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Un biglietto per New York, prego
La barba lunga porta prurito, troppo prurito e questo lo sapeva bene; ma non gliene fregava un cazzo. Si limitava a grattarla come un forsennato soprattutto nei pressi del pomo d'Adamo.
Spense l'ennesima cicca nel posacenere che ormai strabordava di mozziconi puzzolenti... ma anche di questo non gli importava nulla. Il cuscino verde scuro (come il resto del divano) su cui teneva poggiata la testa tendeva a cadere e quindi lo aggiustò, mettendosi anche più a suo agio. Si limitava a guardare il soffitto, lasciando che il fiume dei pensieri scorresse libero nella sua testa: un fiume inquinato, lurido, spiacevole era quello che lo attraversava. Ma si doveva per forza pensare? Non c'era un modo per non pensare? No. Non c'era. Ma c'era un modo per rendere i pensieri più piacevoli... MOLTO più piacevoli. Si mise a sedere e non potè non pestare le numerose lattine di birra e i cartoni di pizza che giacevano sul tappeto. Si alzò e si diresse in cucina, dove i piatti, invece di stare nei ripiani sopra il lavandino, stavano dentro il lavandino con la compagnia di numerose mosche e moscerini. Ma anche di questo... non gli importava un figo secco. Si sedette al tavolo dove una volta avrebbe trovato un'ottima pietanza preparata da un altrettanto ottima donna. Ma ora su quel ripiano c'erano soltanto scatole di cibo cinese, posate in plastica e riviste strappate. Con un energico gesto del braccio spazzò via tutto. Estrasse dalla tasca dei jeans una bustina, iniziò ad aprirla ma si fermò. Nel posto in cui era seduto vedeva la sua immagine riflessa nello specchio del forno, iniziò a piangere come un bambino: non riusciva a credere che quell'uomo era lo stesso di quello di una volta. Forse era uguale l'involucro esterno, ma all'interno erano cambiate molte, molte cose. Si girò a guardare la parete, solo che ora vedeva un quadro che raffigurava un galeone al largo accompagnato dal sole al tramonto. Questo gli evocò alla mente quando suo figlio, all'età di circa nove anni gli ripeteva che da grande voleva una "nave" come quella. Pianse ancora più forte, come aveva pianto il giorno prima e quello prima ancora, si alzò, afferrò il quadro e lo scaraventò violentemente sul pavimento del soggiorno, facendo schizzare il vetro della cornice dappertutto. Ma figuriamoci se gli importava qualcosa.
Si asciugò le lacrime con la camicia sbottonata e si rimise a sedere, riprendendo la bustina dalle dimensioni di una ciliegia. Aprì il piccolo involucro tenendolo a qualche centimetro dal tavolo e fece scorrere la polverina bianca come fosse una piccola cascata; amava vedere la montagnetta che lentamente si formava. Gli risollevava il morale. Prese la patente e iniziò a dividere la polverina, modellando quattro strisce molto simili, a distanza di quasi un centimetro l'una dall'altra. Prese un tubicino dal diametro di una cannuccia e...
<< Questo è per quello stronzo che mi ha licenziato. Che vada a farsi fottere >>. Gridò. Si abbandonò ad una fragorosa risata e tirò la prima striscia tutta in un fiato.
Si rilassò sulla sedia e i pensieri iniziarono a salire di giri. Tutto iniziò a prendere una rosea sfumatura, le idee sembravano ora più limpide, meno pesanti e soprattutto erano... positive. Sì. Erano positive! Il datore di lavoro qualche giorno fa lo aveva licenziato. Tre? O forse quattro giorni fa? Boh. Ma che importanza ha? Tirò la seconda striscia mettendo più energia rispetto alla prima. E dire che lo avevano licenziato soprattutto per colpa di questa roba.
- Caro mio, tu VIVI grazie a questa roba, è l'unica cosa che ti rimane, che ti fa sentire bene - disse una vocina al suo interno.
Vocina? Quale vocina? Non c'era nessuna vocina, e poi non mi sento bene per questa roba, mi sento bene perché mi sento bene. Che male c'è se sniffo una volta ogni tanto?
- Una volta ogni tanto? - Di nuovo la vocina.
Sì! Una volta ogni tanto...
