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Notturno
1.
L'odore dominante di quel locale sotterraneo era quello di muffa, ma piacevolmente lieve e per nulla stantio, quasi a ricordare l'originale funzione per cui le cantine erano state inventate. In quella, però, non vi erano rastrelliere piene di polverose bottiglie di vino o salumi allegramente appesi a profumare l'aria di intensi effluvi alimentari. I pochi oggetti presenti nell'ambiente erano un paio di sedie, un tavolino di formica e una strana cassa la cui oscura mole svettava in un angolo quasi completamente buio nella parte opposta del locale.
Sulla seconda sedia, quella non occupata da me, vi era una figura umana, polsi e caviglie strettamente assicurati da una corda e con la testa reclinata sul petto, inerte come fosse narcotizzata o priva di sensi. Ancora non dava segno di volersi svegliare, quindi mi assestai meglio sulla traballante e vecchia seggiola impagliata che occupavo e attesi.
Girai la testa verso l'unica feritoia che collegava quel locale ipogeo con il resto del mondo. In realtà la feritoia non dava direttamente verso l'esterno, ma su di un pozzetto in cemento che sbucava all'aria aperta un paio di metri più in alto. Un altro piccolo accorgimento, pensai, per rendere la sua tana ancora più sicura e inaccessibile al mondo esterno. Un lieve chiarore filtrava ancora da quell'angusto pertugio, ma stava velocemente scemando. Eravamo già oltre l'ora del tramonto e gli ultimi baluginii di luce solare stavano cedendo il campo all'oscurità della notte.
«C'è ancora tempo. » pensai e mi alzai per assicurarmi che i legacci fossero ben stretti e lo trattenessero alla sedia metallica senza che potesse avere alcuna possibilità di liberarsene. Se fosse successo, non sapevo cosa sarebbe stato di me, ma in quel momento ero convinto che non sarei sopravvissuto per scrivere questo resoconto.
In quegli ultimi attimi prima che il confronto iniziasse, ebbi un moto di dubbio per ciò che mi apprestavo a fare. Dall'inizio dell'impresa sapevo che avrei messo in gioco la mia vita e, probabilmente, anche qualcosa in più, ma l'impulso di sapere era talmente forte nel mio animo che avrei rischiato tutto il necessario per avere quelle risposte che mi tormentavano e che non avrei potuto ottenere in nessun altro modo.
Il momento passò e nel tempo che ancora mi rimaneva prima del suo risveglio ripensai a tutto quello che avevo compiuto per giungere fino al punto in cui mi trovavo.
Sono un accademico, un professore specializzato in storia balcanica e da anni conduco una ricerca sul fenomeno del vampirismo. Così come molte superstizioni del voodoo sono state svelate grazie alla moderna scienza, così avevo intenzione di fare per questo fenomeno condannato come abominio diabolico e che invece, a mio avviso, poteva essere inquadrato in modo scientifico e rigoroso e spiegato, e probabilmente addirittura riabilitato, agli occhi della società e della religione. In caso contrario, avrei probabilmente scoperto in prima persona cosa significasse essere un figlio delle Tenebre.
In realtà ero pronto per entrambi gli scenari: il mio spirito razionale credeva e sperava in una spiegazione del fenomeno, ma dentro di me sapevo che forse secoli di leggende potevano avere un fondo di verità e, in quel caso, avrei scoperto una dimensione dell'essere notevolmente differente da quanto siamo soliti immaginare.
Per raggiungere il mio scopo, però, avevo bisogno di un contatto diretto con un soggetto di questo tipo e quindi mi misi alla ricerca. Passai mesi cercando persone che potessero fare al caso mio finché, un giorno, mi imbattei in quest'uomo, che non nominerò per la mia incolumità. Feci alcune indagini e scoprii che poteva permettersi un'esistenza riparata dal mondo e che apparentemente non aveva vita sociale né professionale, arrivai persino ad infiltrarmi in casa sua mentre lui era assente e qui trovai un elemento che mi convinse a fare ciò che sto compiendo ora.
