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Giuggiolina
In un antico borgo, in provincia di Veracruz, là dove si perde il tempo, e un confine sembra non esserci tra la realtà e il sogno, sorgeva una piccola casa fatta di pietra e mattoni, recinta da un ampio orto di cedri e di limoni, ai pie' dei quali era tanto trifoglio e margherite di vari colori; dai rovi, invece, nascevano le rose, alcune di colore rosa antico, altre di un color rosso rubino. Nella casa abitava una famiglia: una coppia di sposi con due figlie: Stellina ed Arianna, entrambe molto belle e in età da marito. Le due sorelle hanno in questa storia un ruolo importante: Stellina, la maggiore, era sognante e i suoi capelli lunghi eran castani con riflessi di oro e pur di rame e gli occhi, del medesimo colore erano luminosi, con la mitezza e la malinconia dei frutti dell'autunno.
Arianna, invece, come lei affermava, aveva il senso della realtà; le chiome erano bionde, color paglia e gli occhi glauchi, come un verde lago.
Stellina ed Arianna, volentieri, aiutavano la mamma nei lavori di casa, ma eran fra loro molto diverse: la prima, per spazzare usava la saggina, l'altra la scopa elettrica. La prima, per lavare andava alla fontana; l'altra metteva tutto in lavatrice. Infine, nell'impasto per preparare il pane, Stellina si fermava cominciando a sognare. Un giorno i genitori dissero alle figliole: "Noi andiamo a Veracruz per comprare le stuole ai cavalli: avete un desiderio che possiamo realizzare?" Arianna, rispose risoluta: "Miei cari genitori, vorrei una lavatrice che lava e dopo asciuga: la porterò con me, quando mi sposo." Stellina, disse: "Miei cari babbo e mamma, anch'io come Arianna, ho un grande desiderio: ho visto da un'amica un quadro antico c'è nello sfondo una bella bambina, dagli occhi color cielo: da un promontorio guarda la marina, la dolce azzurrità... Vorrei che per favore, me lo portaste in dono."
Rispondevano entrambi i genitori: "Care figlie, vedremo di accontentarvi..." I genitori con le borse per la spesa, si avviarono verso l'uscio, ma prima di uscire, rivolti ad Arianna, le dissero scherzando: "La lavatrice, proprio non sappiamo se te la incarteranno, ma te la manderanno tramite un camioncino." Rivolti poi a Stellina: "E per te niña, c'è qualche problema: il quadro è antico e forse, noi non lo troveremo, ma devi aver pazienza, che se non c'è, noi te ne porteremo uno simile a quello che tu dici."
E restarono sole le due niñe: Stellina un giorno preparò l'impasto per il pane, ma, mentre che impastava, pensava al dolce dono che forse non avrebbe avuto uguale a quello che sognava... Stira e ristira, il morbidoso impasto... Alla fine pensò: "La foggio io, la bella bimba che guarda sullo sfondo, dal promontorio verso la marina... Modellerò i suoi riccioli con la farina e il burro, o con mandorle dolci e margarina. Con la farina e l'acqua, modellerò i suoi occhi, la bocca ed il nasino e dopo il corpicino: le gambe, le braccine e le piccole mani." E in un battibaleno si mise all'opra: da quell'impasto, per il grande amore, nasceva una statuina: era una bimba, sì bella come un fiore.
"Come sei bella..." Dice ora Stellina: apre la porta che dà sulla loggia, per asciugarla al sole su di una sedia...
Ma, ecco, la sorella venir di corsa, con la sua bagnarola che è piena di lenzuola: "Che cosa fai? Levati d'intorno, mi occorre lo spazio... Sempre a fantasticare inutilmente... Han ragione i parenti a dirti sfaticata."
Di rimando Stellina: "E tu, stendile altrove i tuoi lenzuoli... La mia statuina, è la mia creatura e se non prende il sole, non si asciuga; non mi scocciare!"
E le due niñe, dopo essersele dette di cotte e di crude, se le diedero di santa ragione. Infine, Arianna chiuse la sorella nella loggia, e dimentica di tutto, uscì di casa. Stellina pianse, pianse... Infine, discese le scale e si mise a camminare... Scopriva, all'improvviso che la sua casa era lontana: si trovò su una strada di campagna; vide, ad un tratto, venire verso di lei su di cavallo bianco un signore, avvolto in un mantello: era giovane, bello e gli occhi erano trasparenti come il suo cuore: s'avvicinò e le disse: "Che cosa fai da sola? Io ti conosco niña, tu sei Stellina." E Stellina, non smettendo di piangere, gli raccontava la storia.
Commosso, il cavaliere le disse: "Fa coraggio, ti porterò al palazzo e là ci sposeremo. Ma appena giunti, scriveremo ai tuoi, di non stare in pensiero."
