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In morte del fratello Giovanni
Era l'estate dell'ottantanove, mio figlio Marco aveva poco più di un anno e mi sembrava che il mondo tutto intorno fosse a colori. Eravamo in ferie e faceva un gran caldo.
La città si era spopolata, come accadeva allora in modo evidentissimo e in certe ore del primo pomeriggio, sembrava di esserne gli unici abitanti. Giovanni mi aveva invitato a casa sua per parlare un poco; erano le tre e non trovai anima viva sul percorso, mentre raggiungevo la graziosa villetta dei suoi genitori, con cui viveva da ventisette anni. Appena varcato il piccolo cancelletto in ferro battuto nero, mi venne incontro e mi abbracciò fraternamente, come faceva sempre. Ci sorridemmo a vicenda e accomodandoci all'ombra della grande altalena che ondeggiava lenta in giardino, gli mostrai orgoglioso il regalo che mi aveva appena fatto mia moglie Luisa in occasione del mio ventiseiesimo compleanno: un orologio da vela con cassa in acciaio, fondo bianco, ghiera blu oceano e cinturino dello stesso colore. Un piccolo gioiello della Seiko che entrambi apprezzavamo molto. Lo guardò con ammirazione e mi fece i complimenti; lo studiammo insieme, poi mi chiese:
"quante atmosfere?"
"quindici credo, appena sufficienti per me!" e ci mettemmo a ridere. Subito dopo mi disse che era quasi terminato il suo periodo di vacanza e che voleva trovare un posto per sé e la sua ragazza in cui andare a pescare e rilassarsi:
" Due settimane sarebbero l'ideale, anche perché non mi rimane molto di più. "
Gli altri amici erano tutti fuori, prevalentemente nelle spiagge limitrofe. Per gente come noi che viveva di mare, era difficile sopportare la permanenza forzata in città, soprattutto sapendo che le condizioni meteo portavano bel tempo e mare calmo ancora per molto. Così Giovanni mi propose Lampedusa. Io gli risposi che per me e la famiglia era impossibile:
"Giova', ma perchè incaponirsi nel voler partire a tutti i costi, dal momento che ciò significherebbe pescare da solo?"
" Vabbe', ma tu mi conosci bene e lo sai che sono più che prudente e non faccio cazzate. E poi c'è Teresa che sta sul gommone..."
"A prendere il sole..." gli dico io." Senti, lo so che sei un caparbio e che non ti convincerò a rimanere se vorrai andare. Mi raccomando ricordati di mandare una bella cartolina se vai a Lampedusa che prima o poi ci verremo anche io, Luisa e Marco, ricordatelo!"
"Stai tranquillo che te la mando, pure per farti vedere che vi siete persi!"
Lampedusa era la più grande delle Pelagie. Io ero stato a Linosa, che consideravo un paradiso, e sapevo bene che non doveva essere meno bella. Le sue acque limpidissime e pescose erano e sono meta di turismo subacqueo anche internazionale, e per noi pescatori rappresentavano un traguardo ambitissimo.
Per Giovanni la concretizzazione di una vacanza veramente superlativa.
"Più tardi degli altri, ma meglio degli altri", mi disse facendo l'occhiolino.
I suoi grandi occhi di azzurro pregiato, il viso regolare, i folti capelli biondo scuro, risaltavano sulla carnagione abbronzata dai pochi bagni fatti al mare, mentre, semplice e diretto, mi abbracciava ancora, davanti al solito cancelletto nero, assediato dai bougainville rossi che quell'anno avevano avuto un'incredibile fioritura.
" Allora... buona pesca eh?!"
"Vaffanculo, va'" e mi lanciò dietro un rosso proiettile floreale, mentre io facevo il cenno di abbassarmi schermandomi col braccio per evitare il colpo mortale.
La rumorosa risata che seguì, si dileguò lentamente: ancora ne percepivo il suono ovattato dall'abitacolo dell'auto mentre ingranavo la retromarcia e mi allontanavo allegro.
"Fabrizio, Fabrizio, sei tu?"
" Ciao Anna" risposi sorpreso, "come stai?"
"Fabrizio, non trovano più Giovanni. Teresa lo sta cercando, ma non riesce a trovarlo da ieri sera "
" Come? Non trovano più Giovanni?! Che vuol dire: Non trovano più Giovanni?"
" Lo stanno cercando ma non riescono a trovarlo!"
La voce di Anna, sua sorella minore, era concitata, preoccupata, ansiosa. Pensai che fosse sparito dall'isola, che fosse scappato, durò solo un millesimo di secondo, una connessione sinaptica che non accettava il pensiero più lineare e si contorceva su quello bizzarro e salvifico.
Lasciai il telefono a Luisa e mi misi a gridare per casa, credo. Urlavo a squarciagola. Ricordo persino di essermi sentito gridare, quasi fossi dentro e fuori di me. Ricordo che tutto sembrava lento, i secondi erano minuti e i minuti ore. O forse tutto era rapido e in discesa ed ero solo io ad essere lento, indescrivibilmente lento, inaccettabilmente lento. Non riuscivo a piangere, continuavo a gridare mentre mi sentivo fuori sincrono e non sapevo cosa fare. Dopo un periodo di tempo che mi parve lunghissimo e squallido, ripresi la conversazione con Anna. Le dissi che dovevamo recuperare gli amici al mare e partire per andarlo a cercare.
