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La ragazza nel buio
Era oramai notte inoltrata e per essere nel mese di marzo il freddo era ancora pungente. Sara non si sarebbe mai aspettata di vedere la tangenziale così deserta, nemmeno con un tempo del genere. La stava percorrendo da oramai venti minuti abbondanti e se sommava le auto che procedevano nella sua stessa direzione, non sarebbe arrivata a riempire le dita di entrambe le mani.
"Avete notato come non ci sia in giro nessuno?" domandò ai tre compagni di viaggio: Mattia, seduto accanto a lei, Silvia e Christian sui sedili posteriori.
"Per forza," commentò Mattia osservando con scarsa attenzione la strada davanti a sé. "Fa un freddo cane e sono quasi le due."
Sara gettò un'occhiata al piccolo computer di bordo e spalancò gli occhi.
"Ragazzi, ci sono dodici gradi sotto zero. È una temperatura che fa venire freddo solamente a pronunciarla."
"Non puoi alzare un po' il riscaldamento?" le domandò Silvia dal sedile posteriore. Indossava un pesante cappotto di piumino con la cerniera tirata sul fino al mento e nonostante questo, Sara vide era tutta rannicchiata contro il fianco di Christian. Quest'ultimo le cingeva le spalle con un braccio cercando di passarle un po' del suo calore.
"Hai davvero così freddo? Se vuoi lo metto al massimo."
"Mi faresti un piacere."
Fu Mattia ad impostare la temperatura più alta (ventidue gradi), mentre Sara avvistò davanti a lei il cartello che segnalava l'uscita a Burago, cinquecento metri più avanti.
"Ci siamo, ancora una decina di minuti e saremo a casa."
Tutti e quattro dovevano ammettere che la serata era trascorsa in maniera semplicemente magnifica, ma ora la stanchezza si stava facendo sentire e non poco. Sara era abituata a guidare, essendo l'unica della compagnia a non bere alcolici, e non dava segni di cedimento, ma a Mattia e Christian si chiudevano gli occhi.
L'Alfa imboccò la rampa di uscita e dopo una lunga curva e un breve sottopassaggio, si trovarono alla periferia di Burago Molgora, un piccolo centro abitato distante una trentina di chilometri da Milano.
I quattro ragazzi abitavano a Cavenago Brianza, altro paese ancora più piccolo di Burago e quasi confinante con esso. Era da parecchio che non facevano quella strada e Sara sperò di ricordarsela ancora, anche se era difficile sbagliarsi.
Presero per pochi metri il provinciale che proseguiva parallelo alla tangenziale, dopodiché svoltarono a destra, in Via per Ornago. Qui Sara poté finalmente accendere gli abbaglianti non dovendosi preoccupare di eventuali automobilisti proveniente dalla parte opposta. La strada era piuttosto stretta e scarsamente illuminata, e anche se fosse sopraggiunta una macchina l'avrebbe vista in tempo per spegnerli.
Proseguivano ad andatura ridotta e ben presto iniziarono a sentire lo scricchiolio dei pneumatici sull'asfalto. La via era ghiacciata a causa della mancanza di abitazioni che la riparavano dal vento gelido (c'erano solo campi agricoli), e rallentò ancora di più.
"Stai attenta tesoro," le raccomandò Mattia osservando l'asfalto. Grazie agli abbaglianti infatti era ben visibile, e con esso anche il sottile strato di ghiaccio che lo copriva. Una lucida lastra trasparente di spessore ancora inferiore al centimetro, rotta qua e là da piccole crepe che le conferivano un aspetto sinistro. Inoltre il buio attorno a loro era completo a causa di una leggerissima foschia che copriva il cielo.
"Lo so," rispose lei non distogliendo per un solo secondo gli occhi dalla strada. "Ma fortunatamente il ghiaccio è ancora sottile."
Silvia e Christian erano insolitamente silenziosi quella sera e Sara, approfittando della strada dritta, li osservò attraverso lo specchietto retrovisore. Erano seduti quasi al centro dei tre sedili posteriori e stavano guardando anche loro la strada, ma con occhi stanchi.
Si voltò anche Mattia, ma qualunque cosa avesse in mente di dire gli si spense in gola.
"Attenta Sara!" le urlarono all'unisono Christian e Silvia balzando quasi sul sedile con gli occhi spalancati. Quest'ultima aveva visto le loro espressioni mutare all'improvviso e proprio per questo non era riuscita a togliere gli occhi dallo specchietto.