La sagoma nell'angolo più oscuro di questa cantina è in realtà un sarcofago, riempito di terra, nel quale circa un'ora fa avevo trovato il corpo apparentemente inanimato del mio ospite, che ho provveduto a immobilizzare sulla sedia. Il sarcofago è un elemento ricorrente nelle storie di vampiri, ed è il dispositivo che, riempito di terra consacrata dei camposanti, permette loro di riposare e di ricaricare le proprie energie vitali.
C'era anche un'altra possibilità, ossia che avessi di fronte un mitomane psicopatico che semplicemente dava sfogo alle proprie ossessioni in quel modo, quindi in una maniera, in fondo, del tutto innocua.
Lo avrei scoperto presto. Dalla feritoia non filtrava più alcuna luce. L'unica sorgente luminosa della stanza era una candela, che la illuminava fiocamente ed in maniera incerta e tremolante.
Vidi la testa dell'uomo muoversi impercettibilmente. Ora ero nel suo regno, a casa sua, con l'unica difesa affidata ad una corda che lo doveva tenere imprigionato.
Tra poco avrei saputo.
2.
Passarono ancora alcuni istanti, poi finalmente l'uomo alzò la testa e fissò il suo sguardo nel mio.
«Professore, che ci fa lei qui? »
«Non ha mai risposto ai messaggi che le ho lasciato. Forse poteva esserci un modo più civile per incontrarci, ma lei non me ne dato modo. »
Allora l'uomo provò a muovere le braccia, ma si rese conto di essere legato. Parlò con espressione sorpresa e forse un poco divertita.
«Tutto questo non è necessario, le assicuro. Se non sapessi così bene chi è lei, potrei persino preoccuparmi per l'incolumità della mia persona. »
«Sa benissimo che non è per questo che sono venuto qui stasera. Ci sono altre cose che voglio sapere da lei e purtroppo non avevo altro modo per parlarle di argomenti che riterrà estremamente personali. »
L'uomo si aggiustò un po' meglio sulla sedia piegandosi leggermente verso di me.
«Lei non sapeva per certo che cosa avrebbe trovato qui, questa sera, o sbaglio? »
Girò la testa per guardare i legacci che lo tenevano vincolato a quella sedia e annuì brevemente e in modo sconsolato.
«D'accordo» proseguì «sembra che sarò costretto a sottostare al suo volere, quindi cosa ne dice se saltiamo i convenevoli e mi chiede ciò che vuol sapere? »
«Perché così tanta fretta? » gli chiesi in tono quasi canzonatorio «Ha forse impegni per il resto della nottata? »
«Sicuramente qualcosa di più piacevole e interessante che non stare qui legato ad ascoltare i suoi deliri... professore! » mi rispose in tono analogo.
«D'accordo, allora cominciamo con il suo... vogliamo chiamarlo "giaciglio"? » dissi in tono inquisitorio indicando l'oscura massa del sarcofago ad alcuni metri da noi.
«Andiamo, non offenda la mia intelligenza... » mi fermò «non è per questo che rischia una denuncia per violazione di domicilio e sequestro di persona, professore! C'è ben altro che lei vuol sapere, giusto? »
«Se è così ben informato sulle mie necessità, perché non mi spiega lei che cosa sono venuto a cercare? Così ci risparmieremmo un sacco di tempo e di parole. »
«Sono perfettamente d'accordo. Allora vediamo... » disse spostando obliquamente lo sguardo verso l'alto come a compiere un considerevole sforzo di deduzione «lei si occupa di storia balcanica, ho letto i suoi articoli sulla sua tesi riguardo alla porfiria in relazione alle manifestazioni di vampirismo, in più mi ha trovato addormentato in una cassa piena di terra. Dannazione! Non riesco proprio a capire cosa diavolo lei voglia da me! » concluse in tono ironico.
Non dissi nulla, lasciando che il mio interlocutore portasse a compimento quello sfogo.
Infine, cambiando espressione in una maschera gelida dallo sguardo penetrante, mi disse «Professore! Non prendiamoci ulteriormente in giro, lei è venuto per sapere se sono o non sono un vampiro! »
Tacqui ancora, ma egli non pareva ancora disposto a svelare le sue carte. Riacquistò una parvenza di serenità e mi guardò senza astio, la testa inclinata in una chiara espressione di pura curiosità.
