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Supercortemaggiore (ultima parte)
"Ho paura, tanta paura. Stammi vicino, aiutami" Acquasanta mi stringeva convulsamente la mano. Era bianco come la neve per il terrore della morte e la consapevolezza che stava per arrivare da un momento all'altro. Aveva sempre desiderato girare il mondo e conoscerlo tutto ma si era dovuto accontentare di visionare decine e decine di videocassette, in pratica un vero e proprio condensato del pianeta. Aveva lo sguardo perso chissà dove e io rimasi ad assecondarlo fissando il medesimo punto, forse nella speranza di vedere ciò che egli vedeva. Ritornai al triste presente quando la sua mano si posò sulla mia, mi girai verso di lui e gli sorrisi. Egli mi guardava con dolcezza, poi disse:
"Povero Manodritta! Dopo di me resterai solo, senza amici, solo con i ricordi. Come vivrai?" Aveva ragione. Lui era l'ultimo del gruppo, un gruppo incredibilmente sfortunato il nostro poiché tutti erano morti prematuramente ed accomunati da un solo particolare: erano tutti celibi, così nessuna moglie e nessun figlio avrebbe pianto e sofferto, tranne me unico superstite.
Il respiro di Acquasanta si stava facendo convulso, probabilmente stava per sopraggiungere una crisi di terrore, sentii la sua mano posarsi sulla mia e stringere. Le dita erano fredde, esili e al contempo forti. Pensai a qualcosa da dirgli, qualcosa che lo distraesse, ma non sapevo cosai. Ero ancora alla ricerca di un convenevole quando mi accorsi che ma ormai giaceva con la bocca socchiusa e gli occhi dilatati. Mi sono sempre chiesto quale sia stato il suo ultimo pensiero.
Una mano mi sfiorò con amorevole delicatezza la nuca, era la mamma, comparsa come di incanto. Il suo tocco mi infuse coraggio e sempre con lo sguardo calamitato su Acquasanta le parlai:
"Anche io ho tanta paura mamma, come lui."
"lo so tesoro, per questo sono qui"
"Si ma un giorno mi lascerai"
"No, ti sarò sempre vicino, ogni volta che mi vorrai ti basterà pensarmi"
* * *
Non vi era alcuna fonte luminosa eppure in quel sotterraneo l'oscurità era squarciata da un vivida luce azzurra mista a bagliori rossastri che mettevano in evidenza i lineamenti di Fapes. I bagliori accentuavano i tratti del volto ma senza riuscire a dargli quell'aspetto terrificante che si addice al demonio ma nemmeno a dissolvere i minacciosi lampi emanati dai suoi occhi piccoli e sfuggenti. Era una figura corpulenta apparentemente bonaria ma al contempo severa.
"Ne è passato di tempo architetto, oltre trent'anni! Ma infine è ritornato. Sapevo che sarebbe tornato" disse in tono calmo quasi salottiero. Io lo guardavo ammutolito ma senza timore alcuno. Benché mi sentissi paralizzato riuscivo a non farmi travolgere dalle emozioni. Fissandolo gli dissi:
"Chi è dunque lei? Come ha fatto ad entrare qui dentro? E come fa a conoscermi e infine perché afferma di aver aspettato per tanti anni il mio ritorno?" sapevo che la maggior parte delle domande rivoltegli erano stupide ma le avevo dette a raffica e di proposito per dominare l'ansia che sentivo dentro.
"Quante domande caro architetto! E tutte perché non vuole ammettere di trovarsi davanti al diavolo. Ma ammiro il suo coraggio, lo stesso che aveva da ragazzo. Quella volta lei non scappò per sua paura ma per quella degli altri, eppure anche allora aveva intuito l'eccezionalità della situazione. Complimenti, dunque, davvero complimenti."
"Bene!" pensai tra me "non ho nulla da temee perché non è nelle sue intenzioni farmi del male. Allora vuole qualcosa da me, ma cosa?"
"La sua anima, architetto!" disse mellifluo mostrandomi quanto gli fosse facile leggermi nella mente. Il fatto non mi sorprese ne mi sbalordì, pensai, al contrario, che avrebbe senz'altro agevolato il colloquio evitandomi lo sforzo di compilare le domande in modo chiaro e inequivocabile. Neanche l'accenno all'anima mi sorprese, mi incuriosiva invece scoprire cosa avrebbe offerto in cambio. Com'era prevedibile lui lesse nella mia mante e ridacchiando rispose:
"Non immagina la simpatia che provo per lei, è piuttosto raro trovare degli uomini così arguti e mentalmente perspicaci. Ma lei non è raro, è semplicemente unico. Sarà davvero piacevole trattare con lei."
