racconti » Racconti su sentimenti liberi » La penultima corsa
La penultima corsa
L'adrenalina si condensava ogni volta che reclinava lo schienale del sedile,
la distanza giusta dal volante calibrata con logico distacco, per avere una visione d'insieme che avanzasse di 20 cm dal parabrezza.
La stanza dei bottoni era semplicemente un volante, il traguardo veniva deciso di volta in volta, mai lo stesso, le soffiate in certe situazioni vissute in bilico, possono essere fatali, fatali come le distrazioni o le debolezze.
Anche le macchine cambiavano di volta in volta, anche perche' era un miracolo che ne arrivasse una sana alla fine della corsa. A volte il sedile era ancora caldo del culo del proprietario che ancora non sapeva che avrebbe visitato il comando pi vicino dei Carabinieri con la speranza di buone nuove.
Da dietro quel volante immaginavi la vita del legittimo proprietario, il cui nome lo rubavi, come tutto il resto, dal libretto di circolazione, che, ogni uomo medio, deposita nel cruscotto.
Una volta le era capitata una mito di una che si chiamava Rebecca Tosti, "una da pompini di classe" aveva pensato.
In due ore si avvicendavano storie di frangenti di vita su quei sedili, chissa' quanti ci avevano scopato in quelle macchine, chissa' quanti ci avevano litigato e in quanti si erano rifugiati per dieci minuti di assoluta solitudine esistenziale lontani dalla confusione della consuetudine.
Lisciava la pelle tirata del volante, stringeva la presa con le mani, pavoneggiava le dita e intanto guardava un punto lontano lungo il rettilineo della strada, promossa a circuito da competizione, che doveva progressivamente avvicinarsi al suo muso.
Non era banale vedere una donna al volante, il buon senso impone di non invischiarsi in questi compromessi con l'illegalita', le corse clandestine sono affare da veri uomini, quelli che sprezzano il rischio di far piangere qualche fidanzata, o qualche genitore che anche di fronte all'evidenza e' pronto a spergiurare che il figlio"era un cosi' bravo ragazzo, sicuramente ci e' stato portato!".
La verita' che ognuno e' libero di scegliere se entrare in quell'abitacolo, e in fondo in fondo, s ei gia' colpevole semplicemente facendo da spettatore, che tutti sanno che le auto per stare li, stanno facendo piangere qualcuno da qualche altra parte, e spesso quelle auto corrispondono a sacrifici pesanti e ad addebiti sul c/c per i prossimi 5 anni.
Le donne in questi contesti fanno le groupy, sempre molto poco vestite e con qualche particolare distintivo che fa capire che "appartengono" a questo o quel pilota.
Lei non appartiene a nessuno, la sua femminilita' si manifesta con gonna corta e tacchi alti, ma non si confina in mezzo alle gambe.
Non corre in macchina, adegua e disperde la sua essenza in modo tale da controllare la strada.
Corre per droga, non solo per passione, e la droga e' l'adrenalina che disperde nelle vene.
Non e' una manifestazione di coraggio, ma d misurata follia mista ad audacia, e' donna, e la conferma della superiorita' genetica si esplicita nel fatto che puo' fare, attirandosi addosso l'ammirazione e le invidie, cose da uomini.
Nel circuito la chiamano "l'addrizzacazzi", ha un parlare forbito, misurato si, controllato nelle pause e nel timbro. Non e' bella, ma ognuno di quei galletti alla fiera della presunzione, pagherebbe per poter dire di essersela fatta, almeno una volta.
Lei preferisce scoparsi il volante, la sensazione di domare un bolide con 180 cavalli di cilindrata da un'emozione pi intensa che cavalcare il corpo di un solo stallone.
Si alzano le braccia dell'angelo inconsapevole che sta per lanciare il fallimento di uno e la vittoria dell'altro.
L'angelo fara' cadere a terra un foulard, quando il foulard tocchera' terra' le vetture si lanceranno in un grido metallico, soffocato dalla voglia presuntuosa di vittoria.
Capita a volte la distrazione, capita che l'attimo, il dettaglio del secondo, il frangente, il segmento dell'istante che si bagna col sangue della disattenzione, qualcosa, l'incontrollabile, l'inaspettato, stravolge il corso della sicurezza, e le cose non vanno come pensavi.