Che cosa era successo, intanto sulla loggia dove Stellina aveva lasciato la statuina? Ebbene, succedeva che, asciugandosi al sole la statuina, diventava una splendida bambina: aveva gli occhi azzurri, d'oro i capelli, un bel nasino e la boccuccia rosa; ed indossava pure un tutù, di tulle e velo azzurro, come una ballerina.
La bambina cresceva: aveva per amici gli animaletti dell'orto dei suoi nonni: Meghj la pecorella e Pablo il coniglietto, Rubry la coccinella, Susy la tartaruga...
E c'eran pure, due sorelle rane che avevan dato il nome alla bambina e l'avean chiamata Giuggiolina; si chiamavano, l'una Testa Verde, l'altra Codina In Brodo.
Ma che cosa ebbe risposto Stellina alla proposta di nozze del bel cavaliere?
Ebbe risposto: "Signore, non vi conosco..." Ma mentre pronunciava le parole, inciampò e cadde vicino ad una siepe: era una siepe di rossi ginepri... Porgendole la mano il cavaliere, l'aiutava ad rialzarsi. Stellina si rialzò: i suoi occhi incontrarono quelli del giovane e, specchiandosi in essi Stellina si rivide bambina con il suo quaderno a righe: sul quadernino c'era una poesia che ella stava leggendo con amore. Dalla finestra schiusa entrava il sole che, illuminando la pagina bianca, dipingeva, seduti su di una panca, un ragazzino ed una fanciullina. Stellina guardò meglio il cavaliere: riconobbe negli occhi suoi sinceri, il bambino di allora. "Anch'io ti conosco", gli disse: "È la seconda volta che ti vedo."
Felice, il cavaliere fece salire sul cavallo bianco la sua damina: cominciava il galoppo il cavallino verso la via infinita, incontro al sole.
Che cosa succedeva a Giuggiolina, nel giardino dei nonni? Essi erano ignari di avere una nipote; pensavano sempre alla loro bambina, perché non arrivò la letterina che rendeva informati i genitori del matrimonio tra i fidanzatini Juan e Stellina.
A volte Giuggiolina si specchiava nell'acqua della fontanina che era nell'orticello e chiedeva a se stessa, ad alta voce: "Chi sono?"
Quando era stanca, poi, si addormentava e il vento, che cullava le sue chiome, le sussurrava: "Tu, sei Giuggiolina..." Quindi, le raccontava la sua storia, di quando la sua mamma l'aveva messa al sole...
Un giorno, Giuggiolina, rivolta a zio Scirocco, gli disse: "Il cuor mi si comprime, la vista mi si appanna, quando penso alla mamma... Vorrei tanto trovarla..." Rispose zio Scirocco: "Dispiega le tue ali: e pensa ad un uccellino." Seguendo quel consiglio, Giuggiolina, si finse rondinella... Il vento la portò sulle sue ali...
La pose sulle scale del giardino della sua mamma... Poi le disse: "Fai coraggio, bella perché lo zio Scirocco deve andare; ti lascerò sul pero: salta su di una foglia e dalla foglia giungerai alla stanza." Giuggiolina cercò la finestra, ma le sue braccine non arrivavano ancora: discese e pensò di cantare per farsi da mamma sentire e, inoltre pensò di danzare per farsi vedere. Davanti all'uscio uno slargo c'era: su quello slargo si mise a danzare, mentre intonava una dolce canzone:
"Sono una bimba, adesso,
madre mia,
ma tu non senti,
non vedi, non sai...
Nella tua stanza
non so cosa fai,
forse tu piangi,
e mi si stringe il cuore.
Io son piccina e
non riesco ancora
a sollevare oltre le
braccine...
Dimmi che cosa fai...
Dimmi, sei desta?
E sei desta
ascolta la canzone:
io canto e danzo
sullo slargo d'oro
tra i salici piangenti
e fra l'alloro...
Lo sguardo volgo
sempre alla tua stanza
e mentre canto,
faccio la mia danza.
Tu, non ascolti;
tu non puoi vedere
sol la fontana mi risponde
e parla con gli zampilli...
O com'è triste, mamma,
non lungi essere dall'acqua,
e non potere bere..."
Stellina udiva il canto e lo sentiva discendere nel cuore: si chiese chi mai fosse che cantava... E allora, si decise: aprì la porta e nell'aprirla vide... O meraviglia! Una bambina, la sua dolce figlia, che interrompeva la danza, e andandole incontro le diceva: "Oh mamma, madre mia, sono tua figlia... Son Giuggiolina, son Giuggiolina che ti vuole dire che ti ho pensato e che ti voglio bene." La mamma la prendeva tra le braccia: era commossa e molto emozionata: la riempiva di coccole e di baci e le diceva: "Figlia ti aspettavo!" Fra le materne braccia Giuggiolina, sembrava una gattina che fa le fusa... Voleva raccontare tante cose... Ma la mamma stringendola al suo cuore dolcemente diceva: "Taci, amore, ti porto da papà."
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