, violentandone la bellezza, e si riflesse in un candido abito che precipitava senza peso verso le acque come se si dirigesse verso un abbraccio.
Vidi quella ragazza affondare tra le onde e vidi i fiori che aveva tra i capelli bagnarsi.
Mi sollevai dalla sdraio spaventato. Non avevo capito bene cosa fosse successo. Tutto era accaduto così velocemente. Ma la gente sembrava non essersi accorta di nulla. Come se quello fosse stato un mio miraggio. Un miraggio. Solo il miraggio di una ragazza con dei fiori tra i capelli.
Forse era stato un ricordo.
Un ricordo che il mare mi aveva sussurrato. La pensai in questo modo.
Ero un bambino e mi piaceva sognare.
Ero convinto che il mare avesse confidato un segreto.
In quel giorno di sole il mare mi mostrò un sogno infranto e lo mostrò a me che ero ancora un bambino.
Chiusi gli occhi e sussurrai - addio bella ragazza con i fiori tra i capelli-.
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0 recensioni:
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- bel racconto, letto con piacere. complimenti.
ayumi il 03/03/2010 09:18
grazie... vedo che continui a leggere le mie "opere" anche se era da molto che non pubblicavo qualcosa, quindi... grazie a te per i tuoi commenti che mi infondono la voglia di scrivere ancora...
- Un modo di raccontare quasi sussurrato, dolce malinconico. Mi piace chi per scrivere non ha bisogno di... effetti speciali. Brava.
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