Le diciotto e trenta.
Come corrono le lancette!
E ci sono ancora tantissime cose da fare... ma per farle al meglio è necessario non farsi prendere dal panico e smettere di fissare l'orologio appeso alla parete della camera; concentrarsi sulla preparazione... proprio così.
Rita si sforza di inculcare questo pensiero nella sua mente per evitare che il nervosismo abbia il sopravvento e le faccia compiere errori grossolani nella minuziosa organizzazione che ha progettato da quando ha ricevuto l'invito. Ha ancora tempo... un mucchio di tempo, ma deve sfruttarlo al meglio... ragionare lucidamente e quasi con curato distacco per fare le cose per bene.
Il vestito viola le sta a pennello... non troppo scollato o esageratamente castigato; la sarta ha eseguito egregiamente il compito affidatole e si può ammirare tutto l'impegno profuso nel risultato; davvero un vestito da sera impeccabile e della lunghezza giusta... la luce della stanza fa brillare piacevolmente le paillette, concedendo una lucentezza non troppo aggressiva ma impossibile da non notare ed accentuando l'eleganza d'insieme... davvero gradevole.
Il raso è di ottima qualità... è costato un occhio della testa ma ne è valsa la pena... gli orli delle spalle e della gonna descrivono onde sinuose che contribuiscono a spezzare lo stile altrimenti troppo classico e maturo, infondendo un frizzante contorno giovanile, in simbiosi con la giovane età dell'indossatrice. Da essi, le esili braccia e le caviglie avvolte nelle lunghe calze nere semitrasparenti si presentano al meglio, la pelle candida puntellata qualche e là da piccoli nei che sembrano posizionati proprio nei punti giusti... minuscole imperfezioni, comunque necessarie in quel corpo armonico ed in perfetta forma.
Il rossetto, dal colore non troppo acceso, crea un piacevole contrasto con il candore del viso, accoppiandosi con la sfumatura perfettamente descritta dalla cipria appoggiata sulle gote.
Mascara a rendere affilate e seducenti le ciglia, una sottile linea di matita nera sotto gli occhi ed il profumo francese di Chanel completano l'opera di bellezza, mentre lo smalto ben steso sulle unghie precedentemente smussate e lucidate è dello stesso colore dell'abito e contribuisce a farlo fondere con il suo corpo.
Tutto pare perfetto, eppure Rita non è ancora convinta e si chiede il motivo; il viso riflesso nello specchio continua a scrutare con sospetto ogni lineamento del viso ed ogni dettaglio dell'abbigliamento alla ricerca di una qualsiasi imperfezione... un difetto che può essere sfuggito a tutti i precedenti controlli già effettuati.
Un'anomalia microscopica che si nasconde insidiosa, attendendo il momento propizio per rivelarsi e rovinare l'evento; è un disastro che non deve assolutamente accadere... sarebbe la fine.
La prima impressione è quella che conta... si cerca di non ammetterlo, ma alla fine è così. Le capacità ed il carattere vengono vagliate attentamente in seguito, certo... e sono egualmente importanti, ma solo successivamente.
Il primo esame da superare brillantemente è quello della prima impressione... l'impressione che suscita inevitabilmente l'aspetto esteriore. Non che Rita non sia di questo parere... le è sempre piaciuto curare la propria persona, esattamente come sua madre, dalla quale ha appreso tutti i trucchi del mestiere e della seduzione. Vedersi bella allo specchio la rende anche più sicura di sé e fino a questo momento non ha mai dubitato di essere davvero un bel pezzo di figliola.
Ogni occasione, ogni festa organizzata dai compagni di scuola, ogni serata in discoteca o al ristorante era il contesto perfetto per ribadire a tutti, estranei o meno, il proprio fascino e far morire d'invidia le amiche che non hanno mai raggiunto il suo livello, per quanti sforzi facessero.
Molti l'hanno accusata di essere una ragazza superficiale e di dare importanza esclusivamente agli aspetti più frivoli di qualunque cosa. Di certo hanno ragione... Rita non ha mai voluto collaborare con la redazione del giornale scolastico né tantomeno aiutare ad allestire i banchetti di beneficenza per le vendite di dolci a natale nei pressi della parrocchia; non conosce il significato di impegno sociale e non le interessa approfondire la cosa.
Padre chirurgo vascolare e madre avvocato penalista, Rita è cresciuta nel più disgustoso snobismo e nella ferma convinzione che il denaro dia la felicità... ed essendo figlia unica, ha goduto di privilegi che i suoi coetanei non potevano che sognare... un carattere forte con una spruzzata di evidente superbia e presunzione... è stata lei stessa ad insistere per essere iscritta in una scuola pubblica, avendo così la possibilità di ostentare la sua ricchezza giorno dopo giorno e di elevarsi rispetto al mucchio. Le piacciono le vittorie facili e ne ha sempre ottenute... il massimo risultato con il minimo sforzo: un motto che piace a molti ma che pochi possono permettersi di mettere in pratica.
Non si è mai soffermata a pensare che tutto quello che ha non deriva da suoi meriti ma dalla liquidità che mamma e papà hanno sempre messo a sua disposizione... e non spreca un secondo a riflettere sul fatto che forse la sua vita potrebbe risultarle migliore se dedicasse un anche minimo sforzo al benessere altrui.
Gli occhi setacciano attentamente come uno scandaglio... nessuna sbavatura nel trucco e nemmeno l'ombra di un filo scoperto e penzolante nel vestito... ma qualcosa deve esserci per forza. Non sta osservando bene... non sta esaminando nel posto giusto; non può uscire di casa sicura, nonostante le lancette corrano così veloci: pare vogliano farle dispetto.
Il leggero e cortese bussare alla porta di legno di ciliegio, estremamente pregiato, la fa sussultare e la irrita al tempo stesso:
"Tesoro? Va tutto bene?"
