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IL PICCOLO CACCIATORE DI DRAGHI - Capitolo primo
DANIEL
Era un tardo pomeriggio come tanti, in una regione che un tempo veniva chiamata "Terra fra due Mari". Il sole ripiegò ad ovest per consentire all'ombra degli alberi di allungarsi a dismisura, ed un folto gruppo di corvi si posò sulle rovine di quello che un tempo era stato un grande tempio, lasciando presagire nulla di buono.
Poco distante, un piccolo cacciatore aveva deciso di allontanarsi dal resto della famiglia per raggiungere un luogo particolare con la speranza di catturare una pericolosissima creatura...
<< Daniel! Dove vai? >> chiese suo fratello.
<< A caccia di draghi! Tornerò prima del tramonto! >> rispose il bambino in modo rassicurante senza neanche voltarsi.
<< Stai attento piccoletto! E non ti allontanare troppo! >> ribadì il primo di rimando.
Daniel era un vivace bambino di undici primavere, ma in cuor suo si considerava già un piccolo e coraggioso cavaliere, sempre pronto a proteggere i più deboli con l'aiuto della sua invincibile spada.
In realtà, i draghi che combatteva erano piccole ed innocue lucertole e la sua arma era una spada costruita da suo nonno semplicemente unendo due fascette di legno di misure diverse. Paladini e cavalieri in brillanti armature, leggende di draghi, maghi malvagi e principesse da salvare... queste storie lo avevano da sempre affascinato.
Quel giorno il piccolo Daniel era molto contento: si stava allontanando dalla casetta dei nonni per andare a visitare un'antica tomba che si trovava in un campo poco distante. Alcuni contadini ne avevano parlato con suo nonno la sera prima; si trattava di tombe scavate nel terreno, una delle quali conteneva oggetti probabilmente appartenuti ad un antico guerriero. Per loro erano solo stupidaggini ma per Daniel era l'occasione giusta per andare a visitare il luogo dove giacevano, da moltissime primavere, i resti di un valoroso cavaliere, forse un autentico cacciatore di draghi.
Quando arrivò in quel campo abbandonato non trovò gli altari di marmo, statue, vasi e decorazioni come aveva immaginato, ma soltanto delle buche umide dalla forma rettangolare, parzialmente coperte da roccia, piante e mattoni. La sua delusione però non prese il sopravvento sulla curiosità, per lui era comunque una piccola e misteriosa avventura. E poi era il luogo ideale dove poter scovare Hidryral, il più feroce e potente fra i draghi sputa fuoco. Si diceva che era ricoperto di scaglie durissime, rese così resistenti perché cosparse da polvere di stelle cadenti, perforabili solo da armi con la punta di diamante.
Cominciò così a guardare all'interno di una tomba semi aperta. Nonostante il pericolo evidente decise di sporgersi di più, e per mantenere l'equilibrio allentò la presa sulla sua spada che scivolò subito giù nella fossa. Fu colto dal panico, ma per niente intenzionato a rinunciare alla compagna di tante fantastiche avventure, cercò di recuperare la sua arma con l'aiuto di un ramo secco.
Daniel perse l'equilibrio e dopo un piccolo volo batté la testa contro un sasso sporgente, perdendo così conoscenza. Fu ritrovato al tramonto dal fratello e da suo padre. Respirava ancora. Lo portarono subito via, lontano da quel luogo.
Solo il corpo però...
La sua mente era rimasta in quella tomba, ma qualcosa era cambiato.
Daniel impugnò la spada e con un semplice gesto uscì dalla buca senza fare il minimo sforzo. Ora intorno a lui era tutto più morbido anche l'aria sembrava soffice. Un mondo strano, apparentemente racchiuso in una cornice fatta di aria densa, tanto spessa da rendere tutte le cose all'intorno come rarefatte.
Il luogo sembrava lo stesso, ma i colori, le luci e le ombre, gli stessi alberi, tutto aveva una consistenza innaturale, tutte le cose parevano essere in continuo, impercettibile, movimento.
Ma Daniel non si meravigliò più di tanto, la sua attenzione era rivolta allo strano cambiamento che sentiva esser avvenuto in lui. Non sentiva più la stanchezza, fame e sete erano solo un ricordo. Faceva delle lunghe corse senza stancarsi, era velocissimo e si sentiva quasi invincibile. Nella sua mente di bambino non aleggiava la domanda del perché di quella alterazione nel percepire le cose. E poi tutto era così reale.
Ormai era quello il suo mondo, non restava altro che esplorarlo ed iniziare una nuova avventura cercando di scovare delle strane creature da combattere e da catturare.
Fu quella pioggia così improvvisa a consentirgli di ritrovare in parte la razionalità che sembrava aver dimenticato. All'inizio accolse quell'evento naturale con un sorriso. L'acqua non era né calda né fredda; non sembrava neanche "bagnata". Una nuova sensazione.
Dopo tutto non è uno dei tanti desideri di ogni bambino giocare e sguazzare sotto la pioggia senza bagnarsi? All'improvviso si fermò a guardare quelle gocce che cadevano dal cielo. A causa di un leggero venticello seguivano un'imprevedibile traiettoria che il bambino cercò di interrompere. Con un gesto naturale voltò il palmo della mano verso l'alto, con l'intento di raccogliere un po' di pioggia, forse per sentire quello strano effetto di riuscire ad afferrare qualcosa di bagnato consapevole che la mano sarebbe subito ritornata asciutta. Dopo un attimo di smarrimento, terrore e sconforto presero il sopravvento nella mente del bambino. Non era stato in grado di fermare la libera caduta delle gocce di pioggia, queste passavano dritte attraverso la sua mano, per poi finire il loro viaggio sul terreno. Fu in quel momento che capì di non appartenere a quella "realtà", così diversa da quella in cui aveva vissuto sino ad ora. Lasciò cadere la sua spada, a terra. A quel punto non contava più niente: il gioco era finito.
Si sentiva terribilmente solo, gli mancavano sua madre, suo padre, i suoi fratelli. Trattenere le lacrime era impossibile, del resto anche gli eroi piangono e lui non era da meno. Si rannicchiò sotto un albero e, oramai rassegnato non sapendo più che cosa fare, continuò a piangere per lungo tempo, ma in quel luogo il tempo era un concetto difficile da definire.
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