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Quando la porta sbatte
«Tu con quante donne sei stato? »
«Non ricordo, forse una. Forse tre. Forse cinquanta. »
«La verità. »
«Vuoi sposarmi? »
Tutto è così confuso. Lo stomaco è ribaltato. Fegato e pancreas sono due poltiglie di cellule senza direzione. Ho voglia di prendere un treno. In fronte.
Non mi sono perso nella ricerca di paradisi artificiali. L'inferno che sto respirando è già di per sé troppo vero per poterlo ingannare. Là fuori. Qui dentro. La mia stanza è buia. Sento solo le grida. Urli. Insulti. Minacce.
Io non sono qui.
Io sono al mare.
La mia infanzia.
In campeggio.
Una tenda.
Stringo il cuscino con tutto me stesso, cercando di soffocarlo tra le mie braccia. Mantengo le palpebre chiuse per abituarmi al buio, così da avere un effetto ancora più sconvolgente quando quella porta si aprirà. Perché qualcuno aprirà quella porta, vero?
Lo stereo è spento, il cellulare è spento, il computer è spento, la luce è spenta. Spegnere. Accendere. L'orologio ritma l'angoscia, facendola danzare un macabro tango senza pubblico. Tic tac. Tic tac. Tic tac.
Perché? Perché proprio a me?
Ho sedici anni. Finora ho baciato un paio di ragazze. L'ultima mi sta cercando da ieri sera, me l'hanno detto i ragazzi. Ma io non ci sono. Non sono qui. Aspetto che tutto finisca. Aspetto che tutto inizi.
Non ho mai fatto sesso con una ragazza. Non ne ho mai sfiorata una. Una volta una ha cercato di abbassarmi i pantaloni ma io l'ho fermata. Era ubriaca. Marcia. Squallido. Il primo pompino me lo deve fare la ragazza giusta. Non voglio sentire l'odore di rhum e cola quando vado a pisciare.
Il mare.
La tenda.
Il bungalow.
Il primo atto di indipendenza.
La bandiera della libertà comincia a sventolare fiera.
Dicono che sono strano. Io sono strano. Loro sono degli idioti. Contano. Contano. Come cacciatori. Come cannonieri di una squadra di calcio. Una. Due. Tre. Quattro. Dieci. Una sveltina. Due pompini. Trofei di guerra da esibire come leoni indomabili. Intanto tutto crolla a pezzi, cristallo sull'asfalto, castello al vento.
Una vacanza.
Un'estate.
Il primo bacio.
Le prime effusioni.
La prima erezione.
Questa erezione. Mi devo calmare, altrimenti perforo il cuscino. Non è il caso. Proprio no. Ma non riesco a fermarmi. Il primo bacio. Neanche sapevo ci volesse la lingua. Pensare che per poco mi stava facendo schifo. Pensavo "Ma cosa fa questa?". Io quindici. Lei sedici. E fanculo alla differenza d'età. Quando l'ho raccontato a scuola mi hanno eletto capo supremo. "Una più grande!" "Che storia" "Dammi un cinque!". Ma ci hanno messo tre secondi a declassarmi a rincoglionito quando gli ho detto che non me l'ero scopata. Poi questa me la spiegheranno prima o poi. Io che mi scopo qualcuna. Anche lei mi scopa, no? Quando due fanno l'amore, lo fanno in due, non c'è uno in vantaggio sull'altro, no? Credo che sia così. Io non l'ho mai fatto. Sono campione in masturbazione, varie specialità. Con una mano, con l'altra, con tutte e due.
Intanto le urla sono sempre più minacciose. Le minacce sempre più urlate. Qualcosa vola. Qualcosa si rompe.
Quel dialogo continua ad echeggiare. Uno scambio di battute assurdo. Quasi una favola.
Mio papà seduto al tavolo del bar, sigaretta in bocca, camicia blu sbottonata. Capelli lunghi in segno di ribellione.
Mia mamma che si siede al suo tavolo. Bottiglia di Moretti nella mano destra. Canotta rossa, neanche un grammo di trucco e una gonna nera lunga fino le caviglie.
Si guardano. Si frequentano da un paio di mesi. Mia mamma che chiede a mio padre con quante donne è stato e lui, cazzo, che le chiede di sposarlo.