"Sto curando gli ultimi dettagli, papà. Non entrare!"
"Sei chiusa in camera tua da un po'... capisco che sia una serata importante per te, ma sono certo che tu sia già uno splendore!"
"Papà, per favore! Ti ho detto che mi serve ancora qualche minuto! Scendo tra poco. Non mettermi fretta!"
il tono autoritario e seccato della figlia, urlato attraverso la porta e sbattuto con forza nelle orecchie, convince il genitore a concedere altro tempo e non insistere con le domande: meglio scendere e sedere sul divano a godere del televisore a LED da settanta pollici, appena acquistato. Donne! Non riuscirà mai a capirle... e ci ha rinunciato da un pezzo.
Sentendo il rumore dei passi affievolirsi via via, Rita capisce che il padre è tornato di sotto e ne è sollevata: gli vuole bene ma sa essere un vero rompiscatole quando ci si mette!
Meglio tornare a concentrarsi sulla fantomatica imperfezione: c'è. Ci deve essere!
Di colpo, la ragazza strabuzza gli occhi, come a volerli sparare fuori dalle orbite... le pupille si pietrificano sul collo... come ha fatto a non pensarci prima? Come ha potuto essere così stupida!
Abbandonato per un momento lo specchio, l'adolescente corre verso il mobile accanto al letto ed apre il primo cassetto con uno scatto, affondando le mani nel contenuto disordinato ed afferrando infine una piccola scatola nera, dall'aspetto importante.
Una mano tiene fermo il fondo mentre l'altra distribuisce le dita sul coperchio; compiendo un gesto lento, quasi di rispettoso timore, la ragazza solleva il coperchio e resta affascinata dal contenuto, adagiato sul fazzoletto di velluto blu scuro.
L'indice ed il pollice calano delicatamente e si chiudono a pinza sulla catenina di platino, sollevandola con estrema cautela e portandola al cospetto del suo sguardo, che osserva estasiato l'ipnotico penzolare del grosso diamante rosato.
Come un sacerdote venerato dai propri fedeli che si accinge a portare a compimento il culmine di una cerimonia sacra, Rita torna davanti allo specchio senza disturbarsi nemmeno di richiudere il cassetto e si mette esattamente al centro di esso; lo sguardo è esageratamente concentrato per quello che sta per fare e pare essere incredibilmente agitata mentre libera la chiusura e lentamente porta la catenina dietro il collo.
Sempre usando gesti misurati, lega il ciondolo e riporta le mani lungo i fianchi, accarezzando lentamente il vestito; si ferma a lungo a mirare i riflessi di perfezione che la pietra preziosa esibisce alla luce della stanza... adagiata esattamente al principio della generosa (ma non volgare!) scollatura, contribuisce a rendere ancor più giustizia al suo decollètte non proprio abbondante... una cosa che l'ha sempre fatta andare in bestia... e d'altro canto attende con ansia la maggiore età per ovviare a questo inconveniente ed installare due protesi al silicone che farebbero morire di invidia persino Pamela Anderson.
Le diciannove meno dieci minuti; è davvero il caso di rompere ogni indugio e farsi trovare pronta, ma un breve istante per fotografare l'immagine di sé stessa nella sua incomparabile bellezza, Rita se lo prende eccome.
Le scarpe hanno forse il tacco troppo alto, tuttavia non dovrà camminare per chilometri; nere come la notte e lucide... la fibbia ad arco dorata a spezzare la tenebra fornendo uno spettacolare contrasto: luce ed ombra avvinghiate in una romantica danza, scandita dal ritmo del tacco che poggia al suolo ad ogni passo leggero e plateale.
Ultimo tocco di classe, la giacca di velluto, ovviamente nera, intenzionalmente aperta nonostante il freddo, per permettere all'osservatore curioso un doveroso assaggio del vestito che sta sotto e farlo sbavare per ammirarlo successivamente nella sua interezza.
Come una principessa della sera, Rita scende la rampa di scale che muore nel bel mezzo dell'ampio soggiorno di casa sua... si ferma all'ultimo gradino, pronta a ricevere le espressioni ammirate ed i commenti d'approvazione di entrambi i genitori.
"Tesoro, sei bellissima!" commenta il padre, dimenticandosi di chiudere la bocca, dopo.
Mamma dona alla figlia un sorriso di intesa e di rispetto... uno sguardo di approvazione in tutto e per tutto e di innegabile orgoglio per essere riuscita nell'intento di passare a sua figlia lo scettro di bellezza che lei ha mantenuto da giovane per tanti anni.
"Pensate che andrà tutto bene? Pensate che Edgar resterà colpito?"
È una domanda del tutto inutile ed anche la teenager lo sa bene. Una domanda che rivolge ai genitori, sicurissima della loro risposta. Della risposta che devono DOVEROSAMENTE darle.
"A meno che non sia finocchio, Edgar si scioglierà ai tuoi piedi alla prima occhiata, principessa."
le parole del padre rispecchiano, più o meno, anche il pensiero di Rita. Non nega di essere ancora abbastanza nervosa... la cena di stasera è davvero importante... la cena decisiva, per così dire.
In un eccesso di vanità o forse uno spettro di insicurezza che le attraversa la mente, Rita passa il volto di fronte allo specchio dell'ingresso, alla destra dell'attaccapanni in cristallo. La frangia è ordinata e mischia il sexy all'innocente.
E nasconde alla perfezione la cicatrice, già celata sotto una massiccia dose di fondotinta... l'unica cosa del viso che non può cancellare e che le ricorda quel giorno... sarebbe potuto andare peggio... molto peggio, se papà non l'avesse salvata... in quell'istante non pensava al look, all'eleganza o al denaro... in quell'istante ha visto l'inferno. E qualche strascico è rimasto impresso nella sua mente ed ha lasciato quel tangibile marchio.
Edgar non se ne accorgerà; farà in modo di distrarlo... ed il figurone che ha fatto con i suoi genitori sarà lo stesso che farà con chi la sta aspettando.
