racconti » Favole per bambini » Senza le ali della speranza
Senza le ali della speranza
C'era una volta, in un piccolo paesino di campagna, un innocente gattino di nome Titti, dal pelo corto di color bianco e nero, abbandonato alle grinfie di un mondo crudele. Era appena nato da una bellissima gatta, il cui padrone, proprietario di una gran fattoria, con molti animali, odiava i gatti. Aveva già intenzione di liberarsene da molto tempo, così senza dir nulla al figlio, che li aveva accolti con amore, decise di abbandonarli.
Una mattina, mentre il figlio era a scuola e c'era il cielo che piangeva al posto suo, il padre portò i gatti verso il centro del paese, senza pensare che fosse un posto pericoloso. La gatta, che si chiamava Milli, era preoccupata per il cucciolo, così gli disse di rimanerle vicino e stare attento, perché le persone e le auto erano pericolose. Intanto cercarono di trovare insieme un posto, dove rifugiarsi.
Attraversarono la strada per raggiungere un albero e ripararsi dalla pioggia, Milli controllò che non arrivassero auto, mentre Titti giocherellava tranquillo e non si rendeva conto della situazione, perché accanto alla mamma e vedendo un posto nuovo, era felice. Si avviarono, la mamma gli raccomandò di non staccarsi da lei, ma lui rimase indietro e quando arrivò un'auto all'improvviso Titti rimase bloccato. Milli cercò di proteggerlo, correndogli vicino e spostandolo, ma rimase gravemente ferita. Titti sentì un colpo al cuore, si avvicinò e vide che non si muoveva, così cercò di risvegliarla leccandole un po'il muso e chiamandola con tristi miagolate, ma si accorse che era tutto inutile, ormai aveva perso la vita.
Sentì formarsi in gola un po' d'angoscia che scivolò nel cuore, come un palloncino che si gonfia di paura, una forte emozione che aumentò sempre di più, fino a scoppiare in dolore profondo. Raggiunse l'albero da solo ed entrò nel buco per ripararsi, era impaurito e triste, ma si sdraiò e vide il mondo passare, finché non si addormentò.
Dopo un po' fu risvegliato da un delicato canto d'uccellini, che avevano il nido proprio sopra di lui. Erano piccoli passerotti e aspettavano che la loro mamma gli portasse il cibo, cinguettavano teneramente.
Titti si alzò per sgranchirsi le zampe, vide che aveva smesso di piovere e incuriosito decise di arrampicarsi sull'albero per raggiungere il nido. Essendo molto giovane e agile non fece fatica e quando si avvicinò, li salutò e si presentò. Un attimo dopo arrivò la mamma con il cibo e Titti sentì un intenso desiderio, osservando com'era affettuosa, mentre li sfamava con amore. Anche lui aveva fame e la tentazione di attaccarli, c'era dentro di lui, ma capì che poi sarebbe rimasto ancora solo. Quando si accorse di lui, mamma uccello, all'inizio provò paura, ma poi vide che era un cucciolo e non poteva fare del male, così gli disse che cosa ci faceva lì. Titti gli racconto la sua storia e lei gentilmente decise di aiutarlo, dandogli qualcosa da mangiare. Titti accettò con gioia e dimenticò per sempre l'istinto felino.
Passarono i giorni, la vita continuava e sia i passerotti che Titti, cominciarono a crescere. Ogni giorno, mamma uccello portava loro del cibo e poi cominciò a mostrare loro come volare, voleva fare lo stesso con Titti, ma purtroppo non poteva perché non aveva le ali. Li fece uscire dal nido e disse: " Ora aprite bene le ali e muovetele in questo modo." Mostrò i movimenti, sbattendo le ali prima lentamente poi aumentando la velocità fino a sollevarsi in cielo per librarsi in aria e poi tornare per fare provare a loro.
Giorno dopo giorno e dopo tanti esercizi impararono a volare, mentre Titti osservandoli, sentiva dentro il cuore, una profonda invidia che bruciava come una fiamma di fuoco ardente. Così smise di osservarli e decise di andare a fare una passeggiata, tornando poi in quel nido d'amore.
Fino a quando un giorno, decise di incamminarsi per la via della sua vita, rinunciando per sempre al proprio sogno irrealizzabile di volare e raggiunse per caso una piccola fattoria. Era proprio quella, dove era nato, aveva vaghi ricordi e visitandola riuscì a riconoscerla.
