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La casa abbandonata (terza parte)
Non c'era risposta però dato che non ricordava nulla, nemmeno di essere stata in cima alla montagna. Con la mente assai perplessa, decise poi di lasciare quella stanza ed entrare in quella accanto, spinse la porta socchiusa e scoprì che c'era un bagno. Notò subito i sanitari, una vasca grande, una doccia e degli armadietti, come al solito impolverati. Provò ad aprire il rubinetto, per vedere se c'era acqua e ne uscì qualche goccia che osservò, ma appena distaccò gli occhi si ritrovò in mezzo al mare. Seduta sugli scogli ammirava il tramonto, il sole era una palla di fuoco rossa che scendeva nel mare e dardeggiava i suoi occhi, mentre piccole onde spumeggianti sbattevano contro gli scogli e i gabbiani volavano e cantavano nel cielo sereno.
Dispersa nell'immensità che aveva attorno, voleva avvicinarsi alla spiaggia, ma ormai era buio e non si accorse della nuvolosità che arrivava, finché con il vento e la pioggia, il mare fu in burrasca. Violente onde la travolsero e finì in mare, cercò di restare a galla, ma non ci riuscì e finendo sott'acqua vide che vicino c'era uno squalo. Anche se era spaventata, si fece forza e tirò fuori la testa dall'acqua, ma sentiva la mancanza d'aria. Così respirò profondamente, chiuse gli occhi per un istante e si ritrovò nel bagno della casa abbandonata, senza ricordarsi nulla di quanto era accaduto.
Uscì poi dal bagno ed entrò nell'altra stanza, dove c'era un letto matrimoniale con una testata di ottone antico, dei mobili e un bellissimo specchio, ma un attimo dopo si ritrovò dispersa nella savana. Sorpresa osservò quell'ambiente avventuroso, con erbe alte interrotte da giganteschi bao-bab, boschetti di mimose ed acacie. A qualche metro da lei c'erano poi diversi animali: giraffe, leoni, elefanti, iene, sciacalli, gazzelle, rinoceronti, zanzare, cavallette, tigri, leopardi e altri, tutti occupati a procurarsi il cibo per sopravvivere. Nessuno si accorse di lei eccetto una piccola scimmietta dal tenero aspetto che la trascinò nella foresta.
Intanto Tom, che era ancora nella sala accanto al camino, si risvegliò e si accorse che Jane non c'era più. Così si preoccupò, ma per poco, perché pensò che non poteva averlo abbandonato e forse era andata a visitare la casa, così cominciò a cercarla.
Prese per mano dalla scimmietta, Jane raggiunse la foresta tropicale, piena di alti alberi sui quali si arrampicò insieme alla scimmia. Osservò i pappagalli, con piume dai colori intensi e vivaci, che facevano versi e altri uccelli che cinguettavano. Dopo un po' comparve sotto il suo albero, Tom che dopo averla cercata dappertutto, era arrivato anche lui nella camera matrimoniale. Un po' spaesato si guardava attorno sperando di vedere il suo amore e quando lei lo vide, si attaccò a una liana e lo raggiunse abbracciandolo. Lui le sorrise e le disse: " Se tu sei Jane io, sono Tarzan!"Insieme giocarono con le scimmie e saltarono da un ramo al altro degli alberi, assaggiando qualche frutto. Jane si divertiva, anche se aveva paura di cadere, così per alleviare la tensione, respirò profondamente e in un attimo si ritrovarono nella stanza della casa.
Entrambi erano seduti sul letto, Tom con i piedi appoggiati per terra, mentre Jane si abbracciava le ginocchia raccolte sul petto. L'uno accanto all'altra, senza dire una parola e nel completo imbarazzo, cercavano di riprendersi e affrontare la realtà. Lui fissandola a lungo s'intenerì, vedendo quel piccolo viso innocente e spaurito, così l'accarezzò dolcemente e la baciò.
Lei lo guardò sorridendo e si alzò in piedi, sollevando liberamente le braccia per stiracchiarle insieme alle gambe, poi si avvicinò allo specchio e disse: "Hai notato che belle decorazioni ha questo specchio e poi è pulito e non è rotto, sembra ancora nuovo." Osservò per qualche minuto la sua immagine, che si rifletteva dalla testa ai piedi perfettamente, ma non vide solo quella, notò anche qualcosa di diverso dal solito. Quello era uno specchio speciale, perché non rifletteva solo l'immagine esterna di una persona, ma anche quella interna cioè i pensieri, i sentimenti e le emozioni. Così si girò verso Tom e disse: "Finalmente potrò vedere quali sono i pensieri che mi fanno preoccupare, chiudere in me stessa e non capire più niente della vita." Tom rimase un po' perplesso perché non aveva capito, così Jane cercò di spiegargli tutto facendolo avvicinare. Lei si guardava intensamente negli occhi e appena lui si alzò, un fascio di luce potente, la fece scomparire dalla stanza. Tom accecato, fu incapace di fermarla e quando la luce abbagliante se ne andò, lo specchio si frantumò in mille pezzi. Tom urlò disperatamente: "Oh no, Jane dove sei finita?" Poi gli venne in mente anche che così erano sette anni di guai, ma non gli diede molta importanza. Preoccupato e rattristato andò a sedersi sul letto, prese in mano il fiore simbolo del suo amore, ma non era la stessa cosa, doveva farla ritornare accanto a lui. Non trovando nessuna soluzione abbassò il viso e gli occhi pieni di lacrime bagnarono il fiore: sette erano i suoi petali come sette erano le lettere dei loro nomi.