«Ora, però, vorrei capire» continuò l'uomo in tono riflessivo «quale sarebbe la risposta che la soddisferebbe maggiormente... o quella che la spaventerebbe di meno. »
Mantenni un contegno per quanto possibile distaccato e cercai una risposta che lo inducesse a proseguire.
«L'unica cosa che mi renderebbe veramente felice è la verità. » dichiarai laconicamente.
«La verità, dice... » ripeté pensoso «ma raramente la verità è fonte della nostra gioia. Ecco perché è così difficile da ottenere. »
Mi squadrò per un attimo e poi riprese a parlare.
«E sentiamo, per ottenere questa tanto agognata verità, che cosa sarebbe disposto a mettere in gioco? I soldi? La carriera? La sua fama di accademico? Oppure anche altro? La sua vita? La sua ANIMA? »
Pronunciò quest'ultima parola quasi urlando, al termine di un crescendo che, una volta cessato, lasciò un pesante muro di silenzio fra noi. Stentai a romperlo con una voce che, quando uscì, mi meravigliò per la calma che lasciava trasparire. Ma in quel momento non era la calma il sentimento che mi pervadeva e sapevo che lui poteva sentire la paura cominciare ad insinuarsi dentro di me.
«Tutto ciò che sarà necessario. » dissi. Lapidario, laconico, non riuscii ad aggiungere altro. Vidi un lampo di assenso nell'espressione del mio interlocutore e un breve cenno del capo.
«D'accordo, allora, sia pure come vuole lei. »
Indicò la cassa e mi chiese «Lei, onestamente, pensa che io sia pazzo? Un innocuo pazzo che si diletta a dormire in maniera un po' strana? Risponda con sincerità. »
«Chi è pazzo di solito non lo ammette così apertamente, lei che ne pensa? »
«Se fossi pazzo lei sarebbe ragionevolmente al sicuro. Potrebbe slegarmi, io potrei anche considerare di non denunciarla e la cosa finirebbe qua. Ma se non lo fossi... »
«Per questo ho preso le mie precauzioni. » gli dissi indicando le corde.
«Sì, me ne sono accorto... »
«Allora? » lo incalzai «Io ho scoperto le mie carte, vuole scoprire le sue? »
«E sia. » disse, e cominciò a raccontare.
3.
«Il mio nome è <omissis> <omissis>, sono nato a <omissis> esattamente cinquecentocinquantotto anni fa. Io sono un vampiro»
Con queste parole, l'uomo legato davanti a me cominciò la sua rivelazione. Capirete perché sono restio ad indicare il suo nome e spero vogliate perdonare la mia pavidità, ma vi assicuro che ho le mie buone ragioni e al termine di questa cronaca converrete con me che questa sia per me l'unica soluzione possibile.
L'uomo parlò come se rievocasse eventi avvenuti poco tempo addietro, con un tono estremamente distaccato e privo di emozione. Fu molto conciso nella sua esposizione dei fatti.
«Passai la mia infanzia nel paese che mi diede i natali, ma all'età di 19 anni decisi di andarmene per cercare fortuna in una grande città. Qui mi stabilii e imparai un mestiere come apprendista di un falegname. Vissi un periodo relativamente tranquillo, poi conobbi una ragazza e ci fidanzammo. In attesa della data delle nozze lei continuò ad aiutare la famiglia a condurre una piccola impresa commerciale familiare. Uno sfortunato giorno, però, nella bottega del padre entrò un rapinatore e cercò di rubare i pochi soldi che possedevano e qualche attrezzo. Il padre reagì contro l'aggressore e alla fine la figlia si prese una coltellata in pancia, morendo poco dopo in una pozza del suo stesso sangue. »
«Lo racconta come se fossero fatti che riguardano qualcun altro. » commentai.
«In effetti è così, » ammise in tono indifferente e quasi annoiato, «non sono più l'uomo che ero a quel tempo. Sono qualcosa di molto diverso, anche se lei ancora non ha compreso appieno questa verità. »
«Prosegua il racconto... » lo incoraggiai.