"Non mi ha detto però in che modo intende appropriarsi della mia anima. Immagino dovrà offrirmi qualcosa di... eccezionale." Riuscii a dire ad alta voce meravigliandomi io stesso della naturalezza del mio tono.
"Saggia domanda architetto, sapevo che mi avrebbe capito al volo. Vuole sapere cosa le offro? Ebbene: la gloria eterna, semplicemente la gloria eterna."
"La gloria eterna?" chiesi con un sorriso ironico.
"Sì, lei non costruirà solo una chiesetta ma il tempio di Satana in persona e il suo nome sarà ricordato per l'eternità. Lei, l'architetto del diavolo!"
"Io penso che lei debba essere un diavolo uscito fuori di senno, sfuggito al controllo dell'Inferno, per farmi una simile proposta" dissi sentendomi preso in giro, da un diavolo sì, ma svitato.
"Si rimangi il suo scetticismo architetto, se lei seguirà esattamente le mie istruzioni quanto le ho detto si avvererà."
Prima di rispondergli lo guardai attentamente per lunghi secondi ed ebbi l'impressione che non stesse affatto scherzando, comunque mi sentii pervadere da una strana eccitazione.
"Cosa dovrei fare?" chiesi scandendo le parole.
Egli si permise un sorriso e disse:
"Lei costruirà la sua chiesa, ma con una piccola modifica: invece di un campanile dovrà erigerne due, uno per lato della stessa esatta forma a spirale che ha disegnato."
"Tutto qui? Non capisco... proprio!" obbiettai confuso.
"Certo! Due campanili simmetrici e a forma di corna"
"Continuo a non capire..."
"Cos'è che non capisce?"
"Innanzitutto che sarà pur sempre una chiesa e, poi, non capisco come possa io assurgere a eterna gloria con la sola costruzione di una misera chiesetta. No, non mi convince per nulla! Lei vuole fregarmi l'anima per pochi spiccioli."
"AAAAAH! Perché lei non riesce a leggere nella mia mente? Maledizione! Una chiesetta! La chiama una chiesetta? Misero omuncolo! Non capisce che le hanno commissionato un tempio all'orgoglio e alla vanità? Non capisce che questa miserrima catapecchia si è mantenuta in piedi solo grazie al Nostro interessamento? O crede davvero che questi illustri cadaveri che la circondano siano tutti stati in vita dei santi benefattori? Vanitosi, sporchi servi di una immensa vanità. Ecco chi erano in vita e vorrebbero farle credere che fossero addirittura dei santi? Povero architetto! Cosa le ha detto il vescovo: ci teniamo che vengano tenute intatte le nostre tradizioni, non è vero? Che servano da esempio per i posteri non è vero? Perché anche lui vuole accaparrarsi un posticino qui sotto, non sarà così forse? Si ricorda quel giorno di trent'anni fa? Non era forse calda queste parete? Cos'ha creduto che fosse? Era solo un ragazzino ma ha potuto constatare l'esistenza di qualcosa di insolito. Lo sa a cos'era dovuto quel caldo? Alle fiamme dell'inferno! Le stesse fiamme dove ardono le anime dannate di questi peccatori. Ha capito ora su cosa si regge questo tempio religioso? Sulla vanità! Senza il Nostro interessamento sarebbe crollato già da un pezzo. Lo abbiamo mantenuto in piedi per lei, aspettavamo lei. Lei oggi è qui per mettersi al Nostro servizio, per erigere finalmente il Nostro tempio, senza cinismo né ipocrisia, e noi la pagheremo bene: avrà oro in vita e gloria in eterno."
"Perché proprio io?" ribattei con convinzione.
"Perché è stato prescelto" fu la sua risposta.
"Prescelto da chi? E quando?" la mia resistenza era ammirevole, mi sentivo in un certo qual modo lusingato ma lottavo per non sgretolarmi.
"Trent'anni fa, quando è entrato qui per la prima volta! Allora è stato prescelto, e per lei sono stati sacrificati i suoi compagni, lei sarà il nostro gran sacerdote." Terminò in tono teatralmente enfatico.
