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Quaglia Roberto Vigile urbano: La morte di Iris
Sguardo fisso, occhi rossi, divisa stropicciata. Non riesce a distogliere lo sguardo da quel corpo inanimato coperto dal lenzuolo bianco. La signora Iris.
"È sbucata all'improvviso, non ho potuto fare niente." Mario racconta l'accaduto con voce monotona, inespressiva. Loris, con lui sullo scooter, resta in silenzio e ogni tanto accenna un segno di assenso con la testa. Il brigadiere rilegge il verbale e chiede conferma. Sembra perplesso, forse é solo scosso. Pinuccio, questo il nome del carabiniere, guarda il vigile urbano quasi a chiedergli soccorso, ma Roberto Quaglia sembra assente nonostante la mente appannata dal dolore. Sta macinando pensieri. Nessun testimone. Com'è possibile? Un incidente sulla via principale del paese alle sette di sera in giugno e nessuno vede nulla, nessuno sa nulla.
È sbucata all'improvviso... Perché quelle parole gli suonano false? Certo è difficile essere obiettivo. Era legatissimo a Iris. Sempre gentile, una sorta di nonna per tutti, sua in particolare. Una presenza discreta, sempre sorridente, sempre disponibile. Non riesce a stare concentrato, troppi ricordi, troppo dolore.
Sbucata all'improvviso? Sbucata da dove? Stava uscendo dal cortile di casa. A volte le persone fanno cose strane, ma proprio non riusciva a vedere quell'anziana signora piombare sulla strada dal sentiero cortissimo che collegava il cortile alla strada principale. Un tratto ripido e disagevole, perfino lui avrebbe avuto difficoltà a effettuare quella manovra. La rivedeva in bicicletta, prudente, sempre attenta, spesso camminava a piedi con le borse della spesa infilate nel manubrio. Come poteva sbucare all'improvviso? È anche vero che Mario e Loris sono due bravi ragazzi, magari non particolarmente svegli, ma nulla motiva la sua riluttanza a credere nella loro versione. Perché dovrebbero mentire? Quale altra spiegazione potrebbe esserci? Strada completamente dritta, deserta, visibilità perfetta. Eppure non si rassegnava ad accettare questa verità.
Si incamminò lungo il vialetto dove avevano parcheggiato lo scooter.
Nessuna ammaccatura o quasi, anche la bicicletta non mostrava segni evidenti dell'impatto, solo il manubrio era piegato in un modo strano, sembrava quasi fosse stato forzato. Fece un cenno per attrarre l'attenzione di Pinuccio. Nonostante il momento tragico non poté fare a meno di ricordare tutte le volte che aveva ironizzato sul quel nome: come puoi pretendere di essere preso sul serio? Un carabiniere che di nome fa Pinuccio motiva le barzellette sull'arma. Per la verità quel diminutivo era frutto di un lungo percorso: all'anagrafe Giuseppe, per la nonna Giuseppino, per la mamma Pino, per gli amici Pinuccio. Rilessero il verbale: la donna in sella ad una bicicletta Bianchi colore grigio argento, sbucava da destra uscendo dal cortile della propria abitazione, mentre sopraggiungeva uno scooter che nonostante la velocità contenuta non poteva evitare l'impatto. Soccorsa dagli stessi investitori... Quale impatto? Non serviva essere Sherlock Holmes per capire che non c'era stato nessun impatto. Bastava guardare i due veicoli.
Mario e Loris, in piedi vicino all'auto dei carabinieri e a meno di tre metri dal corpo non ancora rimosso, stavano parlando tra loro. Non sembravano particolarmente agitati e non avevano nemmeno l'aria angosciata che dovrebbe avere chi ha appena provocato la morte di una persona. Non significa nulla, si ripeteva, ognuno reagisce in modo diverso. Non riusciva a farsene una ragione, avrebbe voluto approfondire molti particolari ma non aveva voglia di parlare con loro. Non era in condizione di farlo. Era certo che le cose erano andate diversamente, ma non aveva fretta. La fretta è cattiva consigliera. Una delle frasi preferite di Iris.
"Roberto per favore non puoi far cessare tutto questo baccano? Lei pativa il rumore". Non si era accorto che Ottavio lo aveva affiancato e segnava con il dito il capannello di curiosi che non accennava ad andarsene. Quella voce bassa, senza odio, senza acredine aumentava la sua rabbia. Si girò a guardarlo, non gli aveva mai visto tanta dolcezza negli occhi, una dolcezza che contrastava con i lineamenti del viso, ancora più tirati del solito. Ottavio. Uomo dai modi asciutti, quasi bruschi. Sempre educato, ma quasi scorbutico, dava poca confidenza e se ne prendeva ancora meno. Spesso aveva chiesto a Iris se il marito mal sopportasse la sua presenza e ai suoi dinieghi non aveva mai creduto del tutto. Dovette ricredersi quella volta che, ricoverato in ospedale per un brutto incidente, se lo ritrovò davanti con il cappello in mano e gli occhi lucidi. Lo accarezzò sulla fronte e non disse una parola. Solo un sorriso prima di andarsene. Seppe poi dall'infermiera che era rimasto tutto il tempo dell'operazione seduto in silenzio, in disparte. Cinque ore di lunghissima attesa solo per una carezza e un sorriso.
