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Death
"È piccolo bambino!" esplode gioioso il barcaiolo indiano, accarezzando col remo un fagottino gonfio, galleggiante a pelo d'acqua. Serro immediatamente gli occhi ed il mio viso si contrae nell'orrore: non l'ho visto, non voglio vederlo!
Dietro le mie palpebre ostinatamente abbassate, la voce dell'uomo mi arriva come un balsamo nel suo inglese cantilenante, accompagnata dal ritmico fruscìo dell'acqua, rotta dai remi. "I neonati sono puri come dèi e quando lasciano il corpo la Ganga li accoglie, li culla. Niente fuoco per loro, niente cremazione... Solo l'abbraccio della grande madre."
Lentamente i lineamenti del mio viso si distendono e la mente evoca paradisi acquatici, percorsi da piccoli corpi nudi e felici. L'intero olimpo degli dèi indiani (330 milioni, secondo la mia guida!) si affaccia a guardare e Shiva scioglie le sue chiome per dar vita al fiume sacro che sto percorrendo.
Sono a Varanasi all'alba di un nuovo giorno e sento finalmente affiorare il sorriso, mentre la barca scivola silenziosa verso l'approdo. Una folla variopinta affolla i ghats e si immerge nelle acque sacre compiendo i rituali più intimi e antichi. Il suono dei canti e delle preghiere a fior di labbra avvolge come un mantello le mie membra intirizzite.
Appena tocco terra incontro il sorriso di una delle tante bambine che vendono candele, cartoline e souvenirs sui ghats. È di una bellezza sconvolgente. Non più di sei anni, pelle di velluto color cioccolato, corpicino guizzante, denti bianchissimi, occhi enormi sottolineati dal kajal. "Perché lo metti?" le chiedo. "Fa gli occhi belli" risponde, sbattendo due volte le palpebre con un'innocenza disarmante. Mi segue in un silenzio diplomatico fino alla sommità dei gradini, stabilendo con me un rapporto privilegiato e cacciando furiosamente altri bambini che vorrebbero accaparrarsi la cliente straniera. "Hi, mom... - dice poi tirandomi la gonna e obbligandomi a fermarmi - guarda." e mi sciorina la sua mercanzia. Le piccole dita nervose laccate di rosso aprono una scatola che contiene dieci vasetti di vetro pieni di polveri colorate. Non saprei che farmene, ma sono bellissimi. La bimba toglie il coperchio al vasetto dell'oro, vi immerge uno stampino a forma di stella, mi prende una mano e ve lo preme sopra. "Beautiful color - sentenzia compunta - guarda come luccica... e non è per niente expensive."
"Quanto, per quest'oro?" chiedo io. Si fa serissima e scuote la testa: "Non posso venderti un solo colore, devi prendere tutto, solo 50 rupie". È senz'altro più di quel che vale, ma per me è solo euro! Vedo la bimba che immobilizza il corpo e stringe le mascelle, pronta al mio rilancio. Invece dico "Okay" e le metto in mano la banconota da 50. Come descrivere il tumulto di emozioni che passano sul quel viso? La più forte è una felicità dirompente che vorrebbe uscire, espandersi, urlare... ma che quel piccolo essere tiene a bada facendo uno sforzo disumano. Acquietato il tumulto, la bambina assume un'espressione adulta e solenne, raddrizza le spalle, solleva il viso e mi tende la manina dicendo: "My name is Pipa". Io gliela stringo, dichiarando il mio nome. In quel momento, sopra il Gange che scorre imponente, tra la folla colorata che brulica e saluta il sole nascente, io e Pipa siamo due donne d'affari che stanno suggellando un importante contratto. Conclusa la vendita, Pipa si scioglie in un'allegria sfrenata, permettendosi finalmente di essere una bambina che trotterella accanto ad una materna signora, bersagliandola di domande e facendo sfoggio del suo inglese. "Ma quante parole sai?" chiedo stupita. "Molte - risponde con gli occhi brillanti - dimmene una difficile!" Per una frazione di secondo mi torna alla mente il fagottino gonfio tra le onde del fiume e una parola esce
dalla mia bocca come una sfida: "Death", morte. Pipa si illumina e accompagna la risposta con un salto di gioia: "Facile - risponde - vuol dire lasciare il corpo". Sorrido a quell'espressione, che sta diventandomi familiare.
"Dì un po', Pipa, non ti fa paura questa parola?" domando. "Perché?" e mi sgrana gli occhi addosso, come se avessi detto una bestialità. Già, perché? Alzo lo sguardo sulla riva, dove una pira sta bruciando. Un ragazzo vestito di bianco sta danzando intorno al fuoco, altri uomini cantano accompagnandosi con sitar e tamburi... Intorno ci sono bambini che giocano, donne che chiacchierano e ridono tra loro, mucche che ruminano, lavandai che battono i panni con lunghi bastoni... Qui la morte fa parte della vita, com'è giusto che sia. Non c'è paradiso e non c'è inferno, al massimo la reincarnazione in un altro corpo. Il Gange scorre imperturbabile e purifica tutto, anche i miei pensieri occidentali.
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