Mi sentivo soggiogato da quella corpulenta figura ma non intendevo cedere alle sue lusinghe e nemmeno ai suoi ricatti. Cominciai ad indietreggiare inconsapevolmente verso le vecchie macerie che una volta avevano ostruito il camminamento. Improvvisamente sentii delle grida eccitate, mi girai di scatto e li vidi. Che strano oltre a Ziamatuzza, Pezzainculo e Spinterogeno, vi erano anche Acquasanta e Occhiostorto che erano rimasti fuori ad attenderci. Tutti insieme mi esortavano a raggiungerli, come una lepre ebbi uno scatto e mi tuffai su quelle macerie, raggiunsi la fessura in cima e mentre sentivo le loro esili braccia afferrarmi e tirarmi verso il basso persi i sensi. Dietro di me il ghigno satanico del demonio diventava una lontana risata beffarda.
* * *
È un bianco accecante. Apro gli occhi e lentamente quella che mi appare una fitta nebbia inizia a dissolversi. Il bianco domina dappertutto. Provo a muovermi e avverto delle fitte dolorose per tutto il corpo, un lamento mi sfugge, poi un mano si posa delicatamente sulla mia fronte.
"Mino, tesoro mio, ti sei ripreso" mormora una vicina voce.
"È uscito dal coma!" afferma una seconda voce più lontana e fredda, in tono professionale. Sebbene stordito guardandomi intorno mi rendo conto di trovarmi disteso in un letto di ospedale. Al capezzale, con una smorfia di apprensione, c'è la mia mamma, che mi accarezza amorevolmente. Non ho alcun ricordo di come mi sono procurato le ferite, ricordo solo vagamente una figura corpulenta dal volto paffuto e gli occhi grandi, rossastri e minacciosi.
Nella stanza c'è un viavai di infermiere poi l'ultima esce lasciando la porta socchiusa. Poco dopo sento delle voci provenire dal corridoio, una di queste è del babbo. Riconosco anche la seconda: è del maresciallo dei carabinieri che un giorno ci ha redarguito perché andavamo a giocare nei pressi della vecchia chiesa abbandonata. La terza voce mi sembra di conoscerla ma non riesco a ricordare ne dove ne quando l'ho sentita. Essi parlano sommessamente ma sono vicinissimi alla porta e quindi riesco a sentire ciò che dicono.
"Per il paese questa è una sciagura tremenda, cinque bambini morti non si possono dimenticare facilmente" dice il babbo.
"È stata già aperta un'inchiesta in proposito e da parte dell'Arma va detto che già tempo addietro avevo segnalato al sindaco la pericolosità di quel rudere."
"È pensare che sei anni fa quando si manifestò un primo smottamento venne alla luce il cunicolo che collegava la chiesa al convento furono presi dei provvedimenti"
"Fu allora che venne realizzato il muro di contenimento?"
"Macchè muro! Era una muratura in pietra a secco che serviva solo a ostruire il cunicolo e la sua consistenza si è vista oggi!"
"SUPER" ora ricordo siamo entrati nel cunicolo per rincorrere Super, il cane di Pezzainculo, ma dopo cosa è successo?.
"Signor Basile" dice il maresciallo rivolto al babbo "mi può dare le generalità degli altri bambini per cortesia?"
"Certo, uno era Antonio Pellichiaro, abitava nella casa di fronte alla mia..."
"Acquasanta!" Penso tra me.
"Poi Giovannino Del vecchio..."
"Ziamatuzza!" penso col fiato sospeso.
"Stefano Calanco..."
"Occhiostorto!" ho la gola secca mentre il babbo continua.
"E infine i due gemelli, Claudio e Gianfranco Debellis. Poveri genitori! Solo a pensarci..."
"Pezzainculo e Spinterogeno..." sono annichilito.
"È stato un miracolo che suo figlio sia vivo, il peggio sarà quando verrà a saperlo." Afferma la terza voce in tono compassato e professionale.
"Questo sarà compito suo dottore, voglio dire fare in modo che il ragazzo superi il trauma senza sensi di colpa" dice il maresciallo.
"Non sarà facile ma molto dipenderà dal suo carattere"
"È sempre stato un ragazzo dal carattere forte, inoltre anche il suo aspetto, dottore, così rassicurante e bonario dovrebbe contribuire parecchio" completa il babbo.
"A proposito ho sentito che lo chiamate Mino, immagino sia un nomignolo"
"Si è il diminutivo di Domenico."
Poco dopo vedo aprirsi la porta e per una strana sensazione chiudo gli occhi fingendomi addormentato. Avverto una oscura presenza e un alito forte sul viso. Una voce suadente mormora il mio nome e dice:
"Bentornato tra noi, ti aspettavamo da tanto..."