Lo squillo del campanello la strappa ai pensieri tristi e spazza via tutti i dubbi e le insicurezze, ristabilendo la baldanza di poco prima.
Mamma si avvicina alla finestra che da sul vialetto della villa e riferisce alla figlia ciò che già si immaginava:
"È arrivato, tesoro!"
Bene, pensa Rita. Si va in scena.
L'uomo scende le scale umide e polverose dello scantinato con passo incerto e traballante... la sua stazza è davvero notevole e rende difficile i movimenti più elementari... ma gli dona al contempo, una possenza ed un'idea di forza fisica davvero notevole.
Il puzzo che impregna la cantina è insopportabile, eppure non sembra infastidire il robusto individuo che, arrivato al termine della rampa di scale di pietra, raccoglie una vecchia lampada a petrolio pendente da un lungo chiodo arrugginito piantato nel muro. La accende e la poggia sul tavolo di legno consumato che fa da protagonista al centro del locale. Una luce debole si diffonde tutt'intorno conferendo un sinistro e spettrale aspetto ad ogni oggetto presente nella cantina.
Uno scaffale di metallo pieno di bottiglie vuote ed incrinate... vasetti riempiti di non si sa bene quale salsa o condimento che si alternano a stoviglie ammassate l'una sopra l'altra in un lontano eco di ordine; da una pentola, un ragno fa capolino, incuriosito ed infastidito dalla luce nuova... ma rientra subito nelle tenebre offerte dal fondo.
La muffa che mangia le travi di sostegno poste ai quattro lati della stanzona non spiega il fetore di cui è impregnata la poca aria. Con passi lenti, il visitatore percorre uno stretto e breve corridoio che si dipana dal lato sinistro della cantina, nascosto da un vecchio armadio cadente privo delle ante, al cui interno sono ammassate almeno una decina di sedie e sgabelli di legno e ferro, devastate ed impossibili da rimettere in sesto... un corridoio insignificante, praticamente impossibile da notare senza l'aiuto della lampada. La stazza crea non pochi problemi... l'uomo sbuffa mentre sente i fianchi sfregare contro la pietra intrisa di umidità... gli secca ammetterlo. Gli secca non poco, ma deve decidersi a riconoscere la realtà: deve perdere qualche chilo, assolutamente.
L'odore si fa nauseante al termine del corridoio e l'uomo è costretto a coprirsi naso e bocca con un ampio fazzoletto di stoffa preso dalla tasca del grembiule che indossa.
La luce fioca ormai non arriva più dove si trova ed è quindi costretto a cercare a tentoni lungo un ripiano... trova quello che cercava dopo qualche tentativo a vuoto.
La torcia elettrica è vecchia ma le batterie sono appena state sostituite ed illuminano a dovere il mini anfiteatro di pietra, sotto le fondamenta.
Odore di marcio... carne putrida sbattuta all'interno di una carriola appoggiata al muro... le mosche volano come impazzite su di essa, descrivendo cerchi sempre più piccoli e veloci mentre planano sul succoso, almeno per loro, banchetto... potrebbe sorgere qualche litigio, visto che dovranno dividerlo con i vermi, che si stanno già dando da fare nel consumare il "lauto" pasto. Una finestrella dalle dimensioni ridicole si apre sul soffitto, ma è murata e gli insignificanti spifferi che filtrano dalla malta consunta che tiene unita i mattoni non sono altro che uno stupido scherzo, davanti a cui il fetore se la ride a crepapelle.
Il gigante si china con fatica verso un comodino, interessato all'unico oggetto in bella vista sulla superficie... una robusta mannaia da macellaio... trae sinistri bagliori alla luce della torcia e non ha un granello di polvere sul manico né sulla lama... sembra sia stata usata di recente.
Qualche passo ancora lo porta davanti alla misera gabbia... bassa e stretta... la chiave che ha al collo apre il pesante lucchetto ed, aperta la grata, infila la mano ed afferra qualcosa che stava rannicchiato, agonizzante all'interno.
Lo tira fuori senza usare troppo le buone maniere.
La vittima è in condizioni pietose... quello che resta dei vestiti è sporco del suo stesso vomito... il respiro e affannato e le ferite alle braccia ed alle gambe sono profonde e colme di infezioni e di pus secco.
Gli occhi si aprono lentamente, torturati dall'inaspettata ed intollerabile luminosità... sono quasi incavati dalla lunga permanenza al buio... è messo veramente male, ma qualcosa si può ancora ricavarne.
"Non preoccuparti..." dice l'energumeno mentre gli solleva la testa per i capelli "Non sentirai nulla... e poi sarà finita."
La lama si alza... e si abbatte con forza.
Non un grido né un gemito... solo lo SPLAT del sangue fresco che si spiaccica contro il grembiule e le budella che scivolano sul pavimento, come bisce assonnate e stanche.
"Sei veramente uno schianto, stasera, tesoro!"
"Dici davvero? Pensi che farò colpo sui tuoi?"
"Non ti preoccupare troppo per questo. Hai già fatto colpo su di me... il resto viene dopo. Ad ogni modo, credo che sia mia madre che mio padre ti adoreranno. Non vedono l'ora di conoscerti."
"Sono nervosa... non mi sentivo così da un bel po'."
"Rilassati, bimba. Ricorda che è soltanto una cena; capisco che per te sia importante fare una bella impressione, ma non hai alcun motivo di essere in apprensione. Non vedo proprio come la serata possa andare storta."
"Se lo dici tu... mi fido."
