Alla fine, avevo deciso. Sarei andato in galera. Ero stanco di combattere, stanco di crederci. E allora apritemi la cella, chiudete la serratura. Non piangerò vedendovi andare via. Non tremerò la prima notte, appoggiato con la schiena al muro. Salirò sopra, nel nuovo letto a castello. Resterò sdraiato sopra le lenzuola, in canottiera. Lascerò le urla fuori dalla mia cella. Lascerò la paura a qualche vicino. Avvicinatevi allora, non mi troverete qui. Sono sopra di voi, sette anni dopo, sto correndo lungo un sentiero di montagna. Vedo una fonte, un ruscello, con una piccola cascata. Il mio respiro affannoso si confonde con gli uccelli e l'acqua che scende. Ha smesso di confondersi con i vostri gemiti, con il gocciolio del tubo del riscaldamento. Ora mi tolgo la maglietta, mi abbandono all'acqua gelida. Mi immergo, sono solo. Sento il fiato venire meno. Riemergo, riprendo a correre. Ancora bagnato, trovo un prato di margherite. Sono bianche e gialle, come le vostre facce quando vi vedevo dietro. Loro non sudano, non graffiano. Mi stendo su di loro, mi accarezzano con la complicità del vento. Le sfioro con le dita, come non ho mai sfiorato nulla in questi anni. Come vorrei sfiorare una donna. La Natura mi parla. Mi chiede di proseguire. Scopro una distesa di ortiche. Scalzo, inizio a correrci sopra e non sento dolore. Non c'è più dolore, non c'è più dolore. Oltre la distesa, c'è un lago di montagna. C'è un tronco di pino su cui mi siedo. Dio, riesco a sedermi. Un tronco di pino che non mi graffia; mi bagno la fronte, ritorno a sedermi. Ora, sento solo il silenzio. La vita che rallenta. Ora sento solo il silenzio. La Vita che si ferma. Sento solo il silenzio, sento solo la Vita. Sento la Vita. La Vita. Ora la sento davvero