- Ieri, l'altro ieri, il giorno prima. Non penso che sia una volta ogni tan... -
Fanculo! Sniffò la terza striscia. Si mise nuovamente comodo, portando le braccia all'indietro e lasciandole ricadere oltre la sedia. Ora quella dannata vocina non c'era più, ma alla fin fine, la vocina dice solo cazzate. D'altronde, ultimamente la situazione stava migliorando. Negli ultimi giorni si intende, tralasciando il licenziamento, il resto andava meglio. Sì, decisamente meglio. Fece un sospiro di sollievo. Tutto si alleggeriva, nel fiume veniva collocata una diga.
- Sì, una diga di polvere bianca! -
<< Zitta, zitta! >>. Scuoté la testa un po' come fanno i cani quando hanno il pelo bagnato.
Finì la quarta dose proprio nel momento in cui il telefono squillò. Magari erano quelli del manicomio, per dirgli che sua moglie si era ripresa del tutto.
<< Ma chi se ne importa >>.
Portò la cornetta all'orecchio:
<< Pronto? >>.
<< Signore, c'è qui un ragazzo che dice di avere una pizza a suo cognome >>. Disse il portinaio del condominio.
<< Si, lo faccia salire >>. Qualche ragazzo incaricato delle consegne a domicilio negli ultimi giorni si era lamentato, del fatto di dovergli portare il cibo fino al sesto piano del condominio, e quando lamentandosi avrebbero deciso di non salire e lasciare la merce sotto in portineria? Figuriamoci... Chi se ne frega.
Come aveva fatto il resto delle altre volte, fece passare una banconota sotto la porta e fece in modo che il ragazzo lasciasse la pizza e il resto dietro la porta. Prese il cartone fumante e si mise nel divano. Che c'era di meglio di una bella pizza, una birra e un buon programma in TV?
Fece un po' di zapping mentre della salsa gli colava sul divano: prima c'era una partita di calcio, poi un programma in cui i giocatori vincevano dei soldi e finalmente trovò un film. Una signora si trovava in una stazione ferroviaria e stava parlando con un operatore:
<< Un biglietto per New York, prego >>.
Lui pensò: era un biglietto per New York, o un biglietto per Londra? Questa frase lo fece sbellicare dalle risate, al punto da tenersi i fianchi e liberarsi la bocca dal cibo per non soffocare... Eh, sì! Le cose andavano veramente bene... nell'ultimo periodo. Si scolò un numero imprecisato di birre e si addormentò sul divano.
Sentiva dei brividi salire dai piedi fino alle ginocchia e un forte pulsare alla testa, evidentemente si era addormentato ubriaco. Sentiva anche qualcosa di viscoso nelle parti dell'addome. Qualcuno lo stava chiamando:
- Papà! Papà! -
Si alzò immediatamente in piedi e capì cos'era la sensazione di freddo: era caduto dal divano mentre dormiva e i piedi erano finiti fin fuori dal tappeto, a contatto col pavimento. Mentre la sensazione viscosa, non era altro che il pomodoro sul cartone della pizza, finito tra il suo addome e il tappeto. Si guardò velocemente intorno, ma l'unica cosa che vide fù quel letamaio a cui era ridotto il suo soggiorno. La realtà e il peso del mondo gli piombarono violentemente addosso, facendolo scoppiare in lacrime. Una chiara e nitida visione gli si parò d'avanti: l'immagine di una piccola testa che rotolava sino al bordo del marciapiede e lui fermo lì, a guardare la scena in prima visione. Certi macabri spettacoli non si dimenticano facilmente, sopratutto quando la testa è quella del figlio che tu stesso hai concepito. Diede un calcio al cartone della pizza e cercò inutilmente di schiacciare quella visione che presentava per lui un fardello, un peso da portarsi sulle spalle per tutta la vita. Se solo quel fatidico giorno non si sarebbe distratto a guardare quel maledetto carretto trainato dai cavalli. Si era girato un attimo, un fottuto attimo. Sua moglie aveva fatto lo stesso e suo figlio era andato in strada. Ma poi, perché era andato in strada? Aveva già undici anni, certe cose le capiva; non era abbastanza grande da autogovernarsi, ma capiva che un'auto è più che capace di...