Rita appoggia il capo sulla spalla di Edgar, concentrato alla guida della Corvette, spaziosa e comoda; anche lui si difende molto bene, quanto ad eleganza: non esiste un capo del suo abbigliamento che non rechi una firma famosa e l'odore stesso della camicia di seta è quasi inebriante... forse, la ragazza esalta all'ennesima potenza le sensazioni che prova anche a causa dell'emozione per la serata. Lei ed Edgar stanno insieme da qualche mese: un rapporto che procede a gonfie vele... qualche litigio nella norma, ma nulla di più grave; il ragazzo è un corteggiatore come ne sono rimasti pochi. Ha buon gusto e non trascura mai le regole del galateo e della cavalleria; il fisico asciutto è un chiaro segno della sua volontà di tenersi in forma: boxe, nuoto e tennis sono una costante irrinunciabile nella sua settimana e può vantarsi di aver portato a casa un buon numero di trofei per ognuna delle discipline in cui si cimenta, anche se non gli piace vantarsi o mostrare una spocchia spropositata per questo. I capelli mori, resi lucidi e perfetti dalla giusta quantità di gel passata sulla superficie, il profumo del dopobarba al muschio... wow! Rita si sente al sicuro, riscaldata dal calore della sua spalla robusta... le poche macerie rimaste sull'asfalto e le crepe che ancora sprigionano vapori acidi non rappresentano un ostacolo si cui preoccuparsi... la guida sicura e dolce del fidanzato evita ogni impedimento senza ricorrere a frenate improvvise o brusche sterzate. Davvero una miniera di virtù, il suo Edgar Hawkes. Una miniera che vuole tenersi stretta e se la serata andrà come spera, il sogno delle nozze potrà realizzarsi entro breve.
L'incontro con i genitori del proprio boyfriend è da sempre qualcosa che mette in agitazione, sia lei che lui... ed il loro giudizio, per quanto si cerchi di negarlo con tutte le forze, è sempre particolarmente influente.
La famiglia di Edgar è ancor più agiata di quella di Rita. Il padre è un ex dirigente della General Motors con la tessera di socio anziano Golf Willard Club di Beverly Hills, uno dei più esclusivi, almeno un tempo. La madre possiede una catena di profumerie ed è stilista a tempo perso... entrambi hanno ricominciato le loro attività in scala minore dopo il grande BANG, ma sono riusciti a mantenere alto il loro nome nel quartiere e nella società. Il padre di Edgar può vantare l'onore di aver stretto la mano al presidente Bush e di essere stato amico di Harrison Ford; ha partecipato ai funerali di quest'ultimo, pronunciato un sentito discorso di commiato che ha commosso tutti i presenti.
Certamente, sono due persone influenti... ed hanno il merito di aver tirato su un figlio bello, forte e ricco... un ottimo partito. Rita ha dalla sua il merito di averlo arpionato e conquistato durante il corso di tiro con l'arco che entrambi frequentavano a Wilshire... ma questa cena ed il primo incontro con i genitori di lui rappresentano una sorta di prova del fuoco. Ora, sta tutto in lei impressionare i futuri suoceri per continuare a tenersi stretto il bel fusto gentiluomo.
L'auto sportiva si ferma lentamente davanti al vialetto della villa, sontuosa dimora di Edgar.
Alcune crepe sulla facciata si notano, ma nulla di più.
"Abbiamo già chiamato una squadra di muratori per riparare i danni!" precisa il ragazzo, accortosi dell'occhio critico stampato sul volto della fidanzata.
"Beh, il terremoto è stato fortissimo! Non avete nemmeno riportato troppi danni, se pensi alle case che sono crollate come un castello di carte! È ugualmente una bellissima casa! Tre piani... dev'esserci molto spazio!"
"Mio padre ne va molto orgoglioso, in effetti... vuole accomodarsi, principessa?"
il momento è arrivato; Rita percorre il vialetto ben curato, ammirando le aiuole che adornano entrambi i lati... ordinate e ben curate; un tripudio di colori vivaci ad aggiungere reverenza di fronte alla maestosità dell'abitazione. In realtà, la ragazza li fissa, sperando di distrarsi e di ritardare l'inevitabile, mentre ad ogni passo verso la porta d'ingresso, le gambe tremano di più. La sua mano si stringe in quella di Edgar, che sorride divertito, ma senza la minima intenzione di deriderla del suo disagio.
Prima che il ragazzo possa prendere le chiavi di casa dai pantaloni di velluto, la porta blindata, dipinta di bianco si apre senza un rumore e Mr. Hawkes appare sulla soglia, in attesa.
"Ciao, figliolo! E tu sei Rita immagino..."
"Sì. È un piacere conoscerla, signore."
"Signore? Non sono così vecchio! Dammi del tu e chiamami Martin. Coraggio, entrate! La cena è quasi pronta."
Il tono scherzoso e gradevole del padrone di casa ha il potere di spegnere immediatamente il disagio di Rita e di farla sentire meglio come per incanto. Dopo aver stretto la mano al padre di Edgar, che ricambia stringendola vigorosamente e sorridendole con affetto quasi paterno, la ragazza scambia uno sguardo di sollievo con Edgar e tutti entrano in casa.
Seduti all'ampio tavolo, Rita non ha alcuna difficoltà a familiarizzare anche con Erika, la madre. Una donna dal senso dell'umorismo pungente e dal carattere forte, in grado di tenere testa alla prosopopea di molti uomini, almeno stando a un primo giudizio.
"Sono davvero contenta di averti vista, Rita. Sei esattamente come mi aspettavo! Finalmente, Edgar ha incontrato la ragazza giusta per lui! E mi somiglia!"
"Lei mi fa arrossire, signora Hawkes."
"Tesoro, dammi del tu. Voglio che ci scambino per due amiche del cuore quando andremo assieme a fare shopping a Beverly Hills!"
"Cosa? Lei vuole davvero che la accompagni nelle sue spese?"
"Io voglio che tu ti diverta, ragazza mia! Non mi accompagnerai da nessuna parte. Sarà il nostro Chaffeur a farlo e ti assicuro che è un ottimo autista. Una donna non spende mai abbastanza denaro per la propria cura personale e visto che non posso godermi mio marito perché è sempre al lavoro, tanto vale che mi goda almeno il suo cospicuo stipendio!"