Quando lo fece non riuscì quasi a credere a quello che stava vedendo. Davanti a loro, a una decina di metri e completamente in mezzo alla strada, c'era una ragazza che camminava.
Sara pigiò al massimo il pedale del freno e strinse ancora di più il volante tra le mani; mentre rallentavano (non come avrebbe voluto a causa del ghiaccio), rimase a fissare la donna davanti a loro farsi sempre più vicina. I suoi lineamenti erano contratti in una smorfia di orrore che faceva venire i brividi, e sembrava non avere la forza di spostarsi dalla loro traiettoria.
Era ferma immobile a guardarli.
-No, non può finire così!- Fu il primo pensiero che si formò nella mente di Sara quando capì che le ruote slittavano troppo per sperare di fermarsi. -Ti prego Dio, fa che si sposti!-"Sterza Sara!" le urlò Mattia ma oramai era troppo tardi; la ragazza girò il volante, che rispose con lentezza. Erano a poco più di venti chilometri orari quando il paraurti centrò le gambe della donna.
"No!" urlò Sara disperata. Il corpo si piegò un attimo verso di loro, quasi a volersi appoggiare al cofano, dopodiché precipitò all'indietro e cadde due metri più avanti.
L'auto si fermò definitivamente a pochi centimetri dai suoi piedi. Per qualche istante regnò un silenzio assoluto, un silenzio che pesava su ognuna delle loro teste come un macigno.
"Oh mio Dio, cosa ho fatto!" esclamò Sara iniziando a tremare. Era terribilmente pallida, quasi cadaverica. I suoi respiri corti e affannosi somigliavano a quelli di una persona in preda ad un attacco d'asma.
"Calma tesoro!" la rassicurò Mattia il quale però era tutt'altro che calmo. "L'abbiamo appena toccata e probabilmente non si è fatta niente."
Non credeva nemmeno lui a quelle parole, ma perlomeno parvero distendere un attimo i nervi di Sara. Certo, l'avevano toccata a velocità ridotta, ma la possibilità che nel cadere avesse sbattuto la testa era tutt'altro che remota.
"Ora scendiamo tutti quanti e vediamo di aiutare quella ragazza," annunciò Mattia guardandoli attentamente uno alla volta. Silvia e Christian ricambiarono, ma Sara pareva intontita e continuava a fissare il corpo della ragazza ancora disteso a terra immobile. Le dita strette attorno al volante con tanta forza da far diventare bianche le nocche.
"Sara, piccola mia," le disse lui prendendole una guancia e costringendola a guardarlo. Stava piangendo.
"Io non volevo... non sono riuscita a fermarmi..." le sue frasi erano confuse ed era evidente lo stato di shock in cui era caduta. "E poi perché era in mezzo alla strada a quest'ora?"
-Domanda da un milione di euro!- Mattia avrebbe voluto risponderle così ma non lo fece.
"Lo so che non volevi Sara, non c'è bisogno di dirlo. Ora però lascia quel volante e scendiamo; tu vuoi aiutarla vero?"
L'unica risposta fu un cenno affermativo con il capo e subito dopo finalmente aprirono le portiere e scesero. Il gelo lì aggredì insinuandosi in ogni piega e fessura dei loro cappotti, ma al momento parevano non sentirlo. Le loro menti erano troppo scosse per badarci.
Silvia e Sara non riuscirono ad avvicinarsi più di tanto al corpo della ragazza investita, forse per paura. Fu Christian ad inginocchiarsi accanto ad esso e la prima cosa che notò era la mancanza di ferite. Era già qualcosa.
Un particolare del volto però lo fece quasi impietrire.
"Ragazzi, ha un pallore mortale," disse agli altri e subì un'occhiataccia da Mattia. Non era certo il momento di parlare in quel modo.
"Ehi," la chiamò Mattia facendo per toccarle una spalla. Aveva ancora le dita a qualche centimetro dal tessuto del suo cappotto quando gli occhi di lei si mossero. Un leggerissimo movimento sotto le palpebre, seguito da un breve lamento.
Era viva.
-Grazie a Dio!-
Finalmente Sara trovò il coraggio di avvicinarsi e guardare la ragazza. Questa aprì gli occhi e incontrò proprio i suoi. Non erano occhi di chi stava male, almeno così sembrava a Sara.