Iris e Ottavio. Due persone semplici, di poca cultura ma di grandi valori. Non si era mai reso conto di quanto fossero presenti nella sua vita. Si sentiva colpevole, per non averglielo mai detto. L'immagine di Iris era talmente forte e viva che avrebbe potuto dirglielo adesso. Iris con il suo immancabile grembiule da cucina. Non riusciva a completare un pensiero perché subito se ne sovrapponeva un altro. La rivedeva muovere la testa in segno di disappunto ogni volta che lo beccava a guardare Silvia, "Trovati una brava ragazza, smettila di sognare quella degli altri". Inutili tutti i tentativi di negare, sembrava leggerlo nel pensiero. Silvia. Alzò lo sguardo e la vide in disparte con gli occhi lucidi, per un attimo pensò di raggiungerla. Quasi si vergognò di quel pensiero.
"Non ha attraversato la strada. Non è sbucata all'improvviso. Stanno mentendo per non avere rogne". Pronunciò quelle parole sfilandosi la giacca della divisa, quasi a liberarsi di un peso.
"Lo so" disse Ottavio con lo stesso tono sereno. "Lo so, ma voglio che tutto finisca in fretta. Voglio che riposi in pace."
* * * * *
Anche nelle piccole comunità il tempo brucia in fretta. La morte di una vecchia signora interrompe la normalità solo per qualche attimo. Qualche commento, qualche ricordo, qualche...
Roberto Quaglia è fermo da quasi un'ora, in piedi davanti allo scooter posteggiato nel piazzale della fabbrica. Il sole picchia forte, il cemento e la totale assenza di vegetazione rendono la temperatura insopportabile. I pochi passanti guardano la scena incuriositi, qualcuno accenna un gesto di saluto. Il vigile urbano, immobile, non sembra accorgersi di niente. Non controlla nemmeno l'ammaccatura, non ne ha alcun bisogno, nella sua mente ha ricostruito la scena minuziosamente, l'ha rivista migliaia di volte. Mario lo trova così all'uscita dal lavoro.
Resta immobile anche quando comincia a parlare, gli racconta di due amici che per ingannare il tempo fanno un giro, guardano le ragazze, magari quello seduto dietro dice qualcosa, ma il rumore, il vento, impediscono di distinguere le parole, allora fai un movimento, un attimo di disattenzione, forse ti giri e... " Stronzo. È andata così vero?" La frase è accompagnata da una espressione cattiva, di quelle che non ti lasciano margini, che rendono impossibile mentire, soprattutto se sei un ragazzo normale, se da quel momento non hai pensato ad altro. "È andata così?" ripete il vigile quasi pretendendo una conferma. Un lungo silenzio. "Loris mi ha chiesto l'ora. Mi sono girato un attimo, andavamo piano, l'ho agganciata con il manubrio, è volata via..." Le ultime parole furono accompagnate da un singhiozzo, probabilmente il primo da quando era successo l'incidente. Roberto non si gira nemmeno a guardarlo, non c'era spazio per la comprensione e il resto non gli interessa.
Si sbottona il colletto della camicia e si allenta la cravatta, raggiunge l'auto e si toglie la giacca, sta per scaraventarla sul sedile posteriore, ma sente i rimbrotti di Iris e l'appende con cura all'apposito gancio.
Se fosse una di quelle fiction che tanto lo appassionano, adesso si guarderebbe intorno e scorgerebbe Iris che gli sorride prima di voltargli le spalle e incamminarsi verso una meta sconosciuta. Suona il cellulare, sul display compare la scritta comandante, lo lascia suonare. Mentre gira la chiave dell'auto pensa compiaciuto alla reazione furiosa del suo superiore, anche se stavolta non c'è malignità in quel gesto ma solo la voglia di tornare alla normalità.
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0 recensioni:
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laila il 10/03/2012 21:35
Bel racconto, scritto bene, da vero scrittore. Complimenti
Anonimo il 13/09/2010 13:33
Molto bello, scorrevole e coinvolgente! Si legge tutto d'un fiato!
- ... una "banaledistrazione", e una persona ci rimette la vita...
... l'uomo, non può mai restare indifferente ad un simile fatto, nemmeno se è un vigile...
Ivan questo tuo racconto è molto bello e... m'ha commossa!... bravo!
- Il magistrale stile della semplicità, pulizia e scorrevolezza.
Complimenti Ivan
Anonimo il 28/04/2010 21:30
Splendido racconto, impeccabile e coinvolgente. Come sempre le tue Opere, del resto.
Buona serata.
Anonimo il 25/04/2010 22:23
Molto toccante, ambientato in un piccolo borgo, ma, forse proprio per questo, più significativo. La cosiddetta morale: la scomparsa d'una persona anziana non può essere ignorata! Notevole...
- un film che ci prende e ci immerge nella scena vivendo il tutto con la mente, cgli occhi e le emozioni di Roberto.
che dire...
très magnifique 
amico mio sei sempre più bravo
- Bel racconto, si legge d'un fiato, lascia spazi di riflessione. Ma tutti i racconti di Ivan sono ben costruiti e ben scritti!
- Come sempre riesci a coinvolgere chi legge con descrizione di eventi e personaggi dipinte con maestria. Bravissimo, ma non è una novità.
Un sorriso.
- È sempre un piacere leggere i tuoi racconti, Ivan, perfetti e coinvolgenti. Complimenti, concedimi lo spazio, che possa esser una Pasqua serena
M.

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