Nessuno di noi potrà mai dimenticare l'alba di quella tersa giornata di sole e vento marino, dopo una notte insonne trascorsa in traghetto, in cui Lampedusa ci guardò dritto negli occhi.
Un piccolo gruppetto di amici era giunto il giorno prima in aereo: dopo una breve perlustrazione del punto in cui Giovanni era stato visto per l'ultima volta da Teresa, che lo aspettava sul gommone, si era stabilito dove potesse trovarsi il corpo. Paride e Francesco, tra gli amici storici del gruppo, si erano calati in acqua e lo avevano scorto: adagiato sul fondo, la nera muta liscia, la maschera calzata, la torcia legata al polso, le lunghe pinne ondeggianti nella lieve corrente che sembrava cullarlo. Venti metri di fondo: era sempre stato lì. Strano che non lo avessero trovato gli altri sommozzatori che lo cercavano già da due giorni. "Tutto per colpa di una cernia".
Ce lo disse Teresa, dopo il ritorno.
Non ci restava dunque, che andarlo a trovare nei sotterranei dell'ospedale.
Nella dimessa camera mortuaria, sembrava dormisse. Solo il labbro superiore era stato lievemente intaccato da qualche parassita che ne aveva deturpato la linea decisa e armonica. Tagliarono il cinghiolo della maschera e la muta e lo lasciarono in costume, quello che aveva in una delle ultime foto che lo ritraeva sorridente da sotto un cappello di paglia, seduto con le gambe allungate su uno sgabello. Un costume a righe rosse e blu. Venne disteso così, nell'unica bara disponibile, un po' angusta per il suo corpo di giovane uomo. Nessuno ebbe la prontezza o la forza di vestire quel corpo almeno con una t-shirt e un pantaloncino. Lo guardammo sparire : i capelli arruffati, gli occhi chiusi, le braccia appoggiate sul ventre, i piedi nudi.
Tutti dicemmo a sua madre, al ritorno, che gli era stato messo un elegante vestito blu, una camicia bianca, una cravatta azzurra come i suoi occhi. La bara non fu più aperta.
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0 recensioni:
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- "Lampedusa (immortale) ci guardò dritto negli occhi" ignara delle sofferenze degli uomini mortali.
- Grazie, grazie ancora. Non ho molto altro da dire, in questo caso, se non che ho molto dubitato a riportare in superficie sensazioni molto intime di una vicenda che, verificandosi malauguratamente, ha devastato la vita di molte persone. Forse non avrei dovuto. Potrebbe apparire come una profanazione, a qualcuno. Per me è forse un modo per lenire l'angoscia del ricordo, forse.
- complimenti, il tuo scritto avvolge e quasi ti porta nel racconto,
Anonimo il 14/08/2010 21:19
E si, non è facile commentare questo racconto; è importante apprezzare lo stile, la precisione nella descrizione dei dettagli che consente al lettore di "vedere" la scena? Forse...
O è meglio esternare le emozioni vissute? E come si può descrivere l'angoscia e il senso di impotenza che hai tramesso?
La cosa migliore è dirti ancora : sei una brava scrittrice e, sopratutto, abbracciarti.
- grazie!
Anonimo il 22/06/2010 07:38
Maria... mi hai fatto piangere. Io poi ho colto anche alcune finezze tecniche della pesca subacquea come l'orologio da quindici atmosfere e il " buona pesca". Che dire, commovente, situazione vissuta anche da me con un amico... stesso modo, stessa profondità... all'isola d'elba. Solo il pesce diverso, grosso dentice all'aspetto... per giunta catturato... anche Paolo era solo e anche lui doveva andare a pescare con Luigi Brambilla che quel pomeriggio non poteva. Anche lui scomparso e cercato per tutta la notte ed il mattino successivo... il tuo racconto mi ha messo i brividi.
Scritto benissimo... come sempre. Un abbraccio.
Anonimo il 21/06/2010 17:36
La morte di un proprio caro è il momento più intimo di una persona, quindi non può essere commentata.
Il racconto rende con maestria lo stato d'animo dei personaggi, ed è scritto molto bene.
- Un racconto, una storia che ti travolge e ti sconvolge la propria sfera emotiva, senza lasciare se e ma.
Personalmente questa storia tra l'altro ben scritta ha suscitato in me una forte emozione, posso solo immaginare il coraggio che ha dovuto trovare la scrittrice nel raccontarlo e rivivere a distanza di tempo quel ricordo doloroso che non si può dimenticare.
Brava credo che con questa pubblicazione tu abbia appena superato quella linea di confine che non tutti gli scrittori sono disposti a superare.
- Dura commentare racconti di questo genere.
Complimenti per averla scritta.
Guido
Opera pubblicata sotto una licenza Creative Commons 3.0