"Come ti senti?" La prima domanda che formulò la sua mente.
"Credo bene," rispose lei guardandosi intorno stranita e Sara poté sentire per la prima volta la sua voce. Malgrado la situazione era dolce, angelica e calda; contrastava totalmente con il colorito della sua pelle. "Solo un piccolo colpo alla schiena e alle gambe."
"Scusami tanto, io mi sono distratta e..." non seppe proseguire.
"Non fa niente," replicò lei alzandosi in piedi da sola. Per fortuna stava bene "Colpa mia che ero in mezzo alla strada."
Silvia era l'unica dei quattro amici a trovarsi ancora accanto alla portiera dell'auto e poteva osservarli per bene tutti quanti, in compagnia della misteriosa ragazza.
In quel piccolo quadretto illuminato dai fari dell'Alfa e circondato dal buio intenso della notte qualcosa non andava. I suoi occhi passavano continuamente da Sara alla ragazza, fino ad arrivare a Mattia e Christian, ma niente.
Eppure non si sentiva tranquilla.
"Non so ancora il tuo nome, come ti chiami?" Sara si era ripresa bene dallo shock iniziale e del piccolo gruppetto, sembrava essere quella più desiderosa di conoscere la giovane. "Io sono Sara."
"Samantha Ronchi," rispose questa passando in rassegna prima lei e poi i due ragazzi. Silvia era qualche metro più in là, ferma ancora vicino alla macchina a chiedersi cosa potesse non andare in quella ragazza.
"Okay Samantha, prima di aggiungere altro che ne dici di salire in macchina con noi? Se stiamo qui ancora un po' rischiamo di congelare!"
In effetti era così e se ne stavano accorgendo anche Mattia e Christian; quest'ultimo però aveva anche un altro pensiero che gli girava per la testa. Un pensiero riguardante il nome della ragazza, che gli sembrava di conoscere; era sicuro di averlo già sentito ma non si ricordava dove.
Probabilmente eravate compagni di scuola,- lo tranquillizzò una vocina interiore. -In fondo sembrate avere la stessa età. E poi chiediglielo no?-
Non lo fece o forse sarebbe stato meglio dire che non ne fu in grado. Era in procinto di farlo, ma quando lei incrociò il suo sguardo le parole gli morirono in gola. Quei dannati fari proiettavano un'immagine della ragazza che, almeno a suo parere, incuteva soggezione; proprio per questo accettò di buon grado l'idea di Sara di tornarsene sulla macchina.
"Sei davvero molto gentile Sara," disse Samantha mentre tornavano all'auto. "Non avevo mai ricevuto un passaggio fino ad ora."
"Ma figurati!" rispose lei non capendo bene il significato di quell'ultima frase. "Chiunque l'avrebbe fatto!"
"No, non credo," replicò la ragazza in tono tetro, poi volse lo sguardo in direzione di Silvia e sorrise. Agli occhi di quest'ultima apparve piuttosto macabro e iniziò ad indietreggiare mano a mano che l'altra si avvicinava.
"Silvia, che ti prende?" Christian stava osservando i suoi movimenti già da un po' e la raggiunse. "C'è qualcosa che non va?"
"Lei," rispose questa indicando Samantha. "È lei ad avere qualcosa che non va." Non le importava di apparire scortese agli occhi dei suoi amici. Dentro di se sentiva una paura mai provata prima, un terrore che si stava facendo largo nelle sue viscere deciso a raggiungere il punto più profondo ed intimo della sua anima. In poco più di qualche minuto aveva raggiunto un livello al limite del sopportabile e ora la sola idea di viaggiare accanto a quella ragazza la faceva impazzire.
Già, perché in un modo o nell'altro era giunta alla conclusione che fosse lei la causa del suo malessere o meglio, la sua presenza nelle immediate vicinanze. Ogni volta che la guardava si sentiva i suoi occhi addosso. Se li immaginava come lunghi tentacoli che cercavano di insinuarsi negli angoli remoti della sua mente facendo riemergere tutte le sue paure più grandi.
"Ma cosa stai dicendo?" la rimproverò Sara. "In che senso qualcosa che non va?"
"Non lo so," rispose lei allontanandosi ancora. "Mi fa paura, una paura dannata! Cosa ci faceva qui in mezzo alla strada a quest'ora? Dove diavolo stava andando? Sara, non mi convince affatto."