Il tempo per realizzare non c'è, e comunque non sei mai cosi' rapido nelle reazioni da poter controllare, decidere, la macchina che hai sotto il culo non la conosci mai, non e' la tua e se le cose non conoscono il senso di appartenenza, inevitabilmente, ti tradiscono.
In un istante, il sapore del sangue tra i denti, il mondo visto al contrario, il punto che doveva avvicinarsi al muso si confonde con soffice sgonfiato dell'airbag.
Le gambe, dove sono le gambe?, anche la coordinazione dei pensieri si perde nella confusione della lamiera accartocciata e compatta.
Le voci confuse si dissipano, scappano, per la precisione.
Che l'inevitabile crocifigga una sola persona, gli altri scappano come galline impazzite, avvolte in una sciarpa di paura confusa.
La vita puo' fare testacoda.
Solo l'incontro con il limite umano puo' lanciarti verso il sovraumano, puo' articolare congiunzioni e vocaboli sulla metrica di una preghiera, a volte di sollievo, a volte di ringraziamento.
Il cruccio e' dover dare una giustificazione, al contesto, al luogo, all'accaduto.
Un mese di ospedale ti spiattella davanti la dipendenza dell'uomo dagli altri uomini.
"Allora?"
"Allora cosa?"
"Allora finalmente torniamo a casa!"
"No Ale, per la precisione tu mi stai portando a casa! E in fondoin fondo, fino ad un secondo fa ero nella bambagia, non questure, no gente che ti chiede, finche' sei immolato su un letto d'ospedale sei comunque una vittima, anche se il carnefice sei sempre tu!, ora mi manca il secondo strato di pelle, e, a dirla tutta, mi mancano anche le palle!"
"Ci sono io!"
"No, tu non ci sei, tu pensi di esserci, la verita' e' che non avevi neanche capito che vita stavo facendo, pensavi che fare l'avvocato di giorno, ti impianti nella spina dorsale l'etica e la coscienza di non affrontare in modo sfacciato la legalita' di notte?"
"OHH!, Lo capisci si che nel bene e nel male hai avuto l'ennesima possibilita'? Ecco!, allora, abbassa la testa! Recupera qualche briciolo di umilta' , se ti e' rimasta, e ricomincia da qui, ma cazzo! ricomincia sul serio pero', perche' hai 30 anni e una cazzo di responsabilita' verso coloro che incondizionatamente ti amano, stronzo presente compreso, e di curare quei centimetri di carne che porti a spasso, perche' sapere che sei al mondo fa la differenza per qualcuno."
Un respiro lungo, arrabbiato, raccolto in un petto incamiciato, ingiaccato e incravattato a puntino.
Alessandro non aveva attitudini alla rabbia, ma quando gli capitava di incontrarla, anche un suo sguardo ti costringeva all'angolo del ring, con le spalle tatuate al palo.
"Ale!"
"si?"
"Fammi vedere il lungotevere "
L'Audi A3 nera si confondeva nel traffico e nei semafori, era passata sotto il ponte che porta alla Portuense, fuori una delle gallerie ci sono ancora i fori e frasi in ricordo di due vite, giovani, meno fortunate, e di due genitori che non saranno pi gli stessi.
Giulia se la ricordo' di botto quella sera, stava andando in discoteca, era appena successo, c'era la BMW serie 1 spalmata sul pilastro della galleria.
Lui aveva 21 anni e lei 19, fratello e sorella, morti sul colpo e il padre per il sabato sera gli aveva dato in mano la BMW.
Si ricordo' di aver pensato "ma come puo' essere stupido un genitore ", non bisognerebbe mai emettere sentenze gratuite.
Era una sera calda quella li, e dal lungotevere si vedevano le luci delle bancarelle intorno all'isola Tiberina, caos, incoscienza e odore di brace.
"Ale!"
"Siii?"
" Quando divento grande ti sposo!".
123
un altro testo di questo autore un'altro testo casuale
0 recensioni:
- Per poter lasciare un commento devi essere un utente registrato.
Effettua il login o registrati
- La tua protagonista è veloce e furiosa. Il tuo stile è veloce e furioso

accattivante! un vortice di sentimenti alla velocità della luce per un finale dolce e amaro. Una bitter sweet simphony per quel che mi riguarda. secondo me calza a pennello.
piaciuta!
Guido

Opera pubblicata sotto una licenza Creative Commons 3.0