«Ovviamente il fatto mi gettò in uno stato di profonda prostrazione e sconforto poiché - inganno dei mortali - l'amore che provavo per quella debole e graziosa creatura mi obnubilava la mente al punto che la perdita di essa mi lasciò completamente svuotato. Il posto occupato fino ad un momento prima da quel travolgente sentimento d'amore fu preso per intero da una analogamente travolgente rabbia, pura, incontenibile, per la quale avrei venduto l'anima pur di soddisfare la sete di vendetta che mi pervadeva ogni fibra dell'essere. E in effetti, in un certo qual modo, lo feci. »
Il suo tono assunse una sfumatura di complicità e, inclinandosi verso di me per quanto i vincoli gli permettevano, l'uomo continuò.
«Alcune notti dopo, ero insonne nel letto, piangente di rabbia e dolore per la perdita della ragazza quando, all'improvviso, sentii un soffio di vento nella camera e mi accorsi che ai margini del chiarore lunare proiettato nella stanza dal rettangolo della finestra stava una figura oscura e imponente. Mi trattenni dal fuggire e gli gridai "Chi sei?". La risposta venne così potente e nitida nel silenzio della notte che sembrò penetrarmi direttamente nel cervello. "Io sono colui che può darti i mezzi per attuare la tua vendetta, se il tuo odio è sincero e puro come dimostri." Allora, ancora prima di capire, aprii la mia anima all'abisso che mi stava offrendo e accettai di tuffarmici dentro, senza riserva alcuna. Fu così che conobbi il mio Maestro e fu così che lui mi diede la seconda nascita. »
«Il suo maestro è ancora, diciamo così, in vita? » gli chiesi mosso da sincera curiosità.
Gli occhi gli si velarono di un alone di tristezza. «No, fu ucciso appena cinquant'anni dopo in una città lontana. Amava molto viaggiare e vivere tra genti sempre diverse. »
«Ma lei non è morto! La morte del suo maestro avrebbe dovuto implicare necessariamente anche la sua morte! »
«Forse quando muore una madre, il figlio che ha generato muore con lei? Non sia sciocco, sono solo stupide superstizioni. Lei cerca altro, cerca la verità. Si prepari ad accettarla com'è per davvero, senza preconcetti.
Per concludere la mia storia, una volta trasformato e rinato alla vita oscura riuscii senza grossi problemi a rintracciare il bandito che aveva tolto la vita alla mia fidanzata e una notte lo andai a trovare e lo uccisi. Non ne feci un vampiro - oh no - patì una morte lenta, atroce e dolorosa, per ripagarmi del male che mi aveva fatto. E quello fu l'omicidio che confermò, nell'oscuro rito di sangue che il mio Maestro aveva preparato per me, il mio passaggio dalla non-vita alla non-morte. Per diventare veri vampiri bisogna uccidere con il gusto di farlo. »
«E poi che successe? » lo incalzai.
Con una smorfia di sufficienza rispose.
«Poi mi trasferii molte volte, nel corso del tempo, fino a stabilirmi qui, dove mi ha trovato lei stasera. »
«E cosa fa per sostentarsi... non mi riferisco al lavoro, mi capisce. »
«Certo che capisco. Vuole sapere se continuo ad uccidere? »
«Precisamente. »
«Sì, lo faccio ancora. » rispose lui in un tono calmo e quasi di sfida che provocò in me una reazione rabbiosa che riuscii a stento a controllare «Lo faccio, ma con molto meno piacere rispetto a quella prima, gloriosa notte in cui ebbi la mia vendetta. Ora lo faccio solo per nutrirmi. »
«Ma lei, essendo un vampiro, è immortale. Potrebbe anche evitare di nutrirsi e non morirebbe comunque. »
«Anche lei potrebbe digiunare per uno o due mesi prima di lasciarci la pelle, ma non lo fa. Salverebbe molti capi di bestiame dal macello. »
«Sono vegetariano. » risposi quasi meccanicamente.
«Oh, capisco... allora vede che una cosa in comune ce l'abbiamo? Una dieta particolare scelta consapevolmente in entrambi i casi. Ma la voglio rassicurare, molto spesso mi procuro sangue animale, non altrettanto raffinato dal punto di vista qualitativo, ma comunque nutriente. »
«Perché si è disturbato a specificarmelo? Ha paura che la immagini come il Principe delle Tenebre a caccia di mortali indifesi? Ha bisogno della mia assoluzione? Badi bene, perché in tal caso non l'avrà! »
«Ah! Ah! Lo sapevo! Parlare con lei è un vero piacere. Non mi pento di averla fatta entrare in casa mia. »
«Per la verità, mi sono autoinvitato. » lo contraddissi.