"Sagge parole!" risponde prontamente la ragazza, prima di sorseggiare il vino rosso che riempie il suo calice di Swarowsy. Un gusto particolare ma affatto spiacevole... e Rita non si intende di vino abbastanza da fornire un giudizio più elaborato.
"La nostra Rita è timida! Tende a dare del lei a tutti!" sbotta Martin. "Scommetto che ci avevi immaginato come due genitori all'antica, tutto sospetto e diffidenza verso la ragazza del nostro pupillo! Ti aspettavi una valanga di domande tipo interrogatorio, allo scopo di farti cadere in qualche tranello e portarti a svelare un aspetto del tuo carattere che ti avrebbe esclusa dalla nostra lista preferiti. Oppure, una sfilza di sguardi in cagnesco ed ostili... dì la verità!"
"Beh... in effetti, mi aspettavo qualcosa del genere..." risponde lei con un filo di voce ed arrossendo visibilmente per la confessione appena fatta.
Entrambi i coniugi Hawkes la fissano un istante e ridono fragorosamente, stemperando ancora di più, se possibile, la sensazione di soggezione iniziale. Entrambi dimostrano di essere persone alla mano... più di quanto lo sia la famiglia di Rita... ed una menzione speciale va data senza dubbio alla socievolezza di Martin:
"Ah ah ah! Rita, sei davvero simpatica! Caro Edgar, se ti lasci scappare una ragazza del genere ti diseredo! Sei avvisato!"
"Dai papà! Smettila di fare il buffone!"
"Beh, cerco di contrappormi al tuo solito broncio! Penso che Rita abbia voglia di apprezzare qualcuno che non sia sempre così serio come te, figliolo. Non ti offendere, ma a volte sei davvero una pizza!"
"Papà!!"
"Ah ah ah ah!!"
"In effetti, non hai tutti i torti, Martin!" commenta Rita con un sorriso burlone, sorprendendo il suo ragazzo ed evidenziando il fatto di essere ormai integrata nel nucleo familiare e di apprezzare il clima instauratosi.
"Tesoro, per favore! Non lo incoraggiare!"
"Ah ah ah! Vedi, figliolo? La tua ragazza ti conosce meglio di te stesso! Ed ha capito subito quale sia l'uomo con più carisma in questa casa!"
"Andiamo, Martin! Non fare il bambinone come al solito!" lo ammonisce educatamente Erika, rivolgendosi poi alla sua nuova amica:
"Dimmi Rita. Che pensi di fare dopo gli studi?"
"In realtà ho ancora le idee un po' confuse..."
"Hai mai pensato a provare a disegnare abiti da sera?"
"Fare la stilista?"
"Esattamente... penso che Edgar ti avrà parlato del fatto che faccio questo lavoro nei ritagli di tempo... per ora riesco a gestirlo come dovrei, ma quando le cose si saranno riassestate, penso che mi farebbe molto comodo avere il supporto di una persona che abbia volontà ed ottimo gusto; guardando il tuo abito e dopo averti conosciuta, penso tu abbia sia l'una che l'altra qualità. Ti piacerebbe come proposta?"
Sembra un sogno. Fatica a trovare la voce per rispondere:
"Mi interesserebbe, Erika... mi interessa molto."
"Ottimo, ci contavo! Allora ne parleremo meglio dopo cena, sul divano... a stomaco pieno e rilassati si ragiona meglio."
"A proposito di cena... che fine ha fatto, Jack? Sto morendo di fame!"
la protesta di Martin viene curiosamente smentita quando la porta della cucina si apre ed il cuoco personale della famiglia Hawkes entra in scena nella sala spingendo il carrello delle vivande.
"Eccomi pronto, signor Hawkes! Ho sentito il suo disperato appello dalla porta e mi sono precipitato a darle il mio sostegno! La cena è pronta e le garantisco che questa volta ho superato me stesso! Tecnicamente, non è bene che uno chef si vanti della sua cucina... dovrebbe lasciare quest'onore ai commensali, ma considerato l'impegno che ci ho messo ed il risultato ottenuto... una lode sento davvero di dovermela fare!"
"E va bene, Jack! Allora aspettiamo tutti di essere resi partecipi del tuo capolavoro culinario! E naturalmente, l'onore di sollevare il coperchio spetta alla nostra ospite!"
"Ma certo, signore! Era la mia esatta intenzione!"
Sfoggiando un sorriso di orgoglio, lo chef avvicina il carrello a Rita, che allunga il collo fino a portare il viso sopra il vapore che sprigiona dalla portata misteriosa. L'odore è ottimo ed invitante... la tentazione di scoperchiare il vassoio e rendere onore alla portata è davvero irresistibile e mentre Jack attende il momento, visibilmente emozionato e pronto ad ascoltare il commento positivo della ragazza, i componenti della famiglia Hawkes fissano i loro sguardi sulla cupola di metallo... stanno morendo dalla curiosità.
Rita lancia ancora uno sguardo malizioso al corpulento cuoco e decide infine di afferrare il piccolo pomolo che svetta sulla sommità del coperchio.
Con uno scatto lo alza al cielo ed il suo sorriso sereno svanisce bruscamente in quel preciso istante, lasciando il posto ad un selvaggio ed inaspettato grido di terrore che scuote la sala e fa trasalire tutti i presenti.
Rita fa un balzo indietro e si sente mancare l'aria... mentre la sedia cade a terra con un tonfo assordante, la giovane precipita in un incubo ad occhi aperti e sente tutti i nervi del suo corpo drizzarsi e tendersi; i muscoli si irrigidiscono e gli occhi vengono spalancati dal terrore puro che vortica nelle pupille... il sogno è terminato per sempre... anzi, non è mai esistito.
