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Leningrado. Sì, assediati mangiavano i cadaveri
Dell'assedio di Leningrado è stato scritto tanto. Inoltre, recentemente, sono stati aggiunti dei particolari talmente orrendi e nudi, che non credo di poter aggiungere qualcosa di nuovo su questo tema. Penso, che ciascuno di noi ha provato a mettersi al posto di quella gente, che ha vissuto un incubo indescrivibile. E ciascuno ha tratto le proprie conclusioni. Ma la notizia più sconvolgente era il riconoscimento ufficiale dei casi di cannibalismo. Sì, assediati mangiavano i cadaveri. Molti tremarono dall'abominazione e dall'orrore. Ma era davvero tanto abominevole? Oh, è facile discutere e condannare, quando il vostro bambino ha appena pranzato a sazietà e sta giocando nel cortile con gli amici altrettanto sazi!
Non mi metterò adesso a parlare di me, a che cosa avrei fatto io al posto di quella gente. Ma posso dire con sicurezza che non avrei sacrificato mai la vita del mio bambino per le convezioni mondane! Ed avrei fatto giurare i miei, nel caso dovessi morire per prima, di usare la mia morte per ammazzare le altre, le loro morti! La morte è sempre insensata, ma in questo caso avrebbe potuto ridare la vita. E far continuare la mia!
Di quel pezzetto di terra, sulla riva sinistra del fiume Neva, non ho fino ad oggi un'opinione determinata. È difficile dare una valutazione giusta. Certamente, nessuno mette in dubbio il valore di questa terra fino a quando il commando aveva intenzione di rompere l'assedio proprio in quel posto. Era così grande quel valore, che persino i fiumi di sangue versatici, nel senso letterale di questa parola, erano umanamente giustificati. Ma quando divenne chiaro che lo sblocco dell'assedio non sarebbe avvenuto là...
E dimmi, davvero era talmente necessario continuare a trattenersi quei pochi chilometri di terra, fertilizzandola ininterrottamente con il sangue della gente sovietica? Ho letto, che questa decisione fu presa basandosi su considerazioni ben definite, non si poteva togliere la speranza dalla città. Ma allora che prezzo ha, la sua Maestà Speranza, se pure alle bugie, sempre a nome Suo, hanno trovato giustificazione, denominandole sante?! Sì, è difficile, è molto difficile dare una valutazione a ciò, dove tu non sei stato. E chi si prende questo diritto, si considera Dio. Poiché soltanto Lui ha diritto di giudicare tutti e sempre, visto che soltanto Lui è presente in ciascuno, dappertutto, ed eternamente.
Io non sono Dio. E non sono neanche la testimone oculare. Quindi, posso solo abbassare la mia testa davanti a tutti quelli che hanno vissuto quell'inferno. Non biblico, bensì terrestre, creato dall'uomo, poiché, e ne sono certa, proprio quest'inferno è il più terribile...
Alla porta mi aprì una donna per niente anziana. Aveva un aspetto gradevole, era di piccola statura, aveva dei capelli corti e di colore scuro, ed il suo volto era ravvivato da un sorriso piacevole.
«Entrate, entrate. Il tè sarà pronto a breve. »
Mi accompagnò nella stanza, mi fece accomodare al tavolo ed uscì nella cucina per prendere il bollitore.
Mi guardai intorno. La sala dove mi trovavo non era né piccola né ampia, ed era ammobiliata stereotipatamene, li stessi mobili, la stessa moquette, lo stesso balcone, alla sinistra dell'entrata, e lo stesso tavolo, ma messo non al centro della stanza, bensì contro il sofà, che stava nell'angolo della stanza, direttamente di fronte all'entrata. Anche la tovaglia ed il servizio per il tè erano dozzinali ed usualmente bianchi. Tutto ciò mi mise subito a mio agio. Ma al tavolo, sul sofà, sedeva un uomo con capelli canuti. Era molto magro e molto vecchio. Ed era troppo assente. Ciò generava un senso di perplessità e di disagio. Sapevo che lui era il marito di quella donna e che era malato di mente. Tuttavia lo sentivo strano, da far accapponare la pelle. Anche se mi trovavo lontano da lui, sull'altra estremità del tavolo, la sensazione d'impaccio era ben forte. Inoltre, lui si comportava come se io non ci fossi per niente. Finalmente, la donna ritornò:
«Non preoccupatevi. Lui è tranquillo, sta così seduto tutti i giorni. Prendete il tè. La marmellata di lamponi l'ho fatta io, crescono sulla nostra dacia, ma quella di amarena proviene dall'Ucraina, dai parenti. Assaggiate pure, sono ottime. Anche questi pasticcini li ho fatti io. »
«Grazie. Mo non datemi del "Voi", per favore. D'accordo? »
«D'accordo. Fai pure le tue domande, non farti degli scrupoli. So, che state facendo l'opera dedicata al Nevskij Pjatachok. Anche noi abbiamo ricevuto l'invito alla prima. »
«Raccontatemi Voi. »
«E che cosa raccontarti? Tutta la città era nella stessa nostra situazione. E saremmo morti pure noi, se non fosse stato per lui. »
Lei guardò suo marito, ed io rimasi di stucco. Non solo per il tono con il quale lei aveva pronunciato la parola "lui" ma anche per il suo sguardo. In entrambi c'era l'amore. Proprio amore! Non era pietà, e perfino non era il rispetto mescolato alla stanchezza, ma proprio amore. Amore amaro, pieno di dolore infinito, mordenzato dalla disperazione e sottomesso al destino, tuttavia, era amore vero. Ed io m'impietrii, inginocchiandomi mentalmente davanti ad esso, ed ammirandolo in silenzio e con tutto il mio cuore. Ma poi, subito mi estasiai! Poiché tutto ciò significava solo una cosa, e cioè che l'amore esisteva!!