«Sì, sì, come vuole. Comunque ora è qui e tanto basta. Tra l'altro, non mi ha ancora fatto la domanda che tanto le preme. »
«E sarebbe? » gli domandai.
«Suvvia, non stia così sulla difensiva! Pensavo che ormai avessimo superato questa fase di diffidenza. E poi qui quello legato mani e piedi sono io! Mi conceda un po' di credito. »
«È vero» ammisi «c'è una domanda che mi preme sopra tutte le altre. Ed è quella... »
«... sull'immortalità. » finì il mio prigioniero per me.
4.
«Come fa a saperlo? » chiesi in un tono tra il sorpreso e l'incuriosito.
«Oh, non è poi così difficile. E sappia che non è nemmeno il primo che me la pone. Mi dispiace deluderla, ma è già successo, in passato. Altri miei simili pensano che io sia troppo interessato agli esseri mortali, ma non so che farci, parlare con alcuni di essi, badi bene, solo con quelli degni e meritevoli della mia attenzione, mi da un sottile piacere. Ma io sto divagando... mi ha chiesto come facevo a saperlo? Semplice, quale altra domanda di importanza suprema può rivolgere un essere mortale ad uno immortale? Io conosco e vivo uno stato che a lei è precluso, ma che la affascina moltissimo. Non vorrebbe diventare un vampiro anche lei? »
«Non al momento, grazie» declinai «ho altri progetti per il mio futuro prossimo. »
«Futuro dice... si, certo, lei è una persona ancora giovane e mi pare in forma, cura abbastanza il proprio aspetto fisico e questo le potrebbe dare, a meno di tragici inconvenienti, altri quaranta o cinquant'anni di vita. Per me è poco più apprezzabile della vita di una mosca o di una zanzara. »
«La ringrazio per il paragone. » dissi leggermente piccato.
«Pensavo avrebbe apprezzato la mia sincerità. Ad ogni modo, lei ha una data di scadenza, che non conosce ma che le impone un limite temporale, qualsiasi cosa lei faccia. »
«Come una mozzarella... » ironizzai.
«Esattamente! » disse ridendo alla mia battuta «Non mi sbagliavo a giudicarla: so riconoscere una mente brillante quando ne incontro una. »
«Quindi, intende rispondere? »
«Mi ponga meglio la domanda, allora. »
Quella richiesta mi lasciò per un attimo spiazzato. Avrei voluto che fosse lui ad articolare la risposta, ma evidentemente l'argomento dell'immortalità era così vasto che probabilmente non mi riteneva in grado di afferrare la verità così come lui poteva presentarmela, esatta e nella sua interezza. Mi ripresi e cominciai a domandare.
«Lei si renderà conto che la sua pur notevole età non è che una briciola in confronto all'età dell'universo. Dopo più di cinquecento anni le cose sono cambiate notevolmente, ma da qui in avanti potrebbero cambiare ancora più radicalmente. »
«Quindi, cosa vuole chiedermi? »
«Che cosa farà tra altri cinquecento, mille, un milione o dieci milioni di anni? »
«Vivrò. »
«La chiama vita questa? »
«Lei non si pone nemmeno il problema, per se stesso. Probabilmente non la preoccupa nemmeno il riscaldamento globale perché tra un secolo lei sarà polvere. Io invece vivrò. Mi adatterò, questo è certo, e con me i miei fratelli. »
«Andiamo ancora più avanti. Tra approssimativamente cinque miliardi di anni... »
«... il sole si esaurirà, si contrarrà ed infine esploderà distruggendo tutti i suoi pianeti. » disse come a puntualizzare una cosa ovvia «Sì, lo so, ho avuto modo di studiare astronomia e astrofisica. »
«E la cosa non la disturba? »
«Non tanto, ma ancora lei non può capire perché. »
«Ma il suo corpo verrà distrutto, non ci sarà cantina abbastanza fresca per ripararla da quel sole morente. »
«Come ho detto, non può ancora capire. »
«D'accordo» dissi alzandomi dalla sedia «se così non ci intendiamo, proviamo diversamente. » Pensai alla domanda successiva e questa mi affiorò naturale alle labbra.