Martin, Erika ed Edgar Hawkes restano increduli e spiazzati dalla reazione delirante della ragazza e non riescono a trovare alcun motivo tra tutti quelli cercati che possa spiegare un gesto così folle. il cuoco Jack Halloran non è in grado di proferire una sillaba: la delusione è tale da averlo reso temporaneamente muto e pensa che se si tratta di uno scherzo, di un motivo per ridere alle sue spalle organizzato ad arte dai padroni di casa... è veramente di pessimo gusto; ed i suoi occhi non riescono a fare a meno di gettare un'occhiata di profondo disprezzo verso quella smorfiosa tutta profumo ed eleganza che ha appena osato denigrare la sua deliziosa creazione.
Rita porta una mano al petto con estremo sforzo... il cuore le batte al ritmo di un martello pneumatico e non riesce a rimetterlo tranquillo... la tensione pesa sempre di più e minaccia di schiacciare tutta la scena.
Non senza qualche esitazione, è Edgar ad alzarsi dalla sedia per avvicinarsi alla fidanzata ed assicurarsi che non abbia in mente di esibirsi in una seconda, imbarazzante e sconveniente crisi isterica.
"Tesoro... va... va tutto bene?"
Accade qualcosa nella mente della ragazza;la voce di Edgar... la stessa voce che fino ad ora la faceva sentire al sicuro... adesso la irrita e la spaventa; ogni dettaglio della perfezione che permea quella casa la disgusta e la soffoca... vuole uscire... deve uscire subito!
Scrolla bruscamente le spalle per disfarsi del contatto delle mani di Edgar e si volta a guardarlo con orrore... un orrore che lui non capisce e che non si aspettava.
"Rita... tesoro... che succede? Che cosa ti è successo? Va tutto bene... sei qui con noi... va tutto bene."
indietreggia verso la porta mentre fissa la famiglia... lacrime di terrore si fondono con il trucco e scendono sulle guance;righe nere sul volto di uno spaventato Pierrot al femminile e la mandibola pende inerte come trasformata in gelatina e pare minacci di staccarsi e cadere a terra.
"Voi... voi siete... siete pazzi..."
la frase pronunciata tra i singhiozzi non piace al patriarca che risponde per le rime, aggrottando le sopracciglia:
"Ora vedi di darti una calmata, ragazza! Non so cosa ti è preso e non mi interessa! Quello di cui sono sicuro è che non accetto di essere insultato a casa mia!"
all'irritazione di Martin corrisponde un uguale delusione da parte di Erika, che scuote la testa ed abbassa lo sguardo... i buoni propositi di coinvolgere la giovane nel suo mondo sono svaniti assieme al giudizio positivo su Rita.
Edgar è il più smarrito: vorrebbe aggrapparsi a qualunque cosa che gli permetta di difendere la donna che ama... vorrebbe tanto poterla giustificare ma non è nella condizione di farlo e tenta un ultimo accorato appello mentre sente il cuore gonfiarsi di triste delusione:
"Rita, ti prego... calmati per un attimo. Aiutaci a capire cosa ti è successo. Siediti e bevi un sorso di vino... ti aiuterà a distenderti. Fallo per me... per favore..."
Il vino... quel retrogusto strano, che ha trovato persino piacevole.
No! NO!
Non c'era una sola goccia di vino in quel bicchiere... non c'era nemmeno l'ombra del vino! Sangue! QUELLO ERA SANGUE!
"No! Noooooo!!! ASSASSINI! ASSASSINI!!"
Salita a cavallo della furia, Rita afferra il vaso cinese sul tavolino vicino a lei e lo scaglia con forza contro il rampollo Hawkes, centrandolo in pieno volto.
Edgar si accascia al suolo con un grido acuto e coprendosi la faccia, trafitta dalle schegge appuntite di ceramica.
Papà e mamma abbandonano i loro posti e corrono a dargli soccorso, spaventati ed allibiti dalla conclusione della serata... il padre maledice insistentemente la ragazza e le getta contro minacce di vendetta ed insulti, che giungono solo parzialmente alle sue orecchie, mentre fugge nella notte dopo aver guadagnato l'uscita, puntando verso il riparo di casa sua.
Jack riporta il carrello nella cucina ed una volta richiusa la porta alle sue spalle e certo che nessuno lo possa sentire, scaglia il cappello da cuoco contro il frigorifero e fissa il piatto forte, intristito.
"Non preoccuparti..." lo consola "La colpa non è stata tua... quella è matta da legare!"
affonda la forchetta nella cavità oculare farcita di olive e salsa alle verdure e ne assapora intensamente il gusto, poi non resiste alla tentazione di un secondo assaggio, questa volta scavando nelle cervella condite di ottimo formaggio emmental fuso e crauti rossi al vapore.
"Mio Dio!" esclama "Delizioso! Assolutamente delizioso. Devo solo trovare il nome adatto a questa nuova ricetta!"
Rita corre senza mai voltarsi indietro... senza rallentare il forsennato ritmo della fuga verso la salvezza, piangendo ed emettendo strozzati gridolini di terrore nevrastenico.
Per correre più veloce ha abbandonano le scarpe da un pezzo lungo la strada ed il bell'abito su misura non occupa più neppure un miserabile spazio nelle sue priorità ed ormai è ridotto in tale stato da non poter essere più indossato una seconda volta... ed una seconda occasione non si verificherà mai, pensa.
Com'è possibile? Come hanno fatto a nascondere la loro perversione dietro ad una maschera di rispettabilità tanto perfetta? Come possono le menti umane arrivare ad un simile livello di violenza e di depravazione?
Deve chiamare la polizia... anzi, no. L'influenza dei genitori nella società è sparsa ovunque e troverebbero il modo per eludere la legge... poi tornerebbero a prenderla e la punirebbero per aver fatto la spia. Oppure verranno ugualmente; quel Jack entrerà in casa di notte e sterminerà tutta la sua famiglia.