Intanto Jane, che era svenuta per lo spavento, si riprese e guardandosi attorno cercò di capire, dove era finita. Anche se era difficile, perché non vedeva altro che un'intensa foschia, sotto i piedi nuvole bianche e dietro di sé una parete di ghiaccio, dalla quale intraveda Tom dall'altra parte. Nonostante i vari tentativi non riuscì ad abbattere la parete, Così decise di incamminarsi dall'altra parte, anche se non vedeva nulla, era come se fosse nel vuoto.
Passo dopo passo, la noia di pensieri turbanti cominciava a ossessionarla ed era inutile camminare senza una destinazione, ma quando decise di fermarsi, nonostante avesse la visuale offuscata, notò una piccola lucina molto lontano. Così raccolse la volontà dentro di sé e continuò a camminare, sicura di raggiungere ciò che non vedeva. Pian piano, si avvicinò sempre di più e vide che la lucina era una stella cometa, appoggiata sopra il tetto innevato, di una piccola capanna. Così con il cuore che palpitava di gioia e sentendo nell'aria un profumo d'amore, capì di essere nel paradiso dei suoi pensieri.
Salutò con piacere Maria e Giuseppe, che l'accolsero gentilmente e si avvicinò a Gesù bambino, che giocava e sorrideva tranquillamente. Jane lo accarezzò sulle guance rosse e chiese a Maria se poteva prenderlo in braccio, lei le concesse il permesso e così lo raccolse tra le braccia delicatamente, guardandolo profondamente negli occhi, sorridendo e provando una splendida emozione.
Lo rimise poi nella culla, coprendolo attentamente e solo allora si accorse, che accanto alla capanna c'erano angeli con le ali dorate, camici bianchi e aureole in testa. Osservandoli poi attentamente, riuscì a riconoscere vari personaggi famosi, che lei ammirava e aveva studiato, in particolare grandi letterati come Leopardi, Dante, Manzoni, Pascoli, Carducci e altri. Si rivolse però anche a grandi scienziati e pittori come Archimede, Leonardo Da vinci, Picasso e altri ancora.
Dopo essersi presentata e averli salutati disse: "Vi ammiro molto e allo stesso tempo v'invidio, perché siete stati e lo siete tuttora, personaggi famosi e importanti. Io vorrei essere così come voi, avere un valore e non vergognarmi di vivere, perché non faccio mai e non penso mai una cosa giusta, esponendomi subito alla critica degli altri."
"Grazie per i complimenti, ma non devi invidiarci, perché tu sei unica e sei famosa per te stessa, non importa il giudizio degli altri e poi qualche errore lo abbiamo fatto anche noi. Quello che importa è che tu sia soddisfatta, di ciò che hai fatto e non ti arrenda al primo tentativo, perché la strada del successo è lunga e faticosa."
Un po' perplessa con la mente smarrita, si convinse che quanto le avevano detto era vero.
"V'invidio ancora però, perché senza vita, non dovete più soffrire."
"Non è vero che non soffriamo più perché l'anima vive ancora, prova emozioni piacevoli e spiacevoli, forse solo meno opprimenti."
"Non ho speranza, ma se il destino ha voluto così, allora continuerò a vivere in questo modo, però vorrei accanto chi mi ama. Come posso ritornare da lui, nella casa abbandonata?"
Era un po' delusa e con gli occhi pieni di lacrime, ma l'angelo rispose: "Devi andare nel deserto e cercare il fiore simile a quello che hai dato al tuo amore."
Così si allontanò dalla capanna e si avviò, per cercare il fiore nel deserto del Sahara, anche se non sapeva da che parte andare. Attorno a lei non c'era niente, camminava a testa bassa e nel vuoto, ma all'improvviso, vide che mimetizzata nella sabbia, c'era una vipera velenosa e perfida, che tentò di morderla, ma non ci riuscì, così cominciò a torturarla dicendole cose cattive. Jane cercava di far finta di niente, ma le parole della vipera erano velenose e le colpivano il cuore, facendola sentire in colpa. Cercò di risponderle per difendersi, anche se inutilmente, perché le sue parole non la sfioravano nemmeno. La sua prepotenza la fece soffrire tanto, finché non si trasformò in una lumaca, che piccola e viscida strisciava sulla sabbia e chiedeva aiuto gentilmente.
"Portami con te sono troppo lenta, morirò prima di arrivare."
" Non te lo meriti, perché non dovresti essere gentile solo se hai bisogno."
Ciò nonostante l'appoggiò sulla mano e s'incamminò di nuovo, portandola con sé, almeno era in compagnia.
Intanto calava la notte, nell'immensità del deserto, luna e stelle risplendevano, ma il buio era intenso come la paura che provava Jane. Cominciava ad avere sonno così cercò un posto per riposarsi, ma quello che vedeva era solo sabbia.
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