«Il paletto! »
«Come dice, scusi? »
«Se qualcuno le trafiggesse il cuore con un paletto di frassino, la decapitasse o... »
«Aspetti, aspetti, mi dispiace deluderla ma non è così semplice porre fine alla nostra non-vita. »
«Hollywood la pensa diversamente... »
«Hollywood ha detto solamente ciò che conveniva alla nostra sopravvivenza. Nient'altro. »
«Ma lei, in fin dei conti può morire. »
«Non qui e non ora. »
«Ma se io distruggessi il suo corpo? Se lo dessi alle fiamme? »
«Concordo che non potrei più condurre la vita terrena che conduco ora, ma a che pro mi chiede questo? »
«Non avrebbe più la vita terrena... cosa le rimarrebbe allora? »
«Complimenti, professore, una domanda molto ben costruita. »
«E la risposta qual è? »
Facendosi serio, rispose «Mi rimarrebbe la vita in un piano esistenziale che lei non può concepire nemmeno se tentassi di spiegarglielo. »
«Lei ci provi comunque. »
«La sua è presunzione o puro desiderio di conoscenza? »
«Non eluda la domanda e risponda! »
«Va bene, ci proverò... lei sa bene che la nascita è l'ingresso di un essere vivente in questo piano di esistenza. » Io annuii. «Allo stesso modo, la seconda nascita e la confermazione del sangue trasformano un essere mortale in un essere trascendente. »
«Trascendente in che senso? »
«Nel senso che, oltre alla vita comunemente conosciuta e modificata per le necessità di questa condizione, vi è una nascita ad una condizione altrettanto materiale, ma più perfetta. »
«Una specie di vita eterna, come quelle che promettono le religioni? »
«A questo mondo, le religioni la promettono solamente, ma non ho mai parlato con qualcuno che l'abbia effettivamente ottenuta, perciò la sua domanda non è pertinente. »
«Non si arrocchi su posizioni filosofiche. Come sarebbe questa sua vita? »
«Oltre ciò che vede. Di più non posso farle capire. Se vuole la conoscenza perfetta, dovrei fare di lei un vampiro. »
Qui mi fermai. Quest'ultima affermazione, logica e plausibile cui giungemmo al temine di quel serrato scontro di intelletti, fu come il segnale del limite che avrei dovuto, ma non avrei mai voluto, valicare.
Mi rimisi a sedere e cercai un modo diverso di soddisfare le altre domande che mi ronzavano nella mente.
Ma era difficile, dannatamente difficile, poiché quella sincera e apparentemente onesta offerta di conoscenza era così allettante, vera e a portata di mano, che mi sarebbe bastato slegarlo e lasciare che compisse l'atto che mi avrebbe aperto le porte della rivelazione.
Ma non era questa la mia strada, ne ero sicuro. Accantonai l'ipotesi e ripresi a parlare con lui.
5.
«Non ti spaventa l'idea di non poter avere legami stabili con altri esseri umani? »
«Ah, un progresso, ora ci diamo del tu! Molto bene, me ne compiaccio! »
Poi mi rispose con un secco cenno negativo del capo.
«Dovrei? Il mio dominio trascende qualsiasi umana comprensione. Tu sei preoccupato che il tuo cane viva solo una decina d'anni? »
«Ricominci con le analogie poco lusinghiere? »
«Sei stato tu a portarmici. Ora rispondi. »
«D'accordo. Sì, mi dispiace che muoia prima di me. »
«Ma...? »
«Ma cosa? »
«Quando muore, cosa fai? »
Capivo chiaramente dove voleva arrivare. Risposi con un sospiro appena accennato. «Lo seppellisco e ne prendo un altro. »
«Per me è la stessa cosa. Siete troppo inferiori e fragili perché mi possa davvero importare qualcosa di voi. Posso apprezzare alcune persone, di altri mi rimane un ricordo più profondo, ma finisce tutto lì. »
«Se siamo esseri così inferiori, perché stai parlando con me? »
«A parte per il fatto che mi hai legato alla sedia? Anche tu giochi col tuo cane per trarne diletto, giusto? »
«Scusami, ma non credo che sia solo per questo. »
«Davvero? E per quale altra ragione allora? »
«Per ricordarti le tue origini? Per rivedere da vicino la condizione che hai lasciato? »
«Sinceramente non ne vedo il motivo... » disse lui.
