racconti » Racconti brevi » Anch'io sono stata fucillata
Anch'io sono stata fucillata
Lui chiuse la macchina e noi ci avviammo adagio lungo la strada lunare. La mia voce suonò strana in questo regno di pace, come fosse un ospite non invitato, non congeniale a quel paese incantato. Mi sentii oltremondana e un tremolio passò lungo la schiena.
«Era successo nell'infanzia, all'inizio dell'infanzia, e continuò fino all'età di circa 13-14 anni, non mi ricordo di preciso. Iniziai ad avere frequentemente lo stesso sogno, come se mi trovassi nei primi mesi di guerra. M'imprigionarono i fascisti e cominciarono ad interrogarmi. Avevo 17 anni, non di più. Ero partigiana. Siccome stavo zitta, loro si misero a torturarmi. Ferocemente e a lungo. Dapprima mi picchiavano bestialmente, anche con calci, poi bruciarono tutti i miei capelli con fuoco vivo. Dopodiché sradicarono tutti i miei denti, uno a uno. Ma io non tradii i miei compagni. Allora mi trascinarono per i piedi alla fucilazione. E mi spararono. Quando le pallottole cominciavano a conficcarsi nel mio seno... A proposito, ciò non era doloroso, poiché quello che loro mi avevano fatto prima, era molto più terribile... Ecco... Insomma, io mi svegliavo sempre in quel momento, tutta affannata, coperta di sudore freddo, e spaventata a morte... Dio, quanto temevo di muovermi per verificare se avevo ancora i capelli sulla testa ed i denti in bocca! »
Ripresi il fiato. Sentii difficoltà a proseguire. Lui taceva. Si limitava soltanto a stringere di più la mia mano. Il brontolio stanco e sonnacchioso della neve, sotto i nostri piedi, non disturbava il silenzio calato.
«Quanto mi era difficile costringermi a fare quel movimento! La cosa più semplice era far muovere la lingua... Era ciò, che facevo sempre. Prima la lingua... Ecco... Non sai quanto ero felice dopo aver constatato che sia i denti che i miei capelli erano al loro posto! Ma la cosa più terrificante in tutto ciò non era la tortura, e neanche la mia morte, con più esattezza, neanche la morte di per sé, ma quello a cui io pensavo prima di morire. E cioè, che non avevo fatto in tempo ad amare. Che non avevo fatto in tempo neppure ad assaggiare un amore! E che mai l'avrei fatto più! Dio, quanto io urlavo, oh, quanto io ululavo! Ma non per il dolore, ma per questo pensiero!! »
Erano apparsi i primi spasmi come l'avvertimento che mi restavano soltanto dei secondi prima che la mia gola si bloccasse completamente. Ed allora, parlando fittamente, quasi fosse uno scioglilingua, a spinte, gettai via da me l'ultimo:
«Non l'ho raccontato a nessuno. Quando mi hai detto di voler partire... ciò era... era come se di nuovo mi portassero alla fucilazione. Prima picchiare, poi bruciare... capelli... poi strapare... tutti i denti, e poi... crivellarmi di pallottole... Ti prego, permettimi di amare... ho solo 19 anni... » e la mia voce si estraniò da me... « quasi... come allora... »
Fine. L'ultimo spasmo ostruì la gola e già non parole, ma singhiozzi uscirono dalla laringe. Ed io udii qualcosa di simile a...
«Vieni qui... »
Il suo bacio assorbì il getto successivo. Nelle sue labbra si smarrì la palpitazione...
Ci nutrivamo con l'eccedenza di dolore. Sempre più densamente si stringeva intorno a noi il padrone notturna della foresta, il silenzio. Scendeva la tenda nera, ricoperta da piccoli granelli scintillanti, come dalle lanterne di altri mondi, di altre galassie, e forse, anche di altri occhi che pure come i nostri venivano salati dalla disperazione per la separazione imminente.
Ma quella quiete non era per i denti di nessun dolore. Essa, lavorando senza sosta, senza stanchezza e con insistenza paziente, curava i nostri cuori fino a quando non si zittirono gli ultimi stridii maligni dell'angoscia, incastrandosi nella quiete come fosse una palude, e fino a quando non si soffocarono lì tutti i mali ancora sopravvissuti ed insieme ad essi, anche le loro sporche lavature.
Seguì un ultimo bacio lungo, ma già senza il tremito e senza trafitte. Poi udii le parole:
«Abbandonati a questo silenzio. Nulla guarisce meglio. Zittiamoci per non interferire con le sue cure. »
Annuii col capo e ci addentrammo nella foresta.
----
12
un altro testo di questo autore un'altro testo casuale
1 recensioni:
- Piaciuto, e accade raramente
- Tutto che pubblico qui fa parte del mio inedito- Anche le poesie...
Ti ringrazio.
- fa sempre parte del tuo inedito?
ottimo, nient'altro. Stai lavorando con il vetro e te la stai cavando egregiamente.
Guido
Opera pubblicata sotto una licenza Creative Commons 3.0