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La mia prima volta
22 agosto 2006 ore 11. Luogo: scoglio non proprio comodo sulla costa nelle vicinanze di Porto Cesareo bagnato dal mare ionio. Il sole fa il suo bravo lavoro e tenta di arrostirmi, tentativo che tento di far fallire con l'aiuto di un provvidenziale vento marino che, pare, scansi i suoi dardi infuocati. Le ripetute immersioni nelle fresche acque di quel mare, bellissimo, completavano la mia strategia per farlo fesso. Piano miseramente fallito. Già nel pomeriggio bruciavo come un peperoncino piccante e sono costretto a lunghe applicazioni di creme idratanti. Il fesso ero stato io a pensare di imbrogliare quella navigata stella, madre del nostro sistema solare. Vabbè, mi riposerò per qualche giorno in attesa di partire per Melpignano, dove il 26 si terrà il famoso concertone della Notte della Taranta di cui tanto avevo sentito parlare. Trascorro le giornate a leccarmi le ferite del mio orgoglio ferito e a esibirmi in cucina preparando leccornie a base di pesce per la gioia dei miei ospiti che, con la loro approvazione, mi fecero recuperare il livello della mia autostima.
Il giorno della partenza il bruciore era quasi scomparso e mi preparai per l'avventura. Alle cinque del pomeriggio mi avvio in direzione di Lecce e qui imbocco la superstrada per Maglie. A tre chilometri da Melpignano un blocco stradale della polizia mi indica di uscire. Mi dicono che dovrò lasciare la vettura a Castrignano d è Greci e farmi a piedi i tre chilometri che mi separano dalla meta. Seguo le altre macchine e cerco di scorgere un parcheggio. Fortunatamente in paese si sono organizzati: enormi cartelli scritti a mano mi suggeriscono dove trovarli. Li seguo dietro ad altre macchine. Trovato! Un grande ingresso in tufo bianco dove un tizio con indosso una maglietta con il logo della taranta mi chiede tre euro per entrare. Una stradina di terra battuta in discesa mi porta sul fondo di una cava di tufo bianco già piena di autovetture. Alte mura bianche, da dove avevano estratto il calcare poroso, proteggevano quel luogo singolare che, illuminate a giorno, mi rimandavano un'immagine lunare e metafisica. Ero davvero affascinato dal quel luogo:la taranta mi aveva appena pizzicato. Lasciata la macchina e indossato lo zaino risalgo in superficie e mi lascio risucchiare dal fiume di esseri umani che in una sorta di processione pagana chiassosa e allegra era diretta al luogo del Concertone. Finalmente arrivo a Melpignano. Aria di gran festa popolare. Strade piene di ogni sorta di bancarelle, luminarie, profumi di cibo cotto sulla carbonella, dolci salentini e tanta ma tanta gente che mi rendeva difficoltosa l'avanzata verso la grande spianata dov'era sistemato il grande palco.
La prima cosa che vedo è la splendida facciata dell'ex convento barocco degli Agostiniani che sembrava vigilare compiaciuto sulla varia umanità li radunata per partecipare ad un rito collettivo in cui si officiava con musica, ballo, cibo, vino, poesie e canti popolari..., innamoramenti.
Un antichissimo rito popolare che esorcizzava il morso della Tarantola.
Il morso del ragno Tarantola causa, secondo una credenza popolare, uno stato estremo di malessere da cui è possibile risollevarsi, temporaneamente, grazie a una pratica terapeutica che si basa sulla musica e sulla danza. Intanto il palco si stava animando con l'ingresso dell'orchestra della Notte della Taranta, diretta dal maestro Ambrogio Sparagna, accolta da un fragoroso applauso da decine di migliaia di mani. Il solitario ritmo di un tamburello da inizio alla festa. Dopo pochi brani la piazza è già tutta Tarantolata! Non ho mai visto in vita mia tanta gente ballare come posseduta da una misteriosa energia a cui non si poteva opporre alcuna resistenza. Intanto sul palco si succedevano gli artisti: Pino Zimba, tra i personaggi più popolari e innovativi della tradizione della pizzica-tarantata (purtroppo da poco scomparso lasciando un vuoto incolmabile ). Il giovane novantenne Uccio Aloisi, una delle figure più emblematiche della musica e della cultura popolare salentina, col suo repertorio di canti e musiche ripresi direttamente dal cuore di un cultura di tradizione orale: stornelli, nenie, canti alla stisa, canti di lavoro che si eseguivano nei campi, pizziche. E poi gli ospiti " stranieri ": i Buena vista social club coi loro ritmici cubani aperti alla contaminazione con i ritmi salentini, Lucio Dalla, Carmen Consoli, Peppe Servillo, Lucilla Galeazzi, Carlos Nunez, per citare solo i più noti. Mi lascio catturare da mani amiche
