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La casa abbandonata (seconda parte)
Davanti alla porta sotto il tetto, erano al riparo dalla pioggia, soffrendo per il freddo aspettavano che smettesse per tornare a casa. Osservando la casa che cadeva in pezzi, con le persiane rotte e i muri un po' sbriciolati, Tom si accorse che Jane tremava per il freddo. La coprì con la sua giacca e l'abbracciò per scaldarla così facendo urtarono contro la porta e scoprirono che era aperta. "Se è aperta, vuol dire che non ci abita nessuno, che è abbandonata." Disse Tom, così incuriositi, decisero di entrare.
All'ingresso c'era un mobile antico, pieno di polvere e appeso alla parete un quadro che rappresentava un paesaggio. Osservarono un attimo, poi andarono avanti e si fermarono davanti alla porta della sala. Era una sala abbastanza grande, con qualche mobile lussuoso ma vecchio e un camino che però non notarono subito perché era molto buio.
Vi entrarono e Jane disse. "Forse fa più freddo in questa vecchia casa vuota che fuori, " Tom avvicinandosi al camino appoggiò il fiore ricevuto in dono e disse: "Allora, cerchiamo di scaldarci come facevano i nostri antenati, aiutati dalla natura e usando l'ingegno."
"Sì, ma non sarà certo facile."
"Almeno proviamoci."
Così cominciò a studiare la situazione e prese accanto al camino due pezzi di legno abbandonati. Li fregò l'uno contro l'altro e dopo poco si cominciò a vedere salire prima un po'di fumo e poi il fuoco.
"Forza, vieni a scaldarti!"
Lei si avvicinò e lui allungò la mano per prendere la sua e farla sedere accanto. Lei si abbassò e lo guardò sorridendo.
"Che sensazione piacevole questo calore, sei stato davvero bravo."
"Grazie"
Era un momento davvero speciale, lì davanti al camino, con entrambe le mani racchiuse nelle sue e guardandosi profondamente negli occhi, Jane sentiva il cuore battere forte, ma questa volta capì che non era solo la tensione, ma quel sentimento chiamato amore. La situazione era magica, in un'atmosfera così silenziosa, dai loro occhi il desiderio sgorgava sempre di più. Così senza dire una parola, senza dichiarare alcun sentimento, si avvicinarono e dischiusero dolcemente le labbra per baciarsi. Mentre accanto a loro il legno ardeva prima di un colore giallo pallido, poi arancione e infine rosso intenso.
Osservando la sala, Jane vide una piccola libreria, così si avvicinò e rimase affascinata da libri antichi che erano stati abbandonati. Scelse un romanzo dal titolo fascinoso e propose a Tom di leggerlo insieme, accanto al camino. Seduti per terra, lui mentre le accarezzava i capelli, cominciò a leggere ad alta voce e lei sdraiata tra le sue braccia, ascoltava attentamente osservando il soffitto e immaginando la situazione del protagonista. Dopo un po' gli occhi cominciarono ad appesantirsi, finché si addormentò serenamente e inavvertitamente sopra le sue gambe e tra le sue braccia. Quando lui se ne accorse, la guardò teneramente, le diede un bacino, smise di leggere e si addormentò.
Un paio d'ore dopo, lei si risvegliò, aprì gli occhi e si accorse che anche lui si era addormentato, gli accarezzò delicatamente i capelli e decise di non disturbarlo. Si mise a riflettere per qualche minuto, avvicinandosi molto al fuoco, che ormai si stava spegnendo. Poi non riuscendo più a trattenere la curiosità, si alzò per andare a visitare il resto della casa.
Era un po' preoccupata per il buio e il troppo silenzio, ma si fece coraggio e si avvicinò alla stanza accanto alla sala, cioè la cucina. Spinse la porta socchiusa ed entrando vide un piccolo tavolo, un lavandino, un fornello e un mobile. Osservò per qualche istante, ma non vi trovò nulla d'interessante, solo polvere e cose vecchie. Finché non le caddero gli occhi sul tavolo, rimanendo sorpresa, nel vedere che sopra erano magicamente apparse una pizza e una torta giganti, dall'aspetto invitante. Dentro di sé sentì subito un languore allo stomaco, ma quando allungò la mano per prenderle e respirò profondamente, immaginando il piacere del sapore, sia la torta che la pizza scomparvero. Rimase un po'delusa e meditò su quanto era accaduto. Forse il desiderio era così forte, che gli è bastato mangiarli con gli occhi, in fondo è come se li avesse gustati lo stesso, perché la mente conosceva il sapore, però così non aveva riempito il pancino.
Vide poi le scale di legno che portavano, versò la cantina buia e fredda. Salì sul primo gradino un po' scricchiolante, ma abbastanza resistente. Così continuò a scendere e gradino dopo gradino, raggiunse la cantina; un luogo tetro e piccolo che faceva paura, arredata solo con scaffali, sui quali erano depositate bottiglie di vetro di un colore rosso intenso. Accesa la torcia, che trovò sull'ultimo gradino, osservò per un attimo l'ambiente attorno a sé. Si avvicinò, poi allo scaffale e aprì una bottiglia con il cavatappi che trovò accanto, immaginando che il contenuto fosse del vino, ma quando ne sentì il profumo, si accorse che era del succo di lampone molto dolce.