«Lo sai che chi usa avverbi tipo "sinceramente", "veramente", "onestamente", quasi sempre lo fa per mascherare l'intenzione opposta? »
«Sì, ma tu ti riferisci agli esseri umani, non ai vampiri. »
«Forse non c'è poi così tanta differenza... »
«Non ci scommettere. » replicò glaciale.
«Se tu hai accettato lo stato di vampiro per attuare la tua vendetta, forse non lo avresti fatto in mancanza di uno stimolo tanto forte. »
«Non posso saperlo, visto che è andata così. »
«Lasciami fare un'ipotesi allora... » dissi alzandomi dalla sedia.
«Prego, fai pure... » mi incoraggiò con un gesto del capo.
«Dopo più di mezzo millennio ti trovi intrappolato in una condizione dalla quale non puoi uscire, esaurita la spinta iniziale che ti ha convinto ad accettarla ti è venuta semplicemente a noia la vita, ma non hai alcun modo di sottrarti ad essa. »
«Sei completamente fuori strada. »
Io invece ero convinto di stare colpendo nel segno, così continuai ad incalzarlo, in un crescendo degno di un brillante avvocato del foro.
«Credi? Lascia che finisca... Per alleviare questa tua ennui de vivre, hai sporadici contatti con persone che ritieni degne di condividere con te alcuni dei tuoi segreti e con le quali trai piacere nel filosofeggiare sulla vita e sull'immortalità. »
«Acqua, acqua... » mi canzonò mentre parlavo.
Continuando la mia arringa mi avvicinai a lui fino a trovarmi così vicino da poterlo toccare. Puntando un dito indagatore a pochi centimetri dal suo viso, infine, gli chiesi:
«In definitiva, se tu avessi la possibilità di tornare indietro, revocheresti questa tua innaturale e blasfema condizione per riabbracciare la vita umana, terrena, limitata, fragile e mortale? »
«No. »
La risposta arrivò così secca e decisa che in un istante mi accorsi di non aver centrato il punto. L'energia che mi aveva sostenuto in quell'atto di accusa si dissolse istantaneamente, le braccia mi ricaddero lungo i fianchi e feci un passo indietro. Pareva proprio che quell'essere godesse della propria condizione esattamente come se ne faceva vanto.
«Deluso? » mi chiese in tono ironico «Davvero pensavi di poter comprendere i miei pensieri? Davvero pensavi che sarebbe bastata la tua faccia tosta e un pezzo di corda per avere le risposte che cercavi? Mi dispiace, ma non è così. Ammetto che parlare con te è stato piacevole, finanche divertente, ma ora ti prego di andartene. Non voglio più aver niente a che fare con te e se mi cercherai o parlerai di me verrò a trovarti, ma non sarà per darti le risposte che cerchi o la vita che ora non comprendi. Sarà solo per darti la morte, eterna e dolorosa. »
Un momento prima egli era lì, davanti a me, legato mani e piedi alla sedia e poi, all'improvviso, un battito di ciglia dopo era scomparso, i legacci che fino a quel momento parevano imprigionarlo giacevano penzolanti dalla sedia o caduti al suolo.
In quel preciso istante mi resi conto che non c'era stato un solo attimo, in quella folle notte, in cui il mio ospite fosse stato davvero mio prigioniero, che mi aveva concesso udienza per qualche ragione che ignoravo e che, ancora più stranamente, mi concedeva quartiere per ritirarmi dopo tutta quella mia insolente messinscena.
Me ne andai alla svelta da quel luogo maledetto, uscii dalla sua dimora e non lo cercai mai più. Ancora adesso mi chiedo cosa sarebbe successo se avessi accettato la sua proposta di fratellanza in quel breve momento di comunione delle nostre menti, dal quale mi ero così pavidamente ritirato.
Non lo saprò mai, ma ora potete capire le ragioni della mia ritrosia a svelare ulteriori dettagli riguardo al protagonista di quella notte.
Non vorrei che venisse a trovare anche voi.
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- bella storia, articolata molto bene, spero che troverai le mie storie altrettanto interessanti. ciao a rileggersi
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