Apro gli occhi di scatto volgendomi verso di lui. È un omone corpulento in un camice bianco. Ha guance rubiconde, porta i capelli scompigliati e un lungo pizzo che ricopre in parte un rosso papillon. Ha denti bianchissimi e occhi piccoli e rossastri da cui sembrano sprigionare inquietanti bagliori. Un brivido di freddo mi percorre tutto mentre la mia mente urla disperata e silenziosa: "Noooooooooooooooooooooooooooo!!!!!".
* * *
Come attraversato da una scarica elettrica apro gli occhi e riemergo da un cupo limbo. Un senso di sconforto e disperazione mi pervade, il cuore mi batte all'impazzata e sono in un bagno di sudore. Mi guardo intorno come terrorizzato, poi, mentre prendo coscienza del posto in cui mi trovo, stupore e incredulità mi assalgono. Sono davvero in un ospedale e intorno a me un andirivieni di una mezza dozzina di persone in camice bianco. Medici e infermieri mi scrutano ansiosamente. Non sento nulla tranne un fastidioso ronzio nelle orecchie che ben presto comincia a dissolversi mentre prendono corpo parole e frasi degli astanti.
"si è ripreso, dottore si è ripreso" sento affermare da più d'uno mentre ampi squarci di memoria mi trafiggono la mente. Prendo coscienza oltre che del posto dove mi trovo anche del perché mi trovo in una sala di rianimazione. Oltre la schiera dei sanitari intravedo il volto carico di apprensione del capo cantiere. L'unica cosa che ancora non ricordo è quanto tempo è passato dal crollo della chiesa che mi ha seppellito nei locali sotterranei. È stata una vera fortuna che mi trovassi nella cripta sotto il tabernacolo quando la fatiscente struttura della chiesa è implosa rovinandomi addosso. Sono rimasto seppellito sotto uno strato di macerie ma il fatto di trovarmi la sotto mi ha praticamente salvato la vita. Ho riportato contusioni dappertutto, mi sento tutto indolenzito e sono pieno di lividi ed escoriazioni ma grazie a Dio non ho niente di rotto. Di questo ne sono consapevole, riesco infatti a muovere ogni arto e non provo dolori particolari internamente. Un anziano medico, credo sia il primario del reparto, si avvicina al capezzale e con un radioso sorriso mi dice:
"Architetto sono felicissimo che si sia ripreso dal coma, sapevamo che ce l'avrebbe fatta ma non sapevamo quando"
"quanto tempo è passato?" chiedo con ansia.
"una settimana, una lunga, lunghissima settimana" mi risponde.
"noto una certa apprensione nella sua voce, sembrerebbe che sia lei ad essere uscito da un coma"
"dopo tutto quello che è successo eravamo molto in ansia per lei"
"perché?" chiedo incuriosito. Prima di parlare mi guarda quasi dubbioso di rivolgermi la parola, poi con un lungo sospiro mi chiede:
"cosa ricorda del passato?" la domanda mi lascia perplesso, non so cosa voglia sapere di preciso. Immagino si riferisca a prima dell'incidente perciò gli rispondo in tono:
"so di essere sceso nella cripta per eseguire un sopralluogo. So anche che il capo cantiere aveva dei timori a entrarci"
"no, non è di questo passato che intendo, parlo della sua infanzia. Quel posto non le dice niente?" lo osservo curioso, certo che mi ricordo del posto e della mia infanzia e glie lo confermo.
"certo che mi ricordo del passato. Da piccolo con i miei compagni di gioco sono entrato nel cunicolo che dalla sorgente porta ai sotterranei della chiesa. Stavamo rincorrendo il cane di uno di noi."
"si ricorda quello che successe allora?"
"Sì, eravamo dentro il cunicolo quando avvertimmo dei rumori di crollo e ce la demmo a gambe. Riuscimmo a stento a uscir fuori altrimenti saremmo rimasti seppelliti sotto le macerie."
"mi fa piacere che lei ricorda il passato così bene. Questo vuol dire che ha superato del tutto ogni possibile trauma. In ogni modo è piuttosto singolare che lei sia rimasto vittima per ben due volte nella sua vita di uno stesso incidente e nello stesso luogo."
"è vero, adesso che lo dice mi ci fa pensare, è davvero singolare."
"Ehm, un'altra cosa vorrei chiederle... Ecco, nel coma la sua mente ha... per così dire... pensato a qualcosa di particolare?"