Christian le era accanto e l'afferrò per le spalle obbligandola a guardare lui. Le parlò sottovoce, non facendosi sentire da nessun altro.
"È solo una tua sensazione Silvia. Anche a me è sembrata strana, ma credo siano i fari dell'auto a darle quell'aspetto."
"Non è solo questo Christian," replicò lei con voce decisamente più alta. "Non centra l'aspetto; è come se intorno a lei ci fosse un campo di energia negativa. Ho cominciato a sentirlo dal momento in cui l'abbiamo investita."
Sara ne aveva abbastanza.
"Mi dispiace di aver provocato in lei questo effetto," disse Samantha con tutta la sincerità di cui disponeva. "Non volevo creare alcun tipo di problema."
"Non dirlo nemmeno per scherzo Samantha," la rassicurò Sara. "Tu non centri nulla; la mia amica deve aver bevuto un po' troppo e non sa cosa sta dicendo."
"Non sono ubriaca!" intervenne Silvia ma fu subito zittita da un'occhiataccia gelida di Sara.
"Fammi perlomeno il piacere di stare zitta. Ci è già andata bene che non le abbiamo fatto nulla e ora vuoi lasciarla qui? Dovresti vergognarti."
"Ma io non..."
"Basta!" Sara non era mai stata così arrabbiata prima d'ora. Faticava a riconoscere il comportamento dell'amica, di solito sempre così disponibile verso gli altri. "Smettila di dire cazzate e sali in macchina."
"Sara, non ti sembra di esagerare?" le domandò Christian schierandosi timidamente dalla parte di Silvia.
"No, non mi sembra. E non ti ci mettere anche tu Chris altrimenti qui rischia di finire male."
"Vi prego, non litigate per causa mia; non ce n'è bisogno."
Sara parve ignorarla.
"Chiariamo una cosa. La macchina è mia e che vi piaccia o noi lei ci salirà, quindi fatevene una ragione."
Nessuno disse più nulla. Era comunque meglio salire in auto con una ragazza che metteva paura piuttosto che restarsene lì fuori al gelo.
"Posso almeno sedermi davanti con te?" domandò Silvia iniziando lentamente ad avvicinarsi. La paura era ancora viva in lei, più che mai, ma il dispiacere del litigio con l'amica ebbe per qualche istante il sopravvento.
"E va bene," rispose paziente poi, rivolta a Mattia. "Tesoro, ti dispiace salire dietro?"
"Nessun problema, ma ora sbrighiamoci; ho le dita intorpidite dal freddo accidenti."
Mattia era stato l'unico a non intervenire nella piccola discussione, semplicemente per il fatto che, come la sua fidanzata, non sentiva assolutamente nulla di anormale in quella ragazza.
Samantha si sistemò sul sedile posteriore, in mezzo ai due ragazzi.
"Non hai freddo?" le domandò Mattia con gentilezza. "Stare lì fuori da sola non è il massimo."
"Lo so che non è il massimo, ma non ho freddo. Giudica tu stesso."
Gli porse la sua mano e lui dopo un attimo di titubanza la strinse; sembrava inconcepibile ma era caldissima, neanche l'avesse tenuta davanti ad una fiamma fino a pochi istanti prima.
"Cavolo, è più fredda la mia! Ma cos'hai, una stufa incorporata?"
Lei fece una piccola risatina a quella battuta.
"Può darsi," rispose ironica. "Ma la realtà è che non lo so; mi succede sempre così."
"Beata te," commentò Sara che aveva seguito la discussione. "A proposito, non mi hai ancora detto dove abiti."
"Ah già, che sbadata! Sto a Cavenago."
"Allora siamo vicini di casa! Dove di preciso?"
"Via Besana, al numero 33. Sai dov'è?"
"Non è dove c'è il cimitero?" Si ricordava della via proprio per quel particolare, altrimenti non avrebbe saputo risponderle.
"Esatto, proprio al cimitero!"
"Bene, allora tempo cinque minuti e saremo a destinazione." Superarono due rotonde mantenendo sempre la destra e imboccarono il lungo rettilineo che li avrebbe condotti ad un incrocio; una volta lì avrebbero svoltato a destra per raggiungere il centro del paese.