«L'esercito lo bocciò. Lui è zoppo, ha un piede di cinque centimetri più corto dell'altro. Chiese di essere iscritto come volontario, ma fu tutto inutile. Non lo presero nemmeno nelle milizie irregolari. Così andammo a lavorare nella fabbrica di Kirov. Quando io tenevo già la mia anima coi denti, rimasi inchiodata al letto. Allora lui cominciò a portarmi la sua razione giornaliera (erano 125 g di pane nero e nulla di più.) Cercava d'ingannarmi, affermava che avevano aumentato la norma. Non gli credevo, non volevo mangiarlo, persino litigavamo. Ecco... Io stavo morendo. Ricordo come una volta, qualcosa mi spinse fortemente. Aprii gli occhi, e sentii la sua voce. Mi parlava in modo sconclusionato, sbalestrava di continuo. Penso, che io non fossi del tutto cosciente, perché non riuscivo a capirlo. Allora lui prese un cucchiaio e cominciò a riempirmi la bocca con un brodo. Non scorderò mai come fu caldo, saporito e profumato! Non ero in grado di parlare, perciò non gli feci domande. Quella volta mangiai poco. Lui affermava che era pericoloso mangiare subito tanto. Mi lasciò dormire, ma quando mi svegliai, mi fece mangiare di nuovo. Già... Insomma, lui mi salvò. Poi mi spiegò la provenienza di quella carne. Sosteneva di aver barattato i nostri libri. Sai, avevamo una grande biblioteca. Apparteneva a mio nonno paterno. Sulle prime gli credei. Comunque, ci salvammo grazie a quei libri. Beh, li bruciavamo per avere l'acqua calda. Ci dispiaceva tanto, ma... Ecco... Poi, quando mi ripresi completamente, notai che lui era cambiato, che non era più come prima. Quando arguii che cosa era successo in realtà... Già... »
Si silenziò. Ed in quel momento sulla radio cominciarono a trasmettere la canzone che diventò immortale, "Giorno di Vittoria".
"Questo giorno di Vittoria
È impregnato d'odore di polvere da sparo,
Questo giorno è la festa
Con i capelli bianchi sulle tempie
Questo è la festa con le lacrime sugli occhi
Giorno di Vittoria! Giorno di Vittoria!"
Ed improvvisamente, la fiamma del senso comparve nello sguardo di quell'uomo. Come se fosse rinvenuto! Osservò me, sua moglie e dopo averla abbracciata, si proruppe pesantemente in lacrime, con singhiozzi, con tutta la sua sofferenza muta. E lei lo seguì.
Mi sedevo e con ogni mia cellula sentivo quel dolore schietto di un amore, straziato e pestato dalla guerra.
La società, ancora, ostruì il volo di un amore.
Ma cerchiamo, tuttavia, di discernere che cos'è nel suo significato specifico, società? Gente. Folla. Un ammasso di persone, un loro insieme di pensieri e di biocampi. Ed il risultato della loro sovrapposizione fa magnificare sempre più Cristo, poiché per amare un tale risultato bisogna essere davvero Cristo! In effetti, che cos'è l'amore? È Dio. In altre parole, è il bianco che nega già nella sua essenza, già nel suo proemio innato qualunque sfumatura. E vedendo come rigetta, come calpesta ed infanga la massa umana il bianco, è impossibile non credere all'affermazione della chiesa, che sulla terra regna il Diavolo. Ma il diavolo mai ha ucciso qualcuno. Lui si limita a tentare! Sono le anime umane a mettersi a massacrare ed a versare il sangue. Scodinzolano e serpeggiano pur d'impossessarsi delle strade facili per raggiungere... il vuoto!
Ed ancora. Se durante la seconda guerra mondiale, avessero intervistato ogni singolo tedesco per sapere se fosse d'accordo con quello che loro facevano con ai bambini slavi, (campi di sterminio per bambini che fungevano anche da laboratorio per esperimenti fascisti e per la raccolta di sangue. Milioni di bambini annientati) sono sicura, che il risultato di quel referendum avrebbe sorpreso tutti. E tuttavia, loro lo facevano!!
Come era possibile? Chi distrugge l'io umano, quando questo io diventa parte di folla?! Perché la più normale anima perde il suo aspetto, non appena viene a trovarsi lato al lato con le stesse anime normali? Oppure, il lavoro principale del Diavolo sta proprio nel lavorare con folla, e le singole persone per lui non sono che delle minutaglie per le quali lui spende solo il suo tempo libero? Per così dire, è solo uno svago ed un intrattenimento per Lui? Un suo hobby preferito?
Ma allora, la grandezza d'anima è determinata anche dalla sua indipendenza dalla folla!
"La deplorazione degli ignoranti, i biasimi di folla
Non affliggono l'anima grande, non la addolorano."
In altre parole, hanno le mani corte per sporcare l'anima, di tale ampiezza, con le bellette, e per costringerla a gettar via le sue ali e strisciare come serpenti. Ma la corresponsione della fedeltà al volo non è fra i leggeri...
"Cominciai a proclamare
Le leggi pure di verità e di amore:
Tutti i miei amici, in rancore,
Lanciarono i sassi contro di me,
bili di cuore.. (entrambe citazioni M. Lermontov)
(Mi chiedi, che cosa devi particolarmente evitare? Rispondo - folla. Seneca)
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