"perché me lo chiede?" domando curioso e stupito perché mentre mi faceva quella domanda mi sono ricordato di uno strano sogno che avevo fatto. Glie lo racconto e gli racconto anche di quello strano personaggio, omettendo però di dirgli che nel sogno mi si era presentato come il demonio. Lui ascolta attentamente e spesso annuendo poi, tossendo come imbarazzato mi chiede:
"nel sogno, dei suoi compagni di gioco cosa ne è stato?"
"Sa dottore, è davvero strano, muoiono tutti sepolti nel cunicolo".
Dopo quelle ultime parole un silenzio opprimente cala nel reparto intero. Mi accorgo allora che sono tutti ammutoliti e si guardano l'un l'altro imbarazzati. Un triste presagio mi assale, c'è qualcosa che dovrei sapere ma che nessuno dice. Punto gli occhi sul primario e gli chiedo:
"dottore, cos'altro è successo?" non mi risponde subito, rivolge lo sguardo per terra, poi lentamente dice;
"non so se faccio bene a parlargliene adesso, ma considerato che comunque la situazione impone una doverosa attenzione nei suoi riguardi è bene che l'affrontiamo subito."
Accidenti se mi ha messo un'ansia addosso. Ora non sto più nella pelle, voglio sapere di che si tratta, gli rivolgo un muto cenno. Lui assentisce più volte, tira fuori un profondo sospiro e inizia:
"una settimana fa, appena è successo l'incidente si è subito sparsa la notizia e i suoi amici che come lei sa lavoravano fuori sede si sono uniti e insieme sono partiti per venirla a trovare. Ebbene in una galleria sulla Basentana, poco dopo Potenza, un'autocarro che trasportava un carico pesante è sbandato perdendo una parte del carico. La macchina con i suoi amici è stata la prima a entrare in quella galleria pochi secondi dopo e... non sono riusciti a evitare l'impatto..."
Sono agghiacciato, tutto mi si è bloccato, finanche il respiro. Non oso chiedere nulla, lo guardo esterrefatto, forse so quello che mi dirà. Infatti: "mi dispiace doverglielo comunicare ma non c'è stato nulla da fare, è stata una strage sebbene uno di loro, Antonio Pellichiaro, estratto ancora vivo dalle macerie, abbia lottato inutilmente per la vita per alcuni giorni." Una totale disperazione mi assale, sento le guance umide, un pianto muto mi scombussola. Penso ad Acquasanta, è stato l'ultimo.
"quando è morto?" chiedo con un filo di voce.
"questa mattina." Mi conferma. Poi aggiunge:
"di là c'è uno strano tipo, molto appariscente e stravagante, dice di venire per conto della Curia. È da parecchio che aspetta pazientemente, chiede di parlarle. So che adesso è in grado di riceverlo, se vuole lo faccio passare"
Un furore cieco s'impadronisce della mia mente. Stringo con forza le lenzuola mentre scandisco:
"No, non voglio vederlo. Che vada via. Che se ne vada al diavolo"
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0 recensioni:
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Anonimo il 10/06/2010 14:33
Allora... vedo che ha funzionato... erano 2 stellette e mezza... ho votato cinque e quindi la media è quasi quattro. Invito gli amici lettori a votare per alzare la media. Ciao a tutti.
Anonimo il 10/06/2010 14:31
Bel racconto Michele... molto avvincente e ben elaborato. A me è piaciuto molto l'intreccio fra la parte giovanile e quella più recente... poi i temi dell'amicizia, del mistero, del sogno... molto ben trattati... provo io a darti 5 stelle, vediamo che succede... il sito a volte fa questi scherzi. Ciao
P. S. il mio neme è Giacomo ma da piccolo ero Giacomino... per gli amici Mino... e questo è il nome che mi è rimasto, per gli amici, mia moglie ed i miei figli. Strana coincidenza, no?
Ci sarà lo zampino del... ah ah ah
Anonimo il 09/06/2010 17:36
Secondo me è una punizione divina per tutti quei 4 che hai messo
Ottimo lavoro Michele... intenso e scorrevole
- mistero del sito: non compaiono le stelline che ho votato, eppure risulta un voto attribuito...
- vuoi un aggettivo? splendido.
un lavoro eccellente, caro Michele. Secondo me non c'è nulla fuori posto, neanche una virgola. L'interazione collettiva non perde secondi. Un'opera magistrale.
I miei più sentiti complimenti.
sei stelle. peccato, ne posso mettere cinque.
Guido
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