Un amore. Un amore. Un amore.
Sedici anni. Cresciuto nell'amore. Con questo assurdo dialogo a fare da colonna sonora alla mia vita.
Tutto è così confuso. Qualcos'altro si rompe. Un pianto isterico. Tutto è spento. Io non sto piangendo. Tutto è spento, confuso, buio, angosciante. Il cuscino è ridotto a una miniatura in scala ridottissima. Come me.
Non è possibile non è possibile non è possibile.
Voglio vedere Claudia. In questo momento vorrei fare l'amore con lei. Vorrei accarezzarla, baciarla, sentirla gemere per i miei piccoli morsi, sfiorarle il seno, sfilarle la canotta viola che aveva l'altro ieri, immergermi nel suo seno, baciarlo, morderlo, sentire la pelle del suo ventre, sfilarle dolcemente gli slip, fissarla negli occhi, nascondermi tra le sue cosce e sentirla godere per un anno intero. E poi fare l'amore.
Tic tac. Tic tac. Tic tac. Tic tac. Tic tac.
La porta sbatte violentemente, la casa trema, io tremo, la collezione di Dylan Dog trema, il poster dei Led Zeppelin trema. Questo lungo minuto agonizza nel Parkinson. Dei passi. Le scale rumoreggiano.
Chi sarà dei due?
Bussano.
Ordino di entrare, chiedendo di aprire piano la porta, per via della luce.
Piano piano la stanza si riempie di luce, gradualmente. A ogni decimo di secondo perdo una diottria. Sento dolore agli occhi, mi conviene tenerli socchiusi.
Chi sei?
È papà.
Mamma se ne è andata dalla zia. Starà via per un po'. Ha bisogno di pensare. Anche papà ha bisogno di pensare. Io ho bisogno di pensare. Ma non riesco a dirlo. Non posso aprire bocca. Papà è scosso. Quasi lacrimante. È spettinato. Sulla guancia l'impronta di una mano ne testimonia il litigio avuto poco fa. L'ennesimo litigio. In due settimane.
Tre settimane fa eravamo al mare. Loro in bungalow. Io in tenda.
Hanno deciso di pensare al divorzio. Decidere. Pensare. Divorzio. Il sangue evapora. Tutto si scioglie. Datemi un fucile. Una pistola. Una bomba.
Mi alzo.
Scaravento il cuscino oltre il letto.
Mio papà mi guarda.
Voglio che mi guardi.
Apro la persiana e la finestra. La luce del sole mi acceca per qualche attimo, provocandomi un piccolo mal di testa. Un atroce mal di testa.
Urlo parolacce. Scappa una bestemmia. Mio papà cerca di dire qualcosa ma lo travolgo come un Caterpillar.
Divorzio?
Divorzio?
Ma che cazzo avete nella testa?
Diciotto anni di matrimonio. Matrimonio. Un figlio. Me. E tutto va a puttane perché non vi capite? Vi conoscete da vent'anni, Cristo. Egoisti. Egoisti di merda. Ci sono io. Io che sto crescendo. Io che voglio crescere. Io che voglio sposarmi e dire alla mia fidanzata che non ricordo quante ne ho portate a letto. Siete due teste di cazzo. Due modaioli che vogliono stare al passo coi tempi. Oggi si usa divorziare per cui divorziamo. Domani tre miliardi di persone si butteranno dalla finestra, ci butteremo anche noi. Vi state comportando come due bambini di quattro anni. Fanculo.
In tutto questo ho preso lo zaino e sono uscito dalla stanza. Mio papà mi fissa dal ballatoio mentre esco di casa come un cavallo indomabile.
Qua fuori. Un altro inferno. Là dentro. Un inferno. Corro dal tabaccaio. Compro un pacchetto da dieci. Ne accendo una. Tossisco. Che schifo. Butto la sigaretta. Butto il pacchetto. Arrivo in piazza. La campana della chiesa. Sono le cinque del pomeriggio. Un sole che spacca l'aria in mille pezzi.
Io sono spaccato.
Chissà dov'è Claudia.
Ho voglia di scambiare due chiacchiere con lei.
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