Sara gettò un'occhiata a Silvia che sedeva immobile, con lo sguardo fisso davanti a lei. Sembrava paralizzata. Nel vederla così comprese che aveva davvero paura e si sentì una stupida per aver alzato la voce poco prima.
"Ascoltami Silvia," le disse appoggiandole una mano sulla gamba; era gelida. "Mi dispiace se prima mi sono arrabbiata; io..."
"Non scusarti, sono io che dovrei farlo per come mi sono comportata. Il fatto è che ho veramente paura Sara; paura che da un momento all'altro possa succedere qualcosa," non aggiunse "a causa sua" ma glielo fece capire con gli occhi.
Christian intanto non riusciva a togliersi dalla testa il nome della giovane; continuava a ronzargli nella mente in continuazione e ora che lei gli era seduta accanto trovò finalmente la forza di chiederglielo.
"Lo sai che il tuo nome mi suona familiare?" le disse attirando la sua attenzione.
"Davvero? Intendi dire solo il nome o anche il cognome?"
"Tutto quanto; mi sembra di averlo già sentito, forse a scuola ma non mi ricordo. Può essere?"
All'improvviso il volto di Samantha divenne terreo e Christian poté giurare che non era a causa di una strana illuminazione; il mutamento era stato repentino, innaturale, come se il sangue non le arrivasse più alla testa.
"Può essere benissimo," rispose lei con un timbro di voce che sembrava non essere nemmeno suo. "Anzi, sono sicura tu lo conosca, ma non perché l'hai sentito a scuola."
Tutti ora erano concentrati sulle parole di Samantha e Christian si schiacciò contro la portiera cercando di allontanarsi il più possibile da lei.
"E allora p... perché?"
"Guardate!" esclamò lei spostando gli occhi sull'incrocio che c'era una cinquantina di metri più avanti. "Quel semaforo..."
Ora anche Sara e Mattia erano in preda al panico, non tanto per l'aspetto di Samantha quanto per le parole che diceva.
"Cos'ha il semaforo? Le domandò proprio Sara mentre il suo cuore rallentava drasticamente i battiti in attesa della risposta.
"È arancione e lampeggia..." tutti pensarono che fosse impazzita, ma non aveva ancora finito. "Proprio come sei mesi fa, quando una macchina che arrivava da Ornago ad andatura troppo veloce mi ha investito."
Nessuno rispose. Per le loro menti il mondo si era fermato.
"È la prima volta che vedo il punto dove mi hanno ucciso, nessuno mi ci aveva mai portato."
"Il mio nome l'avete letto sui giornali. Sono morta proprio qui, esattamente sei mesi fa in un terribile incidente. Ecco perchè vi sembrava di conoscerlo."
Non ebbe ancora finito che la sua immagine iniziò a perdere di consistenza; Christian osservò la sua testa divenire sempre più sbiadita fino a quando non ci vide attraverso la figura di Mattia.
Sara e Silvia erano anch'esse voltate, ignare dell'incrocio che le attendeva dieci metri più avanti. Prima che Samantha potesse scomparire definitivamente Christian impazzì e iniziando ad urlare aprì la portiera gettandosi fuori, nonostante stessero marciando a quasi sessanta chilometri orari.
Sara incrociò per un solo istante gli occhi spettrali della ragazza; due orbite nere e vuote che fissavano il nulla. Il suo primo pensiero fu che stava sognando, nella realtà non poteva esistere niente di così terribile.
Nel preciso istante in cui giunsero in mezzo all'incrocio Sara non capì più nulla. Le urla sue e dei suoi amici, la ragazza scomparsa, Christian che si era buttato fuori dall'auto.
Sterzò involontariamente e l'Alfa terminò la sua corsa pochi metri più avanti, schiantandosi contro un grosso palo della luce in cemento.
Cinque minuti dopo arrivò la polizia, seguita da un'ambulanza e dai pompieri. Il primo agente che giunse alla macchina per poco non si prese un infarto nel vedere le espressioni dei tre ragazzi.
Quando poi Sara e Mattia furono portati all'ospedale (per Silvia e Christian non c'era stato nulla da fare), l'uomo si rivolse al suo collega, visibilmente turbato.
"Hai visto i loro volti?" gli domandò a bassa voce, quasi con paura. "Erano terrorizzati, come se prima di schiantarsi avessero visto un fantasma!"