Prima andò nelle stalle, salutando cavalli e mucche, poi vide le galline e infine quando si avvicinò per caso alla fattoria del vicino, notò una tenera e carina gattina, che seduta accanto ad un cespuglio lo osservava.
Si avviò incuriosito, ma quando gli occhi s'incrociarono, lei li abbassò intimidita. Titti sentì dentro di sé delle sensazioni nuove, il cuore si stringeva in gola e aumentava i battiti, ma un attimo dopo respirando profondamente non lo sentì più. Non capiva più nulla, aveva mille pensieri mescolati, che gli facevano scoppiare la testa. La parola "amore"gli sfiorava la mente, ma non sprofondava nel cuore ciò nonostante cominciò a farle le fusa in modo affettuoso, lei si accorse e se ne andò rifiutandolo. Titti ci rimase male, provò un gran dolore e sentì aumentare il contrasto dei pensieri.
Dopo un po' si riprese, ma non del tutto perché vedeva ancora dentro di sé un'oscurità immensa, che dal cuore si ramificava in tutto il corpo, finché non vide qualcuno che gli illuminò la mente di speranza. Era Billy un bambino che giocava vivacemente a palla e non si accorse di Titti, ma lui si avvicinò lo stesso e risvegliò nella memoria la gioia riconoscendolo come amico.
Cercò così di farsi notare e quando lo vide, anche billy lo riconobbe e disse: "Sei tu Titti! Non posso crederci sei ancora vivo e sei ritornato." Detto ciò lo accarezzò e lo abbracciò, mostrandogli tutto il suo affetto. Gli fece mille domande e gli raccontò tutto, ma purtroppo la risposta la capiva solo dai suoi occhietti che lo guardavano intensamente. Così carezza dopo carezza, lo prese per le ascelle, sollevandolo verso l'alto delicatamente e si mise a girare su se stesso. Titti provò una piacevole emozione come se avesse realizzato il suo sogno di volare.
Purtroppo la felicità fu spezzata, dall'improvviso arrivo del padre di Billy, quell'uomo tanto cattivo, che lo aveva cacciato via. Si accorse che era tornato e indicandolo con il dito minacciosamente disse: "Mandalo via subito, non lo voglio vedere qui!"
Billy non aveva nessuna intenzione di perderlo ancora, il padre andò a impugnare il fucile da caccia e lo puntò contro Titti che era molto spaventato. Billy lo prese in braccio per evitare che gli facesse male, dicendo: "Voglio vedere se hai il coraggio di sparare pure adesso." Il padre abbassò il fucile, per paura di ferire il figlio e Billy disse: "Vorrei sapere che fastidio ti dà, perché odi tanto i gatti, che ti hanno fatto di male?"
Il padre cominciò a raccontargli in modo un po' imbarazzato, cosa gli era accaduto: "Avevo la tua età, quando un gatto un po'grosso, dal pelo tigrato e unghie affilate, è venuto qui in fattoria. Io l'ho accolto gentilmente e gli ho dato qualcosa da mangiare, ma quando ho allungato la mano per accarezzarlo, mi ha attaccato ferocemente e graffiato."
Billy gli rispose: "Capisco che questo ti ha spaventato e ti è rimasta nel cuore la paura, ma se quel gatto era cattivo, non lo sono tutti. Fidati di Titti, ci vuole bene!"
Il padre, si vergognava molto e sconvolto rispose: "Ti sembrerà un problema stupido, ma la vita è una dura lotta contro la paura, che è la nostra nemica più cattiva. Io mi sento come in mezzo al mare, continuo a nuotare con fatica, a volte raggiungo la riva, mentre ogni tanto affogo."
In un attimo di panico, puntò ancora il fucile, ma per fortuna non fece in tempo a sparare, perché un piccolo stormo d'uccelli, gli volò sul viso e non vide più nulla. Titti riuscì a riconoscerli, erano i suoi fratelli e la sua madre adottiva, che erano venuti a controllare se si trovava bene.
Il padre si riprese e si convinse che stava sbagliando, la paura non va eliminata, ma affrontata e superata. Lasciò il fucile, abbracciò affettuosamente il figlio, che aveva in braccio il gatto e vissero per sempre felici e contenti.
123
un altro testo di questo autore un'altro testo casuale
0 recensioni:
- Per poter lasciare un commento devi essere un utente registrato.
Effettua il login o registrati