Presenze nelle tenebre attorno a lei; è una notte buia. Persino la luna si è rifugiata dietro le nubi temporalesche, forse preda della paura e rifiutatasi di essere testimone della disperazione angosciante dell'adolescente.
Rita corre in linea retta senza riflettere... non pensa all'eventualità che possa correre nella direzione sbagliata... non pensa a nulla... vuole solo porre più distanza possibile tra lei e quella famiglia di pazzi e tenere ben stretta nella sua mente l'immagine di casa sua, l'unica salvezza.
La stanno seguendo? Le pare di udire dei rumori tutt'intorno a lei... sente l'alito puzzolente di presenze che la concupiscono e che vogliono avvicinarsi, animate dalle peggiori intenzioni.
È costretta a fermarsi, disorientata e guardinga... il freddo la fa irrigidire... ha lasciato la giacca nella casa degli orrori, stupida! Si copre le spalle con le mani e le massaggia vigorosamente, ma non è un sistema che funziona.
È solo il freddo che la fa tremare o anche la paura?
Ombre negli anfratti scuri che la circondano... gli occhi tastano ogni dettaglio del quartiere sconosciuto alla ricerca della direzione giusta, del sentiero che la risucchi fuori dall'incubo... di un qualsiasi riparo!
Un lamento alle sue spalle la fa sussultare e le dona un fastidioso brivido alle scapole.
Si volta e grida di fronte alla sinistra apparizione; l'uomo adornato di stracci sporchi e strappati, i capelli unti e il filo di bava che penzola dall'angolo del labbro gonfio ed infetto ed il moncherino violaceo proteso verso la bocca di lei, si avvicina barcollando e gemendo come martoriato da una ferita profonda. Gli occhi sono sbarrati ma non paiono aggressivi... sembra la stia supplicando. Sembra abbia un disperato bisogno del suo aiuto.
Rita combatte la sua coscienza che in parte vorrebbe mostrarsi caritatevole ma che non trascura ancora l'idea di riprendere la sua fuga verso casa.
La detonazione che scuote il vento brutalmente decide per lei ed il proiettile di grosso calibro si schianta nella schiena del disgraziato e spacca il cuore senza gentilezza, proseguendo la sua corsa nelle carni e scavando l'uscita sul petto per poi fermarsi nella spalla sinistra della giovane, che cade malamente al suolo, sporca del sangue caldo del cadavere steso a pochi centimetri da lei.
Un uomo, una donna ed un bambino che non avrà più di dieci anni escono dal loro nascondiglio e corrono eccitati verso di lei; l'uomo imbraccia il fucile con cui ha sparato il colpo fatale.
"L'hai preso papà?"
"In pieno, figliolo! Devo averlo centrato al cuore!"
"Accidenti! Il cuore è la parte migliore! Avrei potuto arrostirla a dovere! Non potevi colpirlo al fegato? Tanto, quello non ci piace!" brontola la moglie.
"Ci stava scappando ancora! Sarebbe stata la terza volta! Non volevo rischiare ancora! E poi, questo buio del cazzo non aiuta!"
Che sta succedendo? Che cavolo sta succedendo al mondo, si chiede continuamente Rita, mentre la fitta alla spalla bucata le brucia da morire e le toglie le forze... non riesce ad alzarsi... la testa le gira e presto perderà i sensi. Ma la cosa la consola almeno un po'... non sarà costretta ad assistere allo scempio del suo corpo da parte dei nuovi arrivati, già in piedi di fronte a lei.
"Chi è papà?"
"Non lo so... non sembra una preda..."
Le voci si distorcono, la vista si annebbia... vorrebbe sapere il perché ma qualunque risposta non avrebbe un briciolo di lucidità. Chiude gli occhi e perde i sensi, coltivando ancora insistentemente la residua speranza di svegliarsi nel suo letto.
Gli occhi si aprono a fatica, lentamente.
Il profumo delle coperte lavate e stirate arriva piacevolmente alle nari... la testa si gira a destra e sinistra e l'animo si colma di consolazione nel riconoscere ogni soprammobile, ogni dettaglio, ogni minimo particolare... della sua camera da letto. Sorride senza freni fino a ridere e piangere dalla gioia... è stato davvero un incubo! Un brutto sogno dovuto al nervosismo per la cena con Edgar ed i suoi genitori! Sembrava tutto così reale ma non lo era! Non avrebbe mai potuto esserlo! Che sciocca è stata a pensarlo anche solo un momento!
Tenta di alzarsi in piedi per sollevare la tapparella: ormai si sarà fatto giorno.
Il dolore la blocca: la spalla sinistra le fa male e la pelle è stretta da qualcosa.
Non appena butta la coperta ai piedi con un gesto di stizza, Rita osserva la benda che avvolge tutta la spalla ed un'ampia parte del braccio. Non è reale... non la sta vedendo. Solo un parto della sua mente ancora scossa; un residuo indesiderato.
"Come stai, piccola?"
"Papà..."
Il genitore è in piedi vicino alla porta della camera ed il volto mostra un'apprensione estrema. Partecipa al dolore dell'unica figlia come se tutto ciò che ha passato fosse capitato anche a lui, in modo più acuito. È contento di averla a casa... si colpevolizza per non aver saputo proteggerla; pensava che andasse tutto bene... che non accadesse ancora.
Una debole illusione: era già successo ed era inevitabile che capitasse di nuovo. Non potrà mai essere del tutto tranquilla.
"Papà, che è successo? Tutto quello che ho visto... io non posso..."
Il genitore si avvicina alla figlia e l'abbraccia, commosso. Lei ricambia ma tutto le sfugge ancora.