che mi portano in mezzo a un gruppo di improvvisati ballerini e mi unisco alle danze. Liberato da ogni freno inibitore residuo divento anch'io,
ufficialmente un tarantolato. Ballo, canto, bevo vino, qualcuno mi passa una sigaretta che sa di erba. Mi rendo conto di essere in uno stato di coscienza alterata. Ho dei flash su un passato remoto di cui ho fatto, certamente,
parte in chissà quale vita precedente. Vedo immagini sbiadite di uomini e donne che faticano nei campi, bambini semi nudi rincorrersi sull'aia di una povera casa, famiglie numerose consumare miseri pasti all'aperto, una festa di matrimonio allegra e rumorosa, braccianti minacciosi occupare terre incolte... Riacquistato un minino di controllo mi ritrovo nella piazza
gremita. La musica è oramai padrona assoluta di tutti noi, il ritmo martellante delle percussioni sembra un mantra sciamanico di un rito antico. Decido di allontanarmi dalla piazza che ora è sovrastata da una grande nuvola di polvere e sostanze misteriose sollevata dalle migliaia di piedi dei ballerini che battono il terreno con forza. Mi dirigo verso la piazza del paese attraverso con fatica strade invasate da festosa umanità. A ridosso della piazza ho l'impressione di aver varcato la soglia del tempo, tutto mi sembra anni settanta. Centinaia di fricchettoni che su banchetti improvvisati vendono di tutto, torte misteriose, sangria, abbigliamento usato, gioielli artigianali. C'era chi propone tatuaggi, chi intreccia capelli alla rasta, chi offre profumate sigarette fatte a mano... Un ammasso di barba e capelli, abbigliato da hippy anni sessanta,
suona un assolo alla Jimi Hendrix apparentemente fuori luogo in quel contesto, ma apprezzato da un mucchietto di giovanotti palesemente alticci
che simulano una jam session con strumenti immaginari. Più in la una decina di africani, forse senegalesi, nei loro lunghi e coloratissimi abiti tradizionali, percuotono all'unisono le pelli dei loro tamburi circondati da una moltitudine di oggetti in legno, carta, ferro, pietre colorate in attesa di acquirenti. Ovunque corpi in movimento a passo di danza, mentre l'aria era attraversata da una babele di suoni e canti che tengono sveglie, lassù, le stelle anche loro tarantolate e sicuramente brille.
Alla mia destra, all'ingresso di una abitazione, scorgo una tavola imbandita con sopra un piatti di fichi d'india, di fette di cocomero, di fichi, uva, panini e manicaretti vari in vendita a prezzi modici. Mi avvicino chiedo alle due donne dietro al tavolo se oltre a quello che vedo hanno altro da farmi mangiare. La più grande delle due mi dice che in cucina è rimasta della "carne alla pignata" e peperoncini dolci fritti ripassati al pomodoro. Non mi pare vero e accetto con entusiasmo. Entrando a casa loro esco dallo scambio commerciale per diventare gradito ospito. Vengo servito dell'inattesa cena ben annaffiata da due bicchieri di vino Negramaro fatto da loro. In tempi di mercificazione assordante sono rari i passaggi dallo scambio al dono. Incredibile, ma fatti del genere possono accadere solo nel generoso Salento. Ringraziai quasi commosso le due donne e decido che è tempo di consumare i tre chilometri che mi separano dalla macchina e tornare a casa con addosso il profumo di quel gesto di generosa accoglienza che mi era stato donato. L'orologio al mio polso segnavano le 4, 37 del mattino ed ero felice di appartenere a questa terra generosa e soprattutto di essere uno di loro. Da allora ogni anno, come un pellegrino, mi reco a Melpignano a farmi pizzicare dalla Tarantola.
Questa la ricetta della carne alla pignata e dei peperoncini verdi fritti ripassati al pomodoro fresco.
Ingredienti: 2 kg di muscolo di manzo, 500 g di salsa di pomodoro, foglie di alloro, peperoncino piccante, rosmarino, salvia, prezzemolo, olio.
Preparazione: tagliate la carne a pezzi e mettetela in una pentola di terracotta con tutti gli aromi e il peperoncino, la salsa di pomodoro, mezzo litro di acqua e l'olio. Fate cuocere a fuoco lento per circa tre ore finché la carne risulti ben cotta e il sugo di cottura non si sia ristretto.
Lavate i peperoncini verdi, asciugateli e friggeteli interi. Scolateli e salate. In una padella fate imbiondire due spicchi di aglio e una foglia di alloro, aggiungete 500 g di pomodorini tagliati in due, salate e fate cuocere per 10 minuti. Aggiungete i peperoni fritti e amalgamate. Buon Appetito!
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