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0 recensioni:
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- grazie a te per il commento!!! Anche a me piacciono molto i racconti di questo genere, infatti sono quelli che spesso mi escono meglio
Ciao!!!
- racconti come questo, mi piacciono sempre tantissimo. Anzi, sono il mio genere preferito!
Grazie per la piacevole lettura.
- wow, quanti complimenti Antonio!!! Grazie davvero, sono io a non sapere cosa dire
Un saluto e alla prossima!!
- Mi accodo alla lunga fila di entusiasti, prendo il numerino e quando arrivo davanti a te batto forte le mani, sorrido e mi allontano.
Bello, ben scritto, originale... che dobbiamo dire d'altro? Grazie.
- Ma grazie Vincenzo, sono davvero contento del tuo commento!!! È l'unico racconto che ho ambientato in un paese vicino al mio, diciamo confinante
Per il resto non preoccuparti, anch'io i tuoi li leggo in ordine sparso
Ciao e alla prossima!!!
- Fantastico, Ste, mi è piaciuto moltissimo!! Un teen-horror con una porzione di leggenda metropolitana, con la solita capacità di muovere tanto la scena e certe immagini scelte davvero bene. Magari farei meglio a leggere i tuoi racconti in ordine, se voglio leggerli tutti, ma non posso fare a meno di andare a casaccio, perciò non so quale sarà il prossimo, ma intanto ti faccio i complimenti per questo.
- Pensa che all'inizio avevo pensato ad un finale ancora più tragico, ma poi mi sono detto: no, perchè esagerare!!!
Magari ci andranno davvero a farle visita, chi può dirlo
Come sempre grazie di essere passata Robi.
Un bacio!!
- Nooooo!!! Gli amici dei protagonisti alla fine sono morti!
Io se fossi in Silvia e Christian andrei a fare una bella visitina alla signorina Samantha: chissà se i morti possono morire due volte...
Scritto molto bene! Bel racconto, Ste!
- Grazie anche a te Antonino... non appena avrò tempo verrò a leggere qualcosa di tuo!
Anonimo il 13/05/2010 20:10
Sono d'accordo. Coinvolgente fino alla fine...
Sei davvero Bravo Stefano 5 stelle
- Grazie del commento Paola, sono contento ti sia piaciuto... ho sentito nominare quel film ma non l'ho mai visto.
- Bravo, proprio col fiato sospeso fino alla fine... io invece pensavo all'inizio di un film di qualche tempo fa "Non aprite quel cancello", ma lei non era sanguinolenta come l'altra... Ciao!
- grazie Erminio, il tuo commento mi fa molto piacere... il mio fine era proprio quello, tenere incollato il lettore sino alla fine!
- mi è piaciuto molto, avevo i brividi mentre lo leggevo! credo che questo racconto abbia tutte le carte in regola per tenere incollato il lettore alla storia fino alla fine. complimenti!
Anonimo il 03/05/2010 21:25
si, il chiarimento è stata quella frase... sei grande!!
- È vero non l'avevo notato la cosa più saggia grazie per avermela detta
- Esattamente!!!! Una frase che poteva farlo capire era "nessuno fino ad ora mi aveva mai dato un passaggio"... Sara e Mattia, nonostante la stranezza della situazione, l'hanno accolta come fosse una loro amica e lei li ha premiati, se così si può dire
Anonimo il 03/05/2010 20:30
Stefano,è quello che mi è balenato in testa alla fine dl racconto...
la salvezza nel rispetto...
- Grazie ad entrambe, sono contento vi sia piaciuto!!! Per Sara, hai ragione, si poteva intuire fosse un fantasma... nessuno cammina in mezzo ad una strada simile la notte
Povera Sara credulona però se guardi bene, i due che sono stati più gentili con la ragazza alla fine si sono salvati.
- Bravo Ste questa non l'avevo letto ancora nemmeno io, hai descritto bene ogni scena nei particolari, la tensione l'hai fatta sentire anche se devo dirti che con la mia fantasia avevo già immaginato che fosse un fantasma. Non si sono salvati tutti ma complimenti per il finale e la battuta del poliziotto. (Quella Sara credulona ingenua che si fida di tutti!)
Anonimo il 03/05/2010 17:57
L'ho letto varie volte, certo la prima è stata una frustata, molto coinvolgente, si legge d'un fiato, ti fa saltare il cuore in gola...
molto bello!!!
continua a scrivere...
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