"Ascoltami, Rita. Non avere paura. Adesso è finita e ti prometto che non permetterò più che ti accada nulla di male. È anche colpa mia; avrei dovuto accompagnarti... o avvertire Edgar e la sua famiglia del tuo problema... volevo farlo ma tu temevi che ti giudicassero e che i tuoi sogni andassero a rotoli... per questo, mi hai chiesto di stare zitto. Dicevi che potevi tenere sotto controllo la cosa, ma mi aspettavo che non ce l'avresti fatta."
"Che cosa? Cosa stai dicendo? Quale problema? Quale situazione da gestire? Non riesco a capire..."
"Ho sperato tanto che ci fosse una cura per la tua memoria... ma i medici erano concordi nel dire che il danno era troppo esteso e che ne avresti sofferto per tutta la vita. Se fossi stato solo più veloce e più coraggioso, quel giorno... ora staresti bene. Non me lo perdonerò mai."
"Papà, mi stai facendo paura! Che cosa mi è successo? Cosa stai cercando di dirmi?"
"Non ricordi, bambina mia? Non ricordi quei giorni? I giorni in cui tutto sembrava avere fine... e l'attimo in cui ho temuto di perderti."
Come un lampo accecante, la verità si fa largo nella mente della ragazza traumatizzata, entrando da quella profonda cicatrice che le solca la fronte... una cicatrice ancora troppo fresca.
Per quanto tutti non volevano accettarlo, alla fine l'apocalisse era arrivata... drammaticamente puntuale.
Il ventuno dicembre del duemiladodici, la Terra conobbe l'orrore e la devastazione nei suoi aspetti peggiori. Terremoti, tsunami, eruzioni vulcaniche distrussero centinaia di città e spensero milioni di vite; il genere umano era prossimo all'estinzione, mentre piante ed animali cessarono praticamente di esistere nell'arco di una settimana. Le polveri radioattive che coprirono il cielo per quattro anni, impedendo al sole il riscaldamento del pianeta, condussero ad una nuova glaciazione, che rese ancora più snervanti gli sforzi dei pochi sopravvissuti.
Niente cibo... l'acqua scarseggiava. Morirono ancora in tanti e rifugiarsi nella fede e nella preghiera non funzionava più.
Quando i ghiacci si sciolsero e le persone poterono uscire dai rifugi sotterranei e tornare ad occupare la superficie, la decisione di tutti fu di riprendere le proprie vite, fingendo che non fosse mai accaduto niente.
Una sorta di estrema resistenza passiva a ciò che li aveva devastati nel corpo e nello spirito.
Con il passare degli anni, le cose tornarono ad un aspetto di pallida normalità, ma il problema del cibo era ancora ben presente e grave.
Nessun animale, pochi vegetali.
Sarebbe stata una lenta agonia.
Fino a quando... non fu presa la decisione. L'unica decisione.
Le famiglie agiate, che avevano mantenuto pressochè intatto il loro patrimonio, continuarono a vivere... mentre i disadattati ed i senzatetto... li avrebbero nutriti.
E mentre i terremoti continuavano periodicamente a scuotere le ceneri di quelle che un tempo erano state gigantesche metropoli, la caccia avveniva per le strade, di giorno e di notte.
La selvaggina era cambiata, ma si era rivelata gustosa per la maggior parte dei palati. Non so poteva e non si voleva tornare indietro.
Rita era convinta di poter essere un'ottima cacciatrice... aveva insistito fino alla nausea per poter accompagnare suo padre e gli amici nella loro caccia.
Non c'era motivo di preoccuparsi; c'era chi le guardava le spalle.
Ma ciononostante si ritrovò da sola... tra le belve che non volevano saperne di fare da pasto.
Una di esse la ferì con un coltello alla fronte, prima che il padre e gli amici potessero giungere in suo soccorso e salvarla.
Rimase tra la vita e la morte per giorni... una ferita profonda che aveva lacerato parte dei suoi centri della memoria.
Anche quando lo squarcio si rimarginò, Rita continuava a soffrire di amnesie più o meno lunghe, che non davano preavviso e non avevano una durata regolare.
Nessuna cura. Ma tanta volontà di condurre una vita normale e di riuscire ad innamorarsi come tutti i suoi coetanei.
"Ricordo, adesso... ricordo tutto..."
Scesa dabbasso abbracciata a suo padre, Rita trova un comitato di bentornata ad attenderla: sua madre, Martin, Erika, Edgar le sorridono ed il ragazzo si avvicina a lei e l'abbraccia con vigore.
"Tesoro! Tuo padre mi ha raccontato tutto! Perché non me l'hai detto? Io avrei capito... ti amo tanto, Rita. Non ti lascerò mai... affronteremo questa cosa insieme... e insieme la supereremo. Te lo prometto."
Non avrebbe mai potuto sperare in meglio. Alla fine, il suo sogno si è realizzato... anche se c'è ancora qualcosa su cui lavorare.
"Grazie... grazie di cuore a tutti voi. Vi voglio bene."
"E noi ne vogliamo a te, piccola." le sussurra il padre.
L'atmosfera si distende e le due famiglie si siedono a tavola: Jack e la madre della ragazza hanno creato un piatto sfiziosissimo. L'uomo grasso e cotto al punto giusto è steso in mezzo al tavolo, piatto forte della cena: il petto aperto lascia intravedere svariati bocconcini di budella ed interiora alla griglia dall'aspetto invitante. Un profumo incredibile sale a stuzzicare l'appetito e Rita assaggia il primo boccone avidamente.
"Buonissimo!!" commenta "Che fame che avevo!"
Cannibalismo? Necessità? Dieta alternativa? Probabilmente una è conseguenza dell'altra... e di tutto ciò che ha sconvolto il pianeta. Ma che bontà!
E la cena tanto sospirata ha finalmente luogo... ma questa volta, senza alcun incubo.
Una meravigliosa serata per Rita, nonostante i fastidiosi lamenti delle quattro prede che gemono insistentemente tra le sbarre delle loro gabbie, su nel solaio... una cena perfetta ed abbondante... con l'augurio di una buona digestione!
FINE
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