Appoggiando la bottiglia, sentì uno strano rumore e abbassando la testa, si accorse che vicino al muro c'era un topolino nero e piccolino. All'inizio rimase sorpresa, perché non ne aveva mai visto uno così da vicino, sembrava carino. Quando però cominciò a correre, per fortuna sempre vicino al muro, le fece impressione. Si spaventò un po' ed entrò nel panico, per paura che si avvicinasse, così cercò di allontanarsi con un passo e un altro indietro e ancora più veloce, tanto che inciampò e cadde per terra, ritrovandosi nei ghiacciai dell'Antartide.
Era in cima all'altopiano ghiacciato, dispersa nel freddo che la sconvolgeva, notò in cielo degli albatros che volavano e un sole pallido che non si sentiva. Forti brividi la facevano tremare, così si avvolse tra le braccia stringendo fortemente e massaggiando delicatamente il corpo, per patire meno freddo. Pensando poi con nostalgia al camino caldo e al suo amore, scese dall'altopiano e raggiunse l'oceano Pacifico, che era in parte ghiacciato e in parte liquido, contenendo grossi iceberg galleggianti. Vide poi degli animali: foche, elefanti marini e pinguini circondati da muschi e licheni. Si avvicinò a loro, ma quando raggiunse il ghiaccio in un punto delicato, si spezzò e lei cadde in acqua. Cercò di aggrapparsi, ma le mani scivolavano, sentiva molto freddo, ma non congelò, grazie al calore del suo cuore che batteva forte. Il motivo poteva essere, la paura, l'amore o l'emozione, ogni volta batteva sempre più forte senza che lei ne sapesse la ragione. Dimenandosi per non affondare e respirando profondamente per alleviare la tensione, si ritrovò in un attimo con i vestiti asciutti nella cantina della casa abbandonata. Un po'scossa entrò in uno stato di torpore, ma si riprese e salì le scale per continuare a curiosare.
Si avviò per il corridoio e raggiunse la scala, che portava al piano superiore. Era una scala di legno a forma di chiocciola con ventuno gradini, ognuno dei quali aveva inciso una lettera dell'alfabeto. Lei la osservò e provò a salire sul primo gradino, sul quale era incisa la lettera "A", che s'illuminò e fece risvegliare dentro la sua anima, il pregio dell'abilità e il difetto di essere agitata. Non vi prestò molta attenzione, vide solo la lettera un po' più luminosa delle altre. Continuò a salire, gradino dopo gradino, notando che quello con la lettera più luminosa era poi quello con la "D", che risvegliò la dolcezza e la distrazione. Quello con la "I" per l'insicurezza, l'impotenza e l'ingenuità; quello con la lettera "N" per quando è noiosa; quello con la "P" per la pignoleria; quello con la "S" che accese la sensibilità e la sincerità e infine quello con la "T" per la timidezza.
Raggiunto il piano superiore, vide tre porte chiuse e incuriosita, si avvicinò e provò ad aprirne una. Era la porta di una camera da letto, non molto grande, con un vecchio letto senza materasso e qualche antico mobile impolverato. Osservò la stanza per qualche istante, ancora sul ciglio della porta e poi, decise di entrarvi. Si avvicinò alla finestra e vide che ormai era buio, ma la pioggia scendeva ancora molto forte. Pensò di continuare a visitare la casa, ma quando si voltò, non si trovò più nella stanza, era su un'alta montagna, talmente in alto, che guardando in basso non vedeva nulla. Smarrita su una strada serpeggiante, molto stretta e da terreno roccioso, si chiedeva come aveva fatto ad arrivare così in alto. Non trovando risposta alla domanda, decise di scendere lentamente, perché rimanere lì ferma era inutile. Cominciò a camminare, anche se con timore passo dopo passo, cercando di avvicinarsi alla parete della montagna, anche se con difficoltà perché il terreno si sbriciolava. Nonostante fosse una discesa, era molto faticosa. Fece un altro passo ancora e inciampò in un sasso, rischiando di cadere nel burrone. Per fortuna, riuscì ad aggrapparsi e sospesa nel vuoto, si arrampicò continuando poi a scendere un po' più sollevata con l'anima. Convinta che il peggio fosse passato, continuò a camminare, ma all'improvviso un altro passo insicuro, il terreno si sbriciolò del tutto e cadde nel burrone. Si ritrovò seduta per terra, nel buio immenso, senza sentire alcuna sensazione e senza provare dolore, nonostante la caduta, gli occhi non vedevano nulla e la mente non sentiva niente. Tutto questo durò per qualche minuto e quando ricominciò a vedere e sentire, era ritornata nella stanza della casa, chiedendosi cosa era successo e dove era stata.
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