Il sole appena sorto luccicava tremolando sulle foglie verdi dei giganteschi ulivi.
Come tutte le mattine dalla stretta strada sterrata si intravedeva la sagoma in bicicletta di Desiderato, tarpano di nascita.
Da molto tempo si consumava questo cerimoniale, forse da sempre.
Desiderato, si alzava prestissimo la mattina, scatarrava come una bestia per le troppe sigarette, bestemmiava tutti i beati, per non far torto a nessuno, metteva la cuccuma sulla fornacetta caricata ad orzo, si preparava le erbe selvatiche che aveva trovato la sera prima nei campi incolti, si imbottiva il petto di vecchi giornali per non far passare il freddo, indossava un lacero giubbotto e finiva con un impermeabile di cui era rimasto ormai poca cosa. Non dimenticava mai la vecchia coppola di velluto di colore imprecisato, forse marrone, lasciata da suo padre.
Saliva sulla sua legnano un po' cacalettosa e partiva.
Goffo, minuto, con un gran cranio che gli deformava la faccia, quella faccia smorta, arruffata per la barba rossiccia spuntata a casaccio sul mento e sopra il naso; un'andatura da orso un paio di occhi da bue muschiato orfano.
Nell'insieme era dignitosamente pezzente.
La moglie, miseranda, per la vita che conduceva, era già vecchia, nonostante i suoi trentotto anni. Donna meridionale energica, orgogliosa e testarda.
Pina, così la chiamava Desiderato, in realtà il suo nome di battesimo era Giuseppa nome che aveva preso dalla nonna paterna, aveva messo al mondo quattro figli tutti sani e belli come il sole, il più piccolo Rocco aveva quattro anni. Lo aveva chiamato così In onore del santo custodito nella chiesa del Carmine cui era devota. Spesso andava ad accendere le candele per chiedere qualche grazia che non veniva mai, ma lei era molto fiduciosa e perseverava, sperava che cose potessero mutare. Era orgogliosa nel vedere al collo del Santo la catenina d'oro di suo figlio che la comare gli aveva regalo per il battesimo e che lei aveva generosamente donato.
Nonostante il fardello della famiglia, capitava spesso che Pina facesse lavori stagionali come bracciante agricola. Andava a raccogliere mandarini, arance, cipolle di Tropea.
Era veramente dura soprattutto in inverno, quando la povera Pina rimaneva chinata con il culo per aria a raccogliere olive dalla mattina alla sera sotto il vigile controllo degli infami negrieri caporali.
Desiderato, aveva fatto tutti i misteri ed ora faceva il potatore, mestiere che aveva appreso da suo padre, si arrampicava sugli alti ulivi secolari con una facilità che suscitava invidia nei suoi compagni di lavoro. Era veramente bravo e sicuro che non voleva mai legarsi con la corda di sicurezza, anzi quando gli altri lo facevano lui li scherniva suscitando ilarità in tutti i potatori.
Un giorno di marzo, quando il sole era già alto, i carabinieri bussarono alla porta di Pina, entrarono e gli comunicarono che suo marito era ricoverato in gravi condizioni in ospedale, era caduto e si era spappolato la milza.
Pina dapprima sgranò gli occhi poi, si strappò i capelli e a darsi schiaffi. Aveva capito ma non ci voleva credere, Desiderato era tutto per lei e lei aveva condiviso la malasorte con dignità.
Era triste vedere che da quella stradina sterrata non si intravedeva più la sagoma di Desiderato, era come si fosse spezzato un incantesimo, mancava qualcosa. Il giorno del funerale lo scirocco soffiava così forte fino a fare lievitare la polvere della stradina, Desiderato non c'era ma, la gente giurava di averne intravisto la sagoma immersa in quella nuvola di polvere.