-Un attimo. Solo un attimo. Ti sei distratto solo un attimo-
<< Non è stata colpa mia. Non è stata colpa mia, io mi sono distratto solo un secondo, può capitare a tutti! A tutti! >>.
- Si, hai ragione. è colpa mia, ero io il genitore e non tu. Scu... -
<< Maledetta vocina. Maledetta vocina del cazzo! >>. Gridò alla stanza vuota. << Smettila di tormentarmi. Basta! >>. Si sentì scoppiare nel petto, un'irrefrenabile impulso di sfogarsi lo fece gridare a squarciagola, facendolo infierire con calci e pugni su tutto ciò che aveva d'avanti.
<< Solo un attimo, lo so. Un attimo... >>. Scaraventò l'unico soprammobile intatto sullo schermo della televisione.
<< La mia vita. La mia vita è andata totalmente a puttane >>. Si sedette sul divano, poggiò i gomiti alle ginocchia e si portò il viso tra le mani.
- Sì, a puttane. E sai qual'è il bello? lo sai? è stato tutto un ciclo vizioso. Prima muore tuo figlio, tua moglie esce fuori di testa e la portano in una casa di riabilitazione, tu ti rifugi nella droga... -
<< Io non mi rifugio nella droga! >>.
- Oh! Sì che ti rifugi nella droga, eccome. Infine, un po' per colpa della droga, un po' per colpa tua, il datore ti ha licenziato dal lavoro -
Inspiegabilmente gli balenò alla testa il film della sera prima. Un biglietto per New York, prego. Un biglietto per New jork, prego. Stranamente non ricordava il seguito.
Si alzò e andò a lavarsi il viso con acqua fredda. Si guardò allo specchio e vide quel ritratto di tristezza e abbandono.
- Un biglietto per New York, prego - .
Ma cos'era successo dopo che la signora aveva chiesto il biglietto? Era sicuro di averlo visto, ma non ricordava assolutamente.
Doveva prendere un po' d'aria, era rinchiuso in quelle quattro mura da... quando, una settimana? Otto giorni? No, forse nove. Boh. Insomma, da quando non si sentiva più di andare a lavoro e aveva conosciuto la droga.
- Forse volevi dire i "piaceri" della droga -.
No! Non è un piacere e non è un rifugio!
Comunque, aveva bisogno d' aria fresca.
Il balcone si trovava all'estremità del soggiorno. Si avvicinò e aprì la tapparella chiusa da giorni. Il sole del mattino gli bagnò il viso penetrando i suoi occhi come un pugnale. Ci volle un bel po per permettere alla vista di abituarsi all'intensa luce. Una volta uscito non poté non vedere le numerose automobili addensarsi al semaforo di fronte, uomini e donne che entravano e uscivano dai negozi nella strada alla destra del semaforo e... non poté non notare l'angolo che girava tutte le mattine per accompagnare il piccolo a scuola e recarsi al lavoro, quando ancora conduceva una vita "vera". Questa volta, però, non pianse perché non c'era motivo di piangere.
- Un biglietto per New York, prego-. E poi...? -
La dolce e fresca brezza autunnale gli accarezzò il viso. I clacson delle automobili non lo infastidivano come le altre volte, anzi, gli infondevano calma, normalità.
- Ma cosa c'era di normale? -
<< Decisamente nulla >>. Disse alla vocina che proveniva dal suo interno.
<< Decisamente nulla >>. Sottolineò.
<< E comunque è vero. La droga mi portava rifugio, piacere, una piccola via di scampo in quel mio fiume avvelenato di pensieri. Una piccolo scoglio in alto mare a cui aggrapparmi. Ma va bene, che vuoi che me ne importi?. >>
- Niente -
<< Ecco, bravo >>.
- Nel caso non ricordassi ciò che accadde nel film di ieri sera, beh... la signora salì sul treno e questo deragliò qualche minuto dopo, uccidendo tutti i suoi passeggeri -
<<Vero! Ora ricordo >>. Estrasse dalla tasca un cofanetto in metallo dalle dimensioni di un cellulare, lo aprì e sniffò la sua dose di spensieratezza, libertà e goduria. Si avvicinò alla ringhiera, sorrise e anche lui staccò il suo biglietto per New York.
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